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Relazione tra neuroplasticità e sviluppo cognitivo

Come abbiamo spiegato sopra in maniera selettiva, specialmente la ricerca sui neuroni specchio e i più ampi processi di risposta neurofisiologica confermano una relazione diretta tra gli interventi comportamentali attivi della E.A.M. e i cambiamenti prodotti nella materia neuronale del cervello. Quando a colui che apprende vengono forniti modelli di comportamento, nel cervello si attivano circuiti neuronali che più avanti attivano altre funzioni corticali. Questo meccanismo è incrementato dalla ripetizione di azioni che stimolano il consolidamento degli elementi appresi (Iacoboni et al., 1999; Buccino et al., 2004), confermando il ruolo della ripetizione con varianti, che è centrale nella nostra applicazione della E.A.M..

Con i futuri progressi della ricerca capiremo ulteriormente come i meccanismi nel cervello ci aiutano a comprendere in che modo le diverse stimolazioni ed esperienze esterne strutturate incidono sulle funzioni e strutture neuronali, sinaptiche e cortico-chimiche del cervello. Questo ha implicazioni significative per l’ulteriore utilizzo dei meccanismi neurofisiologici attivati mediante l’esperienza di apprendimento mediato fornita.

Riportando la discussione alla struttura della M.C.S. e E.A.M., quando descriviamo il parametro di intenzionalità/reciprocità della E.A.M., nel contesto dell’apprendimento per imitazione, possiamo adesso comprendere più chiaramente il processo in termini neurofisiologici. Il cervello vede ciò che l’attore (il mediatore) sta facendo, e quindi capisce perché l’attore lo stia facendo. Ciò deve verificarsi in un modo del tutto integrale, elaborato nel sistema neuronale. Si può così concludere che l’intenzione delle azioni può essere comunicata, elaborata, e il meccanismo si sviluppa attraverso l’attivazione del sistema neuronale. Ciò si estende moltissimo, spostandosi da aree come l’acquisizione del linguaggio alla mediazione dell’empatia e della comprensione emotiva – coinvolgendo l’intera gamma delle possibilità di apprendimento del contenuto rilevante dell’esperienza. Di nuovo siamo ottimisti e stimolati a indagare ulteriormente le implicazioni che si possono avere nei cambiamenti cognitivi strutturali, resi possibili dall’essere esposti ad esperienze di apprendimento mediato.

La plasticità funziona in ogni parte del cervello e per tutta la durata della nostra vita. Il nostro lavoro con individui che presentano una vasta gamma di carenze funzionali e limiti di adattamento, e con individui con un adeguato funzionamento, ha dimostrato il collegamento tra neuroplasticità ed esperienza di apprendimento mediata (E.A.M.). Ciò spiega i cambiamenti che si possono produrre, consentendo al cervello di modificare le strutture esistenti o di formare nuove connessioni per aumentare il potenziale funzionale (per esempio, aumentare la densità sinaptica). Infine, vengono modificate le vie nervose esistenti o ne vengono formate di nuove. La plasticità permette al cervello di ricostituire connessioni che si sono interrotte o si sono poco sviluppate a causa di un trauma, di una malattia o di condizioni genetiche. Possiamo ora dire che l’attività del cervello, in risposta a stimoli esterni, può modificare la natura della materia cerebrale. Il comportamento intellettivo, emotivo, cognitivo dell’individuo è una conseguenza della materia del cervello, così come essa è stata influenzata dalla sua esperienza (stimolo esterno). Come abbiamo già espresso altrove,

l’esperienza condiziona il cervello esattamente tanto quanto il cervello condiziona l’esperienza.

Riepilogo

Per lungo tempo il concetto di modificabilità cognitiva è stato ritenuto contrastante con il modo di concepire il cervello come un organo non modificabile – una amalgama di caratteristiche strutturali radicate in eredità genetiche e cromosomiche. L’intelligenza umana, la personalità, le abilità di pensiero e di apprendimento erano determinati dal proprio patrimonio genetico. Il concetto di modificabilità e il potenziale di modificabilità non erano presi in considerazione, nonostante i dati empirici ed esperienziali che erano in continuo aumento. Ora, fortemente sostenuti dalle neuroscienze, dobbiamo ammettere che il cervello è il nostro organo più plastico e flessibile. Ma le neuroscienze non sono sufficienti – la resistenza continuerà finché ci sarà un carente bisogno di considerare gli esseri umani capaci di essere modificati. L’ammissione di questo bisogno, per tutte le buone ragioni, ci condurrà alla modificabilità cognitiva, e alla determinazione di far conoscere gli sforzi, i programmi e l’impegno dedicati al potenziale di cambiamento. La nozione di

modificabilità umana – il bisogno che si ha di essa, e la sua possibilità di realizzazione – ci dovrebbe guidare nella formazione, nella politica sociale e nelle relazioni umane.

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12. Valutazione del Potenziale di Apprendimento

come strumento per l’avanzamento professionale

di giovani adulti appartenenti a minoranze

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