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RESPONSABILITA’ DEGLI AMMIMSTRATORI E SINDACI RELATIVE AL BILANCIO

Contabilizzazione dell’aiuto UE

Allegato 3 RESPONSABILITA’ DEGLI AMMIMSTRATORI E SINDACI RELATIVE AL BILANCIO

AMMINISTRATORI DI COOPERATIVE E GESTIONE SOCIALE

Ai sensi dell’art. 2535 del c.c. possono essere amministratori di società cooperative solo i soci perso- ne fisiche o i mandatari di persone giuridiche socie, ciò in quanto “l’impresa cooperativa postula necessaria- mente e imprescindibilmente la partecipazione dei soci cooperatori allo svolgimento dell’attività stessa” (Di Sabato, 1992, p. 768).

L’atto costitutivo può prevedere che sia gli amministratori che i sindaci siano scelti fra gli appartenen- ti a date categorie di soci residenti in luoghi determinati, in proporzione dell’interesse di ciascuna categoria, con la conseguenza della decadenza dalla carica se viene meno il requisito richiesto.

Il codice con queste norme vuole che il consiglio di amministrazione rispecchi la categoria sociale cui appartengono i soci affinché gli amministratori possano rendersi sinceramente interpreti dei bisogni e delle aspirazioni dei soci. Il divieto di eleggere alla carica di amministratore un estraneo vuole quindi preservare il carattere proprio delle cooperative ed evitare che queste possano essere strumentalizzate dall’organo sociale per il conseguimento di scopi non conformi alle esigenze della categoria dei soci. Teoricamente quindi nell’ambi- to delle cooperative non dovrebbe riscontrarsi la presenza di managers o di tecnostrutture in senso proprio.

Il sistema di riservare tale carica ai soci non è però privo di inconvenienti pratici. Il primo è quello della possibile arretratezza culturale e professionale dei soci, che ostacola il corretto svolgimento di una qual- siasi attività amministrativa degna di questo nome.

Di tali inconvenienti si sono fatti carico alcune leggi speciali che hanno ammesso varie possibilità di deroga per le cooperative di produzione e lavoro e in alcuni tipi di cooperative agricole (art. 23 legge Basevi e art. 7 L. n. 127 del 1971). (Bassi, 1988, p. 733).

Questo non avviene nelle società lucrative, ciò a causa della diversità dello scopo sociale.

Infatti una società normale ha come fine primario il conseguimento degli utili, la cooperativa ha quello del soddisfacimento dei bisogni personali di ciascun socio, benché correlati sempre ad esigenze economiche.

La volontà di costituire una cooperativa promana dall’individuazione di un bisogno e dalla determina- zione di soddisfarlo in modo efficace ed efficiente mediante un’organizzazione economica; ciò significa che ogni società cooperativa è comunque un impresa, e come tale deve venire organizzata, sebbene il suo scopo primario non sia la produzione di utili e la loro divisione tra i soci; in altre parole ciò significa che l’obietti- vo del soddisfacimento di un bisogno non può prescindere dall’equilibrio economico della gestione, inteso come pareggio fra costi e ricavi. (Colombo, 1993, p. 8).

Premesso tutto ciò si può affermare che gli amministratori di società lucrative sono: • più preparati professionalmente;

• attenti solo ai risultati economici;

• facilmente sostituibili, perché non rappresentano interessi sociali; • più liberi di effettuare le proprie scelte.

Mentre gli amministratori di cooperative sono: • meno preparati professionalmente; • attenti ai problemi sociali e di categoria; • difficilmente sostituibili;

• vincolati nelle scelte dai principi cooperativistici.

Significativo è in tal senso l’art. 2 della L. 59 del ‘92, il quale, al primo comma, dispone che la rela- zione degli amministratori sull’andamento della gestione sociale, già prevista dall’ultimo comma dell’art. 2423 del c.c., debba essere integrata da notizie dettagliate circa i criteri seguiti nella gestione sociale per il conseguimento degli scopi statutari, in conformità con il carattere cooperativo della società.

Ciò, in sintesi, significa che, ad esempio, una cooperativa di produzione e lavoro, che ha come scopo sociale quello di fornire occasioni di lavoro ai soci, deve specificamente indicare perché, ad esempio, svolga la maggior parte del lavoro con dipendenti e non con i soci, oppure nel caso di una cooperativa agricola di tra- sformazione perché ricorre al mercato per l’acquisto dei prodotti e non ampli, ad esempio, la base sociale al fine di avere più conferimenti.

Il suddetto articolo ad una prima lettura potrebbe sembrare superficiale ma ha, al contrario, molta importanza perché è capitato che in alcune società cooperative di tutti i settori lo scopo reale anziché essere quello mutualistico è stato quello speculativo. Quindi l’imposizione che nella relazione degli amministratori debbano essere indicati i criteri seguiti nella gestione sociale è a suffragio della tesi che questi devono essere attenti ai problemi sociali e di categoria, e che sono vincolati nelle scelte dai principi cooperativistici.

Ricordiamo che i principi cooperativistici che vincolano la gestione degli amministratori di una coope- rativa sono:

1) il principio della porta aperta “,. tale principio è dato dall’art. 2520 dei c.c. e dà la possibilità di

aumentare il capitale sociale e permette l’ingresso dei nuovi soci senza necessità di modificare l’atto costitu- tivo; tutto ciò è espressione di un orientamento favorevole all’apertura della società cooperativa a tutti colo- ro i quali hanno i requisiti per appartenervi, esso non comporta, però, la conseguenza che chi appartiene alla categoria diventi automaticamente socio, in quanto l’ingresso di nuovi soci deve essere deliberato dal consi- glio d’amministrazione e qualora la richiesta abbia esito negativo essa deve essere motivata.,

2) una amministrazione su base democratica; con ciò si intende il fatto che nelle cooperative c’è il

coinvolgimento di tutti i soci nell’attività della società, allo scopo di risolvere collettivamente un bisogno indi- viduale, ed è appunto per questo che è attribuito un voto ad ogni persona, indipendentemente dal capitale ver- sato;

3) la destinazione “altruistica” degli avanzi di gestione; questo non è che un aspetto della modalità

in cui avviene la ripartizione degli utili nelle società cooperative, dove si segue un iter specifico che si riag- gancia al principio della mutualità; infatti ai sensi dell’art. 2536 del c.c. , terzo comma, “la quota di utili che non è assegnata ai sensi dei commi precedenti e che non è utilizzata per la rivalutazione delle quote o delle azioni, o assegnata ad altre riserve o fondi, o distribuita ai soci, deve essere destinata a fini mutualistici”.

L’attività degli amministratori è limitata anche dall’art. 45 della Costituzione che “riconosce la fun- zione sociale della cooperazione a carattere di mutualità e senza fini di speculazione privata”, e dagli articoli del c.c. che prevedono per le società cooperative:

• l’esistenza di uno scopo mutualistico (art. 2511 c.c); • limitazioni di capitale sociale;

• assimilazioni delle cooperative alle società per azioni (art. 2516). Da tali principi , in particolare, consegue:

• base sociale disomogenea;

• obbligo di accettare qualsiasi tipo di conferimento (cioè sia che si tratti di un prodotto buono o sca- dente);

• limitazione dell’attività con i terzi;

• difficoltà a praticare l’autofinanziamento economico; • difficoltà ad operare scelte rapide e radicali;

• scarsezza di capitale sociale; • conflitto d’interessi.

Quindi l’amministratore di società cooperativa deve perseguire il risultato economico e nel contempo tenere conto degli aspetti sociali che caratterizzano la gestione cooperativistica- anzi in certe particolari con- dizioni l’aspetto sociale prevale, “sacrificando” i criteri economici che in condizioni normali sono la base per la gestione imprenditoriale.

LA RESPONSABILITA’ DEGLI AMMINISTRATORI

Fra, i doveri che la legge impone agli amministratori sono compresi quelli relativi alla contabilità ed alla redazione del bilancio d’esercizio.

Il bilancio, ai sensi dell’art. 2364 c.c., deve essere approvato dall’assemblea appositamente convocata normalmente una volta all’anno entro quattro mesi dalla chiusura dell’esercizio.

La legge riconosce alla redazione del bilancio da parte degli amministratori una funzione essenziale vietandone la delega ma imponendo agli stessi, per alcuni particolari aspetti, di concordare con i sindaci.

Con la predisposizione del bilancio gli amministratori debbono rendere conto del proprio operato sia ai soci che ai terzi.

La funzione pubblica riconosciuta al bilancio viene rafforzata dalla nuova normativa civilistica che attraverso una più rigida disciplina, rispetto a quella precedente, impone l’adozione di veri e propri schemi di bilancio ai quali non si può facilmente derogare, rendendo quindi tale documento più significativo e comun- que più facilmente utilizzabile dai terzi interessati alle vicende societarie per la possibilità che la nuova strut- tura di bilancio offre di fare analisi e comparazioni.

La nuova normativa detta inoltre i principi che debbono essere seguiti nella redazione del bilancio, principi che la precedente normativa non dettava in maniera esplicita.

Diviene quindi importante sottolineare che le responsabiltà degli amministratori in ordine alla reda- zione del bilancio sono più facilmente individuabili quando i comportamenti e le valutazioni tenuti da questi ultimi nella predisposizione dello stesso non sono fortemente aderenti alla più rigida disciplina civilistica.

Intendiamo riferirci sia alle responsabilità civili che penali che emergono in particolare nel caso in cui la società venga sottoposta a procedure concorsuali, quando il bilancio non è stato redatto in conformità ai prin- cipi e criteri dettati dalla legge civilistica.

AMMINISTRATORI DI COOPERATIVE E FALSO IN BILANCIO

Considerato quanto detto sulla figura dell’amministratore di cooperativa si può verificare che: - la “non professionalità” dei soci amministratori porti ad erronee valutazioni delle attività e delle pas- sività;

- che la funzione sociale e lo scopo mutualistico portino a considerare “ottimisticamente” la possibili- tà di ottenere contributi pubblici (ciò in considerazione anche del fatto che le cooperative hanno sempre ope- rato in settori in difficoltà e poco remunerativi).

Inoltre, occorre sottolineare che la normativa sul bilancio d’esercizio crea delle difficoltà alle coope- rative per quanto riguarda:

- la valutazione delle giacenze;

- l’evidenziazione del risultato economico.

A questo punto si può affermare che “il dolo specifico di cui all’art. 2621 c.c, indicato con l’avverbio fraudolentemente, ricorre quando il soggetto abbia agito con la volontà di determinare un errore nei soci o nei terzi in ordine alla reale situazione economica della società, accompagnata dal proposito di procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto” (Cassazione, 8 novembre 1983, Bagaglia, in Riv. pen., 1984, p. 652)1.

Difatti “il reato di falso in bilancio previsto e punito dall’art. 2621 c.c., che ha natura di falso ideolo- gico in atti privati, consiste nella fraudolenta esposizione e nascondimento di fatti concernenti le condizioni economiche della società. Tale esposizione o nascondimento deve riguardare fatti che, se infedelmente rap- presentati o nascosti, siano capaci di travisare la consistenza e le condizioni effettive della società e siano diretti ad ingannare i- terzi realizzando un fine di frode. Pertanto non rientrano nel paradigma della norma quelle false esposizioni od occultamento di fatti veri che non siano mossi da intenti di frode e tendano piut- tosto a tutelare gli interessi della società”. (Procura Repubblica Roma, 29 novembre 1958, Del Fante, Arch. pen., Il, 363).

LA RESPONSABILITA’ DEI SINDACI

Particolare importanza alla luce delle ultime novità riveste la figura del sindaco revisore così come è stata delineata dal D. Lgs 27/1/1992, n. 88. Tale normativa modifica il codice civile introducendo elementi di sostanziale novità che riguardano anche le funzioni del collegio sindacale, così come illustrato nel cap. V del presente lavoro al quale si rimanda per tali aspetti.

In questa sede ci interessa evidenziare la responsabilità dei sindaci secondo quanto stabilito dall’art. 2407 c.c. Tale responsabilità anche in ordine al bilancio può essere distinta in responsabilità diretta ed indi- retta.

La prima si contraddistingue per gli effetti negativi prodotti immediatamente dalla condotta dei sinda- ci e deriva dall’inadempimento ai doveri propri del collegio sindacale. In ordine al bilancio quindi i sindaci sono responsabili direttamente quando non esprimono il proprio parere di assenso o dissenso su questioni che la legge espressamente prevede. Ci riferiamo, ad esempio, all’iscrizione all’attivo dei costi pluriennali, del- l’avviamento ecc. ...; circa l’iscrizione all’attivo di tali costi è implicito che il collegio sindacale deve espri- mere il proprio consenso solo se tali valori corrispondono alla realtà. Sempre per ciò che concerne il bilan- cio, le responsabilità dei sindaci sono ovviamente dirette, in relazione a quanto affermato nella propria rela- zione al bilancio circa i risultati dell’esercizio sociale dovendo inoltre rispondere delle osservazioni e propo- ste in ordine al bilancio ed alla sua approvazione.

La responsabilità indiretta è, invece, molto più generale e problematico in quanto essa è solidale con quella degli amministratori e riguarda il danno sociale conseguente a fatti od omissioni, in quanto questo non si sarebbe verificato se i sindaci avessero vigilato in conformità agli obblighi della loro carica.

Le responsabilità civili e penali sono regolate dalle stesse norme applicabili agli amministratori tenen- do conto che nel caso di responsabilità indirette le sanzioni previste dalle norme saranno applicate solo se sarà provato il concorso di essi nella responsabilità amministrativa, vale a dire che debbono essere contempora- neamente presenti due condizioni:

1 Per una serie di sentenze sull’uso del termine “fraudolentemente” si rinvia a E. BOCCHINI (a cura di), Il bílancio delle società - Giurisprudenza commerciale, Cedam, Padova, 1987, pp. 241-247.

che i sindaci abbiano omesso in tutto od in parte l’adempimento delle proprie funzioni;

che questo inadempimento abbia reso possibile il danno sociale derivante dalla condotta degli ammi- nistratori.