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La restituzione del tempo allo spazio

Nel documento Future generazioni (pagine 49-56)

Se la stessa scienza che per presupposto non conosce cosa siano il tempo e lo spazio, ritiene che spazialità e temporalità siano l’inaggirabile, la condizione necessaria affinché ogni fenomeno possa essere rappresentato, misurato, calcolato, cos’altro potrà fare il diritto se non tenerne conto. Il diritto non può prescindere dal suo rapporto con il tempo. Da una parte se ne vuole liberare, o meglio immunizzare definendosene indifferente, assicurando dall’illuminismo in poi che ogni generazione avrà diritto alla propria costituzione ed al proprio diritto111, e basandosi sulla “validità” dei principi a prescindere dalle norme. Ma dall’altra il diritto è talmente intriso di tempo che non riesce a definirsi se non parlando di una “generazione”, di un tempo.

Il diritto infatti non solo concepisce il tempo come lineare, come cronologicamente controllabile112, ma attribuisce una spaziatura113 differente a momenti giuridicamente

109 Foucault sostiene che lo spazio sia metafora del pensiero sociale nell’analisi del rapporto tra conoscenza e potere. “Noi

pensaimo in termini spaziali di regole, dominio, fondamento, ,spostamento, trasposizione”

110 A. Heller , A theory of modernity, Oxford: Blackwell

111 M. Bretone “Diritto e tempo nella tradizione europea”, Laterza, Roma-Bari,2004

112 Bagolini nel suo testo “Poesia e giustizia, Diritto e tempo” Milano, Giuffrè, 1998 , fa riferimento ad esempio alle trascrizioni

immobiliari. In particolare all’art. 2678 del c.c. fa riferimento , tra i registri che il conservatore è obbligato a tenere, al primato del registro generale d’ordine. Continua poi Ferri (nel “Commentario del codice civile, VI, Tutela dei diritti, artt.2643-

2696, Bologna-Roma,1962) (p. 373) “Questo primato è dovuto al fatto che tale registro fissa in modo definitivo l’ordine temporale in cui sono presentate le richieste di trascrizione”.

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rilevanti. La linearità cronologica assume anche un aspetto “solido”, in cui termini, momenti, giorni, ore sono considerati con un valore differente in corrispondenza della loro suddetta rilevanza giuridica.

Il diritto infatti quando deve far uso di figure giuridiche che coinvolgono una rappresentazione di carattere temporale, utilizza un accorgimento tecnico per la misurazione giuridica di avvenimenti cronologici. Si serve cioè di un tempo obiettivato composto dalle due caratteristiche di localizzazione, spazializzazione tipiche della ricostruzione di Bergson114 , in cui il decorso del tempo è assunto come lineare e segmentabile. Ma ovviamente il tempo obiettivato non è pensabile in se stesso ed indipendentemente dalla relazione di eventi che siano oggetto di misurazione e registrazione115. Rappresenta perciò solo l’esteriorità e l’inautenticità del tempo giuridico preso isolatamente. Ed esattamente su questo versante Carnelutti scriverà:”

Nel significato che il diritto da al ‘tempo’ in contrapposizione al ‘luogo’, esso non è tempo puro , ma rientra in un ampio concetto di questo116”.

Il tempo del diritto mostra cioè la necessaria semplificazione di un prima e di un dopo che lo stesso diritto ha dovuto porre in essere. Ed in tal modo fa mostra del suo essere un meccanismo auto-generativo e perciò convenzionale. Il diritto deve lavorare- continua Opocher- su un eterno presente. Il tempo giuridico vive di una assolutizzazione del presente, ”..una scialba immagine della durata del tempo” comunque in

grado di “suggerire, anzi di imporre l’idea della continuità del diritto”117 . Ma

l’intemporalità del tempo giuridico, deve leggersi del senso di una indifferenza totale rispetto al tempo. La norma come previsione mostra una temporalità intrinseca, scevra da raccordi di tempo passato, presente, futuro. Ed il tempo viene in tale prospettiva ridotto a parametro , dove futuro e passato sono equivalenti.118E dove il presente si riporta in quella condizione definita da Benjamin119 come in bilico. Ma il problema si complica nel momento in cui colleghiamo il tempo, cronologico o obiettivato che sia,

113 Heidegger ”Sein und Zeit”, ”Essere e Tempo”, Longanesi, 2005 ”.. inteso il tempo come numerato, attraverso l’oggettivazione

spaziale, si dice adesso qui, ..il numerato è costituito dagli ora come subito non più , come ora non ancora. (pp. 421-422)

114 Bergson L' evoluzione creatrice Cortina, 2002

115 L.Bagolini “Tempo obiettivato, tempo coscienziale e durata nell’esperienza giuridica”, in AA.VV., “La responsabilità politica”

(p.104)

116 Citazione riportata da Bagolini in “Significati della parola tempo in alcuni discorsi giuridici”, in “Rivista Trimestrale di

Diritto e Procedura Civile”, 1970

117 Opocher Considerazioni sugli ultimi sviluppi della filosofia del diritto italiana, «Rivista Internazionale di Filosofia del

Diritto», XXVIII (1951), (fasc. 1, p.334).

118 Stengers “La nuova alleanza”, Metamorfosi della scienza, Einaudi, Torino, 1993

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alla capacità di recezione del soggetto, quando cioè lo mettiamo in relazione con la coscienza. Se da una parte infatti è possibile la raffigurazione spaziale dei tre momenti di passato, presente e futuro, dall’altra quest’ultima vive di continue commistioni. Il tempo- secondo Hegel- è il , ovvero l’ora120, che se da un lato acquista una importanza enorme, dall’altra si “pavoneggia” di fronte all’infinità totale del tempo, rappresentata da un eterno movimento dialettico. In tale circolare procedere, in cui l’avvenire diviene passato ed il presente in ogni istante si muove in avanti verso l’avvenire, la distinzione dei piani temporali si riduce ad un eterno presente, immanente al Tempo che trattiene ogni passato, presente e futuro. “Tutto si riduce a

riconoscere nell’apparenza di ciò che è temporale e contingente la sostanza che è immanente e la eternità che è presente121”.

Tale apparentemente irrisolvibile contrasto tra eterno e presente però è ciò rende possibile la restituzione del tempo allo spazio. Il divenire continuo del Tempo viene tagliato. E proprio da quel taglio operato sulla massa del divenire- ricorda Bergson- origina il tempo presente e la sua corporeità. Il taglio intemporale, offrendo sempre un

adesso ed un qui, permette di distinguere un prima ed un dopo, uno spazio ed il suo

confine. La generazione si offre completamente al taglio del divenire, si mondanizza e si autopercepisce come attuale. Il problema è che essa si percepisce esclusivamente come un continuo attuale, mentre la sua attività dell’attuale è già attraversata da dimensioni e tempi ibridi e spazi stratificati.

L’opposizione tra l’unità della percezione del tempo e la non coincidenza dei suoi momenti, tra interntio e distentio, tra intenzione cosciente da cui muove e realizzazione effettivo fattuale, mostrano le aporie proprie della temporalità122. L’uomo stesso vive questo strano rapporto col tempo, da un lato è cosciente dell’impossibilità di esso di esistere e dall’altra può determinarlo e determinarsi solo grazie al darsi del tempo:

120 Goethe, Fragment über die Natur:”L’ originale dell’eterno presente era costituito dall’essere della natura, il cui sorgere ed il cui

perire si svelavano a lui come metamorfosi dell’uguale”

121 Hegel, Filosofia del diritto, introduzione a filosofia del diritto

122 Ricoeur ”Tempo e racconto”( Temps et Rècit) 3 vol.Jaka Book, Milano, 1996. Ricoeur postula in tal senso la possibilità di

ricomporre tali tensioni non risolubili teoreticamente attraverso la riconfigurazione del racconto…”che unisce il

dissimile…unica struttura esplicativa che comprende in sé naturalmente la temporalità, è spiegazione temporalizzata” (pp. 68-88;305-

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misurare il tempo è possibile solo se si ha il tempo, ma si ha tempo, direbbe Heidegger123 solo se il tempo è.

La coscienza delle dimensioni temporali costituisce una precomprensione124 rispetto alla comprensione scientifico giuridica. Parliamo di scientifico –giuridica perché un parallelo si rende possibile tra le scienze della storia e della natura ed il diritto. Le prime infatti stanno nel tempo e la loro misurazione è condizione indispensabile per la determinazione del loro oggetto. E ciò vale anche per il diritto che è nel tempo, anzi nel suo tempo e la sua determinazione è condizione per la determinazione del suo oggetto. Con la differenza che il diritto professa la sua indifferenza rispetto al tempo che ha incorporato e di cui è parte. Dal doppio codice di misurazione di una misura auto-generata, discende la difficoltà di misurare la generazione. Essa infatti vive non solo di un tempo ma anche di uno spazio tra passato e futuro. Ci ricorda Kant125, già Critica del giudizio, che lo spazio ed il tempo si determinano come forme soggettive dell’intuizione e che esse precedono ogni recezione del sostrato sensibile, che verrà successivamente strutturato spazialmente e temporalmente. L’uomo possiede questa forma soggettiva d’intuizione con cui riesce a percepirsi come natura corporea e a percepire la natura corporea. Da ciò deriva che proprio grazie a questa sua forma soggettiva di intuizione, a questa facoltà sensibile l’uomo può esperirsi come oggetto spaziale.

Riprendendo la teoria di Kant infatti, si evince la necessità di distinguere tra fenomeni che ci appaiono con la caratteristica della spazialità e della temporalità ( in una parola che vivono nella loro esteriorità concepiti quindi come oggetti della conoscenza), ed il concetto di qualcosa che non ha queste caratteristiche. Noi siamo costretti in certo modo a costruire una classe di oggetti che possiamo solo pensare, che forse è vuota, ma che deve essere pensata come la classe di quegli oggetti che non cadono sotto le forme di spazio e tempo e che costituiscono solo gli oggetti del pensiero. Nella Critica della Ragion Pura126, l’autore ci fornisce la possibilità dell’esistenza di due forme differenti di uno stesso fenomeno. I fenomeni strutturati spazialmente e temporalmente sono in

123 Heidegger, Martin, Essere e tempo, Utet, Torino, 1969

124 Bagolini, “Poesia e giustizia, diritto e tempo”, Milano, Giuffrè, 1998 125 E.Kant” Critica del giudizio” Bur, 1995

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quanto tali determinabili come oggetti effettivi solo nello spazio e nel tempo, ma di essi esiste un aspetto concepibile solo come oggetto del pensiero127.

L’idea stabilisce le possibilità alle quali una cosa può appartenere alla relativa categoria. L’essere dato di questa possibilità non basta a creare la cosa reale infatti affinché l’idea di un oggetto si manifesti nel caso concreto deve esserci qualcosa in cui esso si possa manifestare. La realizzazione di un’idea significa il suo incontro con una realtà data. Secondo Schlick è possibile utilizzare la designazione di “ordinamento spaziale” solo dove esso rientri nella realtà esperita. Non si ha il diritto di scrivere alle cose in sé un’esistenza nello spazio.128

La possibilità che discende dall’a-priori giuridico non basta a creare il caso concreto. Affinché l’idea giuridica di un atto, principio o fatto giuridico si manifesti nel caso giuridico concreto, deve esserci qualcosa in cui si possa manifestare. L’idea stabilisce la possibilità che qualcosa rientri in una certa categoria giuridica, ma senza un qualcosa in cui si manifesti, rimarrebbe un’idea non manifestata, un a-priori giuridico privo di realizzazione. Perché la vera realizzazione di un’idea giuridica è data dalla possibilità di manifestarsi attraverso l’incontro con una realtà data, una realtà storica. E di cos’altro parliamo se non di incontro del diritto col tempo, col suo tempo in una sua singola generazione storicamente impostasi.

Parliamo ovviamente di una sorta di “anacronismo” quando accostiamo le parole “suo” e “tempo”. Perché se da un lato è vero che il diritto si realizza nel “suo” tempo , è pur vero che la stessa esistenza dell’uomo ha senso nella sua storicità. Parliamo contemporaneamente di un ”tempo” storico, cronologico a cui il singolo diritto, il singolo caso si riferisce ( e deve pur riferirsi ad un dato cronologico se è diritto) che vive del suo tempo. Ma parliamo contemporaneamente di una duplice trascendenza: quella del diritto e quella del tempo, che nel tempo privo di “possessivi”, di cronologie trova esperito il senso dell’esperienza umana e del suo diritto. Un Diritto che vive parallelamente al singolo diritto. Così come il Tempo che vive parallelamente ( e ne incorpora)i tanti tempi della storia umana.

127 Di opinione contrastante la versione di Schlick

128 Un filosofo che invece non fa tale tipo di distinzione è E. Hartmann, secondo cui lo spazio della nostra intuizione è il solo

oggetto che rientra nella definizione di “sistemi di riferimento quantitativi, tridimensionali, continui e commutabili nelle loro misure

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Il singolo tempo assume il ritmo della singola vita. Con il suo scorrere da un punto ad un altro. Ma come l’umanità trascende il singolo uomo, così il singolo tempo è trasceso nel tempo, come un diritto “vivente” vive dei singoli diritti (dei suoi singoli ordinamenti temporali)senza smettere di essere Diritto.

Il tempo si trova così a conservare il suo duplice senso di appartenenza ad un “ora” in cui la generazione vive e ad appartenere ad un “sempre” in cui le generazioni vivono. G. Husserl scrive :”le cose(non solo fisiche) che sono state create dall’uomo, rinviano

attraverso il loro esser-ci (Da-sein)ad un atto di creazione umana(…)Ogni prodotto umano debba avere la struttura temporale di un elemento storico. Una volta creata la cosa mostra una particolare ”solidità” rispetto al corso del tempo storico129”. Quando cioè si compie l’atto

generativo, essa esce dallo spazio vitale del suo creatore.

E così “ il tempo venne a differenziarsi dallo spazio, perché, diversamente da questo, poté

essere cambiato e manipolato130”. L’uomo poté inventare, modificare, usare e controllare il tempo della modernità , mentre lo spazio diventava sempre più irrilevante. La dimensione dello spazio cioè si ridefinisce attraverso la sua dilatazione e d astrazione, fino ad arrivare ad un annullamento del tempo “Lo spazio- scrive Bauman-è il sedimento del tempo necessario per annullarlo”. Ma lo spazio cambia, senza scomparire. Il mondo si rispazializza e riorganizza in un tempo differente, secondo archi spazio-temporali maggiormente disponibili all’uomo.

“Lo spazio è dunque contro il tempo solo per liberarlo, per liberare il venire, l’andare e venire, per dare ad esso un luogo, accoglienza spaziosa per rifiutare la durata, la successione, il regno delle cause , delle ritenzioni, delle protensioni131.

E ciò che l’uomo produce è il suo ordinamento. Ma produrre è generare ed il generare ci riporta ad una separazione, ad una de-generazione tra l’unità di chi crea e del suo creatore, rispetto al creato/generato che acquistando solidità si rende solo, distante da ciò a cui apparteneva.

Ma non tutto ciò che si crea mostra o mantiene il carattere della solidità, a volta manca in partenza, altre volte viene a svanire…ma in entrambi i casi sarà visibile solo “nel tempo”. Solo allontanandosi dall’oggetto se ne valuteranno le caratteristiche.

129 G. Husserl “Diritto e tempo” Saggi di filosofia del diritto”, Milano, Giuffrè, 1998 130 Bauman Z. “Modernità liquida”, Roma- Bari, Laterza 2002 (p.125)

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Solo prendendo distanza dalla propria contingenza e dalla percezione del proprio tempo saranno visibili le dimensioni equivoche del tempo. Temporalità ed in temporalità accorciano la loro distanza, “confinano”- ci dice Resta- relativizzando la dipendenza dal tempo.

L’attività di auto-osservazione è possibile quindi solo in uno spazio temporale in cui coesiste la molteplicità contemporanea di tempi diversi. Chi osserva è perciò vicino all’oggetto/soggetto della sua osservazione, così come chi osserva si fa prossimo ad un altro spazio.

E parlare di prossimo implica il parlare in termini relazionali e mette in mostra l’impossibilità di una generazione di auto definirsi per se stessa. La stessa generazione attrice è prossima di un prossimo. La sua identità solida di cui si fa vanto è contemporaneamente provvisoria per statuto. Provvisoria nello spazio, nel tempo, del tempo e nella definizione della propria identità simmetrica, reciproca a quella di un’altra. Perché ciò che le relaziona è la loro provvisorietà e “ciò che le accomuna è

esattamente ciò che le divide132”.

Su quel confine di osservazione si decostruiscono le rigide categorie di spazio e tempo e si combatte il senso monologante del tempo. Secondo Marx infatti il tempo può essere definito come una sorta di spazio della storia, esattamente come il modo del futuro del tempo è lo spazio delle possibilità reali della storia133. Tale prospettiva fa si che l’uomo e la sua generazione di appartenenza si trovino sempre sul piano del possibile accadere. E’ come se il processo di evoluzione della storia e del mondo aprisse orizzonti nuovi e nuove possibili decisioni.

La storia infatti viene rappresentata storiograficamente attraverso metafore spaziali rilevanti. Mi riferisco a quei termini e processi che da soli sono in grado di autorappresentarsi come forme di spazializzazione del tempo: “progresso”, ”sviluppo”, “durata”. Questi a loro volta divengono indici in grado di mostrare eventi e fenomeni connettersi e disgiungersi, comporsi ed opporsi gli uni agli altri.

132 Resta E. “Tra generazioni”, in R. Bifulco, A. D’Aloia (a cura di) “Un diritto per il futuro. Teorie e modelli dello sviluppo

sostenibile e della responsabilità intergenerazionale”, Napoli, 2008

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