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Tempo e diritto

Nel documento Future generazioni (pagine 34-48)

“Non possiamo paragonare nessun processo al ‘corso del tempo’ -che non esiste- ma solamente

ad un altro processo(per esempio la marcia del cronometro). Questo perché la descrizione dello svolgimento temporale è possibile solamente basandosi su un altro processo62

Wittgenstein, Tractatus Logico Philosophicus.

Il diritto possiede una struttura temporale complessa, perché consta di continui differimenti temporali ed una struttura sistemica complessa che vive di continui rimandi a sistemi altri. Infatti per elaborare la sua teoria di sistema chiuso, di

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ordinamento autogenerativo, il diritto si collega alla realtà che viene “prima” del diritto, trasformandola strutturalmente (ovvero incorporandola). Questa sfasatura temporale permane all’interno dell’ordinamento stesso, creando spazi vuoti tra la formulazione della norma e l’effetto che tale norma produce.

Se prendiamo ad esempio un istituto vecchio come quello testamentario, notiamo come per un certo verso l’effetto che l’atto produce sia rinviato ad un momento futuro, consentendo al diritto un’alea di pre-sagio. In questo caso il diritto si sostanzia in una situazione di possibile stasi temporale, rinviando la sua accelerazione al momento in cui l’effetto si sarà prodotto. Il tempo infatti agisce all’interno del diritto e della sua struttura dogmatica

Ma l’analisi di questo caso così come quello di altri esempi simili63 mette in rilievo solo la struttura interna del diritto. Per fare un passo in avanti nella decifrazione del rapporto tra diritto e tempo, dobbiamo spingerci a capire fino a che punto la sua struttura temporale sia elastica e possa ripiegarsi nel futuro.

E’ Karl English64 ad aver sollevato la questione se le molteplici immagini del tempo nel diritto rendano configurabile un tempo giuridico come categoria (relativamente autonoma).

Ogni norma è sempre in rapporto con il tempo, così come lo è con lo spazio. La sua validità, osserva Kelsen65, si inscrive in un ambito cronologico e topografico. Ambito che può essere indeterminato. Ha invece limiti quando si riferisce ad una norma che regola ”comportamenti compresi in un certo spazio e tempo precisi” -precisa Kelsen “quando

lo spazio ed il tempo della norma sono diversi66 “. Il tempo agisce all’interno del diritto e

della sua struttura come un criterio di misura. Ma prescindendo dal tempo cronologico. Anzi, come sostiene M. Bretone, immettendo una sguardo sulla profondità storica, “il

diritto non trae nessun particolare valore dal suo durare nel tempo”67. Ma rimane comunque insondato il problema del perdurare del tempo. Possiamo dire che esso cambi tra antico e moderno. L’antico cioè possiede una lettura della temporalità diversa dal presente. O

63 Pensiamo ad esempio al modo di risoluzione delle antinomie, per cui la lex posterior derogat priori63, (Tale brocardo

trova la sua radice in Modestino) o ad istituti che posseggono una impronta temporale, come l’usocapione, il negozio ad effetti differiti, il reato permanente. Pensiamo ad altri brocardi come tempus regit actum o ex nunc-ex tunc

64 Karl English (Vom Weltbild des Juristen, Heidelberg, 1965 pp. 67,69-73)continua l’autore” Così come dobbiamo chiederci se

il tempo determini o concorra a determinare l’efficacia delle norme e la loro autorità.”

65 Husserl, Edmund, “Per la fenomenologia della coscienza interna del tempo”, Franco Angeli, 2004

66 Kelsen “Causality and Imputation”, in What is Justice, Law and Politics in the Mirror of Science”, Berkeley- Los Angeles,

1960( tr.it. in Appendice a “La dottrina pura del diritto, Torino, 1953)

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meglio diversa ma equivalente. La particolarità del diritto abbiamo infatti sostenuto essere quella di trovarsi intriso di tempo68 e di essere contemporaneamente indifferente rispetto al tempo. La forza vincolante delle norme prescinde dalla loro durata , perché “le norme vecchie e quelle nuove stanno sullo stesso piano , senza differenza qualitativa69”. Fino

a che il diritto non dirà la sua sul tempo , non “deciderà” sulla forza di una decisione sul tempo, coagulando o riallineando Chronos e Kairos, il tempo rimarrà astratto.

Cos’è una nuova legge, un nuovo diritto? Cosa cambia davvero nel meccanismo del perdurare nel tempo? (pensiamo all’istituto matrimoniale). Splendida la ricostruzione che ne ha fatto K. Renner. Ha spiegato esattamente come il diritto romano sia senza tempo nella sua struttura formale, ma cambi vorticosamente la sua funzione sociale. Strutture normative stabili per funzioni completamente differenti. Gioco che si può rendere con la regola generale secondo la quale i sistemi sociali che si auto-osservano in chiave temporale sono costretti ad incorporare per sé l’instabilità stabile o la stabilità instabile.

A ben vedere è esattamente il meccanismo con cui possiamo osservare dall’esterno la stabilizzazione instabile del meccanismo generazionale, senza rinunciare a quote di indifferenza.

Ma tale “indifferenza” proprio perché fuori dal tempo cronologico, non vive di quella sagittalità di passato, presente e futuro. Fuori o senza una decisione sulla contingenza , il diritto è indifferente al tempo e perciò ugualmente estensibile ad un passato come ad un futuro. Secondo Luhmann “il buon diritto sembra situarsi non più nel passato ma in un

futuro aperto”.E non mancano esempi giuridici a dimostrarcelo.” Il tempo non si arresta e la norma giuridica lo accompagna”. Essa non ha un luogo fisso nella storia. Un luogo che

l’evento produttivo determinerebbe una volta per sempre.

Ma come ogni rapporto complesso, anche quello tra diritto e tempo non può essere unidirezionale. Perché il diritto non è immune al tempo. Se da un lato infatti la norma giuridica sembra sottrarsi al tempo esso ri-irrompe attraverso l’interpretazione e la applicazione. “Nella norma interpretata si insinua il senso dell’ oggetto, per quanto sia lontana la ragione o l’occasione che ne determinò il sorgere, trasferendosi “idealmente

68 Per Husserl il tempo è fenologicamente una “struttura temporale”, uno Zeitstrktur. 69 Oggi è il vigore delle norme a dare vigore al tempo

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nel presente”. Ma tutto questo sempre con una sorta di indifferenza rispetto al tempo preso in esame.

Il nocciolo del problema si sostanzia nella duplice prospettiva di considerare il tempo come dominatore del diritto o viceversa il diritto come dominatore del tempo:

Nel primo caso( dove il tempo domina il diritto) è lo stesso tempo a decidere sulla nascita e sulla morte del diritto. Lo piega alla propria misura.

Nel secondo caso (dove il diritto domina il tempo) è il diritto ad imporre al tempo la propria misura ”convenzionale”. Il prima ed il dopo acquistano una rilevanza normativa differente in relazione alla statuizione del diritto. Secondo le disposizioni giuridiche il tempo fattosi temporalità suddivisibile viene ricomposto in conformità alla misura che il diritto gli impone. Il tempo è calcolabile e “utilizzabile in modo pubblico”70,”perché la sua determinazione oggettiva, sottratta al senso personale di esso, permette di scandire e accordare azioni di soggetti differenti”71..

Ed in più il dominio del diritto sul tempo gli impedisce la distruzione(erosione):la situazione giuridica rimane inalterata nel tempo , sottratta alla sua transitorietà, de- temporalizzata72, fino a che il diritto non deciderà di intervenire.

Ma non possiamo scegliere definitivamente una delle due tesi, in quanto esse si integrano vicendevolmente. Infatti il dominio imposto dal diritto al tempo attraverso il porre in essere della sua misura normativa viene a sua volta superato dal tempo che erode e progressivamente fa scomparire le norme. È Ed il formalismo con cui il diritto si presenta si scontra con il diritto vivente. Tanto che Satta affermava che: ”Il formalismo comincia dove finisce il diritto. Esso rappresenta veramente una frattura dell’esperienza giuridica: al posto dell’esperienza e del suo libero movimento si pone una falsa esperienza, cioè l’immobile vuoto, che si tratta come cosa salda, modellandolo in forme che, essendo forme del vuoto, hanno il pregio di essere infinite”73. Ed il diritto si ritrova in uno spazio ed in un tempo che non può essere del tutto indifferente alla vita.

Ma appena una norma o un istituto giuridico viene riassorbito dall’azione del tempo dominatore, un’altra può essere già pronta a vincolare il tempo.

70 Heidegger “Essere e tempo”,op.cit., p.583

71 Cotta S. “Il diritto nell’esistenza. Linee di ontofenomenologia giuridica”, Giuffrè, Milano, 1992 72 Stella G. “L’interpretazione temporale del diritto in G. Husserl”,<<RIFD>>1980 p.626-668 73 Satta “ il mistero del processo”, Mi, 1994

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Ma ciò che realmente il diritto vincola non è il tempo, ma la sua temporalizzazione. Può far finta di aver incorporato il tempo, quando in realtà lavora su quella temporalità che il tempo gli ha assegnato. Contraddizione non scioglibile che S. Cotta definisce di “Circolarità dialettica”.

Ed esattamente in tale prospettiva Husserl ci mostra l’esempio della proprietà assoluta74:”[…]nella proprietà assoluta, incondizionata come la intendevano i Romani, si ha

un inizio definito dal diritto , ma il diritto non le pone alcun limite”.

Il problema in questo caso, consiste nella certezza della temporalità finita della vita dell’uomo. Con questo vogliamo dire che indipendentemente dal fatto che il diritto preveda i suoi termini e le sue limitazioni temporali o meno, esisterà sempre un termine( un tempo) oggettivo che prescinderà dalla datità cronologica e si rifarà ad un tempo astratto che finirà alla lunga per prevalere sulla temporalità temporanea del diritto.

“In definitiva il diritto è sempre ciò che gli uomini, a cui si riferisce, fanno di lui” Il punto focale è infatti quello di non perdere mai di vista l’artificialità di un sistema che si auto genera ed auto modifica. Il diritto si presenta cioè come un sistema, ed esattamente come il tempo che percepiamo, come il tempo che si dilaga75, si auto costituisce. “Il tempo non è quindi un processo reale, una successione effettiva che mi limiterò a

registrare[e bisognerebbe aggiungere, neanche una successione in me, un seguito di vissuti di coscienza], nasce dal mio rapporto con le cose”76. Il tempo quindi nasce e si dispiega nell’ ”entre deux” tra soggetto costituente e mondo costituito. Ed ecco che appare chiaro come la sua struttura sia complessa, non tanto per l’ origine misteriosa del tempo quanto per la sua relazione, per il suo incontro con un altro sistema complesso: il diritto.

Parlare della struttura temporale del diritto senza parlare di come gli uomini ne percepiscono l’esistenza e la loro esistenza in rapporto all’ordinamento giuridico sarebbe incompleto. Ma allora da quale prospettiva temporale l’uomo vede la realtà del diritto?

74 Husserl G. “Diritto e tempo. ”Saggi di filosofia del diritto”, Milano, Giuffrè 1998

75 Heidegger, GA, Bd.24,(p.387-388) “Il carattere di transizione di ogni “adesso” non è niente altro che ciò che abbiamo descritto

come il dilagamento del tempo”

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Con un procedimento analogico o di personificazione della macchina del diritto ,come direbbe Hobbes, l’uomo è portato a riprodurre all’interno del diritto quella tridimensionalità con cui osserva se stesso.

Passato, presente futuro.

Ma nulla è come appare. La tridimensionalità con cui lavora il diritto e con cui l’uomo si auto-percepisce (auto-descrive) non potrà mai essere raffigurata da tre figure piane, ma solo da un solido a tre dimensioni. E neanche da un semplice solido, quanto da un prisma liquido che crea sempre diversi rapporti e posizioni tra i suoi elementi, ed in cui una volta prevale un colore, un’altra volta ne prevale un altro.

Pur parlando nel presente, che nel diritto vale come posizione di primato, in realtà ”ogni futuro ha il senso di una regione del possibile, visto dal terreno del presente[…]mentre il passato continua ad agire nel presente a sua volta caratterizzato dall’avere un orizzonte di futuro77.”

Splendida la ricostruzione che fa Jünger della descrizione del tempo e delle diverse prospettive interpretative attraverso la minuziosa descrizione degli strumenti atti a misurarlo78. Per l’autore il tempo autentico-quello di cui parliamo- è paragonabile ad un orologio a polvere. La clessidra infatti è il luogo in cui il tempo, dimenticato, continua a scorrere, indipendentemente da quello meccanico, in-autentico dell’orologio ad ingranaggi. Quest’ultimo è il tempo che il diritto ha inventato, nel tentativo di poterlo imprigionare.

” Addomesticando e imprigionando il tempo si acquisisce maggior potere. Ma le antiche potenze

del tempo sono sempre in agguato ed esigono vittime sacrificali“79. Una volta innescato l automatismo , non è facile poterlo fermare. E così

” Il tempo meccanico, il tempus mortuum, dalla posizione servile assurge al ruolo di

dominatore”80. Il tempo autentico è invece un tempo vero, pieno di eventi umani e materiali, che inesorabilmente lascia dietro di se tracce e detriti. Tali detriti- che rappresentano un passato mai solo passato- rimangono custoditi nella campana inferiore ”salvi da ogni dispersione che li annienti”81. Pronti a ritornare qualora la clessidra venga capovolta. E proprio tale capovolgimento rappresenta il passato che

77 Kern S. “The culture of Time and Space”, Usa Andrew W. Mellon Foundation, 1983 78 Jünger E. “Das Sandbuch”trad it “Il libro dell’orologio a polvere”, Milano, Adelphi, 1994 79 Jünger E. “Das Sandbuch”trad it “Il libro dell’orologio a polvere”, Milano, Adelphi, 1994 (p.75) 80 Jünger E. ib ( p. 127)

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divenendo di nuovo presente e di nuovo possibile futuro, rappresenta la sua indifferenza rispetto al tempo.

Ma non vogliamo sottovalutare nessuno aspetto del tempo .

Da un lato abbiamo compreso come il Tempo continui a fluire indipendentemente dal tempo, ma dall’altra non possiamo non tenere in considerazione le esigenze che il tempo richiede. Così affinché un fatto od un atto entri nel campo dell’esperienza giuridicamente rilevante, non solo deve essere dato in un determinato modo, ma deve essere esperito in un preciso spazio temporale.

Ma il fatto che un atto debba avvenire nel rispetto di una procedura “temporale” per avere rilevanza giuridica, e che il diritto esperito oggi è un diritto che oggi viene ad esistenza, non può sciogliere quella complessità temporale che proietta nell’oggi “campi di esperienze ed orizzonti di aspettative” come avrebbe detto Kosellech. Alla concezione antitetica dei piani temporali, si fa ora strada un rapporto mediato tra presente e futuro, non dissimile per impostazione dal suo rapporto con la tradizione, ma dissimile in vista degli esiti finali. Anche se non sembra esserci un collegamento diretto –secondo Husserl- tra passato e futuro, possibile è invece il dialogo indiretto, mediato dal presente82.

E spesso il diritto opera in questo modo senza neanche rendersene conto. Quando il legislatore interviene per risolvere un problema, non lo fa con una vecchia legge( se ce ne fosse una e se ce ne fosse una efficace non sarebbe compito del legislatore risolvere il problema…caso mai del giudice)ma con un nuovo progetto di legge. Progettando cioè un possibile meccanismo che conduca la legge ad avere come effetto un effetto sanante. Ma tale effetto avverrà solo e se nel futuro davvero si avvererà. Una sorta di post di una soluzione Ex-post. Anticipando la “probabilità” di un esito verosimilmente attualizzabile.

Quando perciò parliamo di diritto futuro, di uomo del futuro, non dobbiamo pensare al futuro “futuribile” tipico dei Futuristi, o dei negromanti. Ci riferiamo invece ad un futuro verosimilmente conoscibile, che si renda aperto a più possibilità e che non lasci quelle stesse possibilità prive dei mezzi per poterle esperire.

82 Bellissimo il parallelo che Husserl fa tra il passato, il futuro esperibili sul piano del presente giuridico. In “Per la

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Quando il futuro si mostra “aperto” se ne scorge la sua natura allungata, il suo effetto cioè oltre l’effetto giuridicamente contemplato. Ma vedere oltre non significa prescindere dalla realtà o dal presente, significa invece rendere possibile una “presentificazione” di una cosa futura nella realizzazione di un possibile comportamento presente.

Ma tale presentificazione, tale anticipazione del possibile futuro viene posta in essere da colui che agisce. Prima che l’azione sia eseguita chi agisce ha l’idea di cosa succederà quando avrà agito, dopo che avrà agito.

Cambia infatti la percezione del futuro. Elias83 al riguardo ci suggerisce come le catene dell’interdipendenza sono brevi e meno sviluppata tra i membri della società è la concezione di passato e futuro separati dal presente. Se da un lato infatti la società che sperimentiamo è impostata sul massimo grado di bisogni ed impulsi presenti, lo stesso “bisogno” impone di tener conto di un futuro relativamente lontano che esercita sempre maggiore influenza sulle nostre attività.84

A tal proposito-sottolinea Koselleck- non è senza effetto il passaggio alla concezione laicizzata del tempo moderno. “Alla dottrina del giudizio universale- si sostituisce- il

rischio di un futuro aperto85”. L’avvenire appare cioè legato alle scelte e alle decisioni del

presente. Anzi, l’identità temporale delle generazioni appare ora legata al futuro più che alla storia del passato e la progettazione diventa l’equivalente moderno delle pratiche magiche delle società arcaiche86.

E quel rischio di cui parla Koselleck è dato non dalla possibilità della scelta, ma dall’obbligo della stessa. Si è passati cioè da un futuro esteso, da una prospettiva progressista, illuminista e futurista, ad un presente esteso. Giuridicamente, e non solo, non ci è possibile utilizzare come referente la categoria del futuro. Dobbiamo ripensare il presente come l’unico medium, l’unico luogo possibile e costituirlo come referente centrale delle prospettive temporali contemporanee. ”Esso- il presente- deve essere

ristrutturato in modo da poter sistematizzare le scelte che impone il ritmo vorticoso dello

83 Elias “Saggio sul Tempo”, Bologna, il Mulino, 1984

84 N.Elias, “Saggio sul Tempo”, Bologna, il Mulino, 1984 (pp.169-170) 85 Koselleck R. “Futuro Passato”, Marietti, Genova(1979)

86 W.Bergmann “Die Zeifsfnckturen sozialer Systeme”, Duncker-Humblot,Berlin 1981, (p. 244). Citazione riportata dal

testo di C. Leccardi “Sull’interpretazione del futuro”. Continua P.Berger (B.Berger-H.Kellner)”The Homeless Mind”, Penguin Books, Harmondsworth,1973 che “l’idea di pianificazione del futuro apre la via alla costituzione dell’identità in senso moderno;il

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sviluppo scientifico e tecnologico, e deve adattarsi alla nuova qualità della limitatezza che nasce dalla chiusura del futuro87”.

Il futuro non è più decodificabile attraverso il codice della possibilità e dell’attesa, sarà il presente esteso a divenire il nuovo tempo dell’azione. Esso mostra come il presente sia anche un luogo, in cui riemergono strati di passato e si affacciano possibilità future. Un tempo sufficientemente breve da potere essere controllato dall’azione sociale, sufficientemente ampio da consentire la possibilità di continuazione della vita su questa terra88.Si mostra perciò in tutta la sua relazione tensionale esattamente come le generazioni future che pur essendo variabili lontane, temporalizzano i loro effetti nel vicino presente.

87 Novotny H. “Dal futuro al presente esteso: il tempo nei sistemi sociali”, in Sociologia e ricerca sociale, 23, 1987.

88 Jonas J.H. “Responsability Today:The Ethics of an Endangered Future”, in Social Research”, 43, 1976 trad it “Il principio di

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4. SPAZIALITA’

Ripartendo dallo spazio, ovvero dal secondo costrutto caratterizzante le future generazioni, e dall’osservazione del sistema da un punto di vista spaziale anziché temporale, il risultato non cambia. . Mi riferisco alla teoria della Re-Entry propria del costruttivismo e delle teorie dei sistemi89. L’osservazione dell’osservazione se rimane dentro un’unica prospettiva, sarà sempre indeterminata. Ed il motivo risiede nel fatto che la prospettiva dell’osservazione è per presupposto contingente e per natura relazionabile alla sua possibilità opposta90. Per avere perciò una definizione corretta del sistema, non si deve cancellare la sua natura bivalente, ma ricercare una ulteriore dimensione capace di maggiore ampiezza. Spencer Brown91 propone perciò di collegare al riferimento allo spazio-dimensione propria dell’osservazione del sistema del diritto- il riferimento al tempo. L’unico in grado di contenere le molteplici dimensioni spaziali che non si elidono ma coesistono in “correlati spaziali differenti”. “E’ possibile entrare in uno statuto del tempo senza abbandonare lo statuto dello spazio in cui si è già collocati”. Il soggetto che osserva è ovviamente posto spazialmente dentro il sistema che deve osservare. Aspetto ben noto a Luhmann, che definendo la memoria come aspetto identitario del soggetto ci dice che “la memoria, che si rivolge ad eventi passati, non

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