I MATERIALI LEGANTI
5.1 LA RICERCA DELLA MATRICE RI- RI-GIDA
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di questo progetto, nel capitolo dedicato alla sperimentazione.
Le sostanze collanti utilizzate per conferire coesione alle fibre tessili, tendenzialmente hanno originato pannelli flessibili, non del tutto adatti al nostro fine. Inoltre in queste sperimentazioni sono sempre state utilizza-te fibre lunghe, caratutilizza-terizzautilizza-te da un grado di aggregazione maggiore rispetto alle polve-ri di lana con le quali andremo ad operare.
Emerge come unica soluzione per generare un pannello rigido l’utilizzo di una struttura o una base rigida a supporto delle fibre o in al-ternativa l’utilizzo di una matrice in grado di conferire rigidità, come l’impiego di schiume o prodotti di origine polimerica.
In un ragionamento come quello affrontato fino ad ora, l’utilizzo di una sostanza di que-sto tipo, non risulterebbe una soluzione otti-male a causa della sua origine petrolchimica e del fatto che debba essere acquistata. Ciò nonostante, potrebbe essere utilizzata co-munque una sostanza simile ma derivante da un processo di riciclo. La problematica consiste nel fatto che queste sostanze una volta applicate non possano essere riutiliz-zate poiché perdono il loro principio attivo e non funzionano più come agenti incollanti.
A seguito di una attenta indagine sul territo-rio biellese è stato individuato un particolare scarto aziendale in grado di superare queste
questioni; tale scarto, il quale verrà appro-fondito nel paragrafo successivo, è un rifiuto aziendale, ordinariamente smaltito in disca-rica che consiste in polimeri termoinduren-ti, del tipo poliestere (vedi figura 1 e scheda tecnica, allegato C).
Considerata in base alla possibilità di sfrut-tare la differenza di temperatura di fusione dei materiali, questa tipologia di scarto unita alla polveri di lana sembra dunque un otti-mo punto di partenza per la successiva spe-rimentazione; sia per quello che riguarda la fornitura del materiale, essendo questo ri-ciclato, sia, come emerge dalla schedatura, per le sue buone caratteristiche acustiche.
L’unico punto critico può essere identifica-to nel fine vita di tale materiale: nonostante il suo riciclo, al termine della sua vita utile dovrà essere smaltito in discarica. Si può co-munque pensare ad ulteriori possibilità di riciclo, come l’utilizzo di parte di esso nel-Figura 1: Scarti di produzione: polimeri.
la fabbricazione di nuovi prodotti, oppure come riempimento o imbottiture. In alterna-tiva, come emerge dalla ricerca, possono es-sere utilizzati dei polimeri biodegradabili. Il loro vantaggio risiede nell’avere un fine vita ecocompatibile, ma il fatto che non possano essere riciclati implica dei costi per l’acqui-sto; una valutazione economica dovrà even-tualmente verificarne la loro convenienza.
Nella fase sperimentale i polimeri biodegra-dabili verranno presi in considerazione, ma per via delle loro difficoltà di applicazione, potrebbero non essere analizzati.
In definitiva attraverso l’utilizzo dei polimeri congiuntamente alle fibre di lana, si potreb-be generare un pannello al 100% riciclato, con elementi di origine sintetica e un fine vita da valutare, ma con possibilità di sviluppo e
perfezionamento, come la sostituzione dello scarto con polimeri biodegradabili, come il PLA (polimero dell’acido lattico, figura 2).
A questo punto è stata ritenuta conclusa, per quello che riguarda questo lavoro, la parte relativa alla ricerca di una matrice rigida di origine polimerica, lasciando comunque ampi spazi di miglioramento, in eventuali ap-profondimenti futuri, con altre tempistiche, collaborazioni e possibilità.
Per conferire rigidità alle polveri di lana, la ri-flessione è tornata sulle sostanze collanti, le quali però non avevano dato buoni risultati a livello di tenuta meccanica. In seguito a una serie di incontri con ricercatori, imprenditori ed esperti nel settore si è valutato come at-traverso l’utilizzo di colle sarebbe stato pos-sibile raggiungere una determinata rigidità strutturale.
L’analisi si è sviluppata a partire dall’esclusio-ne di tutte le colle di origidall’esclusio-ne sintetica, pren-dendo in considerazione solo quelle di ori-gine naturale, vegetale o animale, in modo tale da poter eventualmente smaltire il pan-nello attraverso un processo sostenibile.
In primo luogo, è stato valutato l’utilizzo dell’amido, il quale, grazie alla sua compo-sizione ricca di glucosio, è noto per avere buone qualità collanti. In particolare, come vedremo nel capitolo successivo, si è scelto Figura 2: PLA in polvere.
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di sperimentare l’amido di mais, per via del costo commerciale relativamente basso (cir-ca 3,50€/kg). Questa scelta porterebbe alla realizzazione di pannelli parzialmente ricicla-ti e completamente biodegradabili, ma con un costo della materia prima, se pur basso, da sostenere in caso di produzione a livello industriale.
Con un profondo sforzo di ricerca, grazie an-che al contributo della start-up RiceHouse, è stato riconosciuto un prodotto in grado di superare le incertezze relative all’amido di mais. Grazie alla loro profonda conoscenza del riso, della filiera produttiva e dei relativi scarti, è stato individuato nell’acqua di bol-litura derivante dalla preparazione del riso precotto, un potenziale prodotto. Quest’ulti-ma presente in abbondanti quantità, secon-do recenti informazioni, viene parzialmente scartata dalle aziende. Diventa un elemento potenzialmente interessante per via delle sue proprietà collanti, essendo ricca di ami-do (in analogia al caso dell’amiami-do di mais).
Ne potrebbe derivare un pannello al 100%
naturale, completamente riciclato e biode-gradabile, risolvendo quindi tutte le proble-matiche riscontrate fin ora.
Potenzialmente l’ultima soluzione risulta for-temente interessante dovrà comunque esse-re analizzata e sperimentata per valutaesse-re la fattibilità e le relative performance acustiche.
Tuttavia questa soluzione, come quella basa-ta sull’amido di mais, porterebbe a generare delle colle prodotte in ambito sperimenta-le, delle quali non si avrebbero conoscenze specifiche in ambito chimico. In campo spe-Figura 3: Colla Oko Naturkleister, Creartec, ht-tps://www.creartec.de/.
Figura 4: Colla Coccoina, Balma, Capoduri & C.
s.p.a, https://www.coccoina.it/.
rimentale abbiamo dunque vagliato altre possibilità, allargando la nostra ricerca verso colle commerciali, diffuse e ampiamente uti-lizzate, ma sempre di origine naturale. Que-sto ulteriore approfondimento, non viene svolto per migliorare le ottime potenzialità dell’amido di riso, comunque ancora da valu-tare, ma per effettuare un confronto acustico fra diversi collanti dei quali si ha la certezza del loro effettivo funzionamento come tali e delle rispettive proprietà.
Le colle commerciali di origine naturale pre-senti sul mercato, risultano in numero limi-tato, in ambito di ricerca oppure presenta-no costi elevati. Sopresenta-no stati individuati due prodotti: con uno sguardo al passato la colla Coccoina prodotta da Balma, Capoduri & C.
s.p.a (figura 4) con un costo commerciale di circa 40 €/Kg e una colla di origine tedesca, Oko Naturkleister, prodotta dall’azienda Cre-artec (figura 3), con un costo commerciale di 90 €/Kg. La prima è una “colla a base di destrina di fecola di patate in acqua senza l’utilizzo di solventi” 1 (vedi scheda tecnica, allegato D), la seconda viene prodotta con destrina, zucchero e glicerina, derivanti da amido di mais e fecola di patate (vedi scheda tecnica, allegato E).
Verranno entrambe unite alle fibre di lana, valutando eventualmente le differenze con le colle generate in ambito sperimentale.
La ricerca è proseguita con un occhio al pas-sato, attraverso un’analisi delle colle animali, le uniche utilizzate fino agli anni 30’, quan-do furono affiancate e presto sostituite da quelle sintetiche e viniliche, che garantiva-no una maggiore facilità d’uso. Queste sogarantiva-no individuabili nella colla d’ossa o colla forte (figura 5), ricavata dai cascami di coniglio, nella colla di pesce, ottenuta dalla vescica natatoria di pesce, e nella colla di coniglio (figura 6), anch’essa derivata da cascami di coniglio, con un procedimento diverso. Nei secoli furono utilizzate nel campo artistico (in particolare la colla d’ossa,) come base per produrre vernici, leganti pittorici, stucchi e preparazioni di fondi e nel campo della fale-gnameria artigianale. Oggi, per via della loro preparazione lunga e difficoltosa, vengono quasi esclusivamente utilizzate nel restauro, al fine di rispettare la tradizione e il manufat-to. Le capacità collanti derivano dal collage-ne contenuto in esse. Sono completamente naturali e biodegradabili e si possono trova-re ancora in vendita tramite siti specializzati, inoltre hanno un prezzo vantaggioso rispet-to alle colle commerciali precedentemente analizzate, con un costo che oscilla fra i 10 e i 20 €/kg. Anche con questi collanti,
oppor-1_https://www.coccoina.it/, consultato il 25/04/2019.
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tunamente uniti alle fibre di lana, verranno composti dei provini, al fine di completare l’analisi; gli eventuali pannelli saranno dun-que parzialmente riciclati ma al 100% natu-rali, biodegradabili e, a differenza delle colle naturali commerciali, con un costo notevol-mente minore.
Non si esclude che in fase di sperimentazio-ne, o in futuro, vengano prodotti dei cam-pioni testando altre colle o alte sostanze, in base all’evoluzione della stessa. Infatti al fine di valutare la fattibilità e di effettuare un confronto completo, verrà preso in conside-razione un materiale sintetico, ampiamente diffuso nell’acustica e nel campo edile, il ges-so, e una colla generata in ambito sperimen-tale a base di glicerina.
Tutti questi prodotti elencati, da quelli poli-merici alle diverse tipologie di colle, risultano dei potenziali candidati: solamente quando verranno applicati nella fase di sperimenta-zione con le polveri di lana, verrà valutata la loro coesione, il loro funzionamento, le ri-spettive caratteristiche e proprietà acustiche, attraverso una serie di campioncini proposti a densità differenti. Nonostante l’evoluzione e il ragionamento su un così ampio numero di collanti, rimane valida l’idea iniziale, che individua l’amido di riso come migliore solu-zione applicabile, perlomeno in teoria e se-condo le informazioni attuali.
Figura 5: Colla d’ossa.
Figura 6: Colla di coniglio.
Attraverso l’utilizzo dei diagrammi di Kiviat (figura 7) è stato possibile eseguire le valu-tazioni esplicitate in questo paragrafo, per capire le potenzialità e le criticità dei pro-dotti collanti analizzati. In particolare sono state prese in considerazione le seguenti
caratteristiche: l’origine naturale del collan-te, il relativo costo, la biodegradabilità a fine vita, l’eventuale provenienza da scarti di pro-duzione, il potere collante, e la semplicità di lavorazione, preparazione ed applicazione.
Figura 7: Diagrammi di Kiviat, confronto delle sostanze collanti amalizzate.
Polimeri Termoindurenti
Colle Animali Amido di Mais
PLA
Amido di Riso
Colle Commerciali
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L’azienda viene fondata nel 1993 nel comu-ne biellese di Cossato, specializzandosi fin da subito nella verniciatura a polveri. Grazie agli investimenti tecnologici, a un impianto mo-derno e all’esperienza maturata, la Vernicia-tura, oggi, è un punto di riferimento locale, che garantisce prodotti e trattamenti di alta qualità.
La Verniciatura Sassone, attraverso la ver-niciatura a polveri, è in grado di ricoprire qualsiasi superficie metallica e non solo, con un’ampia varietà di finiture e di trattamenti, in base alle richieste, alla tipologia di lavoro e allo scopo del trattamento.
La scelta di puntare su un trattamento a pol-veri, rispetto a una verniciatura a liquido più tradizionale, deriva dai numerosi vantaggi, e da una costante attenzione verso la salva-guardia dell’ambiente. Si tratta di un proce-dimento a secco che non richiede l’utilizzo di solventi altamente inquinanti e di ingenti quantità d’acqua; le polveri, grazie a sistemi di aspirazione, vengono completamente re-cuperate. A differenza dei solventi, dannosi e nocivi per l’uomo, le polveri utilizzate negli ultimi anni sono classificate non pericolose inoltre i tempi di lavorazione sono più veloci, richiedono un minore fabbisogno energetico e il trattamento risulta più duraturo con un film dalle qualità superiori.
Il ciclo produttivo della verniciatura a pol-veri si discosta molto da quello più lungo e complesso di una verniciatura a liquido, am-piamente più diffusa. Esso è infatti basato su pochi passaggi, come emerge dal flowchart relativo all’azienda in questione (figura 9).
La Verniciatura Sassone si basa su un impian-to di tipo statico, in cui i processi sono svolti in successione, a differenza di un impianto automatico in cui le lavorazioni si svolgono in modalità continuativa. Inoltre, per via del-le dimensioni, e del contesto in cui lavora si parla di un processo a perdere, nel quale le polveri disperse e recuperate finiscono all’in-terno di appositi filtri e contenitori (figura 8), in modo indifferente in base al trattamento.
Esistono realtà in cui lo scarto invece viene suddiviso in base al trattamento e alla colora-zione, per essere successivamente riutilizza-to all’interno del processo: sono aziende con un bacino di utenze differenti, con richieste di uno stesso servizio in relazione a tempisti-che maggiori. Nell’azienda selezionata ogni singolo supporto, in base alla richiesta, su-bisce un trattamento diverso, e non risulta possibile svuotare l’impianto e i filtri a ogni singola applicazione.
Fondamentale in questo processo è la prepa-razione del supporto da trattare: esso deve essere ripulito da ogni impurità, da ossidi e