• Non ci sono risultati.

La richiesta di parere consultivo alla Corte europea dei diritti dell’uomo e il rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia: questioni di spazio

Assegnista di ricerca in Juridical Sciences LUISS Guido Carl

2. La richiesta di parere consultivo alla Corte europea dei diritti dell’uomo e il rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia: questioni di spazio

Così inteso, il parere consultivo è stato concepito per fornire una risposta immediata28, a quei giudici che

dubitino del corretto significato29 da attribuire alle norme della Convenzione europea. Ad ogni modo, il

parere della Corte non ha alcuna efficacia vincolante nei confronti del giudice nazionale richiedente, né tantomeno nei riguardi degli altri giudici, ma si dota solo di una vis persuasiva circa la portata assiologica del testo convenzionale, così come declinato nella fattispecie concreta in rilievo30.

28 Osserva R.CONTI, La richiesta di “parere consultivo” alla Corte europea delle Alte Corti introdotto dal Protocollo n. 16 annesso alla

CEDU e il rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia UE. Prove d’orchestra per una nomofilachia europea, in www.consultaonline.org,

2015, p. 21, che “(…) se, nel breve periodo, l’eventuale ‘fortuna’ di tale strumento potrà portare a un appesantimento del lavoro dei giudici della Corte europea sembra evidente che, nel medio periodo, tale meccanismo dovrebbe ridurre il carico della Corte europea per effetto delle decisioni del giudice nazionale, le quante volte queste dovessero uniformarsi ai pareri di Strasburgo”.

29 Significato che si consolida nell’interpretazione fornita dalla Corte di Strasburgo e va a costituire la giurisprudenza europea e, quindi, res interpretata anche rispetto ai Paesi che non siano parte delle controversie concrete nel giudizio della Corte europea. Cfr. E.NALIN, I Protocolli n. 15 e 16 alla Convenzione europea dei diritti dell’uomo, in Studi sull’integrazione europea, n. 9/2014, 120-121.

30 Non mancano, peraltro, casi nei quali la Corte europea giunge a qualificare la Convenzione europea come strumento volto ad assicurare l’“ordine pubblico europeo” nell’ambito della tutela dei diritti fondamentali, al cui presidio è posta, quindi, la Corte europea. Cfr. Corte europea dei diritti dell’uomo, sentenza del 6 luglio 2010, Neulinge e Shuruk c. Svizzera, par. 133.

Sono, dunque, evidenti le differenze tra lo strumento in oggetto e il rinvio pregiudiziale alla Corte di Lussemburgo31. In primo luogo, per quanto riguarda il Protocollo n. 16 CEDU, come visto, non tutte le

giurisdizioni nazionali hanno la facoltà di adire la Corte europea dei diritti dell’uomo. In senso contrario, in sede europea, secondo quanto prescritto dall’art. 267 TFUE, tutti i giudici nazionali - come specificato, tra l’altro, dalla giurisprudenza europea sul punto - possono presentare domanda di rinvio pregiudiziale al fine di ottenere la corretta interpretazione degli atti di diritto derivato dell’Unione europea32.

A ben vedere, la limitazione sotto il profilo soggettivo dei giudici legittimati a proporre la richiesta di parere consultivo alla Corte europea dei diritti dell’uomo parrebbe tradire l’intento stesso del Protocollo in questione ossia quello di creare un nuovo strumento dialogico che permetta l’interazione diretta i giudici nazionali e il giudice di Strasburgo33.

Lo scopo del parere consultivo è infatti quello di affiancarsi al meccanismo di ricorso individuale alla Corte europea dei diritti dell’uomo ai sensi dell’art. 35 CEDU. Il testo convenzionale prevede, infatti, un meccanismo di attivazione del processo in sede convenzionale mediante ricorso della parte che si ritenga lesa in un proprio diritto – convenzionalmente riconosciuto – da parte di uno Stato aderente alla Convenzione europea, previo esaurimento di tutti i rimedi giurisdizionali interni34.

31 M.C.RUNAVOT, Le Protocole n. 16 à la Convention européenne: reflexions sur une nouvelle espèce du genre, in Revue générale de Droit

International Public, 2014, p. 77 ss. Contra, P.GRAGL, (Judicial) Love is Not a One-Way Street: The EU Preliminary Reference

Procedure ad a Model for ECtHR Advisory Opinions under Draft Protocol No. 16, in European Law Review, 2013, p. 229 ss.

Peraltro, ne evidenzia le assonanze con il “fratello maggiore” rappresentato dal rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia R.CONTI, La richiesta di parere consultivo alla Corte europea delle Alte Corti introdotto dal Prot. 16 CEDU e il rinvio pregiudiziale

alla Corte di giustizia dell’Unione europea. Prove d’orchestra per una nomofilachia europea, in AA.VV., La richiesta di pareri consultivi

alla Corte di Strasburgo da parte delle più alte giurisdizioni nazionali, cit., p. 102-103, ove osserva che l’istituto in esame

rappresenta uno strumento preventivo “che parte dal giudice nazionale e che non intende né elidere le prerogative, né travolgere l’operato della Corte europea dei diritti dell’uomo, esulando realmente da un meccanismo di tipo gerarchico” (corsivo dell’A.).

32 Occorre rammentare, al riguardo, la felice commistione tra giurisdizione europea e giurisdizione convenzionale circa l’attivazione del rinvio pregiudiziale dinanzi alla prima. In particolare, nella sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo dell’8 aprile 2014, Dhahbi c. Italia, paragrafi 33-34, nella quale il giudice convenzionale europeo ha condannato l’Italia per violazione dell’art. 6 CEDU (diritto ad equo processo) per omessa motivazione da parte della Corte di cassazione circa il rifiuto opposto di operare il rinvio pregiudiziale dinanzi alla Corte di giustizia. In senso contrario si pone la precedente sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo del 20 settembre 2011, Ullens de Schooten e Rezabek

c. Belgio, nella quale i giudici convenzionali europei, al contrario, non hanno ravvisato la violazione dell’art. 6 CEDU,

ritenendo che il Consiglio di Stato e la Corte di cassazione avessero adeguatamente motivato in ordine al mancato adempimento del rinvio pregiudiziale ai sensi dell’art. 267 TFUE.

33 Ne sottolineano la necessità J.P.COSTA, P.TITIUN, Les Avis Consultatifs Devant la Cour Européenne des Droits de l’Homme, in L’Homme Dans a Societè Internationale: Méelanges en Hommage au Professeur Paul Tavenier, Bruylant, 2014.

34 Non sono pochi i casi nei quali, ancorché in mancanza dei requisiti procedurali previsti dall’art. 35 CEDU, la Corte di Strasburgo ha accolto il ricorso proposto. Ad esempio, nella sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo del 28 agosto del 2012, Costa e Pavan c. Italia, i giudici di Strasburgo hanno ritenuto ammissibile il ricorso proposto dai ricorrenti e hanno statuito nel merito, condannando l’Italia per violazione dell’art. 8 CEDU (diritto alla vita privata e familiare). La coppia ricorrente non aveva previamente presentato ricorso dinanzi ad alcun organo giurisdizionale interno.

Con l’introduzione del parere consultivo, si è voluto creare un percorso di confronto immediato, seppur nell’ambito di un giudizio pendente, di modo da contribuire a rafforzare l’uniforme applicazione ed interpretazione della Convenzione europea dei diritti dell’uomo35 attraverso la lettura combinata

formulata dalla Corte europea dei diritti dell’uomo e dalle autorità giurisdizionali nazionali36.

D’altro canto, ancorché privo di efficacia formalmente vincolante37, è ragionevole ritenere che il giudice

nazionale che ne faccia richiesta difficilmente sarà portato a discostarsi dai principi di diritto espressi nel parere38, in primo luogo perché, ragionando altrimenti, sarebbe del tutto illogico formulare la richiesta di

parere per poi disattenderne l’esito ermeneutico in sede applicativa e, in secondo luogo, perché il parere ha ad oggetto – come specificato – i principi di diritti relativi all’interpretazione del diritto CEDU e non già la risoluzione anticipata della fattispecie concreta.

Come chiaro, la richiesta di parere origina pur sempre da un giudizio concreto ed è destinata infatti, al termine del processo decisionale a Strasburgo, a trovare applicazione nel processo nazionale, che pare costituire il terminale logico della procedura nella quale viene sollecitato l’intervento dei giudici convenzionali.

Il carattere dubitativo dell’affermazione anzidetta sembra trovare pieno conforto nella espressa previsione della natura sussidiaria dell’istituto del parere consultivo rispetto al tradizionale strumento di ricorso alla Corte europea dei diritti dell’uomo, chiamata ad intervenire, come espressamente previsto nell’art. 35 CEDU e ribadito nel Preambolo del Protocollo n. 15 CEDU del 24 giugno 2013, solo in un momento successivo39 rispetto al giudizio nazionale.

35 Cfr. F.DEL VECCHIO, Le prospettive di riforma della Convenzione europea dei diritti umani tra limiti tecnici e “cortocircuiti” ideologici, in Rivista AIC, 2013.

36 Cfr. O.POLLICINO, La Corte costituzionale è una “alta giurisdizione nazionale” ai fini della richiesta di parere alla Corte EDU ex

Protocollo 16?, in www.forumcostituzionale.it, 2 aprile 2014.

37 Cfr. A.BODNAR, Res interpretata: legal effect of the European Court of Human Rights judgments for other states than those which

were party to the proceedings, in Y.HAECK,E. BREMS (eds.), Human rights and civil liberties in the 21st century, Springer, 2014, p.

223-262; J.GERARDS, The European Court of Human Rights and the national courts – giving shape to the notion of “shared

responsibility”, in J.GERARDS,J.W.A.FLEUREN (eds.), Implementation of the ECHR and of the judgments of the ECtHR in

national case law. A Comparative analysis 21-27, Radboud University Nijmegen, 2014.

38 Cfr. P.DE SENA, Caratteri e prospettive del Prot. 16 Cedu, in AA.VV., La richiesta di pareri consultivi alla Corte di Strasburgo da

parte delle più alte giurisdizioni nazionali, cit., p. 9 e 13, parla al riguardo di funzione di nomofilachia preventiva della Corte

europea dei diritti dell’uomo.

39 Giova rammentare, al riguardo che l’originario termine di sei mesi dalla data della decisione interna definitiva per proporre ricorso alla Corte è stato ridotto a quattro mesi dal Protocollo n. 15 CEDU (non ancora entrato in vigore) al fine di cercare di alleggerire il carico dell’ingente contenzioso dinnanzi alla Corte europea.

Tale previsione minerebbe, secondo alcuni Autori, la natura stessa della giurisdizione di Strasburgo40, che,

come ampiamente evidenziato, si pone in via sussidiaria rispetto al giudice nazionale41 ed in un momento

successivo all’esaurimento dei mezzi impugnatori interni.

A ben guardare, però, tale strumento, di ausilio al giudice nazionale nell’azione di tutela dei diritti fondamentali, non sarebbe di per sé incompatibile con il ricorso successivo (art. 35 CEDU) alla Corte europea dei diritti dell’uomo per una duplice ragione: da un lato, il parere consultivo mira a colmare un vacuum operativo nel confronto dialettico tra giudici nello spazio giuridico europeo; dall’altro, potrebbe accadere che il soggetto che ritenga violato un proprio diritto decida di adire in via successiva il giudice di Strasburgo per far valere la propria doglianza. In questo caso, non potrebbe precludersi al soggetto ricorrente di interpellare la Corte europea dei diritti dell’uomo42 per la prima volta – poiché il parere viene

richiesto dal giudice – e in via successiva43, e quindi nel pieno rispetto del dettato convenzionale. Peraltro,

l’oggetto del ricorso, diversamente da quello del parere44, concernerebbe il caso di specie e non i principi

di diritto relativi alla mera interpretazione della Convenzione europea.

In sostanza, il ricorso individuale diretto ex art. 34 CEDU differirebbe dal meccanismo di richiesta di parere consultivo non solo sotto un profilo più strettamente soggettivo, per il fatto cioè di essere promosso, nel primo caso, dal soggetto che si ritiene leso in un proprio diritto e, nell’altro, dall’autorità giudiziaria nazionale chiamata a decidere su un caso concreto, ma anche sotto un profilo squisitamente oggettivo, trattandosi, nel primo caso, dell’accertamento e della conseguente dichiarazione della violazione o meno del diritto del ricorrente e, nell’altro, l’interpretazione della lettera convenzionale nell’ottica di garantire la corretta applicazione della Convenzione europea all’interno degli Stati aderenti.

40 Contra, cfr. F.SUDRE, La subsidiarité, «nouvelle frontière» de la Cour européenne de droits de l’homme. A propos de protocoles 15 e

16 à la Convention, in La semaine juridique, 2013, p. 1912 ss.

41 Come, da ultimo, evidenziato anche dal Protocollo n. 15 CEDU, che, tra le altre modifiche, ha provveduto ad aggiungere un considerando al Preambolo della Convenzione, nel quale si ribadisce la portata giurisdizionale del sistema regionale di tutela dei diritti fondamentali da parte della Corte europea dei diritti dell’uomo, la quale, dunque, è chiamata a pronunciarsi in via successiva rispetto ai giudici interni e nel rispetto del margine di apprezzamento statale.

42 Cfr. E.NALIN, op.cit., p. 133.

43 “Tuttavia, laddove un ricorso venga proposto successivamente all’emissione di un parere consultivo della Corte che sia stato effettivamente osservato, si ritiene che tali elementi del ricorso che riguardano le questioni affrontate nel parere consultivo debbano essere dichiarati irricevibili o debbano essere stralciati” (p.to 26 Rapporto esplicativo).

44 Così come chiarito anche nel Documento di riflessione: “Advisory opinions in cases concerning questions of principle or of general interest in the above sense could also cover cases raising an issue with regard to the compatibility with the Convention of legislation, a rule or an established interpretation of legislation by a court. However, there should not be an abstract review of legislation. The advisory opinion procedure should be limited to questions arising in a contentious case concerning individual rights in a dispute between parties” (par. 29).

3. Il parere consultivo della Corte di Strasburgo: prospettive di sviluppo e problematiche

Outline

Documenti correlati