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La ricerca, come indicato in premessa, si poneva come obiettivo centrale quello di ricostruire un quadro conoscitivo delle attività di prevenzione e cura delle dipendenze nelle persone, in particolare quelle adulte, sottoposte a misure restrittive o limitative della libertà personale in Emilia-Romagna.

Fermo restando che tutte le attività, nonché le procedure e i processi connessi, rientrano nel quadro previsto dalle normative e dai regolamenti in essere, l’interesse particolare alla base della ricerca era quello di identificare eventuali prassi e modelli di intervento differenziati in funzione di specificità determinate da contesti geografici, storie consolidate, tipologie di persone detenute, orientamenti scientifici e quant’altro diversi tra di loro.

Differenze di prassi e modelli sui quali riflettere, da un lato nell’ottica di diffondere e far conoscere

“buone” pratiche. Dall’altro, di porre all’attenzione eventuali “rischi” nelle opportunità di accesso e partecipazione a questi programmi. La scelta di focalizzare l’indagine qualitativa su alcune aree territoriali specifiche va, per l’appunto, nella direzione di identificare somiglianze e differenze da porre all’attenzione della Committenza e dei molteplici attori coinvolti in questi processi.

Come abbiamo visto nella ricostruzione della dimensione quantitativa del problema, in questi ultimi tre anni l’indice di sovraffollamento nelle carceri regionali (ma non solo) è costantemente aumentato, per lo più nella componente dei detenuti italiani per i quali è più probabile la possibilità di attivare misure alternative.

Non ci sono dubbi, dunque, sul fatto che il problema di trovare soluzioni alternative sia pienamente attuale e giustificato. Dal 2017 al 2019 il numero di persone coinvolte in misure alternative in Emilia-Romagna è, in effetti, incrementato complessivamente del 58%. L’incremento maggiore è avvenuto nelle misure legate all’istituto della messa alla prova (+130%) e al lavoro di pubblica utilità (+72%).

Incrementi minori si sono invece registrati per la detenzione domiciliare (+11%) e i liberi vigilati (+21%). Tuttavia, come emerge dalla ricerca qualitativa, le difficoltà connesse ad una maggiore attivazione di questi programmi sono importanti e riconducibili a:

 Disponibilità finanziarie in capo ai SERT;

 Disponibilità di personale in grado di attivare e seguire le procedure per l’inserimento nei programmi;

 La relativa numerosità del bacino di utenza potenziale in possesso di tutti i requisiti richiesti non solo dal punto di vista normativo, ma anche delle valutazioni di “fattibilità” espresse dai diversi attori coinvolti nel processo di presa in carico e definizione del programma. Ad esempio, l’elevato turn-over dei detenuti si associa chiaramente alla breve permanenza negli istituti penitenziari regionali, che inficia sul sistema di presa in carico del detenuto con problemi di dipendenza. Dal punto di vista sanitario, infatti, l’indicatore di turn-over è una misura indiretta della possibilità di garantire la continuità della cura in uno stesso luogo, con gli stessi operatori e strumentazioni.

Non ci soffermiamo oltre su queste problematiche di fondo che esulano dall’obiettivo della ricerca e rimandano, almeno in parte, a scelte di politica sanitaria regionale. Vanno tuttavia segnalate e tenute presenti perché sono emerse in tutte le interviste, sia pur in misura più o meno rilevante, a indicare, dunque, un ruolo e un impatto significativo nel condizionare prassi e modelli di intervento.

Dunque, ripercorrendo l’articolazione adottata per la ricerca qualitativa in tre fasi:

1. Avvio del processo che si attiva con l’ingresso della persona sottoposta a misure restrittive o limitative della libertà negli istituti penali;

2. Attivazione dei programmi a seguito dell’ottenimento della certificazione per alcol-tossicodipendenze;

3. Attuazione dei programmi di cura e di prevenzione delle dipendenze;

possiamo focalizzare queste riflessioni conclusive su due di esse:

 la seconda fase di attivazione dei programmi per le differenze anche significative che sono state rilevate;

 la terza fase, al contrario, per l’omogeneità di effetti riscontrata.

Come abbiamo visto, infatti, la prima fase di avvio del processo di presa in carico che, sostanzialmente, si conclude con la certificazione (o eventuale mancata certificazione) dello stato di tossicodipendenza appare sostanzialmente omogenea in tutti i territori analizzati, così come previsto dal quadro normativo. Dalle interviste si può rilevare una maggiore o minore “selettività” nel riconoscere la certificazione, ma si tratta di differenze, a nostro avviso, che potremmo definire

“fisiologiche” e più riconducibili a singoli operatori coinvolti che a modelli e prassi di intervento delle strutture.

Nella seconda fase di attivazione dei programmi abbiamo riscontrato, invece, alcune interessanti differenze sulle quali, a nostro avviso, sarebbe utile una riflessione collettiva per capire se è possibile / utile / opportuno cercare delle convergenze anche alla luce di una maggiore o minore efficacia dei risultati finali.

La prima differenza sulla quale attiriamo l’attenzione riguarda proprio la fase stessa di definizione del programma terapeutico dove dalle interviste emergono chiaramente visioni e approcci non sempre convergenti, non solo tra i diversi attori in campo, ma tra gli stessi attori che operano in territori diversi. Si tratta di orientamenti che hanno un impatto sul trattamento e, dunque, meritano di essere approfonditi.

In particolare, il riferimento è alla scelta di attivare le misure alternative verso il fine pena. Come abbiamo visto, in alcuni territori l’approccio dei Sert (Reggio Emilia e Ferrara), seppure non formalizzato, pare essere quello di attivare misure alternative per coloro che non hanno ancora molti anni da scontare, così da iniziare un trattamento fuori dal carcere che consenta un migliore reinserimento (anche in un’ottica di ottimizzazione delle risorse) e riduca il rischio di allontanamenti/evasioni. Altri Sert, ad esempio sul territorio di Forlì, invece, appaiono più restrittivi sulla concessione della certificazione, ma orientati a costruire percorsi esterni senza alcuna limitazione rispetto alla pena residua.

La scelta di attivare le misure alternative verso il fine pena impatta, ovviamente, sulla durata del programma. In generale, i percorsi hanno tempi variabili rispetto ad una durata stabilita a livello regionale (per cui viene pagata la struttura) di massimo 24 mesi. In media, si tratta di percorsi che si attestano intorno ai 12-18 mesi nonostante il parere concorde delle Comunità e degli intervistati sia che si tratti di un periodo troppo breve per essere effettivamente capace di curare e sostenere il reinserimento della persona.

Non spetta a noi entrare nel merito della bontà di una scelta piuttosto che un’altra, ma appare evidente che si tratta di scelte che hanno impatti diversi rispetto al risultato finale del trattamento come si vedrà anche più avanti rispetto alle problematiche connesse alla fase 3.

Un altro elemento da sottolineare, sempre nella definizione del piano terapeutico, riguarda i diversi orientamenti circa l’opportunità di attivare o meno percorsi extramurari, anche in base a diverse tipologie di dipendenze, tipologie e durate della pena, ecc. Ad esempio, vengono segnalate chiare difficoltà di attivazione di questi programmi nel caso dei detenuti stranieri. Sia per la loro condizione giuridica, sia perché hanno di solito pene troppo brevi, che non consentirebbero di completare il percorso riabilitativo. Analoghe difficoltà, ma per ragioni più di ordine finanziario e di carico di lavoro sul Sert interessano l’utenza dei senza fissa dimora, mentre i detenuti con diagnosi di psicopatia, invece, sono completamente esclusi dalle misure alternative data l’impossibilità di un inserimento in Comunità e nelle REMS che richiederebbe la creazione di nuove strutture adatte a realizzare percorsi differenziati.

Una certa convergenza (in questo senso non necessariamente positiva) si rileva, invece, nel sostenere maggiormente percorsi per i detenuti più giovani che possono avere più ampie opportunità di completare positivamente il progetto di riabilitazione. Maggiore facilità nell’attivazione di una misura alternativa sembra esserci anche per i detenuti tossicodipendenti già conosciuti dai servizi territoriali, per i quali, essendo già in carico al Sert del territorio, il percorso si sviluppa in tempi più rapide e con maggiore facilità.

Altre difformità emerse dalle interviste riguardano gli stili di lavoro diversi fra i Magistrati: alcuni procedono con gli affidamenti provvisori, altri, invece, preferiscono controllare la documentazione e poi inviarla al Tribunale di Sorveglianza per una discussione in sede collegiale. Dal punto di vista del processo non sembrano esserci particolari ripercussioni sui tempi procedurali, ma appare evidente una disomogeneità di approcci sul tema che potrebbe essere superata da una maggiore condivisione degli orientamenti perché non è difficile ipotizzare che possa esserci un diverso impatto dal punto di vista delle decisioni che vengono prese.

Il problema rilevato nella terza fase di attivazione dei programmi è che, invece, si riscontra una certa omogeneità di risultato che, tuttavia, ci sembra potrebbe essere oggetto di riflessione.

Ad esempio, un primo elemento di riflessione è che non ci sono, di fatto, dei risultati sui quali ragionare. Le Comunità fanno fatica a rispondere su questo punto. Dalla ricerca è emerso che circa un 60%-70% degli inseriti in misura alternativa conclude il percorso in comunità. Ma, come abbiamo sottolineato, un percorso viene considerato concluso già al termine della seconda fase (cosiddetto pre-inserimento che dura circa 5-6 che si sommano alla fase di accoglienza di durata analoga). In altre parole, nonostante la possibilità di programmi della durata di 24 mesi, nella sostanza, la media dei 12-18 mesi si riduce a circa 12 mesi, ovvero al termine della seconda fase di accoglienza identificata come “pre-inserimento”.

Le ragioni addotte è che molti di questi percorsi finiscono perché arriva il fine pena e difficilmente, dal momento che la persona ritorna in libertà, ha la motivazione per proseguire un percorso terapeutico e riabilitativo in struttura.

Dunque, come si diceva poco fa, tale orientamento impatta significativamente sui risultati del programma, quantomeno dal punto di vista della permanenza in Comunità, visto che di ciò che accade dopo poco o nulla si sa. La fase di ricerca del lavoro è stata definita, infatti, in maniera eufemistica “problematica” e non è prevista una fase di follow up che vada a verificare gli esiti del programma e, dunque, la bontà e l’efficacia di un orientamento piuttosto che di un altro. Con buona probabilità le Aziende Sanitarie hanno tutte le informazioni sugli esiti dei singoli percorsi, ma nessuno tra gli attori intervistati pare ne abbia riscontro.

Complessivamente, l’attivazione di misure alternative risulta essere ancora limitata, soprattutto relativamente agli inserimenti in Comunità, che comparati ai percorsi attivati sui territori, risultano essere di gran lunga inferiori, non tanto per un problema di negazione delle domande, quanto, piuttosto, secondo alcuni intervistati, a causa di una non sufficiente, almeno rispetto alle domande che potrebbero essere avanzate, capacità del sistema nel suo complesso di attivare gli interventi, in particolare a causa di risorse ridotte sia in termini di risorse umane, sia di risorse economiche.

Per quanto riguarda, infine, l’area minori, data la presenza di un unico centro decisionale, per rilevare eventuali differenze nelle prassi e nei modelli di intervento sarebbe stato necessario estendere la ricerca oltre i confini regionali. Dettò ciò, si rileva positivamente l’orientamento a indirizzare il più possibile i giovani verso le Comunità limitando al massimo la loro permanenza all’interno del carcere.

In sintesi, le problematiche sulle quali preme richiamare l’attenzione riguardano:

A. i diversi orientamenti nella definizione dei programmi che interessano gli operatori dell’Area SERT. Diversità che hanno un impatto sia dal punto di vista delle potenzialità dei percorsi (inferiori, per durata, a quelli possibili), sia dal punto di vista delle opportunità di accesso da parte dei detenuti;

B. i diversi orientamenti tra i molteplici attori coinvolti in questi processi che hanno, come esito, collaborazioni di grado diverso nei territori analizzati. In alcune realtà sembrano esserci maggiori frizioni tra l’area educativa ed i SERT, proprio in ragione di approcci e orientamenti diversi. L’impressione è che manchino reali occasioni di confronto (al di là delle riunioni di équipe previste per la discussione dei casi), forse causata anche da una carenza di risorse in alcuni servizi più volte segnalata nel corso delle interviste e da una percezione non sempre condivisa dei ruoli dei diversi attori (alcuni si sentono “ospiti” in carcere, altri non ritengono di essere attori decisivi nel processo).

In questo panorama, alcune piste di lavoro che potrebbero essere esplorate vanno nella direzione, innanzitutto, di:

promuovere una riflessione inter e intra professionale (quindi, tra le figure di una stessa area e tra attori di aree diverse) al fine di condividere approcci e modelli teorici di riferimento, ma anche, se possibile, risultati di efficacia delle scelte fatte, con l’intento di far convergere il più possibile questi orientamenti, garantendo così pari opportunità di accesso e trattamento ai detenuti, a prescindere dai territori nei quali si ritrovano a vivere. Una riflessione che, a partire dalle differenze rilevate, approfondisca le ragioni delle scelte per comprendere, ad esempio, quanto sono influenzate da approcci e visioni teoriche alternative /diverse e, quanto, invece, sono determinate da scelte di ottimizzazione delle risorse (finanziarie, organizzative, professionali) a disposizione. Potrebbe essere organizzato, a cura e/o in collaborazione con la Regione, un ciclo di seminari coprogettato, nei contenuti e nelle forme, con alcuni di questi operatori di diverse aree che, pur nelle differenze di azione, hanno mostrato professionalità e interesse a partecipare alla ricerca e a motivare le ragioni delle scelte fatte;

approfondire il ruolo dell’area educativa che la ricerca non è riuscita a evidenziare con sufficiente forza. Dall’intervista fatta (e, soprattutto, dalle interviste rifiutate), nonché dalle

evidenze emerse nelle parole degli attori di altre aree, sembra emergere un disagio e una malcelata conflittualità che non è chiaro se riguarda il ruolo dell’area all’interno di questo specifico processo o, più in generale, all’interno dell’organizzazione penitenziaria.

Certamente, considerato che la più parte dei detenuti con dipendenza rimane in carcere sarebbe opportuno capire cosa succede;

attivare un sistema di monitoraggio dei programmi che consenta di rilevare risultati di output (alla fuoriuscita / fine del programma) e, per quanto possibile, risultati di esito (dopo 6/12 mesi dalla fine del programma).

APPENDICE STATISTICA

Numero detenuti per almeno un giorno nell’anno - 2017

Numero detenuti per almeno un giorno nell’anno - 2018

Numero detenuti per almeno un giorno nell’anno - 2019

M F Italiani Stranieri Si No <3 mesi 3-12 mesi 1-5 anni >5 anni

Piacenza 969 33 352 649 619 422 239 377 412 13

Parma 1024 1 608 413 461 607 211 233 491 159

Reggio Emilia 777 9 351 435 523 310 257 275 282 20

Castelfranco 203 154 49 85 124 17 35 143 15

Modena 1010 123 419 714 746 453 354 392 445 8

Bologna 1655 205 781 1082 1103 858 555 639 642 132

Ferrara 701 1 401 300 406 337 176 235 300 33

Ravenna 414 185 230 358 72 282 119 30 2

Forlì 344 100 251 195 314 154 198 150 124 8

Rimini 667 282 385 520 167 356 225 106 6

Emilia-Romagna 6906 452 3463 3916 4377 3445 2619 2627 2968 418

Sesso Cittadinanza Prima Carcerazione Durata della Permanenza

Istituto

2017

M F Italiani Stranieri Si No <3 mesi 3-12 mesi 1-5 anni >5 anni

Piacenza 975 38 355 659 618 459 270 381 418 9

Parma 1023 608 418 431 615 189 275 450 155

Reggio Emilia 747 15 334 428 461 359 232 265 303 20

Castelfranco 190 144 46 70 123 27 38 118 11

Modena 1034 112 405 743 705 505 362 379 461 8

Bologna 1614 185 762 1039 1024 865 515 601 657 122

Ferrara 726 1 438 290 399 374 190 251 300 33

Ravenna 405 1 163 244 353 71 269 120 35 3

Forlì 432 106 266 270 379 171 265 149 141 10

Rimini 640 2 309 334 509 177 335 254 92 11

Emilia-Romagna 6963 433 3468 3960 4234 3651 2605 2633 3018 403

Istituto

2018

Sesso Cittadinanza Prima Carcerazione Durata della Permanenza

M F Italiani Stranieri Si No <3 mesi 3-12 mesi 1-5 anni >5 anni

Piacenza 980 47 336 693 610 485 308 393 389 7

Parma 1118 665 455 512 648 255 333 408 171

Reggio Emilia 825 15 355 486 500 382 245 327 291 19

Castelfranco 179 128 51 74 111 19 55 104 8

Modena 1105 127 462 773 812 492 412 522 362 8

Bologna 1817 176 899 1093 1234 881 730 680 590 120

Ferrara 703 399 304 382 352 193 254 259 29

Ravenna 366 164 202 323 73 249 113 33 4

Forlì 419 104 287 235 338 199 233 155 157 7

Rimini 590 307 284 449 712 315 218 79 10

Emilia-Romagna 7241 431 3669 4026 4447 3736 2823 2867 2918 409

Istituto

2019

Sesso Cittadinanza Prima Carcerazione Durata della Permanenza

Numero detenuti per almeno un giorno nell’anno - 2020

Detenuti con almeno una diagnosi certificata di dipendenza patologica - 2017

M F Italiani Stranieri Si No <3 mesi 3-12 mesi 1-5 anni >5 anni

Piacenza 806 30 281 556 345 510 204 272 364 15

Parma 1086 657 431 434 676 237 291 407 175

Reggio Emilia 723 37 336 424 358 435 214 245 318 16

Castelfranco 162 119 43 56 112 17 55 88 8

Modena 896 78 385 590 484 536 426 355 233 6

Bologna 1550 152 813 889 909 865 571 589 503 110

Ferrara 628 364 264 267 372 149 193 260 37

Ravenna 286 126 160 205 92 165 87 40 5

Forlì 359 74 240 194 255 207 185 128 139 10

Rimini 466 238 229 326 167 245 168 73 7

Emilia-Romagna 6404 334 3349 3409 3201 3937 2242 2475 2495 395

Istituto

2020

Sesso Cittadinanza Prima Carcerazione Durata della Permanenza

M F Italiani Stranieri Si No <3 mesi 3-12 mesi 1-5 anni >5 anni

Piacenza 353 2 136 219 190 171 73 139 155 4

Parma 201 103 98 97 110 25 59 112 14

Reggio Emilia 247 95 152 155 97 54 85 115 2

Castelfranco 97 74 23 40 58 5 17 66 10

Modena 378 13 128 263 201 196 69 142 187 5

Bologna 458 35 228 265 265 243 109 198 200 14

Ferrara 137 98 39 70 75 19 53 67 7

Ravenna 85 37 48 63 22 29 44 13 1

Forlì 86 18 65 39 76 29 31 55 24

Rimini 194 97 97 134 63 73 91 35 1

Emilia-Romagna 2015 65 976 1102 1187 1055 487 883 974 58

Istituto

2017

Sesso Cittadinanza Prima Carcerazione Durata della Permanenza

Alcol Allucinogeni Altri

stimolanti Cannabinoidi Cocaina Oppioidi Sedativi e Ipnotici

Sostanze

multiple Tabacco

Piacenza 58 104 151 134 26 22 4

Parma 47 30 81 61 15 1

Reggio Emilia 41 54 89 102 4 17

Castelfranco 46 2 1 19 41 47 2 4

Emilia-Romagna 467 2 4 378 771 743 35 231 5

Istituto Tipologia di sostanza

2017

Detenuti con almeno una diagnosi certificata di dipendenza patologica - 2018

Detenuti con almeno una diagnosi certificata di dipendenza patologica - 2019

M F Italiani Stranieri Si No <3 mesi 3-12 mesi 1-5 anni >5 anni

Piacenza 301 2 110 193 154 157 49 119 149 4

Parma 202 108 94 77 129 17 69 107 15

Reggio Emilia 247 92 155 118 140 44 88 132 1

Castelfranco 85 64 21 24 62 9 17 53 7

Modena 362 19 124 258 176 211 55 125 207 6

Bologna 405 37 200 243 236 223 85 172 200 12

Ferrara 150 106 44 69 85 25 60 66 7

Ravenna 123 41 82 93 33 49 65 14 1

Forlì 132 1 81 72 96 59 56 58 41 3

Rimini 136 1 81 56 79 62 37 78 29

Emilia-Romagna 1930 77 939 1072 1025 1146 426 851 999 56

Istituto

2018

Sesso Cittadinanza Prima Carcerazione Durata della Permanenza

Alcol Allucinogeni Altri

stimolanti Cannabinoidi Cocaina Oppioidi Sedativi e Ipnotici

Sostanze

multiple Tabacco

Piacenza 41 84 135 104 12 23 3

Parma 43 24 64 65 27 1

Reggio Emilia 38 65 108 77 4 21

Castelfranco 44 2 1 21 37 37 2 4

Emilia-Romagna 388 3 6 375 771 700 22 235 4

Istituto

2018 Tipologia di sostanza

M F Italiani Stranieri Si No <3 mesi 3-12 mesi 1-5 anni >5 anni

Piacenza 312 2 109 205 160 165 69 121 141 3

Parma 227 119 109 110 123 34 80 108 13

Reggio Emilia 250 99 152 111 146 52 81 136 1

Castelfranco 65 50 15 18 49 15 48 5

Modena 351 19 121 249 173 207 55 162 165 6

Bologna 301 25 143 183 109 229 41 110 181 14

Ferrara 144 92 52 68 78 17 59 63 7

Ravenna 151 65 86 113 39 65 69 21 1

Forlì 161 26 106 81 111 79 64 66 61 2

Rimini 114 80 34 72 45 29 53 36 1

Emilia-Romagna 66 1863 903 1029 947 1144 425 816 960 53

Istituto

2019

Sesso Cittadinanza Prima Carcerazione Durata della Permanenza

Alcol Allucinogeni Altri

stimolanti Cannabinoidi Cocaina Oppioidi Sedativi e Ipnotici

Sostanze

multiple Tabacco

Piacenza 46 1 84 129 104 8 23 6

Parma 38 30 62 85 2 37 1

Reggio Emilia 29 64 112 76 5 31

Castelfranco 34 2 1 19 27 36 1 1

Emilia-Romagna 370 5 3 399 725 699 28 213 7

Istituto

2019 Tipologia di sostanza

Detenuti con almeno una diagnosi certificata di dipendenza patologica - 2020

M F Italiani Stranieri Si No <3 mesi 3-12 mesi 1-5 anni >5 anni

Piacenza 244 1 91 154 91 157 33 93 117 7

Parma 230 117 114 90 148 39 85 102 12

Reggio Emilia 227 9 98 138 88 152 40 73 128 2

Castelfranco 56 45 11 17 42 5 18 32 4

Modena 244 14 97 162 72 192 55 110 98 4

Bologna 259 23 135 147 106 178 34 105 136 15

Ferrara 135 83 52 53 85 12 54 65 7

Ravenna 136 51 85 82 57 46 68 25 1

Forlì 120 18 73 65 68 73 41 46 55 2

Rimini 109 73 37 61 53 39 47 32 2

Emilia-Romagna 1602 52 801 859 654 1128 344 699 790 56

Istituto

2020

Sesso Cittadinanza Prima Carcerazione Durata della Permanenza

Alcol Allucinogeni Altri

stimolanti Cannabinoidi Cocaina Oppioidi Sedativi e Ipnotici

Sostanze

multiple Tabacco

Piacenza 38 1 70 108 79 3 13 4

Parma 33 26 70 76 4 52

Reggio Emilia 21 75 125 87 3 22

Castelfranco 23 1 15 26 31 1 3

Modena 48 36 84 110 4 61

Bologna 40 2 18 77 178 13

Ferrara 16 11 46 75 5

Ravenna 37 1 55 81 16 7 2

Forlì 51 1 1 52 62 21 2 6 6

Rimini 7 16 39 50 1

Emilia-Romagna 296 4 3 349 648 654 23 164 10

Istituto

2020 Tipologia di sostanza

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