• Non ci sono risultati.

CAPITOLO 1 STORIA ED EVOLUZIONI DELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE ITALIANA

1.4 Le riforme del terzo millennio

1.4.2 La Riforma Madia

Durante il Governo Renzi I c’è stata la necessità di promulgare una riforma che consentisse di compiere, attraverso scelte di semplificazione, razionalizzazione e riassestamento degli Enti locali (sia del personale che della classe dirigenziale,) una piena attuazione dei principi già affermati in tema di Pubblica Amministrazione dai trascorsi decreti, i quali però non avevano goduto della sufficiente considerazione per far sì che si raggiungessero i risultati ricercati. Marianna Madia48 ha promosso una riforma completa dell’apparato pubblico attraverso il

decreto legislativo, emanato dal governo nell'agosto del 2015, diventato poi legge delega49

(124/201550).

Tale provvedimento affida al Governo un consistente numero di deleghe (15) da adottare entro una scadenza temporale in materie quali lotta alla corruzione, dirigenza e servizi pubblici locali.

Si riportano di seguito i punti cardine voluti fortemente dal Governo Renzi che si distinguono principalmente in tali articoli, i quali oltre ad esser già stati oggetto di precedenti riforme, hanno l’ambizione di incidere profondamente sul funzionamento della P.A. e sulla sua natura globale:

48 Marianna Madia, Ministro per la semplificazione e per la pubblica amministrazione, in carica dal 22 febbraio

2014 e attualmente Ministro senza portafoglio nel Governo Gentiloni.

49 Il fatto che si tratti di legge delega non permette l’osservazione dei cambiamenti più incisivi affinchè non

avverrà l’emanazione dei decreti attuativi.

50 “Deleghe al Governo in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche”. Fonte:

33

- il tema della digitalizzazione (art. 1), rinnovato attraverso l'adozione di un PIN unico, che permetta al cittadino l’accesso online a tutti i servizi della Pubblica Amministrazione, creando una sorta di cittadinanza digitale e permettendo di soddisfare il principio di trasparenza;

- l’istituto del “silenzio – assenso”51 tra le Amministrazioni pubbliche e i propri

interlocutori (art. 3) previsto sia per i procedimenti ad istanza di parte per il rilascio di provvedimenti amministrativi e sia per l’adozione di provvedimenti normativi ed amministrativi da parte di una P.A. (nei casi in cui sia prevista l’acquisizione di assensi, concerti o nulla osta di altre Amministrazioni pubbliche e di gestori di beni o servizi pubblici);

- la previsione di norme di semplificazione e accelerazione dei procedimenti amministrativi (art. 4) sulla base di norme52 generali regolatrici della materia;

- la riorganizzazione dell’amministrazione dello Stato (art. 8) attraverso la riunione dei recapiti telefonici in base all’assistenza richiesta (emergenze mediche, Polizia, Vigili del fuoco, Guardia di Finanza) in un unico numero europeo per le emergenze (“112”)53.

Oltre agli articoli sopra esposti diviene rilevante l’analisi della “stretta” operata alla dirigenza pubblica (art. 11).54

La profonda rivoluzione programmata del regime dell’organo di comando pubblico italiano

51 Tale aspetto era già previsto dalla legge 241/1990. Letteralmente significa che la mancanza di risposta da parte

dell’autorità ad un’istanza di un soggetto va intesa quale accettazione della stessa.

52 a) individuazione dei tipi di procedimento amministrativo, relativi a rilevanti insediamenti produttivi, a opere

di interesse generale o all’avvio di attività imprenditoriali, ai quali possono essere applicate le misure di cui alle lett. c) e successive; b) individuazione in concreto da parte del Presidente del Consiglio dei Ministri, previa Deliberazione del Consiglio dei Ministri, nell’ambito dei tipi di procedimento indicati alla lett. a), dei singoli interventi con positivi effetti sull’economia o sull’occupazione per i quali adottare le misure di cui alle lett. c) e seguenti; c) previsione, per ciascun procedimento, dei relativi termini, ridotti in misura non superiore al 50% rispetto a quelli applicabili ai sensi dell’art. 2 della Legge n. 241/90; d) per i procedimenti di cui alla lett. b), attribuzione, previa Delibera del Consiglio dei Ministri, di poteri sostitutivi al Presidente del Consiglio dei Ministri o a un suo delegato; e) previsione, per i procedimenti in cui siano coinvolte Amministrazioni delle Regioni e degli Enti Locali, di idonee forme di raccordo per la definizione dei poteri sostitutivi di cui alla lett. d); f) definizione dei criteri di individuazione di personale in servizio presso le Amministrazioni pubbliche, in possesso di specifiche competenze tecniche e amministrative, di cui possono avvalersi i titolari dei poteri sostitutivi di cui alla lett. d) senza riconoscimento di trattamenti retributivi ulteriori rispetto a quelli in godimento e senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.

53 Tale decisione è stata presa nel 1991 dall’Unione europea, con scadenza di applicazione negli Stati membri nel

1992. L’Italia, accogliendola solo attraverso la riforma Madia vent’anni dopo la Decisione del Consiglio dell’Unione Europea, è stata condannata per inadempienza dalla Corte europea di Giustizia nel 2009.

34

viene considerato il motore essenziale capace di modificare gli assetti e il funzionamento delle Amministrazioni pubbliche del nostro Paese.

Tale articolo viene esposto con chiari riferimenti ai diversi principi che sono stati oggetto delle riforme negli ultimi 25 anni, dalla mera classe di vertice (aspetti quali inquadramento, accesso55 e mobilità della dirigenza, formazione dirigenti56 e durata della carica, conferimento

e revoca dell’incarico sino alla retribuzione) alla valutazione dei rendimenti dei relativi pubblici uffici.

Una prima grande novità della riforma è rappresentata dall’istituzione del ruolo unico dei dirigenti (uno per lo Stato, uno per le Regioni e uno per gli Enti locali)57 e l’abolizione della

figura del Segretario comunale58.

Per quanto concerne la carriera e la retribuzione dei dirigenti e dei dipendenti pubblici saranno valutate, considerando le performance raggiunte, sulla base di criteri e requisiti definiti dalla relativa amministrazione in base ai criteri generali prestabiliti, definiti da tre Commissioni59.

Con la legge delega arriva infine l’introduzione del principio della durata dell’incarico dirigenziale di quattro anni estendibili per altri due (non permettendo più l’incarico a tempo indeterminato) previa motivazione e solo a fronte di una valutazione positiva, mentre a fronte di una valutazione negativa dell’ultimo incarico si può essere licenziati.

Dallo sviluppo di tali “disposizioni di sistema” si può affermare che la legge 124/2015 assomigli per intenzioni alle riforme passate ma che vada incontro agli stessi problemi.

Rispetto alle regolamentazioni precedenti essa presenta novità quali il nuovo inquadramento della dirigenza, un regime piuttosto uniforme nelle modalità di accesso e la regolazione relativa ad aspetti quali conferimento degli incarichi, mobilità e valutazione.

Tuttavia la complessità normativa di tale riforma del settore pubblico rischia seriamente di provocare l’effetto inverso, rendendo più onerosa e meno efficiente la Pubblica Amministrazione, sfociando in un cantiere aperto di decreti regolamenti non attuati.

55 L’accesso alla dirigenza pubblica è prevista mediante “corso-concorso” o “concorso”.

56 Tra i principi della riforma vi è la revisione della formazione d’ingresso per i dirigenti per quanto concerne la

missione e l’assetto organizzativo della Scuola nazionale dell’Amministrazione.

57 Introdotto anche lo stop ai dirigenti condannati dalla Corte dei Conti: si prevede la revoca o il divieto

dell'incarico, in settori sensibili ed esposti al rischio di corruzione, ai dirigenti condannati dalla magistratura contabile, anche in via non definitiva, al risarcimento del danno erariale per condotte dolose.

58 Tuttavia per tre anni potranno svolgere la stessa funzione pur essendo confluiti nel ruolo dei dirigenti locali. 59 “Commissione per la dirigenza statale, presso il Dipartimento della funzione pubblica della Presidenza del

35

In prima istanza ci si chiede il motivo per cui a 5 articoli60 rappresentanti delle reali disposizioni

generali della riforma siano affiancati 18 articoli di contorno, complicandone la lettura chiara e aumentandone la complessità applicativa.

L’esasperata delegazione al Governo affinché adotti entro un limite temporale (dai 6 ai 12 mesi) uno o più Decreti legislativi recanti le materie trattate pare assomigliare alla stregua di un continuo rinvio alla presa in considerazione dei problemi che affliggono la P.A.

La riforma Madia assume tuttalpiù la caratteristica di legge veicolo61 e fa presumere che le

delegazioni (sono previsti 15 decreti delegati) permettano e consentano con semplicità di gestire tutte le problematiche in campo attraverso l’utilizzo dello strumento normativo, dando per scontato che contestualmente all’emanazione dei decreti delegati si possa porre fine all’intervento riformatore del Governo.

Pare perciò che vi siano i presupposti per far sì che si risolvano i problemi del settore pubblico (quali ad esempio l’assenteismo, la dirigenza, l’anticorruzione) ma che ci si affidi troppo all’esercizio del Governo in carica per rendere effettiva l’attuazione dei decreti.

Focalizzando l’attenzione sull’articolo clou della riforma 124/2015, il n.11, si nota l’aumento della precarizzazione del rapporto di lavoro della dirigenza pubblica italiana, provocando l’inevitabile risultato dell’indebolimento del settore amministrativo, rendendolo più permeabile alle irregolarità e alle parzialità che colpiscono la convivenza della comunità intera, composta da cittadini e imprese.

Oggigiorno questo eccesso di produzione normativa non aiuta l’evoluzione della P.A., sia nei rapporti con i propri stakeholder e nemmeno per quanto riguarda l’aspetto ‘interno’: vi è l’esigenza di regole chiare, trasparenti, indipendenti da altre disposizioni e non rinviate a decreti legislativi futuri.

La vera riforma che ha bisogno l’amministrazione pubblica italiana dovrebbe rivolgersi all’intero “sistema nervoso” dell’organizzazione, dagli uffici interni alla comunità, contrastando il modo peculiare di funzionamento della stessa (oggi caratterizzato da ritardi, confusione, pesantezza e lentezza dei processi produttivi di provvedimenti) per ideare una

60 Art. 1 (Carta della cittadinanza digitale), art. 8 (Riorganizzazione dell’Amministrazione dello Stato), art.10

(Riordino delle funzioni e del finanziamento delle Camere di Commercio, industria, artigianato e agricoltura), art. 11 (Dirigenza pubblica) e art. 17 (Riordino della disciplina del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche).

61 luogo utilizzato per prescrizioni di una vasta, variegata e diversa natura, dai principi giuridici più alti ed astratti

36

modalità differente e migliore di esistenza e di operatività.

Si tratta del miglior modo di far funzionare le pubbliche amministrazioni, che va fatto oggetto di analisi e d’intervento nel contesto globale, non limitandosi a considerare le singole parti. Ciò che importa è riuscire a integrare nella visione della P.A. una cultura olistica, che perseveri nella ricerca di equilibrio tra le varie componenti, che ne provochi un fluido collegamento fra i vari meccanismi del sistema.

Successivamente alla legge delega 124/2015 il Governo Renzi si è impegnato nel prosieguo della trasformazione della Pubblica Amministrazione varando i decreti legislativi n.74/2017 (titolato “Modifiche alla legge 15/2009” in attuazione dell’art. 17 della legge 124/2015) e n.75/2017, con obiettivo la riduzione del precariato nella P.A.

La riconsiderazione della riforma Brunetta62 fa sì che si possa considerare tale decreto63

(Riforma Madia) quale mero perfezionamento, in grado di dare nuova enfasi ai principi già espressi; se l’intento dell’ex Ministro Brunetta era contrastare l’assenteismo, varare indicatori per la valutazione della performance dei dirigenti e dei dipendenti e migliorare l’offerta di servizi pubblici ai cittadini, il Decreto Madia ne ha rappresentato, attraverso modifiche ai vari articoli, lo sviluppo in concreto.

Specificatamente64 il decreto n. 7465, contenente modifiche alla legge 15/2009, riguarda la

valutazione delle performance dei dirigenti e dipendenti pubblici66, il nuovo sistema

premiale67 e il riconoscimento delle progressioni economiche (condizione necessaria per il

riconoscimento dei relativi incarichi e per l’assegnazione di responsabilità).

Il progresso atteso nei principi rilevanti del settore pubblico passa dunque attraverso la modifica della legge 15/2009 e nei relativi articoli.

62 D.L. 24 giugno 2014, n. 90, titolato “Misure urgenti per la semplificazione e la trasparenza amministrativa e per

l'efficienza degli uffici giudiziari”.

63 Si consideri che la Riforma Madia 74/2017 ha sì modificato e riconfigurato la legge 15/2009 ma ha pure riscritto

in più parti il Testo unico sul pubblico impiego. Tale testo afferma, tra i vari principi, la competenza esclusiva all’INPS del controllo dello stato di salute di tutti i lavoratori ‘in malattia’, la stabilizzazione dei precari e l’istituzione della Consulta Nazionale per l’integrazione in ambiente di lavoro delle persone affette da disabilità.

64 https://www.edotto.com/articolo/riforma-della-pa-performance-e-pubblico-impiego

65 Tra le figure di monitoraggio rimane l’OIV (Organismo indipendente di valutazione) che subisce un

rinnovamento della struttura, nell’investitura e nella durata, e viene concesso un ruolo attivo anche ai cittadini i quali potranno dare il loro parere sui servizi usufruiti.

66 L’amministrazione è tenuta a valutare la performance nel suo complesso, dalle singole unità operative dei

singoli dipendenti (o team) agli obiettivi generali dell’amministrazione in linea con la politica nazionale.

67 Rimane competenza del Contratto collettivo nazionale la competenza in merito alla distribuzione delle risorse

37

Nell’esposizione di tale provvedimento normativo inerente al settore pubblico è necessario evidenziare un aspetto che riguarda l’ambito di performance individuale dei dirigenti; il decreto assegna maggior importanza alle prestazioni ottenute nell’ambito organizzativo che viene gestito (mentre l’eventuale giudizio negativo spiega rilevanza ai fini della responsabilità dirigenziale) dando meno preponderanza alla mera valutazione individuale che era stata oggetto di discussione delle precedenti riforme.

Mentre la riforma n. 74 si concentra sulla modifica del decreto Brunetta, il decreto 75 apporta integrazioni sul Testo unico del pubblico impiego, che tra le disposizioni principali racchiude le visite fiscali, il tema delle assunzioni e dei licenziamenti e la stabilizzazione dei contratti precari.

Focalizzando l’attenzione sull’ultimo aspetto menzionato di tale decreto (art. 20), legge dal 22 giugno 2017, si dispone il superamento del precariato nelle pubbliche amministrazioni68, nel

triennio 2018-2020, coerentemente alla necessità di valorizzare la professionalità nel luogo di lavoro acquisita dal personale a discapito del rapporto di lavoro a tempo determinato.

Favorendo così la creazione di valore per la comunità l’obiettivo di del decreto 75/2017 è quello di riformare il pubblico impiego e limitare l’abuso di contratti a termine rinnovati costantemente come richiesto dall’Unione Europea, contrariamente dunque a quanto disposto dalle riforme passate.

Sebbene la riforma da un lato consenta il superamento del precariato e la stabilizzazione del pubblico impiego, dall’altro causerà un mancato ringiovanimento del settore pubblico e di contro lascerà in eredità un sistema di reclutamento che è poco incline a cogliere le potenzialità del candidato, sottovalutando che i veri soggetti, attori della modernizzazione richiesta dall'attuale contesto socio-economico, sono le persone e non le leggi.69

Lo scopo delle modifiche apportate alla riforma Brunetta sta nell’applicare e dare piena attuazione ai principi già espressi (dimostrazione del fatto che la legge 15/2009 poteva rappresentare la base delle future riforme del settore pubblico) relativi dunque:

68 Tale “privilegio” è concesso a coloro che risultano in servizio successivamente alla data di entrata in vigore

della legge delega n. 124/2015 con contratti a tempo determinato presso l’amministrazione che procede all’assunzione, che siano stati assunti a tempo determinato (in relazione alle medesime attività svolte) con procedure concorsuali e che abbiano maturato negli ultimi otto anni almeno tre anni di servizio (anche non continuativo) con scadenza al 31 dicembre 2017 presso la relativa amministrazione, che è incaricata dunque di procedere con l’assunzione.

69 http://www.diritto24.ilsole24ore.com/art/dirittoAmministrativo/2017-07-05/decreto-madia-regole-la-

38 - alla performance organizzativa ed individuale; - all’attribuzione di premi;

- ai licenziamenti disciplinari e all’ambito tecnologico; - alla valorizzazione dei titoli nei concorsi pubblici; - al ritocco normativo relativo ai premi di produttività.

La riforma Madia pare perciò capace di attuare parte delle disposizioni previste dalle precedenti leggi che cercavano di semplificare, riorganizzare e riassestare il pubblico impiego. La creazione di valore pubblico e condivisione di benefici sociali ed etici sono strettamente legati ai processi di riforma della P.A.

C’è tuttavia da evidenziare il fatto che un’eccessiva delegazione (come quella prevista dalla legge 124/2015) non aiuta l’evoluzione della Pubblica Amministrazione ed in particolar modo non si può confidare del tutto sul fatto che le sole disposizioni normative permettano di rendere la P.A. idonea sia nei controlli interni sia nella vita sociale.

L’idea che l’attuale sistema normativo italiano sia un freno allo sviluppo e al funzionamento della Pubblica Amministrazione, dove si accumulano pezzi disomogenei e sparsi di articoli da renderne complicata la lettura e la comprensione, deve naufragare insieme ai continui rinvii delle disposizioni vigenti.

È perciò necessario avere sì delle leggi chiare e trasparenti che basino i loro principi su stili di governance capaci di gestire la complessità che attanaglia il settore pubblico e le sue dinamiche, che permettano di fare politica intesa quale “azione” con l’ambizione di immaginare come la vita dei cittadini si svilupperà negli anni futuri, ma che vi siano i presupposti del mondo politico per la piena attuazione degli stessi.

Le teorie in tema di amministrazione pubblica su cui basare una riforma si ripetono, si discutono e si susseguono. C’è il bisogno di promuovere delle relazioni orizzontali e cooperative tra Stato e società, non più separando i modelli burocratici derivanti da inadatti provvedimenti normativi dalla società, ma creando reti di attori privati e pubblici capaci di colmare le carenze lasciate dal progressivo screditamento del concetto di Stato sociale (welfare state).

Bisogna perciò progredire attraverso nuovi metodi di controllo di gestione e nuovi stili di governo, mirando alla “frantumazione” della Pubblica Amministrazione centrale in unità più ridotte in grado di rendere così più trasparenti i costi e dare più autonomia ai dirigenti

39 responsabili delle unità.

Tuttavia tale frammentazione non deve provocare l’indesiderato effetto contrario: la Pubblica Amministrazione deve essere considerata come un sistema composto da più meccanismi, e non come un insieme, attraverso una visione olistica della P.A. centrale e dei suoi Enti subordinati.

Le scelte di privatizzazione e liberalizzazione rappresentano la linea di policy intrapresa dal sistema normativo italiano, la quale deve saper rispondere ai problemi rilevanti per la collettività, perseverando nella ricerca di risultati sociali che variano da una più equa distribuzione societaria di risorse e opportunità alla promozione di benessere e qualità della vita.

Si ritiene comunque un percorso non privo di difficoltà:

- le scelte di privatizzazione degli anni ’90 (promosse dalle più influenti teorie pubblicistiche) non sempre hanno prodotto i risultati sperati nelle poche attuazioni effettuate;

- le scelte operate dalle aziende del settore privato provano la propria efficacia attraverso le manifestazioni palesate dall’andamento del mercato, ossia una pianificazione strategica è eccellente nel momento in cui esso permette di raggiungere concretamente l’obiettivo posto (in questa ipotesi il mercato rappresenta l’unità di misura del successo della programmazione operativa dell’impresa). Ciò non accade nel settore pubblico, dove non vi sono concorrenza e mercato a decretare il successo (o il fallimento) dei percorsi strategici intrapresi. Dunque, per quanto concerne la P.A., risulta necessaria l’adozione di strumenti di misurazione delle performance in grado di riscontrare, attraverso adeguati meccanismi di rilevazione, la soddisfazione dei cittadini nei confronti dei servizi erogati dagli Enti pubblici territoriali. Essi divengono “arbitri” delle strategie adottate dalle organizzazioni pubbliche, le quali non possono esimersi dal considerare nella pianificazione gli stessi aspetti intangibili che permettono l’acquisizione di vantaggio competitivo nelle imprese private (capitale umano, ricerca e sviluppo, formazione dei dipendenti, know-how, ecc.).

40

Il modello su cui si dovrebbe sviluppare70 una riforma in grado di dare nuova enfasi alla

Pubblica Amministrazione, riconsiderandone la reputazione e l’immagine agli occhi della comunità, è quello del New Public Management.

Documenti correlati