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L'evoluzione della Pubblica Amministrazione e il Customer Satisfaction Management. Caso di studio: Comune di Susegana

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Academic year: 2021

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Corso di Laurea Magistrale

in Economia e Gestione delle Aziende

ordinamento ex D.M. 270/2004

Tesi di Laurea

L’evoluzione della Pubblica Amministrazione e

il Customer Satisfaction Management

Caso di studio: il Comune di Susegana

Relatore

Ch. Prof. Maria Lusiani

Correlatore

Ch. Prof. Fabrizio Panozzo

Laureando Davide Tirindelli Matricola 844241

Anno Accademico 2016 / 2017

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A mio padre, per gli importanti valori che mi ha insegnato

A mia madre, che questo mio successo possa essere la sua rivincita

A Giulia

Ai miei amici

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Sommario

INTRODUZIONE ... 7

CAPITOLO 1 STORIA ED EVOLUZIONI DELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE ITALIANA ... 11

1.1 L’esigenza di trasformazione del sistema amministrativo italiano ... 11

1.2 Le riforme degli anni Novanta ... 13

1.3 Le riforme della Pubblica Amministrazione tra il 1996 e il 2001... 15

1.3.1 La polemica fra Cassese e Bassanini ... 20

1.4 Le riforme del terzo millennio ... 24

1.4.1 La riforma Brunetta ... 26

1.4.2 La Riforma Madia ... 32

1.5 Da New Public Management a New Public Governance ... 40

CAPITOLO 2 LE INNOVAZIONI NELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE ... 50

2.1 L’E-government nella Pubblica Amministrazione ... 53

2.2 La Balanced Scorecard nell’Ente locale ... 71

CAPITOLO 3 IL CUSTOMER SATISFACTION MANAGEMENT: i principi e il modello ServQual ... 90

3.1 Il Customer Satisfaction Management nell’Ente locale ... 99

CAPITOLO 4 IL CASO DI STUDIO: IL COMUNE DI SUSEGANA... 113

4.1 La Biblioteca di Susegana ... 117

CONCLUSIONE ... 141

Allegato A – LE RIFORME DEL SETTORE PUBBLICO DAL 1990 AD OGGI ... 145

Allegato B - IL QUESTIONARIO... 147

BIBLIOGRAFIA ... 153

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7

INTRODUZIONE

Fino agli anni ’90 del secolo scorso il settore pubblico italiano non era stato oggetto a specifiche riforme. Tuttavia dal 1990 si sono succeduti più Governi i quali, attraverso provvedimenti normativi concernenti la riorganizzazione della Pubblica Amministrazione, hanno cercato di rivoluzionarne gli obsoleti assetti e di rivalutarne l’immagine agli occhi di una comunità ormai infastidita dalle organizzazioni pubbliche, specchio di uno Stato soggetto a sprechi e inefficienze.

L’esigenza di modernizzare il settore pubblico, dalle infrastrutture ai più disparati tratti peculiari quali il coinvolgimento dei cittadini nella vita democratica, il riconoscimento del ruolo centrale della comunità e il bisogno di operare perseguendo dei criteri mutuati dal settore privato, è stata il fulcro di discussione di studiosi, nelle teorie, e di vari Ministri, nella costruzione e nell’applicazione delle norme.

Nell’insieme di concetti che sono stati affermati si evidenzia il carattere di assoluto rilievo contenuto nella ricerca di piena soddisfazione del cittadino quando esso si trova ad essere destinatario di servizi pubblici.

La valutazione della qualità del servizio erogato rappresenta lo scopo finale dell’esposizione seguente; in essa particolare enfasi viene posta sulle riforme pubbliche, sulle innovazioni tecnologiche, sulla considerazione degli aspetti intangibili e sulla qualità delle prestazioni offerte alla comunità.

Nel Capitolo 1 vengono presentate le riforme che hanno coinvolto l’amministrazione pubblica italiana dal 1990 ad oggi. Si accentuano le novità delle Leggi n.142 e n.241 del 1990 che discutono e affermano principi fino ad allora mai dibattuti, quale ad esempio la separazione fra poteri e responsabilità tra l’indirizzo politico e la mera gestione amministrativa.

L’ondata di provvedimenti legislativi promossa dai vari Governi in carica al fine di modernizzare la Pubblica Amministrazione si è successivamente consumata sul finire del XX secolo (Riforme Bassanini) e nella prima decade degli anni 2000 (si ricorda soprattutto il Decreto Legislativo 150/2009 “Riforma Brunetta”). Più recentemente si affermano i principi in capo alla Riforma Madia (124/2017) che rimette al Governo il compito di riorganizzare, riassestare e innovare la Pubblica amministrazione centrale e gli Enti pubblici territoriali. Il

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Capitolo 1 si conclude con la disamina del New Public Management1 e della relativa evoluzione

in New Public Governance.

Nel Capitolo 2 si presentano le innovazioni più rilevanti all’interno delle organizzazioni pubbliche allo scopo di introdurre nel miglior modo possibile il caso di studio presentato nel seguente lavoro.

Si procede all’analisi dell’E-government, quale successo di un processo di evoluzione attivato dagli Enti locali al fine di adeguarsi alle dinamicità dei contesti odierni. L’avvento della digitalizzazione e di nuovi strumenti informatici ha consentito alle organizzazioni pubbliche di avvicinarsi agli stakeholder, ovvero ai cittadini, alle imprese e all’ambiente, coinvolgendoli lungo i processi di pianificazione strategica e programmazione operativa, nel tentativo di realizzare una comunità legata all’amministrazione pubblica grazie ai servizi offerti dalle nuove tecnologie2. Tale sezione del Capitolo 2 si conclude con il bisogno di governo delle

infrastrutture digitali attraverso la considerazione degli aspetti organizzativi, culturali e politici oltre a quelli tecnologici, ossia l’E-governance, la quale rappresenta la maturazione del concetto di E-government.

La seconda sezione del Capitolo 2 inquadra lo strumento che permette di comparare asset tangibili e intangibili all’interno di un’organizzazione, definito Balanced Scorecard, quale schema di valutazione bilanciata. Tale modello di riferimento risulta utile nella considerazione dei fattori immateriali (quali il capitale umano, le competenze, il know-how) durante la strategia e il processo operativo dell’Ente, comparando più prospettive a seconda del contesto di riferimento.

Nel Capitolo 3 si affermano i principi in capo al Customer Satisfaction Management; tale strumento permette di rilevare e valutare la qualità attesa e la qualità percepita dal cliente nell’acquisto, mentre nell’Ente locale consente di misurare il grado di soddisfazione degli utenti rispetto ad uno specifico servizio.

Relativamente al settore pubblico tale modalità di rilevazione, sfruttando le peculiarità del

1 La base teorica che ha permesso l’affioramento, nelle strategie e nei processi, di molti aspetti mutuati dal

settore privato quali l’instaurazione del rapporto con i consumatori e la centralità assunta dai clienti, ha consentito la realizzazione di stili governo basati su nuovi (e, in quegli anni, rivoluzionari) modelli, quale il New

Public Management

2 Questa partecipazione dei cittadini alla vita democratica, attraverso l’attuazione di principi di trasparenza e

semplicità, agevola l’espressione del proprio pensiero da parte dei membri della comunità nei confronti delle organizzazioni pubbliche, influenzandone le decisioni in tema pubblico. Si tratta di e-democracy, e ciò permette

di coinvolgere lo stakeholder non più quale semplice destinatario di risorse, ma come soggetto attivo nelle scelte degli Enti locali.

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modello ServQual, viene definita Citizen Satisfaction Management e permette di rilevare cosa si aspettano i cittadini (qualità attesa) e come essi valutano il servizio di cui hanno fruito (qualità percepita).

In conclusione viene esposto il Capitolo 4, concernente il caso di studio, il quale consente di accentuare i principi del Citizen Satisfaction Management sul servizio bibliotecario offerto dal Comune di Susegana agli utenti.

L’indagine condotta, attraverso questionari consegnati a mano e in alcuni casi on-line, ha rappresentato l’obiettivo dell’esposizione compiuta e ha permesso di rilevare il grado di soddisfazione dell’utenza in merito alle prestazioni fornite. Si sono affermati i punti di forza e di debolezza della Biblioteca civica di Susegana, nonché le opportunità di miglioramento del servizio e le possibili minacce.

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CAPITOLO 1

STORIA ED EVOLUZIONI DELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE ITALIANA

1.1 L’esigenza di trasformazione del sistema amministrativo italiano

Un quarto di secolo alla ricerca del cambiamento mancato.

Sin dagli anni ’80 del secolo scorso i Governi che si sono succeduti in Italia hanno promosso e condiviso politiche di liberalizzazione, privatizzazione e de-burocratizzazione, fortemente praticate nei Paesi anglosassoni, sollecitate da organismi internazionali e dalla Comunità Europea.

Tali nuove visioni del settore pubblico hanno imposto nel contesto italiano e non solo un profondo ripensamento delle dimensioni e delle funzioni dell’amministrazione pubblica, sottolineando la necessità di un organo più “leggero” e al tempo stesso più efficace nella fornitura dei servizi e nel regolare l’economia senza eccessive ingerenze nel funzionamento dei mercati.3

Negli ultimi decenni il settore pubblico italiano è al centro dei dibattiti nella vita quotidiana e trova spesso risalto tra i media e i mezzi di divulgazione. Le ripetute iniziative di riforma promulgate dagli anni ’90 ad oggi (Allegato A) permettono l’affermazione di una sorta di “trasformazione” della Pubblica Amministrazione (P.A.).4

Considerando infatti, tra i primi afflussi di cambiamenti e riassestamenti del settore pubblico, la ridefinizione di rapporti tra politica e amministrazione5, passando dunque ad un modello

che permette di evitare l’interferenza tra P.A. centrale e Ente locale attraverso la delegazione e l’interazione, si nota la manifestazione di un nuovo “paradigma” della scienza dell’amministrazione e dell’economia pubblica, il New Public Management.6

3 Il potenziamento del diritto comunitario in tante materie (dall’ambiente, alle telecomunicazioni, ai servizi

finanziari) ha comportato la necessità di varare normative molto complesse, la cui formazione ha richiesto un’estesa attività di preparazione da parte di apparati amministrativi.

4 Giuseppe Marcon, ‘L’evoluzione delle teorie sui processi decisionali delle amministrazioni pubbliche, premessa per l’interpretazione della riforma della contabilità’, Azienda pubblica 3 2011.

5 Legge 142/1990 (Riforma Cassese).

6 Il New Public Management rappresenta un modello di organizzazione della Pubblica amministrazione che segue

i principi di governo e di gestione derivanti dal settore privato. In letteratura si ricordano maggiormente i seguenti studiosi: Christopher Pollitt e Geert Bouckaert (noti per il testo “Public Management Reform: A Comparative

Analysis” del 2004); Norma M. Riccucci and Frank J. Thompson; David Osborne e Ted Gaebler (anch’essi noti per

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Un apparato pubblico che esercita un’azione amministrativa considerata “statica”, ossia tesa a identificare l’Amministrazione centrale e gli Enti locali entro i limiti riguardanti quegli istituti che sono orientati alla cura e alla tutela dell’interesse pubblico, non potrà mai essere realmente in contatto con la comunità e non riuscirà ad incidere profondamente sul processo di riproduzione della vita sociale.

Necessario e doveroso è la concezione di amministrazione pubblica come “dinamica”, ispirata a una logica di “geometrie variabili”, legata ai diversi mutamenti7 che ne hanno provocato un

deciso ripensamento nei propri organi amministrativi dovuti alle nuove teorie pubbliche. Da una profonda analisi del contesto, la P.A. detiene il ruolo centrale nell’ambito del sistema socio-economico in quanto gestisce e governa la pianificazione del territorio, la qualificazione delle risorse umane e i mezzi finanziari da distribuire.

È sembrato perciò opportuno e centrale gettare lo sguardo indietro, osservare gli errori del passato e le criticità rimaste invariate nelle trascorse stagioni di riforma. Lo si è fatto per capire se, quanto meno dal punto di vista del metodo, la riforma Madia (la più recente cronologicamente) sia riuscita a contribuire effettivamente a invertire la rotta su parte dei vizi procedurali che hanno caratterizzato i cicli di riforma degli ultimi 25 anni. 8

Dando un’occhiata oggigiorno ci si accorge che i decreti 124/2015 e 74-75/2017 hanno investito i processi e gli strumenti decisionali che guidano la valutazione delle prestazioni del personale pubblico e l’innovazione, contrastando fenomeni deleteri quali corruzione, assenteismo e precarizzazione del posto di lavoro.

La riforma della P.A. non deve essere fine a se stessa e riguardare la sola organizzazione all’interno ma deve interessarsi a tutti i relativi fenomeni, i quali le permettono di entrare in relazione con la comunità e ciò è possibile attraverso specifiche analisi dei contesti di riferimento e promuovendo la creazione di valore pubblico.

Entrepreneurial Spirit Is Transforming the Public Sector” del 1992); Christopher Hood, John Stewart, Kieron

Walsh, William ArthurNiskanen, Patrick Dunleavy (che verrà ripreso nei capitoli successivi), ecc.

7 La grande produzione normativa dal 1990 ad oggi è la dimostrazione del mutamento della pubblica

amministrazione italiana, nei rapporti con l’utenza, nella salvaguardia del territorio e nei rinnovati sistemi di misurazione e valutazione delle performance del personale pubblico.

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1.2 Le riforme degli anni Novanta

All’inizio degli anni ‘90 una serie di norme ha avviato un processo di rilevanti trasformazioni in materia di Pubblica Amministrazione e in modo particolare nel sistema di controllo che li caratterizza. La necessità di riformare in maniera concreta le varie leggi di interesse pubblico derivava dal fatto che le riforme degli anni 709 disattesero le aspettative, probabilmente per

negligenza nell’effettiva attuazione o per mancanza di ambizione nel rivoluzionare un sistema ancorato alle riforme del primo dopoguerra.

A partire dal 1990, negli anni in cui vi furono gravissimi problemi legati all’esplosione del debito pubblico, si ebbe dunque il primo programma di riforme amministrative, durante il Governo Andreotti VI.

La legge 142/1990 aveva come tema la riforma dei poteri delle autonomie locali10, ad opera

dell’allora Ministro per la Funzione Pubblica Sabino Cassese; tale riforma dettò i principi riguardanti le Regioni, le Province e i Comuni, determinandone le funzioni e riaffermandone le peculiarità, nel rispetto della legge e dello statuto.

Con tale provvedimento, per la prima volta nella storia dell’amministrazione pubblica italiana, venne introdotto il principio di separazione fra poteri e responsabilità inerenti l’indirizzo politico e la mera gestione amministrativa11, divenendo il pilastro fondamentale su cui basare

la riforma della Pubblica Amministrazione.

Il Comune venne ridefinito quale ente locale che rappresenta la comunità al quale spettano tutte le funzioni di natura amministrativa concernenti il territorio di competenza, promuovendone lo sviluppo e salvaguardando gli interessi della comunità.

La Provincia venne ridefinita quale ente con gli stessi compiti del Comune, ma a livello provinciale e dunque territorialmente più ampio e comprendendo una popolazione maggiore.

9 Il riferimento è alla legge 281/1970 in materia di "Provvedimenti finanziari per l'attuazione delle Regioni a

statuto ordinario", la quale intendeva avviare il processo di decentramento amministrativo previsto dalla Costituzione Italiana (art. 5 e art. 118).

10Tra gli vari articoli della legge 142/1990 si nota l’affermazione dell’autonomia, in capo a Comuni e Province,

finanziaria e statutaria sotto delega dello Stato o della relativa Regione, in possesso del potere di determinazione dell’organizzazione dell’Ente nei suoi vari uffici e nell’esercizio delle relative funzioni (servizi pubblici, anagrafe, ecc.).

11 Tale principio venne affermato dapprima per i soli enti locali, e successivamente a tutte le amministrazioni

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Alla Regione infine venne attribuito il compito di organizzare l’esercizio della funzione amministrativa a livello locale, attraverso il rispettivo Ente locale subordinato (Comune o Provincia); vennero affidati alla Regione i poteri di programmazione economico-sociale e territoriale, con la facoltà di ripartizione delle risorse destinate al finanziamento dei programmi di investimento.

Successivamente, la legge 241/199012 pose l’accento sui procedimenti amministrativi e sul

diritto di accesso affermando il principio fondamentale che l’amministrazione pubblica si deve basare su solidi criteri quali efficacia, efficienza e pubblicità. Tali principi vengono enfatizzati al fine di dare una nuova immagine della Pubblica Amministrazione agli occhi dei propri cittadini, permettendo loro di usufruire di servizi trasparenti, efficienti e spediti, rendendo più efficace l’azione amministrativa.

In ultima istanza si vuole ricordare che la legge n. 241, nota in dottrina come la legge sulla trasparenza, ha obbligato le amministrazioni pubbliche ad individuare le unità organizzative ed i soggetti responsabili dei risultati da conseguire.

Un’altra importante riforma (ma si rivelò un traguardo mancato) degli anni ’90 fu l’approvazione del D.L.13 29/1993 e del successivo D.L. 39/1993.

Durante il Governo Ciampi infatti l’allora Ministro per la funzione pubblica Cassese programmò l’introduzione dei sistemi informativi nelle amministrazioni pubbliche ed istituì in seguito l’Autorità per l’Informatica nella P.A. (A.I.P.A), strumento in grado di agevolare l’introduzione delle nuove tecnologie nell’amministrazione pubblica, riorganizzandone gli assetti e coordinandone i relativi interventi.

Tale riforma14 fu ritenuta essenziale al fine di ridurre i costi pubblici, fornire servizi efficienti e

ad accrescerne l’efficacia nei confronti dei relativi portatori di interessi; essa prevedeva delle linee guida relativamente a sette punti principali:

- amministrazioni più vicine ai bisogni dei cittadini; - decentramento dei poteri tra i vari Enti locali;

12 Dallo studio della legge 241/1990 si nota il riferimento alla previsione di un nuovo assetto costituzionale in

grado di limitare i conflitti tra lo Stato e le Autonomie locali. C’è bisogno infatti di una trasparenza di norme e regole sia nel rapporto (ribadito) tra Istituzioni e cittadini, ma anche tra Istituzioni medesime.

13 Decreto Legge.

14 Vi fu l’introduzione delle prime carte servizi, le prime realizzazioni di uffici di controllo interno, il riordino degli

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- alleggerimento delle strutture delle amministrazioni, cercando di limitare l’ingombro rappresentato dagli eccessi burocratici;

- introduzione dei principi di privatizzazione del pubblico impiego;

- introduzione di sistemi di controllo interno più efficaci, in grado di indirizzare l’azione dei relativi uffici in funzione di responsabilità e obiettivi;

- funzionalità dell’amministrazione pubblica quale valore intrinseco dell’organizzazione, in grado di attribuire (in caso di mancato conseguimento dei risultati prefissati) responsabilità ai relativi referenti (dai dirigenti/dipendenti di ciascun procedimento ai titolari delle unità organizzative, ecc.)

- amministrazioni con carattere prevalentemente europeo.

Tra le riforme che più hanno influito in materia di Pubblica Amministrazione la legge 20/1994 merita considerazione.

Essa, nota come “riforma della Corte dei Conti”, andò a potenziare i provvedimenti e le disposizioni della L. 29/1993, ribadendo la fondamentale importanza dei controlli (sia esterni, sia interni) sui risultati dell’azione dell’amministrazione, sulla ricerca di efficienza e di riduzione dei costi, sulla soddisfazione del cittadino e sulla performance dei servizi offerti. Questa legge enfatizza l’aspetto relativo ai controlli i quali non devono mancare di efficacia ed efficienza, attraverso una corretta gestione delle risorse.

L’esigenza di organizzare l’amministrazione in modo snello e trasparente (arginando uno dei problemi di fine XX secolo, ossia la corruzione degli amministratori) permetteva di rafforzare la riemergente correlazione istituzione – cittadino.

Tuttavia, il carattere prevalentemente tecnico dei Governi in carica non consentì la piena promulgazione di tali iniziative; solamente con le riforme del 1997 tali presupposti di controllo interno, decentramento e semplificazione si svilupparono in modo compiuto.

1.3 Le riforme della Pubblica Amministrazione tra il 1996 e il 2001

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Negli ultimi anni del XX secolo, durante il Governo Prodi I, l’amministrazione pubblica italiana

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venne investita da un processo di riforme di grande portata.

Nominato Ministro per la Funzione pubblica e gli Affari regionali, Franco Bassanini volle introdurre semplificazioni nelle procedure amministrative, riorganizzare gli Enti locali in modo più trasparente e più efficiente prevedendone una riduzione dei “cavilli” burocratici e rispondere alle esigenze di rapidità ed efficienza richieste alla P.A. per quanto concerne la capacità di risposta nei confronti dei privati.

Tra il 1997 e il 1999 vi furono dunque numerosi interventi legislativi in materia, i quali avevano come obiettivi, tra i tanti, anche la piena attuazione delle riforme pubbliche previste durante i Governi dei primi anni ’90, le quali non furono mai completamente applicate.

La Legge delega 59/1997 conosciuta come «riforma Bassanini» rappresentò la prima introduzione della massima concezione di “federalismo amministrativo” e successivamente fu compito del Governo individuare in maniera chiara le residue competenze16 dello Stato,

delegando la maggior parte delle funzioni e dei compiti alla Regione e agli Enti locali subordinati.

Trattasi di una legge a ‘Costituzione invariata’ (ossia compatibile con l’attuale Costituzione) che ha reso necessario una riorganizzazione della Pubblica Amministrazione e che ha enfatizzato due aspetti fondamentali nel profondo rinnovamento della PA: il perseguimento del massimo decentramento realizzabile appunto e la semplificazione delle procedure che presiedono all'attività amministrativa, all'organizzazione e al funzionamento dell'amministrazione italiana.

Tra le varie pretese della riforma si nota, oltre ai principi di ridefinizione dei rapporti tra Stato e vari Enti locali, anche la previsione di modifica delle modalità di funzionamento e di organizzazione di alcuni ambiti dei vari servizi pubblici, nonché una rivoluzione nell’ambito della struttura e del ruolo della dirigenza pubblica.

Le relazioni intercorrenti tra la Pubblica Amministrazione centrale e gli enti locali periferici (Regioni, Province e Comuni) furono indirizzate ad un’idea di modernizzazione della stessa, la quale ha come obiettivo un’amministrazione più leggera, con un proprio “core business”. Mentre nei principi della Costituzione era la Repubblica a sostenere i propri cittadini, agendo quale organizzazione detenente il monopolio del perseguimento dell’interesse pubblico, con

16 Tra le competenze rimaste in capo allo Stato si ricordano: affari esteri, forze armate, pubblica sicurezza,

giustizia, ricerca scientifica e sviluppo e poche altre funzioni. Tutte le altre competenze sono state delegate alle Regioni e agli Enti locali subordinati (Province e Comuni).

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tale riforma si dispose un principio di cooperazione tra gli enti minori attraverso la negoziazione e la concentrazione delle risorse dello Stato sulle sole funzioni essenziali. Tali presupposti si sono sviluppati attraverso due linee:

- sussidiarietà orizzontale17, la quale si concretizza attraverso la rinuncia a produrre

direttamente utilità e beni pubblici quando tale operazione può esser svolta dal mercato in maniera più conveniente (c.d. privatizzazioni) e attraverso il particolare favore riconosciuto a famiglie, associazioni e altre formazioni di base per l’assolvimento di funzioni e compiti di rilevanza sociale. Ai pubblici poteri resta il compito di dettare regole e punti di riferimento (rafforzamento dello Stato regolatore rispetto allo Stato gestore);

- sussidiarietà verticale18, la quale opera nel principio che la responsabilità di una

prestazione ricada sull'ente più vicino al cittadino, come previsto dalla riforma. Con l’introduzione di tale fondamento nell’ordinamento giuridico italiano si nota la maggior competenza e il maggior potere riservato alle Regioni e agli enti locali, mentre allo Stato spettano solo le materie che la legge gli riserva.

Tuttavia la sussidiarietà orizzontale e la sussidiarietà verticale non sempre si distinguono chiaramente, anzi spesso si intrecciano e si fondono quando riguardano temi legati ai servizi sociali e ai beni pubblici.19

Il problema dell’allocazione delle funzioni fra i diversi livelli istituzionali dunque viene risolto dalla sussidiarietà, la quale permette di individuare il livello più adeguato per lo svolgimento di una determinata funzione in base alla capacità di ciascuno di tali livelli di soddisfare l'interesse della collettività (cittadini e imprese).

Il principio che prevede la sussidiarietà (orizzontale o verticale) permette di traslare i rigidi fondamenti della Repubblica, permettendo l’evoluzione della mentalità nel settore pubblico; deve dunque essere un atteggiamento diverso da parte dell’amministrazione pubblica a guidare tale transazione verso un’ottica più centrata al mercato per l’erogazione dei servizi pubblici e la fornitura di beni pubblici.

Tuttavia tale cambiamento del modo di pensare da parte della P.A. non deve precludere

17 Riferimento alla distinzione dei rapporti tra apparati pubblici e cittadini. 18 Riparto dei compiti tra i diversi livelli di governo dell’ordinamento.

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all’amministrazione la possibilità di perseguire l’interesse generale in forme diverse dall’agire sussidiario.

Per questo motivo si ritiene opportuno guardare alle condizioni dei singoli servizi e dei singoli settori economici, per comprendere se effettivamente si sia creato un mercato in grado di agire in modo concorrenziale; solamente a tale condizione la scelta della sussidiarietà da parte della Pubblica Amministrazione si può ritenere valida.

Successivamente la Legge 127 del 1997, conosciuta come «riforma Bassanini bis», ha focalizzato l’attenzione sull’aspetto della semplificazione amministrativa con l’obiettivo di ridisegnare l’organizzazione e il funzionamento dell’amministrazione pubblica locale. Lo scopo è stato quello di limitare le barriere burocratiche che impedivano il diretto e trasparente contatto tra Ente e cittadino (riforma degli uffici), concentrando gli sforzi nella fornitura di servizi efficienti alla comunità con il fine di snellire le pratiche di natura burocratica anche nelle relazioni tra Enti locali (riforma dei procedimenti).

Tuttavia tale legge non è stata esente da critiche (si veda al sotto paragrafo 1.3.1).

Nel 1998 fu varata la Legge 191, conosciuta come «riforma Bassanini ter», la quale aveva come scopo l’integrazione di modifiche e correzioni alle due precedenti riforme considerando i seguenti punti:

- norme in materia di formazione del personale dipendente nella P.A. (art. 3 L. 191/1998), dove il tema principale riguarda l’innovazione amministrativa;

- norme relative alle condizioni di tele - lavoro nelle pubbliche amministrazioni (art. 4); - norme relative all’edilizia scolastica (art. 5).

Ai fini della stesura delle riforme in materia di Pubblica Amministrazione occorre enfatizzare l’articolo 4 della citata Legge 191/1998.

Il progetto di tele – amministrazione ha una condizione essenziale che è quella di collegare in rete i vari Enti locali che caratterizzano l’amministrazione pubblica, cercando di far cooperare i vari sistemi informativi che le compongono. Si concede infatti a tal fine, attraverso l’installazione delle apparecchiature adatte, nell'ambito delle proprie disponibilità di bilancio, l’autorizzazione ai propri dipendenti ad effettuare la prestazione lavorativa in luogo diverso dalla sede di lavoro, previa determinazione delle modalità per la verifica dell'adempimento della prestazione lavorativa, a parità di salario.

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Tuttavia20, la creazione di una rete Internet in grado di connettere la P.A. centrale con i vari

Enti locali e il resto del mondo (R.U.P.A.21) ha permesso non solo di cambiarne la struttura ma

di contribuire pure alla riorganizzazione degli assetti e delle funzioni dell’amministrazione pubblica.

La costruzione piramidale che caratterizzava l’apparato pubblico, dove la maggior parte delle funzioni e dei poteri si concentravano nella P.A. centrale, si trasforma in una struttura orizzontale che trasferisce all’Ente locale l’autonomia, le competenze e la responsabilità in tutti i vari aspetti che ne caratterizzano il rapporto con i propri stakeholder (cittadino e impresa).

Si rileva infatti il concetto di ‘interoperabilità’ alla base della R.U.P.A., capace di garantire un rapido accesso a numerosi fonti informative esterne22 alla P.A., permettendo di fatto lo

scambio di informazioni e una forte capacità di comunicazione tra i vari uffici presenti.

Un’amministrazione, completa di tutto il patrimonio informativo possibile nella P.A., distribuita orizzontalmente ampliando i poteri degli Enti locali minori, riesce infatti a garantire livelli qualitativi e quantitativi (di servizi) omogenei su tutto il territorio nazionale.

A conclusione delle riforme in tema di Pubblica Amministrazione operate durante il Governo Prodi I si ha la Legge 50/1999 (Bassanini quarter) la quale, citandone parte del testo, rappresentò “…il primo tentativo di riforma organica della Presidenza del Consiglio, della struttura del Consiglio dei ministri e dell'ordinamento dei ministeri”.

Essa ha permesso di porre le basi per un nuovo assetto dei vari Ministeri, riducendone il numero degli apparati, aumentando la mobilità del relativo personale tramite un unico raggruppamento e ampliando il carattere della flessibilità nell’organizzazione.

Tali provvedimenti corrispondono ad una parte delle raccomandazioni dell’OCSE (Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico) e riconoscono lo sforzo dello Stato italiano nella ricerca di una regolazione di qualità.

Infine23, oltre alla previsione dell’assorbimento delle Prefetture da parte degli UTG (Uffici

20 Bucci P., Lenci P., Passaglia G., “La grande riforma della pubblica amministrazione”. 21 Rete Unitaria Pubblica Amministrazione.

22 Tra le fonti informative esterne si menzionano le associazioni di categoria, gli ordini professionali, gli organi di

informazione, ecc.)

23 Nel 2001, attraverso il D. Lgs. n. 165, venne emanato un provvedimento titolato “Norme generali

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Territoriali del Governo), sono state istituite delle Agenzie indipendenti con funzioni tecnico – operative, le quali presupponevano particolari professionalità e competenze specifiche.

1.3.1 La polemica fra Cassese e Bassanini

Attorno alla fine del XX secolo il susseguirsi di riforme in tema di Pubblica Amministrazione ha messo in contrapposizione diverse teorie e diversi pensieri anche dei più noti ministri di funzione pubblica. In questo paragrafo si intende dare risalto ad un noto diverbio24, datato

novembre 2002, fra i due protagonisti delle riforme di Pubblica Amministrazione e protagonisti della dirigenza pubblica italiana: i soggetti in questione sono Sabino Cassese25 e

Franco Bassanini26.

Dai loro ministeri si affermarono i noti principi giuridici inerenti a: - “Privatizzazione” del rapporto di pubblico impiego;

- Incarichi dirigenziali a tempo;

- Separazione tra la mera gestione della Pubblica Amministrazione e la politica del Paese;

- Trasferimento alle autonomie locali di parti sostanziali delle funzioni amministrative pubbliche.

Tuttavia fu solo successivamente alla fine della loro carica politica che furono messe in risalto le questioni cosiddette “irrisolte” dei rispettivi mandati.

Nel 2002, durante il Governo Berlusconi, Cassese accese il dibattito sulla questione pubblica, qualificando gli incarichi a tempo determinato, introdotti da una normativa promossa da Bassanini, come ‘spoils system27 all’italiana’.

Secondo Cassese infatti la riforma attuata da Bassanini, la quale prevedeva una sorta di “collegamento” tra attività politica e burocrazia, aumentava a dismisura la sensibilità dell’alta funzione alla politica, indebolendo la forza della Pubblica Amministrazione.

Se dapprima infatti si poteva affermare che, come nei maggiori Stati mondiali, i governi

il decreto legislativo 29/1993 e la Legge 59/1997, con lo scopo di favorire la transizione del lavoro pubblico verso i sistemi di contrattualizzazione privatistici.

24 http://www.eticapa.it/eticapa/unantica-polemica-fra-cassese-e-bassanini-su-questioni-mai-risolte/ 25 Ministro per la funzione pubblica del Governo Ciampi dal 4/1993 al 5/1994.

26 Ministro per la funzione pubblica dal 1996 al 2001 nel primo governo Prodi e nel secondo governo D’Alema. 27 Per spoils system si intende la pratica politica di origine statunitense secondo la quale gli alti dirigenti

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passano e la burocrazia invece resta, ora in Italia le parti si sono invertite, perché a fronte di governi stabili la burocrazia ha una durata ridotta e limitata.

Nell’intervista a LaVoce.info Cassese ribadisce la mancata autonomia degli incarichi dell’alta dirigenza della Pubblica Amministrazione e l’assoluta dipendenza dal governo in carica, anche se la spiegazione di questa consonanza tra burocrazia e politica appare molto debole. Infatti, giustificando la ricerca di mobilità e responsabilità nella burocrazia italiana, che sembrava vivere in un mondo cristallizzato, scarsamente sensibile all’innovazione, poco mobile e interessato soprattutto ai privilegi interni che ai risultati, egli nota che la spiegazione che sta alla base del rapporto “alta dirigenza - governo” non regge.

L’ex Ministro della funzione pubblica afferma infatti come si sia partiti da una diagnosi corretta del problema, e per la quale è stato individuato un obiettivo di per sé coerente e efficace; tuttavia egli contesta il mezzo con cui si sta cercando di pervenire a questi risultati. Il ricambio per nomina politica dei dirigenti e la loro condizione lavorativa (una sorta di “precarizzazione”) non rappresentano gli strumenti adatti ed efficaci per raggiungere l’obiettivo impostosi Bassanini.

Cassese reputa infatti la meritocrazia quale condizione necessaria per raggiungere una maggiore mobilità e maggiori rendimenti, declassando il principio deil grado di anzianità, bocciando la tendenza ad “azzerare” l’alta dirigenza e rimettendone al giudizio del Governo in carica la relativa sostituzione, attraverso, ad esempio, un sistema imparziale di valutazione periodica, piuttosto che limitare sin dall’inizio dell’incarico la durata del contratto dei dirigenti.

In risposta all’intervista di Cassese arrivò la replica, composta da più punti oggetto di dibattito, di Franco Bassanini, ex Ministro della funzione pubblica dal 1996 al 2001.

Egli nel suo articolo dà spazio a più temi di analisi, dalle critiche ordinate sulle affermazioni di Cassese all’analisi del proprio operato negli anni in cui occupava la carica di Ministro.

Limitandoci a darne un breve riassunto egli si è apprestato a discutere le critiche mosse nei suoi confronti e riaffermare i principi e le letture della riforma pubblica attuata nel 1998. Tralasciando l’”ininfluente” critica alla considerazione della propria riforma pubblica come “spoils systems all’italiana”, Bassanini ribadisce la costante presenza nell’ambito della Pubblica Amministrazione della precarietà degli incarichi per alcune cariche dell’alta dirigenza, potendo essere sollevate dall’incarico in qualsiasi momento e messi a disposizione per decisione dell’autorità politica. A differenza di quanto affermato da Cassese egli ha voluto dimostrare la

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contraddittorietà del nostro ordinamento in tale materia citando l’esempio di alcune alte cariche che non godevano del privilegio dell’inamovibilità28 mentre altre (sempre di nomina

politica) potevano esser rimosse dal loro incarico solo ed esclusivamente venendo promosse ad altro incarico più prestigioso.

Ed è su quest’ultima parte che Bassanini critica l’ex Ministro Cassese, “accusandolo” di non essere intervenuto in quest’occasione, né contro l’irresponsabilità di una metà dell’alta dirigenza, né contro la situazione di precarietà dell’altra metà di alte cariche.

Successivamente egli muove una critica nei confronti dell’operato di Cassese sulla legge n. 142 del 1990 e sul decreto n. 29 del 1992-1993, nelle quali riconosce l’affermazione della distinzione tra funzioni e responsabilità politiche e quelle di direzione delle amministrazioni, ricche però di limiti e tratti confusionari. Secondo Bassanini la riforma del 1998, durante la sua carica di Ministro, riuscì ad eliminare le forme di ingerenza della politica nella gestione delle amministrazioni e aiutò a distinguere in maniera netta le amministrazioni (vincolate al principio costituzionale dell’imparzialità) e gli uffici di collaborazione diretta (per i quali invece valeva il rapporto con il Governo).

Bassanini continua la sua esposizione chiarendo, in modo definitivo, la lettura della propria riforma della dirigenza del 1998, dimostrando che nel suo progetto vi era la formazione di uno Stato meno invadente ed autoritario, cercando di alleggerirne il peso burocratico, rendendolo più flessibile e maggiormente decentrato. Egli credeva nelle prospettive legate all’evoluzione della Pubblica Amministrazione, come l’outsourcing e le liberalizzazioni in grado di focalizzare l’attenzione sui relativi core business.

Nella propria intervista egli dimostra di aver voluto rivoluzionare la concezione e l’organizzazione della Pubblica Amministrazione, esprimendosi con tali affermazioni:

“… avvicinare la Pubblica Amministrazione ai cittadini, alle imprese e ai sistemi produttivi territoriali, superare la storica frammentazione del nostro esecutivo attraverso la riorganizzazione dei ministeri, ridurre i costi burocratici e da regolazione tramite la semplificazione dei procedimenti e l’autocertificazione. La riforma è incentrata sull’aziendalizzazione delle amministrazioni, sulla pluralizzazione dei loro modelli organizzativi, sull’introduzione di indicatori e controlli di performance, sulla privatizzazione dei rapporti di pubblico impiego, sulla contrattualizzazione della dirigenza…”.

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Tutto ciò, secondo Bassanini, doveva spingere le amministrazioni a misurarsi sul terreno della qualità dei servizi e delle prestazioni, non limitandosi al rispetto delle norme formali e delle procedure definite. Per quanto possibile infatti le amministrazioni pubbliche dovevano e devono comportarsi come aziende, cercando di utilizzare strumenti non autoritativi nei rapporti sia con i dipendenti e i dirigenti, sia con i privati (cittadini e imprese).

Nella sua esposizione Bassanini riconosce di nuovo la buona volontà di Cassese nella riforma sul tema della contrattualizzazione del pubblico impiego notandone tuttavia un certo grado di incertezza e timidezza nella sua attuazione.

Egli infatti afferma che per impegnare le amministrazioni sul terreno della qualità dei servizi occorre creare una correlazione tra le carriere dei dirigenti/dipendenti e i risultati conseguiti. Tale correlazione va poi arricchendosi del principio che lega la durata dell’incarico alla relativa missione (né troppo breve, né troppo lunga), superando il principio di inamovibilità e affermandone la temporaneità.

Con la riforma del 1998 infatti Bassanini aveva previsto un collegio di garanzia in grado di impedire rimozioni di natura politica e l’utilizzo di indicatori di performance e organi di valutazione oggettiva in grado di dare diritto alla conferma o alla promozione.

Così facendo egli boccia qualsiasi considerazione che colleghi l’incarico assegnato alle esigenze e alle vicende della politica, affermando che nella sua riforma la separazione tra politica e amministrazione era stata formalizzata e compiuta.

A conclusione della propria intervista Bassanini volle chiarire una situazione che si potrebbe definire preoccupante. Egli espresse il proprio parere circa le conseguenze sconvolgenti della riforma Frattini29, la quale prevedeva come potere dello Stato la riserva nell’ uso a proprio

piacimento del diritto privato oppure dell’autorità di legge, permettendo la risoluzione del contratto con atto unilaterale da parte del datore di lavoro.

Secondo Bassanini infatti tutto l’impianto della sua riforma viene meno nei suoi effetti a causa della mancanza di attribuzione di importanza alla meritocrazia e alla valutazione della professionalità dei dirigenti/dipendenti attraverso indicatori di performance, legando la durata dell’incarico degli stessi alla tessera di partito e alla loro disponibilità a farsi carico di tutte le esigenze della politica.

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Infine egli conclude la propria intervista dichiarando che i risultati della propria riforma, purtroppo, non sono esaltanti e che per raggiungere il successo ricercato è necessario basare le proprie analisi sui meccanismi oggettivi di valutazione delle performance30.

Dallo studio di tali documenti si può affermare che l’antico diverbio tra gli ex Ministri si solleva temporalmente in ritardo. L’utilità della riforma di Bassanini è chiara; la ricerca di modifica degli assetti della Pubblica Amministrazione, cercando di apportare modelli di valutazione basati su indicatori di performance e sulla professionalità dell’alta dirigenza rappresenta quella che al giorno d’oggi può essere definito come un ideale amministrativo. Tuttavia la controriforma Frattini ne ha tappato le ali, smorzandone gli incentivi legati all’innovazione e alla produttività, in grado di dare alla P.A. una forma più ‘aziendale’.

C’era e c’è il bisogno di rilanciare l’immagine della Pubblica Amministrazione attraverso programmi e progetti condivisi e puntuali cercando di collegare gli incarichi dei dirigenti non al partito politico di riferimento bensì alle proprie prestazioni lavorative, alla professionalità dimostrata e alle performance realizzate.

1.4 Le riforme del terzo millennio

Conclusasi l’ondata di riforme di fine anni ’90, le quali avevano lo scopo di dar luogo ad una modernizzazione dell’organizzazione e degli assetti specifici della Pubblica Amministrazione, si entra nel nuovo millennio con i migliori presupposti, per far sì che le riforme Bassanini non rimangano inattuate e prive di peso nel settore pubblico italiano.

Prima di riepilogare e discutere le maggiori riforme del XXI secolo (Riforma Brunetta e la più recente Riforma Madia) si ritiene opportuno riesaminare parte di quanto detto sui decreti e sulle leggi che hanno costituito le prime vere riforme in tema di amministrazione pubblica. 31

La necessità di cambiamento delle leggi che regolano la Pubblica Amministrazione sembra essere dunque ad una svolta. La consapevolezza di un nuovo millennio, anticipato da

30 Direttive dell’autorità politica, indicatori qualitativi, attivazione di meccanismi di controllo e valutazione. 31 http://www.astrid-online.it/static/upload/fpa_/fpa_25-anni-di-riforme_19_12_16.pdf.pdf

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importanti riforme sul tema della P.A., pare essere il preludio ad una rivoluzione nei meccanismi e negli assetti che interessano il settore pubblico.

Se durante il periodo 1993-1994 era stato valorizzato il dirigente pubblico e si era riusciti, per la prima volta nella storia della Repubblica italiana, a varare un principio di separazione tra le funzioni politiche e le funzioni dirigenziali, durante il periodo di riforme del Ministro Bassanini si concretizzava la seconda grande riforma in tema di Pubblica Amministrazione32.

Tuttavia questo periodo storico non consentiva l’attuazione piena delle riforme strutturali a causa dell’instabilità politica e della scarsa capacità amministrativa.

L’inadeguato inserimento nei processi della P.A. dei principi di efficacia ed efficienza della cultura amministrativa prevista dalle riforme del 1997-1999 ha provocato, alle porte del terzo millennio, una ricaduta nell’evoluzione dell’economia, palesandosi attraverso una mancata innovazione, una mancata crescita economica, un lampante grado di impoverimento e di degrado accompagnato da fenomeni di stallo33.

Il fallimento parziale delle riforme Bassanini, constatato anche attraverso la permanente stagnazione dell’economia, dimostra che nei primi anni del 2000 il progetto di modernizzazione e rivalutazione della P.A. italiana è rimasto indietro e fermo.

Si noti che la correlazione tra Pubblica Amministrazione ed economia del territorio è molto forte; oggigiorno, in un contesto globale in continuo mutamento, la tendenza all’immobilismo da parte del settore pubblico aggrava la situazione socio-economica del paese, non permettendo il rilancio della produttività e dell’efficienza economica.

L’imprevisto arresto del tentativo di riorganizzazione della P.A. è da addebitare non solo alle cause già espresse ma anche al crollo degli ideali politici delle prime riforme, quali:

- un nuovo modello di organizzazione pubblica;

- la distinzione dei ruoli fra vertice politico e dirigenza; - la contrattualizzazione del rapporto di pubblico impiego; - la qualità delle disposizioni emanate.

32 Bassanini durante la sua carica di Ministro della funzione pubblica riuscì a dare peso e a rafforzare la

semplificazione amministrativa, la trasparenza, l’autonomia degli enti locali, promuovendo il principio di sussidiarietà dei poteri.

33 A tali riscontri si unisce, oltre al persistere di una situazione di ristagno dell’economia, pure l’involuzione di asset culturali e sociali storicamente solidi. Tale fragilità ha deteriorato molti ambiti del benessere quali

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Dunque l’organizzazione pubblica, dopo le riforme degli anni ’90, è rimasta paralizzata non solo da tale tendenza all’immobilismo ma pure dalle difficoltà operative causate da una legislazione alluvionale, la quale non permette ai dirigenti e ai dipendenti pubblici di operare al meglio nell’erogazione dei servizi, viste le difficoltà di orientamento fra le varie norme (comunitarie, nazionali e locali).

Con il mancato raggiungimento dei risultati previsti dalle riforme Bassanini si entra nel terzo millennio; la necessità di rilancio dell’immagine della Pubblica Amministrazione nei confronti dell’opinione della comunità e l’evitare l’applicazione di soluzioni troppo semplici a problemi complicati34 sono i presupposti alla base della riforma del 2009.

Durante il Governo Berlusconi IV ad opera del Ministro Brunetta si ha così la legiferazione della terza grande riforma del settore pubblico.

1.4.1 La riforma Brunetta

Il decreto legislativo 150/200935, approvato in poco più di 15 mesi, cerca dunque di

completare il quadro normativo previsto per la Pubblica Amministrazione e soprattutto di rimuovere gli ostacoli che hanno impedito ai decreti legislativi 29/1993 e 286/199936 di

compiere l’agognato salto di qualità nel settore pubblico.

Tale decreto traduce i principi dettati in esso in apposite norme giuridiche vincolanti, le quali prevedono una profonda rivalutazione di tutti gli aspetti relativi all’efficienza, alla trasparenza e alla produttività delle amministrazioni pubbliche, enfatizzandone i contenuti principali quali: - l’assicurazione di elevati standard qualitativi delle funzioni e dei servizi resi ai cittadini; - la valutazione della performance dei dirigenti e dei dipendenti;

- l’autonomia, i poteri, le responsabilità e la meritocrazia tra dirigenti e personale; - il contrasto all’assenteismo;

- la trasparenza nei confronti della comunità.

34 Anello debole delle riforme della Pubblica Amministrazione in riferimento alle modalità con cui sono stati sì

circoscritti i problemi ma con dei gravi errori (non tenere in considerazione le prassi reali con le quali operano le strutture, non considerare l’opinione pubblica, assegnazione di ruoli passivi all’interno degli organigrammi della P.A., basare le poche sperimentazioni su evidenze formali).

35 http://www.camera.it/parlam/leggi/deleghe/09150dl.htm

36 Trattasi del Decreto Legislativo in materia di "Riordino e potenziamento dei meccanismi e strumenti di

monitoraggio e valutazione dei costi, dei rendimenti e dei risultati dell'attività svolta dalle amministrazioni pubbliche, a norma dell'articolo 11 della legge 15 marzo 1997, n. 59".

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L’accentuazione di questi aspetti dimostra l’assidua ricerca di cambiamento nei rapporti tra Pubblica Amministrazione e i propri stakeholder, quali le imprese e i cittadini, attraverso una migliore (e conseguentemente più efficace) organizzazione del lavoro pubblico.37

La riforma Brunetta necessita di un’esposizione più esauriente; essa va sviluppata più diffusamente visti i temi rilevanti che sono stati trattati e promulgati. Si costituisce principalmente dai seguenti temi:

- la misurazione e la valutazione della performance, la quale è prevista attraverso l’introduzione di un ciclo generale di gestione della prestazione. Esso è perciò in grado di offrire alle amministrazioni un quadro di azione che realizza il passaggio dalla logica dei mezzi (input) a quella dei risultati (output o outcome), il quale permette un tangibile miglioramento delle performance del settore pubblico38;

- la valutazione delle organizzazioni, attraverso l’utilizzo di modelli39 di misurazione

funzionali alla trasparenza e al miglioramento, e la valutazione dei dirigenti e dei dipendenti, basata sulla correlazione tra il raggiungimento degli obiettivi e le competenze dimostrate;

- la trasparenza, la quale diviene un obbligo40, per le amministrazioni, attraverso la

predisposizione di apposite sezioni sul proprio sito web, contenente tutte le informazioni concernenti l’organizzazione, gli andamenti gestionali, l’utilizzo delle risorse per il perseguimento dei risultati, ecc.

- la meritocrazia, che rappresenta una delle grandi novità della riforma Brunetta. Essa è alla base della riforma e permette di attribuire gli incentivi economici e di carriera41 in

37 http://www.dsmnet.it/vd/centrostudiproforma/articoli/Dlgs150-2009Sintesi.pdf

38 Tale “passaggio” può essere semplificato ponendo il cittadino – cliente al centro degli sforzi della P.A., grazie

alla rendicontazione, alla trasparenza e alla customer satisfaction, rafforzando la correlazione intercorrente tra prestazione e retribuzione.

39 Il riconoscimento viene effettuato:

- dalla Commissione per la valutazione, la trasparenza e l’integrità delle amministrazioni pubbliche; - dall’Organismo indipendente di valutazione della performance.

Attraverso le graduatorie di performance disposte dalla Commissione verranno ripartite le risorse alle strutture più efficienti, alimentando così una sana competizione pubblica.

40 Questo obbligo mira a favorire forme diffuse di controllo interno ed esterno, anche da parte del cittadino;

l’adozione, per ogni amministrazione, di un Programma triennale per la trasparenza e l’integrità, da pubblicare online; la creazione, presso la Commissione per la valutazione, la trasparenza e l'integrità delle amministrazioni pubbliche, di un portale che raccoglie tutte le iniziative delle amministrazioni pubbliche nell’ambito dei due punti sopraelencati.

41 Tale attribuzione di incentivi viene praticata distribuendo la performance tra i dipendenti e i dirigenti su 3 livelli

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modo da premiare i meritevoli e i capaci, incoraggiando l’impegno sul lavoro e combattendo comportamenti deleteri ed eticamente scorretti (come nel caso dell’assenteismo). Da tale presupposto si intende così invertire la rotta che ha caratterizzato il settore pubblico italiano, nel quale vi era la generale tendenza alla distribuzione a pioggia dei benefici, premiando coloro che attraverso la misurazione delle performance e della capacità, hanno dimostrato comportamenti valevoli e prestazioni eccellenti.42

- l’istituzione dell’Organismo Indipendente di Valutazione della Performance (OIVP), composto da tre membri nominati dal vertice politico-amministrativo, previsto in ogni amministrazione, con il compito di assicurare le condizioni necessarie per la corretta attuazione del ciclo di gestione delle performance. La caratteristica principale di questo organo è l’indipendenza di giudizio; tra le altre funzioni vi sono la previsione di corretto utilizzo delle linee guida fornite dalla Commissione, la tempestività nelle comunicazioni alla Commissione, all’Ispettorato della Funzione Pubblica e alla Corte dei Conti al fine di migliorare o preservare il benessere lavorativo o dimostrare la piena applicazione del principio di trasparenza;

- l’istituzione della Commissione per la valutazione, la trasparenza e l’integrità delle amministrazioni (CiVIT), la quale è composta da cinque membri scelti tra professionisti, anche estranei alla relativa amministrazione, che hanno maturato accertate competenze nel settore pubblico (e privato) relativamente a management, performance e valutazione del personale. Tra i compiti della Commissione, utili a garantire il benessere dell’Ente, vi sono la funzione di indirizzo (utile nella fornitura di strumenti adatti allo svolgimento dei propri incarichi in totale chiarezza), la funzione di coordinamento (in grado di identificare i veri bisogni dell’amministrazione locale, offrendo l’opportunità ai cittadini di confrontare i risultati e offrendo supporto tecnico

due “code” simmetriche: una di coloro che eccellono e una che rappresenta coloro che apportano qualità inferiore alla media. Gli incentivi legati alla performance individuali sono previsti per la fascia di eccellenza e per la fascia media, non per la fascia bassa.

42 Il decreto 150/2009 fissa una serie di principi (solo parzialmente derogabili dai contratti collettivi) relativi a:

- Limite del 30% dei dipendenti di ciascuna amministrazione per il beneficio del trattamento accessorio nella misura massima prevista dal contratto (ai quali sarà comunque erogato un massimo del 50% delle risorse destinate alla retribuzione incentivante;

- Riconoscimento dell’eccellenza e dei progetti innovativi, legati strettamente alla meritocrazia; - Inserimento in percorsi di formazione dei dipendenti migliori per favorirne la crescita professionale.

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alle amministrazioni) e la funzione di sovrintendenza, dove si assicura che le amministrazioni attuino la riforma impattando sui sistemi premianti.

- la riorganizzazione della figura del dirigente, dove si evidenzia il nuovo rapporto tra dirigenti e dipendenti (sempre più simile alle imprese del settore privato), l’attribuzione di responsabilità nella classe dirigenziale ai fini della valutazione del personale (nel rispetto dei principi del merito), la programmazione degli obiettivi e l’individuazione di risorse e strumenti utili alla prevenzione di atti di corruzione; 43

- il cambiamento, nel rapporto di lavoro per il dipendente pubblico, di numerosi aspetti44;

- gli aspetti relativi la contrattazione collettiva, le sanzioni disciplinari e l’amministrazione.

Un tema della riforma Brunetta che va accentuato di seguito è l’ambito che interessa il cittadino e l’impresa, stakeholder interessati alla rivalutazione e alla qualità dei servizi forniti dalla Pubblica Amministrazione.

La riforma della P.A. pone questi soggetti al centro del nuovo quadro normativo inerente l’attività delle amministrazioni pubbliche, rafforzandone la correlazione e cercando di dare impulso alla creazione di valore pubblico attraverso la considerazione e l’implementazione di aspetti quali centralità delle persone, fiducia, senso di appartenenza e condivisione di valori

43 Si tratta di un nuovo rapporto tra il dirigente e i dipendenti del suo ufficio, relativo a tali aspetti:

- Attribuzione dei trattamenti accessori;

- Progressioni economiche (attribuite in modo selettivo ad una quota limitata di dipendenti in relazione allo sviluppo di competenze ed ai risultati individuali e collettivi rilevati);

- Progressioni di carriera (se progressioni verticali devono avvenire attraverso concorsi pubblici);

- Potere disciplinare in capo al dirigente in caso di comportamenti punibili con sanzioni superiori al rimprovero verbale e, in caso di comportamenti punibili con sanzioni più gravi, in capo all’ufficio competente individuato dall’amministrazione relativa;

- Maggiore mobilità nel passaggio diretto tra amministrazioni, disposto previo parere favorevole dei dirigenti responsabili dei servizi e degli uffici cui il personale è o sarà segnato (compito del dirigente sarà individuare le eccedenze delle unità di personale con riguardo i ruoli che presentano situazioni di esubero);

- Responsabilità del dirigente in ordine alle performance degli uffici che conduce;

- Retribuzione accessoria del dirigente (almeno il 30% della retribuzione complessiva) legata agli indicatori di performance, al raggiungimento di obiettivi specifici individuali, alla qualità del contributo e alla capacità di valutazione dei propri collaboratori;

- Divieto di assegnazione di incarichi per incompatibilità nel caso in cui i soggetti abbiano avuto una carica (o rapporto di collaborazione) in un partito politico o in un’organizzazione sindacale negli ultimi due anni.

44 Il decreto 150/2009 prevede la valutazione delle performance per i dipendenti nonché la correlazione tra

performance organizzative e performance individuali. Garantita la trasparenza nella valutazione, la modalità di erogazione dei sistemi premianti prevista dal decreto sarà basata sul sistema di misurazione delle performance prevista per ogni dipendente. Vengono infine predisposte nuove sanzioni disciplinari e un nuovo quadro per le pari opportunità e nei casi di assenza per malattia.

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30 (Capitolo 3)45.

Relativamente ai soggetti interessati alla qualità delle prestazioni erogate dalla P.A. si espongono in sintesi le norme contenute nel decreto legislativo 150/2009:

- un maggior livello di trasparenza, attuato dagli Enti locali, facilitando l’accesso attraverso il proprio sito web alle informazioni concernenti l’organizzazione in sé, gli andamenti gestionali, lo sfruttamento delle risorse per il perseguimento dei risultati prefissati e la misurazione e la valutazione delle performance, al fine di semplificare la diffusione delle forme di controllo interno ed esterno, sia dai soggetti predisposti al controllo (CiVIT e OIVP) sia da parte degli stakeholder. Adottando un programma di durata triennale per la Trasparenza e l’Integrità gli enti locali provvedono ad allestire una apposita sezione sul proprio sito internet che consenta al cittadino di comprendere le modalità di operazione della propria amministrazione e come si attiva quest’ultima per migliorare i servizi e l’accesso alle informazioni.

- un maggior livello partecipazione degli utenti sfruttando i sistemi di rilevazione della customer satisfaction management, attraverso i quali i cittadini e le imprese potranno esprimere il proprio pensiero sulla qualità dei servizi, sia in sede fisica che via web. A sostegno dell’interazione con le amministrazioni locali e in merito allo sviluppo dei servizi erogati sono previste, a favore dei cittadini, delle cosiddette “Giornate della Trasparenza”;

- l’attribuzione di maggior importanza all’attenzione, la quale è valida sia per la valutazione delle capacità dell’amministrazione di far fronte ai bisogni dei cittadini, sia sulla propria capacità di interazione con gli stakeholder nell’offerta di servizi di qualità all’utenza.

La riforma Brunetta, considerando aspetti già discussi e inserendo dei principi nuovi, ha mostrato però le prime incrinature successivamente alla sua pseudo attuazione.

Il decreto 150/2009 basa dunque la propria attenzione su alcuni principi già visti nelle precedenti riforme (Cassese e Bassanini) e, attraverso l’istituzione di apposite commissioni di vigilanza, credeva di poter assicurare nel settore pubblico la trasparenza e l’integrità della P.A. La rilevanza della CiVIT, che ha un ruolo di primo piano nell'attuazione della riforma Brunetta,

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è dimostrata dalla presunta capacità di garanzia, indipendente dal governo italiano, di ottimizzare la produttività, l’efficienza e la trasparenza dell’amministrazione pubblica italiana e garantire la visibilità degli indici di andamento gestionale delle amministrazioni pubbliche, limitando e combattendo il fenomeno della corruzione.

Tuttavia il progetto in corpo all’introduzione di tale Commissione era destinato a non decollare; a dimostrazione di ciò si richiamano due aspetti preoccupanti, in totale contrasto con i principi di istituzione di tale organo di vigilanza: il blocco degli stipendi pubblici (decreto legge 78/2010) e le dimissioni di Micheli.

Il congelamento degli stipendi dei dirigenti e dei dipendenti pubblici diviene decisivo nel rendere “inutile” la valutazione del merito in relazione alle performance individuali e organizzative dei vari uffici, operata dalla CiVIT, impendendo dunque di agganciare premi e relativi aumenti.

Tale fatto solleva dunque problemi di identità e di effettiva utilità della Commissione che vengono successivamente ampliati dalle dimissioni di uno dei rappresentanti più rilevanti, Pietro Micheli46.

Ad un anno dalla sua nomina egli rinuncia al proprio mandato motivando, tramite una lettera (pubblicata su più quotidiani nazionali e siti web) indirizzata all’allora Ministro Brunetta, la propria dimissione attraverso le giustificazioni che lo hanno portato a tale decisione, tra i quali gravi errori di impostazione della riforma e nella sua relativa attuazione ma non solo.47

Micheli riconosce l’inizio promettente della funzione principale svolta dalla Commissione, conseguendo risultati soddisfacenti, ma ne contesta formalmente i difetti nella sua piena applicazione, la mancanza di risorse economiche ed energie politiche, basilari nel sostenere una riforma di simile portata, e nel rischio di appesantire eccessivamente le amministrazioni nella loro burocrazia, anziché renderle più efficienti.

Micheli lamenta la mancanza di una visione strategica più organizzativa e di una consona analisi del contesto italiano, vista la propensione alla mera valutazione individuale (la quale ha provocato un indebolimento della reputazione e del senso di appartenenza dei dipendenti), impedendo di fatto la creazione di valore pubblico e il riconoscimento dell’azione

46 Attualmente professore associato di Performance Organizzativa presso Warwick Business School, membro

della CiVIT dal dicembre 2009 al gennaio 2011)

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32 amministrativa nella comunità.

L’esasperazione della ricerca del “fannullone” (termine spesso ricondotto alla Riforma Brunetta, quale “Legge anti fannulloni”) pare un’ossessione fine a se stessa, incapace di dare voce e sfogo ai veri problemi organizzativi e di sistema che attanagliano la P.A. italiana. Tra gli altri punti deboli della riforma Brunetta si riscontra l’intento esasperato di accelerazione delle tempistiche relative ai procedimenti disciplinari, i cui termini erano troppo stretti, sicché si erano trasformati in una specie di trappola procedurale. Tale limite permetteva, con lampante facilità, di lasciar scadere questi termini temporali, maliziosamente o pure involontariamente.

1.4.2 La Riforma Madia

Durante il Governo Renzi I c’è stata la necessità di promulgare una riforma che consentisse di compiere, attraverso scelte di semplificazione, razionalizzazione e riassestamento degli Enti locali (sia del personale che della classe dirigenziale,) una piena attuazione dei principi già affermati in tema di Pubblica Amministrazione dai trascorsi decreti, i quali però non avevano goduto della sufficiente considerazione per far sì che si raggiungessero i risultati ricercati. Marianna Madia48 ha promosso una riforma completa dell’apparato pubblico attraverso il

decreto legislativo, emanato dal governo nell'agosto del 2015, diventato poi legge delega49

(124/201550).

Tale provvedimento affida al Governo un consistente numero di deleghe (15) da adottare entro una scadenza temporale in materie quali lotta alla corruzione, dirigenza e servizi pubblici locali.

Si riportano di seguito i punti cardine voluti fortemente dal Governo Renzi che si distinguono principalmente in tali articoli, i quali oltre ad esser già stati oggetto di precedenti riforme, hanno l’ambizione di incidere profondamente sul funzionamento della P.A. e sulla sua natura globale:

48 Marianna Madia, Ministro per la semplificazione e per la pubblica amministrazione, in carica dal 22 febbraio

2014 e attualmente Ministro senza portafoglio nel Governo Gentiloni.

49 Il fatto che si tratti di legge delega non permette l’osservazione dei cambiamenti più incisivi affinchè non

avverrà l’emanazione dei decreti attuativi.

50 “Deleghe al Governo in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche”. Fonte:

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