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La riscrittura latina della Griselda

II. 3.1 «Quid quod ipse libros scribo?» La polemica contro i cattivi poeti.

II.3.4. La riscrittura latina della Griselda

Com’è noto, nella tradizione letteraria occidentale, Griselda nasce con Boccaccio. La triste storia della fanciulla, messa continuamente alla prova dal marito, il marchese di Saluzzo, viene infatti narrata per la prima volta nell’ultima novella del Decameron. Tuttavia è stata la riscrittura latina redatta da Petrarca, nella Sen., XVII 3, De insigni obedientia et fide uxoria, indirizzata a Boccaccio, a contribuire maggiormente alla diffusione della storia di Griselda. La lettera, secondo Bertè e Rizzo, è stata scritta nel marzo 1373, a Padova e fa parte del piccolo corpus epistolare (di quattro lettere) che conclude la silloge delle Senili. Essa costituisce senz’altro «l’ultimo dono offerto all’amico, pegno prezioso del loro sodalizio artistico e umano»1. Nella missiva, Petrarca offre una riscrittura in latino dell’ultima novella del Decameron: la fortunata storia di Griselda. Come ha affermato Albanese, si tratta «dell’unico esperimento di ‘traduzione’ nell’intera parabola culturale di Petrarca, l’unica riscrittura dichiaratamente novellistica»2. Nell’introduzione alla Griselda, Petrarca afferma di aver scorso più che letto l’opera in volgare di Boccaccio e di essersi soffermato in particolare su alcuni punti, fra i quali, la novella conclusiva, così diversa dalle altre, che gli è piaciuta così tanto da averla imparata a memoria per ripeterla agli amici. Poiché la novella è stata apprezzata anche da altri, ha pensato di riscriverla in latino per diffonderla anche fra chi non conosce il volgare italiano3. È lo stesso Petrarca a testimoniare che la Griselda nella sua veste latina suscitò fin da subito grande interesse ed è lui stesso a far intendere la possibilità di una circolazione separata che potrebbe aver preso le mosse dal suo stesso scrittoio anziché dalla missiva4 Infatti in XVII 3,3 scrive che la sua traduzione era stata da molti richiesta; la XVII 4 testimonia che se non copiata era perlomeno letta dagli amici quando Petrarca era ancora in vita. Come affermano Bertè e Rizzo, tutto questo rende possibile che siano state tratte precocemente copie della XVII 3 e che Petrarca abbia poi avuto il tempo di ritoccarla prima di inserirla definitivamente nella raccolta5.

La novella ebbe una fortuna immediata, i testimoni che la presentano fuori dalla raccolta delle Senili sono un numero enorme6. Si può dunque affermare che la riscrittura latina redatta da Petrarca, De insigni obedientia et fide uxoria, abbia contribuito in maniera decisiva alla diffusione della storia di Griselda. In Francia, fra 1384 e il 1389, Philippe de Mèziéres esegue la prima traduzione francese

1. Albanese 1998, p. 7. 2 Ibidem.

3 Cfr. par. 9.

4 Bertè-Rizzo 2014, p. 91.

5 L’esame della tradizione conferma che di fatto così è avvenuto in quanto in essa sono presenti diverse varianti di autore, sotto forma di aggiunte e di ritocchi. Bertè- Rizzo, 2014, p. 91.

6 Tuttavia, come osservano Bertè- Rizzo, ancora non esiste un censimento: ai settantadue testimoni segnalati da Severs 1942, pp. 41-58, altri ne aggiunge Branca 1992 , p. 173 n. 53. Cfr. Bertè-Rizzo, 2014, pp. 91-92, n. 1

Laura Antonella Piras, L’epistolario di Petrarca fra ars poetica e interpretazione, Tesi di Dottorato in Lingue, Letterature e Culture dell’età Moderna e Contemporanea (XXXI ciclo), Dipartimento di Scienze Umanistiche e Sociali, Università degli Studi di Sassari.

della Senile petrarchesca, cui seguiranno altre numerose traduzioni e riscritture anche in altri stati europei, si pensi al The Clark’s tale di Chaucer7. Come ha scritto Angeli: «l’originale di Boccaccio finisce per restare in secondo piano, lasciando il posto al latino “veicolare” di Petrarca, con la sola eccezione o quasi di Sercambi (Novella 153). Persino in alcuni manoscritti di traduzioni francesi del Decameron l’ultima novella viene sostituita dalla versione di Petrarca»8 (Angeli, p.72). Anche Christine de Pizan, nella Citè des Dames, si ispira alla Griselda Petrarchesca, mediata, come afferma Carafi, dalla versione francese di Philippe de Mèziéres inclusa nel Livre de la virtù du sacrement de mariage9.

Come scrive Cipollone,

la Griselda di Petrarca è forse uno dei lavori più significativi per uno studio del fenomeno della ricezione di un’opera letteraria. Unica novella (e unica traduzione dichiarata), il suo essere elemento isolato nell’opera dell’autore - per quanto meno isolato di quanto l’autore stesso lasci intendere - rende la novella specola privilegiata per un’analisi dei modi di lettura di un testo che dell’originale muta la lingua perché sia più ampiamente conosciuta; e ne muta carattere e personaggi, che ritengono dall’originale nomi e strutture ma si rivestono di qualità nuove. Una traduzione che investe dunque anche il “messaggio” della novella, i suoi personaggi e le loro emozioni, le descrizioni degli ambienti e il tono. La si dice riscrittura - e dovrebbe, forse, chiamarsi (antifrasticamente) “volgarizzazione”, visto l’intento divulgativo ma

7 Wright, Boccaccio in England (1957) 2013, p. 116. Per quanto riguarda Chaucer, nel Clerk’s Tale (1147-1148) la traduzione di Petrarca viene esplicitamente menzionata: «therfore Petrak writeth / This storie, which with heigh stile he enditeth».

8 Angeli, p. 72. Come scrive Cipollone: «la storia di Griselda è anzitutto una storia di ricezione, e dunque di appropriazione e trasformazione. La codificazione nella forma che sarà poi la più conosciuta è certo del Boccaccio; ma le innumerevoli riscritture - e, quindi, di fatto, letture - che ne derivano, testimoniano quantomeno la versatilità della storia ad essere interpretata nei modi più disparati, a servire le più diverse teorie. Da figura Christi(Cottino-Jones, 1968, pp. 22-23 in

Cipollone 2018, pp. 223. Da novello Giobbe o allegoria dell’anima umana, passando per interpretazioni psicoanalitiche che leggono i personaggi della novella in chiave sado-masochista, Griselda non è univoca. Gli interrogativi che il personaggio suscita investono anche il ruolo che ella occupa nel contesto narrativo, al punto da suscitare il dubbio se Griselda sia davvero la protagonista della novella o non piuttosto il marito Gualtieri. Si è voluto anche cogliere una sorta di identità tra il personaggio e il testo stesso che ne riporta la desultoria parabola di ascesa, declino, apoteosi. Identificazione non nuova, giacché Griselda e il testo che ne narra la vicenda si fondono anche nel sonetto premesso da Carlo Maria Maggi alla tragedia tratta dalla novella (La Griselda di Saluzzo\ Tragedia). Nel sonetto L’Autore alla Favola personaggio e testo si sovrappongono fino a divenire inscindibili: Griselda, ecco la man dall’opra io tolgo,/ Che già gran tempo a’ fregi tuoi fu volta,/ Ma se’ rozza cosi, se’ cosi incolta,/ Che/ de’ vani miei stenti ancor mi dolgo./ Pur solo a’ Saggi i voti miei rivolgo,/ Perché tu sia da lor pietade accolta./ Vanne, ed umile i lor giudici ascolta./Ma non curar, se poi ti morde il volgo./Già trapassasti in su la prima etade Dalle selve alla Corte; e pure in quella Conseguisti soffrendo alfin pietade./Or dall’ombre alla luce il Ciel t’appella. Soffri le accuse altrui, che l’umiltade In chi cresce di stato è sempre bella.L’ultima novella del Decameron ebbe dunque una enorme fortuna, che ne determinò le innumerevoli rivisitazioni, nonché la traduzione in più lingue;anche di volgare in latino (Petrarca) e poi ancora di latino in volgare (Romigi di Ardingo dei Ricci).Se le trasformazioni cui il personaggio di Griselda è sottoposto nelle sue peregrinazioni tra tempo e spazio possono essere tali da renderlo quasi irriconoscibile,resta tuttavia il nome, con qualche variazione morfologica: quasi che la necessità di istituire il legame con il personaggio originario e la sua storia costituisse una sorta di rito imprescindibile di appartenenza» (Cipollone, p. 223-224).

9 Cfr. Caraffi 1998, p. 511. Secondo me non è l’unica volta che Christine de Pizan tende a seguire il modello petrarchesco. Si pensi all’assordante assenza, nella Citè des Dames di Giovanna d’Angiò, tanto detestata dal Petrarca, che invece chiude il De mulieribus claris di Boccaccio, modello principale dell’opera dell’autrice francese. Nelle lettere di Petrarca, la regina non viene mai nominata direttamente, come scrive Rodney Lokaj: «quasi ci fosse avversione o ribrezzo solo a nominarla. La nuova regina è quasi sempre la regina minor o junior e […] tutt’al più Cleopatra» (Lokaj 2000, p. 484). Evitando di chiamarla per nome, inoltre, Petrarca evita possibili ritorsioni della regina nei suoi confronti, tuttavia allude a Giovanna in sette Familiares, cinque delle quali descriventi il suo soggiorno a Napoli, e in cui viene offerto un ritratto impietoso del regno caduto, secondo il poeta, in rovina durante la sua reggenza.

Laura Antonella Piras, L’epistolario di Petrarca fra ars poetica e interpretazione, Tesi di Dottorato in Lingue, Letterature e Culture dell’età Moderna e Contemporanea (XXXI ciclo), Dipartimento di Scienze Umanistiche e Sociali, Università degli Studi di Sassari.

per Petrarca rimane traduzione, e viene legata a filo doppio alle sue epistole accompagnatorie, perché sia dichiarata e incontrovertibile l’assenza totale di indebita appropriazione, peraltro stigmatizzata proprio nel discorso a Boccaccio in una famosa Familiare sulla teoria dell’imitazione10.

La storia narrata dal Petrarca risulta, di fatto, profondamente modificata: Se Boccaccio pone l’accento sulla ‘matta bestialità di Gualtieri’, Petrarca tenta di attenuarne il comportamento irrazionale e crudele11. Il Marchese di Petrarca, a differenza di quello boccacciano, non agisce mai senza motivo, come scrive Cipollotti,

risulta essere invece una sorta di strumento di palese ingiustizia; palese, ma apparente, perché in realtà volto a stimolare la straordinaria forza d’animo di Griselda. Questo potenziamento del personaggio di Gualtieri, assieme alle digressioni esplicative (che di fatto rendono le azioni del marchese meno “matte” di ciò che all’apparenza potrebbero sembrare) e alla dichiarazione finale a Griselda del proprio amore, sono forse gli aspetti di maggior spicco della riscrittura12.

Il personaggio di Griselda presenta, sia nella novella di Boccaccio che nella riscrittura petrarchesca, una caratterizzazione bidimensionale e un atteggiamento passivo: accetta silenziosamente ogni tipo di situazione e ogni genere di prova cui Gualtieri la sottopone, restando fedele alla promessa, a lei imposta in occasione delle nozze, di accettare senza riserve ogni decisione del marito. Il discorso piu articolato si ha nella fase finale del racconto (di Boccaccio come di Petrarca), quando Griselda invoca clemenza nei confronti della “nuova moglie” di Gualtieri (in realtà figlia di entrambi, a lei fatta credere morta) nel nobile tentativo di schermare la giovane donna dai dolori da lei stessa patiti. Petrarca aggiunge però alla caratterizzazione del personaggio un elemento singolare: Griselda sostituisce Gualtieri negli affari di governo quando il marito è assente. Le capacità della donna sono, in questo senso, eccezionali; sono, anzi, quasi dono del cielo, perché contraddistinte da maturità ed equanimità rare:

Neque vero solers sponsa muliebria tantum ac domestica, sed ubi res posceret, publica etiam obibat officia, viro absente, lites patrie nobiliumque discordias dirimens atque componens tam gravibus responsis tantaque maturitate et iudirii equitate, ut omnes ad salutem publicam demissam celo feminam predicarent.

«Non in casa illa pastoria sed in aula imperatoria educata atque edocta videretur», dice Petrarca, a conferma che le apparenze, l’umiltà di nascita e il sesso, nascondevano in realtà un animo dotato di grande virtù. Il contegno incrollabile della sposa, anche in seguito all’inganno dell’uccisione dei figli, è tale da indurre Gualtieri a pensare che l’amore materno alberghi nel cuore della donna. Ma, come

10 Cipollone 2018, p. 226.

11 Cfr. Martellotti 1983, pp. 192-99. 12 Cipollone 2018, p.229.

Laura Antonella Piras, L’epistolario di Petrarca fra ars poetica e interpretazione, Tesi di Dottorato in Lingue, Letterature e Culture dell’età Moderna e Contemporanea (XXXI ciclo), Dipartimento di Scienze Umanistiche e Sociali, Università degli Studi di Sassari.

osserva Cipollone, il comportamento di Griselda poco ha a che fare con la maternità e molto, invece, con l’esercizio della costanza. Per la studiosa la sua fermezza si spiega bene attraverso la descrizione nel De remediis dell’individuo che si fa guidare da virtù:

Maximum argumentum male se habentis animi, fluctuatio est. Ut enim corpus egrum sepe thoro volvitur, sic eger animus consiliis agitatur; de quo vix ulla michi spes salutis; parumque abest, quin melius sperem de homine vitiis pertinaciter inherente, qui si conversus fuerit ad virtutes, in his forsitan constans erit, quam de homine vario, nullis se consiliis applicante, qui, etsi aliquid boni inceperit, non consistet, neque perseverabis, indocilis stare. Et fieri potest ut de hoc intelligere liceat Senece illud obscurum quod “tota vita elabitur aliud agentibus”. Modo enim hoc, modo illud agentes, numquam idem, semper aliud, agere sunt dicendi; quamvis et alios sensus locus ille recipiat13.

Nell’ambito delle numerose differenze tra la versione di Boccaccio e quella di Petrarca, assume particolare rilevanza il rituale della svestizione di Griselda e il significato che assume la rappresentazione del corpo nudo. Nel Decameron, quando Gualtieri chiede la mano di Griselda e la ottiene, esce dall’umile casa in cui vivevano padre e figlia e, di fronte a tutti, fa in modo che la futura moglie venga spogliata di fronte a tutti: «allora Gualtieri, presala per mano, la menò fuori e in presenza di tutta la sua compagnia e d’ogni altra persona la fece spogliare ignuda»14. Nella versione petrarchesca, invece, la svestizione avviene di fronte ad un pubblico di sole donne, in segno di rispetto per il senso di pudore della giovinetta. Petrarca unisce nella stessa frase il denudamento e la vestizione, mettendo ben in risalto l’esclusiva presenza delle “matrone”, mentre l’autore del Decameron tiene distinti i due momenti: «e fattisi quegli vestimenti che fatti aveva fare, prestamente la fece vestiree calzare e sopra i suoi capelli, così scarmigliati come erano, le fece mettere una corona, e appresso questo, maravigliandosi ogn’uomo di questa cosa, disse: “Signori costei è colei la quale io intendo che mia moglie sia, dove elle me voglia per marito”»15). Nel testo latino invece viene accentuato lo stato miserevole della fanciulla: non solo i capelli sono spettinati, anche le vesti sono lacere e l’aspetto sgraziato. Sia Chaucher, sia Mesnagier, sia Christine de Pizan pudicamente nascondono la nudità di Griselda ai vassalli. Il denudamento clamorosamente pubblico riappare in una versione francese in versi del Quattrocento Li roumans du Marquis de Seluces et de sa femme Grisilidys16. Come afferma lo stesso Boccaccio, per bocca di Dioneo, il Marchese sottopone Griselda a prove ingiuste e umilianti e costituisce un exemplum negativo da non seguire e da non lodare («per ciò che gran peccato fu che a costui [Gualtieri] ben n’avenisse»); per Boccaccio, Griselda avrebbe dovuto vendicarsi e farsi «scuotere il pilliccione» da qualcun altro, rendendo pan per focaccia.

13 De remediis, II 75. Cfr. Cipollone 2008, pp. 234-235. 14 Decameron X 10, 1237.

15 Decameron, X 10, 1237

16 (Cfr. su tutto questo Angeli, pp. 73-76; sulle diversità fra la versione di Boccaccio e quella di Petrarca la bibliografia è vastissima, si vedano almeno Bessi 1989, pp. 711-726; Rossi, 1991, p. 9-25 e Martellotti 1983, pp. 179-206).

Laura Antonella Piras, L’epistolario di Petrarca fra ars poetica e interpretazione, Tesi di Dottorato in Lingue, Letterature e Culture dell’età Moderna e Contemporanea (XXXI ciclo), Dipartimento di Scienze Umanistiche e Sociali, Università degli Studi di Sassari.

Nella riscrittura petrarchesca, invece, è la fortuna a giocare un ruolo di primo piano: essa, come Petrarca scrive nel De remediis, può dare all’individuo tormenti ingiusti o umilianti, ma l’esito finale non può che essere - se i tormenti sono sopportati con virtù - una sempre «maggiore gloria»:

Aut innocentia, in tormentis, aut iustitia te ipsum consolare. Nam si iniuste torqueris, gaudendum est: experimentum tibi atque aliis, et fulgor quidam tue virtutis accesserit attractati ac sublati; fragrantior ac notior fama erit. Ut bene oleant, teruntur aromata; et pulcherrima rerum, ne lateant, attolluntur. Sin id iuste peteris, acquiesce remedio: et concrete sordes flammis aut asperitatibus eluuntur, et magni mali medicina tristior sit oportet. Quem morborum tedet, amara non respuat. Quem scelerum penitet, supplicia non recuset17.

La fama di Griselda è destinata veramente a durare a lungo. Durante il Rinascimento la storia di Griselda, fanciulla umile, paziente, ma soprattutto obbediente e fedele fino allo stremo, viene percepita come elemento indispensabile per la formazione delle future spose, tanto da essere inserita nei manuali di economia domestica indirizzati alle giovani mogli e nei trattati dedicati all’educazione delle fanciulle18. La riscrittura di Petrarca sarà inoltre alla base del duplice percorso (latino e volgare) intrapreso dalla narrativa breve durante gli anni successivi.

Fra Quattrocento e Cinquecento gli umanisti iniziarono infatti a sperimentare nuove forme di narrativa19, e per realizzare le loro riscritture di novelle volgari presero spunto proprio dalla proposta lanciata da Petrarca di riscrivere in latino la novella in volgare di Boccaccio e di inserirla nelle maglie della riflessione umanistica. La riscrittura petrarchesca verrà a lungo imitata dagli autori dei periodi successivi, che si misureranno sempre più volentieri con la narrazione in latino di argomento storico e pedagogico. Il De insigni obedientia et fide uxoria di Petrarca costituì, per tutto il Quattrocento e fino al Cinquecento20, un modello di narratio, non solo per la forma scelta da Petrarca (un corpus di lettere che contiene una novella), ma anche e soprattutto per le riflessioni in essa contenute.

17 De remediis, II 65. 18 Angeli, p. 72.

19 A partire dal Quattrocento, grazie alla rielaborazione di un materiale di scavo umanistico sempre più vasto, che riporta all’attenzione storie antiche, esemplari, leggendarie, fiabesche si sviluppano nuovi microgeneri narrativi. Nascono nuove raccolte di “istorie” e di “novelle” che vanno ad aggiungersi alla costellazione del Decameron, modello assoluto per tutti i nuovi narratori. Le forme di narrativa breve, tra volgare e latino, sviluppano diversi sottogeneri, rispetto al genere- novella codificato da Boccaccio, con caratteristiche formali e stilistiche del tutto differenti: da una parte, la facezia, molto simile alla novella in volgare. Si pensi alla raccolta di fatti inconsueti, scritti in latino e raccolti nel suo Liber facetiarum, (1438-1452) da Poggio Bracciolini o alle Facezie, (1466-1471) di Ludovico Carbone; dall’altra invece abbiamo la riscrittura latina delle novelle del Decameron su imitazione petrarchesca (si pensi a Leonardo Bruni, e a Filippo Beroaldo, e a Matteo Bandello –; le novelle umanistiche a sfondo storico – Giovanni Conversini o Bartolomeo Facio); la novella tragica, in forma di epistola latina del Piccolomini; le novelle elegiache o storiche o comiche di “beffa”, scritte in volgare e senza cornice, cosiddette “spicciolate” di area fiorentina (tra le altre: il Grasso Legnaiuolo, Bianco Alfani, Lisetta

Levaldini o la Novella di un Piovano); il cantare novellistico (come il Geta e Birria, composto a Firenze all’inizio del

Quattrocento); la novella utile al dialogo e alla conversazione che confluisce in macrostrutture molto diverse dalla semplice raccolta antologica di novelle, come ad esempio il trattato latino – come il De Sermone di Giovanni Pontano, 1498 – o le novelle incastonate in una sorta di romanzo filosofico, come nel caso del Paradiso degli Alberti di Giovanni Gherardi da Prato (databile al terzo decennio del XV secolo).

Laura Antonella Piras, L’epistolario di Petrarca fra ars poetica e interpretazione, Tesi di Dottorato in Lingue, Letterature e Culture dell’età Moderna e Contemporanea (XXXI ciclo), Dipartimento di Scienze Umanistiche e Sociali, Università degli Studi di Sassari.

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