Quanto detto però non vuole dimostrare che i processi partecipativi siano totalmente esauribili da un interfaccia on-line. Al contrario, ognuno di que- sti processi necessita di una “spinta” off-line. Ciò significa che anche gli stru- menti più dinamici e versatili come il web necessitano di un substrato che si svolga nei modi tradizionali. Se questo accade in tutte le dinamiche socia- li, a maggior ragione in un processo partecipativo, dove ogni azione si dovrebbe configurare sulla base di una richiesta, di un’esigenza, di un biso- gno che emerge. Il web quindi deve essere inteso come potenzialità che espande la comunicazione, che la rende più efficace e mirata.
Rispetto a Partecipa.net, dalle interviste emerge che un substrato off-line deve essere presente certo nel confronto con i cittadini, ma anche all’inter- no del progetto stesso. Ciò si traduce in termini di impiego di risorse umane e volontà politica.
Per quanto riguarda le risorse umane, le interviste hanno spesso fatto emer- gere una carenza rispetto a quanto sarebbe necessario. In modo quasi equi- parato per ogni ente partner, è rilevabile il fatto che alcuni processi on-line necessiterebbero di maggiori risorse umane, soprattutto nel caso delle risposte personalizzate, anche se il problema è individuabile in generale in tutti i processi. Il problema delle dinamiche partecipative, non solo per quanto riguarda Partecipa.net, è il fatto che esse rimangano un servizio non di base, quindi spesso depennato dalle priorità delle amministrazioni. Il rischio si accentua quando si tratta, come in questo caso, di un progetto di e-democracy, dove lo scarso investimento sulle tecnologie (e sui soggetti che le fanno funzionare) può compromettere generalmente tutto l’insieme
dei processi, anche quelli che non sono immediatamente concepiti per fun- zionare on-line.
Da un altro punto di vista, anche se molto collegato, il problema può esse- re quello del più o meno elevato interessamento dei politici di riferimento. Oltre alle problematiche di ordinaria amministrazione che si possono river- sare a lungo termine (cambio di amministrazione o di assessore, cambio di settore competente), molto può influire sul progetto l’interessamento diret- to del livello politico, soprattutto per dare impulso alla realizzazione dei pro- cessi.
Una delle questioni su cui più si è incentrato il monitoraggio riguarda i rap- porti tra gli Enti partner del progetto. Come già detto prima, ci si è posti la domanda se l’insieme degli scambi che avvengono all’interno del progetto vada a costituire una comunità di pratiche.
Gli scambi tra gli enti partner avvengono principalmente attraverso i tavoli di coordinamento, che sono importanti occasioni per un confronto “faccia a faccia”, ossia non mediato dal web. Questo tipo di incontri, oltre a permet- tere anch’esso lo scambio di informazioni utili, è necessario per discutere del progetto stesso, in modo da poter centrare gli obiettivi con maggiore precisione.
Dalle interviste è emerso che più che crearsi nuovi rapporti tra enti, si sono rafforzati quelli già esistenti precedentemente al progetto. Ciò significa che l’intero progetto riesce a innestarsi su quella che è la storia delle istituzioni, in questo caso con una specificità di interesse nei confronti dei processi par- tecipativi. Ma quello che più è rilevante in merito è l’emergere da diverse interviste del fatto che anche dove non si sono creati o consolidati scambi particolarmente intensi, si è verificata comunque una sorta di “osmosi posi- tiva” (il termine proviene da uno degli intervistati), che rende possibile la condivisione di problematiche e di esperienze tra gli stessi livelli di differen- ti enti. In un certo senso è come se lo scambio via web, che rimane virtual- mente possibile in ogni momento e sempre consultabile, creasse una situa- zione di memoria e conoscenza collettiva, nella quale i soggetti sono inte- grati anche senza avere scambi diretti o particolarmente frequenti.
Infine si rivela in generale uno scambio maggiore tra i referenti del proget- to appartenenti ai diversi Enti, piuttosto che tra i livelli politici di riferimen- to da una parte e tra i referenti e politici stessi dall’altra. Ciò suggerisce che in un tema complesso e impegnativo come quello della partecipazione sia fortemente necessario un forte contributo tecnico e organizzativo, che sap- pia però affiancarsi a una volontà politica precisa. Senza quest’ultima infat- ti i processi partecipativi rimangono aleatori. In uno dei due focus group si è analizzato in profondità questo tema. L’analisi ha delineato il bisogno di una forte delega da parte dei livelli politici nei confronti dei referenti del progetto, sostenuto certo da un interessamento politico nei confronti della connessione tra amministrazioni e cittadini. L’ago della bilancia risulta però
spesso spostato eccessivamente su una delega disinteressata, e questo crea processi partecipativi privi di un’interfaccia politica che raccolga in ultima istanza il lavoro svolto. Tornando alla questione delle comunità di pratica, la mappatura qualitativa delle relazioni inter e intra istituzionali evidenzia come i soggetti coinvolti nel progetto provengano da diversi settori (tra i quali comunicazione, urbanistica, ambiente, partecipazione, ecc). Si disegna quindi una rete molto variegata tra vari settori e uffici, spesso però senza che vi sia una comunicazione costante o intensa. A mio avviso diventa dif- ficile parlare in questo caso di comunità di pratiche, dal momento che i compiti vengono suddivisi a seconda delle competenze piuttosto che ana- lizzati in gruppo. Si tratta più che altro di reti e nodi che sviluppano diffe- renti competenze, le quali vengono fortemente condivise e rimodellate, e che lavorano per obiettivi simili, ma non identici. Va tenuto presente infatti che l’obiettivo finale non può essere – o non può essere esclusivamente – quello programmato dallo stesso progetto Partecipa.net, ma si tratta invece di un potenziamento di percorsi per il raggiungimento di obiettivi peculiari e specifici per ogni ente coinvolto.