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La Seconda Guerra mondiale viene vissuta da Bachi dalla Palestina. Non più giovane, si trova a dover fronteggiare una sfida che richiede coraggio e tenacia. Lo statistico torinese vive con immensa fede quei sette anni, imparando una nuova lingua e lasciandosi contagiare dall’entusiasmo che contraddistingue i coloni di Erez Israel.

Nel 1946 viene richiamato in Italia a ricoprire il ruolo che aveva prima del 1938, ossia quello di Professore di Economia politica presso l’Ateneo di Roma.220 Dopo la svolta autoritaria è giunta l’era della restaurazione, in cui Bachi può vedere ristabilito quell’equilibrio che aveva costruito con fatica durante tutta la sua vita privata e professionale.

È sempre ad Einaudi che Bachi comunica con grande entusiasmo nell’aprile del 1946 il suo arrivo a Milano dopo un viaggio marittimo estenuante, organizzato dal Ministero dell’Istruzione.

[…] Sono in Italia da pochissimi giorni, trascorsi fra Torino e Milano: ho provato delle impressioni molto angosciose dinanzi alle rovine e al gran perturbamento

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Dei 97 docenti espulsi nel 1938, solamente quattro risultano essere reintegrati nel loro effettivo incarico nel novembre 1946. Uno di questi è proprio Riccardo Bachi. Cfr. Ilaria Pavan, Guri Schwarz (a cura di), Gli ebrei in Italia tra persecuzione fascista e

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che risulta avvenuto nella vita civile; ma ho anche molta speranza di fronte ai sintomi così evidenti di intensa e spontanea attività politica e volontà di rinascita. Sebbene in Palestina Bachi scopra la vera essenza della sua vocazione sionista, il ritorno in Italia lo rasserena: probabilmente all’intellettuale, ormai settantenne, quella “restituzione” appare come la chiusura di un ciclo. A Roma può ritrovare anche la sua preziosa raccolta di libri, con cui ha instaurato un rapporto quasi simbiotico: “Man mano che la mia persona intellettuale sorgeva e si formava, parallelamente si formava la mia libreria”.221

In quell’universo cartaceo, l’intellettuale ritrova le proprie radici e riconosce finalmente quell’immagine di se stesso che forse negli anni si era lasciata sbiadire dagli eventi.

In Italia Bachi riscopre la sua essenza. Non rinnega l’esperienza sionista direttamente interpretata in prima persona negli anni appena passati, ma nel Belpaese ricompone i pezzi di un puzzle, in cui i tasselli riguardanti il sionismo raccontano solo una parte della sua esistenza.

Luigi Einaudi, recensendo Un sognatore del ghetto: David Lubin, ricorda un momento intimo vissuto con Bachi e lo racconta su “La Riforma Sociale”:

Conosco Bachi da tanti anni [....]. Ma la rivelazione venne improvvisa un giorno che si viaggiava insieme e il treno percorreva una regione quasi desertica. Ad una mia domanda, una dalle solite domande che noi gentili e cristiani possiamo fare, per curiosità storica, intorno ad un popolo così lontano dal nostro spirito, ecco la sua figura animarsi; la folta capigliatura e l'ampia barba dare al suo volto un aspetto messianico; e le parole fluire calde e vive nel narrare la gloria a la tenacia

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millenaria della sua gente. Perché gli ebrei sopravvivono e vivono? Perché, non gli ebrei, ma una tribù di essi sopravvive, mentre delle altre è perduta ogni traccia? Non perché quella tribù possedesse ricchezze, o fosse specialmente feconda. Anche le altre tribù ebree erano feconde e laboriose e ricche; e ciò nonostante furono assorbite dagli assiri, dai babilonesi a dai persiani e, come tanti altri popoli, scomparvero per sempre. Visse quel pugno di ebrei ai quali i profeti dissero la parola della fede, che dà volontà di vivere agli uomini. Quella parola, raccolta nel Libro e poi di nuovo, dopo l'ultima dispersione, scritta in altri pochi Libri, fu tramandata di generazione in generazione. Oggi, la parola dei profeti che parlano in nome di Dio, continua a far vivere il popolo ebraico. Non tutti gli ebrei sono tali; non lo sono quelli che si vergognano di esserlo, coloro che affettano miscredenza, che attendono solo alle cure economiche. Se l'ebraismo vivrà, la gloria sarà dei suoi sognatori e dei suoi profeti; di quelli che nell'età moderna, in cui il latino non è più la lingua parlata neppure dei dotti, e si fanno vani tentativi per creare artificialmente lingue universali, riuscirono a ricreare la lingua ebraica antica della Bibbia ed a farla lingua nuovamente parlata, parlata nelle case e nelle piazze palestinesi, dagli ebrei moderni. Il volto dell'amico che diceva le ragioni della persistenza millenaria dalla sua gente, trascolorava, in quel panorama di deserto, all'immagine del profeta inspirato, e sulle mie labbra la mera curiosità storica moriva, superata dalla comprensione della potestà sovrana dall'idea, dell'idea sentita e voluta, nel plasmare i destini del mondo.

In questo passaggio possiamo ritrovare la profonda dedizione di Bachi all’ebraismo, che è un elemento distintivo della sua vita.

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Al suo ritorno in Italia, Bachi ha più di settanta anni e porta con sé i segni di una malattia incurabile. Eppure, riprende l’insegnamento e attorno a lui si crea nuovamente un clima di entusiasmo ed appassionato interesse che i “nuovi discepoli” non mancano di dimostrargli.222

Nel 1947 Bachi riprende anche la direzione della elaborazione degli indici del mercato finanziario pubblicati su “La Rassegna dell’Associazione bancaria italiana”, ritornando agli standard metodologici dell’anteguerra.

Nello stesso anno viene richiamato dall’Accademia dei Lincei per diventarne socio nazionale. In La dottrina sulla dinamicità delle città secondo Giovanni Botero e secondo Simone Luzzatto, parla con appassionato vigore davanti ad un convivio di intellettuali, suoi colleghi, di quella ricerca che da anni catalizza la sua attenzione circa la storia millenaria di Israele e del suo popolo.

Il 16 gennaio 1951 Riccardo Bachi muore a Roma. Al suo fianco c’è la moglie Clelia, figura cruciale della sua esistenza.

Potremmo usare come suggello del ritratto delineato in queste pagine, potrebbe bastare citare lo stesso Bachi che scrive:

Grande importanza avrebbe per un singolo individuo una ricerca (non statistica!) su quelle che si potrebbero designare le eredità non economiche date e ricevute da altri lungo la vita… L’uomo, giunto verso la fine del suo percorso lungo il sentiero della vita, voltandosi indietro, avrebbe la sensazione della gratitudine ad altri con i quali gli è avvenuto di camminare a fianco, che gli hanno recato luce e

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bene ed hanno contribuito a rendere migliore, più elevato, più sano l’andamento della vita; ed anche avrebbe la sensazione, la speranza, il conforto, di avere attenuato similmente per qualche altro le asperità.223

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Capitolo VII