Nelle linee programmatiche il Dirigente non può non sottolineare l’e‐ sigenza di innovazione delle pratiche d’insegnamento verso modelli orientati allo sviluppo di ambienti di apprendimento attivi, laborato‐ riali e cooperativi. Occorre rivisitare la progettazione didattica attra‐ verso la valorizzazione di metodologie attive, individualizzate e per‐ sonalizzate; situazione di apprendimento collaborativo; modalità di apprendimento per problem solving, ricerca, esplorazione e scoperta. Quindi la riqualificazione degli spazi di apprendimento riguarda la dimensione materiale e organizzativa (gestione degli spazi, delle attrez‐ zature, degli orari e dei tempi). Pertanto è necessario considerare l’am‐ biente fisico e tecnico come uno “strumento” al servizio del docente. Si devono così riconfigurare le architetture interne, proponendo una con‐ cezione dello spazio differente dal modello di organizzazione didat‐ tica rimasta ancora ancorata alla centralità della lezione frontale. Le nuove Linee Guida finalmente propongono e prevedono spazi modu‐ lari, ambienti flessibili e plastici funzionali ai sistemi d’insegnamento e apprendimento anche più avanzati. Diverse sono le possibili soluzioni organizzative, si potrebbe pensare di allestire “un’aula non aula”
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come luogo multifunzionale di studio, di incontro, di scambio e di costruzione del sapere. Luce, Colore e Forma sono efficaci e fonda‐ mentali strumenti di progettazione degli spazi, fattori determinanti dell’ergonomia visiva e sono in grado di produrre i loro benefici effetti nelle diverse fasce d’età. Il colore, se opportunamente studiato e scelto nella giusta tonalità, luminosità e saturazione, favorisce il benessere e la percezione degli spazi, comunicandone utilizzazioni e funzionalità. Si potrebbe provare a classificare le aree scolastiche in base all’utilizzo che ne deve essere fatto e ai colori che più di altri sarebbe auspicabile utilizzare. (Ins. Donatella Taussi)
Idea progettuale architettonica
In qualità di Responsabile del Servizio Prevenzione e Protezione all’I.C. Nazareth dal 2002 si è assistito all’evoluzione ed al cambia‐ mento che ha coinvolto l’intero comparto del mondo della scuola che ha reso le attività scolastiche più composite e articolate anche perché gli alunni, più esigenti e motivati, chiedono alla scuola stessa di essere al passo con i processi di evoluzione dei mezzi di comuni‐ cazione digitale e interattiva in uso anche nel tempo libero. A tale cambiamento non è corrisposta l’evoluzione dell’architettura degli ambienti che ancora accolgono attività e vita scolastica. Il patrimo‐ nio di edilizia scolastica nella maggioranza dei casi è stato costru‐ ito a metà degli anni ’60 – ’70, con strutture in muratura portante, mista o in c.a. che rendono gli ambienti ampi e spaziosi nonché monumentali, ma per nulla flessibili. I fabbricati di recente costru‐ zione, invece, seppur suscettibili di alcune modifiche, per l’apparato normativo vigente complesso che non obbliga l’ente proprietario a condividere un percorso di progettazione architettonica parteci‐ pata con i destinatari del progetto di riqualificazione stesso, si pre‐ sentano solo modificati da interventi di sicurezza e adeguamento impiantistico trascurando i processi di rinnovamento in atto tesi a migliorare l’apprendimento.
I fabbricati oggetto della sperimentazione progettuale sono due piccoli edifici molto vicini ma divisi da recinzioni. È presente un dislivello orografico di circa 3 metri tra i due edifici. Il territorio circostante è caratterizzato dalla permanenza di un paesaggio agra‐ rio con la presenza di diverse masserie e architetture rurali; con
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il passare del tempo un fitto tessuto edilizio, costituito da piccoli palazzetti, da ville con giardini ornamentali e da villini picco‐ lo‐borghesi, si è stratificato integrando alle diverse tipologie edili‐ zie altrettanti eterogenei strati sociali organizzati per microcosmi. Un ulteriore fattore di carattere storico‐urbanistico consiste nella separazione generata nei secoli dalla presenza del Muro Finanziere con la Dogana di Cappella Cangiani in questa parte alta della città. Questa divisione è permanente e per molti versi non è stata ancora risolta dal punto di vista sociale rimanendo radicata negli usi e nelle tradizioni e risultando ancora elemento di separazione del territorio di frangia urbana.
I bambini che frequentano i primi tre gradi di scuola esprimono un forte bisogno di socializzazione, libertà, esperienze sensoriali e contatto con “l’esterno”; il percorso scolastico, dunque, influirà direttamente sullo sviluppo psicosociale e professionale dell’indi‐ viduo “bambino” e, come emerge dalle loro stesse testimonianze, molte esperienze sono decisive per la scelta del percorso di vita del loro futuro. In questa fascia di età è molto importante offrire all’a‐ lunno strumenti che non riescono a ricevere nel contesto familiare, sia nel caso di famiglie socialmente deboli, sia di famiglie che invece hanno una salda formazione culturale e professionale. Per l’espe‐ rienza di architettura partecipata nel corso ECD i due piccoli fab‐ bricati in questione non sono flessibili, non agevolano la partecipa‐ zione tra diverse classi, non è possibile lavorare in gruppi e, infine, la mancanza di aree esterne e giardini non consente lo svolgimento di ulteriori attività didattiche all’aperto e il coinvolgimento delle famiglie e della comunità.
Il primo manufatto è un prefabbricato, realizzato per un utilizzo temporaneo in epoca post terremoto, non è stato ancora dismesso; è un unico livello composto da sei aule posizionate ai due lati. L’ampio vano centrale destinato in origine ad atrio e alle attività didattiche di inter‐ciclo è stato successivamente occupato da un’ulteriore aula che ha determinato la realizzazione di un lungo ed angusto corri‐ doio per il disimpegno di una singola aula che è, di conseguenza, risultata del tutto isolata dalle altre. Lo spazio esterno, del tutto privo di aree verdi è pavimentato con mattoni in cemento.
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L’altro edificio, di dimensioni più ridotte, è di due livelli fuori terra ma al momento è in uso alla scuola solo il primo piano. L’articolazione funzionale degli spazi del piano in uso alla scuola è composta da sei aule destinate alla didattica e dalla piccola sala dei professori servite dal corridoio a sviluppo lineare. Anche questo piccolo edificio non ha aree esterne destinate a giardino se non due aiuole. Sul fronte oppo‐ sto un piccolo ingresso porticato con cancello sulla strada permette il collegamento al piano in uso per la didattica. La tipologia edilizia del piano terra è come quella del piano superiore.
Negli anni le classi ospitate in questi fabbricati hanno avuto tutte le stesse difficoltà: mancanza di spazi laboratoriali e collettivi. Gli alunni sono costretti a vivere sempre negli stessi spazi per il tempo scolastico ed extra scolastico, con poche possibilità di avere libertà di azione e di lavorare con altre classi.
I due fabbricati, per l’organizzazione planimetrica, possono essere messi in connessione così da poter offrire agli alunni l’utilizzo di spazi esterni, di interni flessibili e polivalenti e di laboratori.
La tipologia strutturale del prefabbricato pesante non consente l’apertura di vani nelle pareti e quindi sarebbe più opportuno desti‐ nare tale edificio alle attività extra curriculari e laboratoriali, oltre che per una didattica inclusiva in cui tutte le classi siano coinvolte in uno stesso progetto.
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Il principio compositivo consiste nel liberare l’ampio spazio dell’a‐ trio/inter‐ciclo per fargli riacquistare un senso di centralità tale che possa ospitare un teatro. La pavimentazione prevista dal progetto è del tipo anti‐trauma; le aule di un lato sono destinate a spogliatoi ed una per attività contemplative/di riflessione sia per gli alunni che per gli insegnanti. Le aule del lato opposto sono destinate, invece, a labo‐ ratori per attività di ricerca. Anche per lo spazio esterno la proposta prevede l’impiego della pavimentazione del tipo anti‐trauma per le attività motorie all’aperto. Quest’ultima area esterna è messa in comu‐ nicazione con l’altro cortile scolastico attraverso una scala. Il progetto prevede, inoltre, per il secondo cortile più ampio, un’area trasformata in orti didattici e per la parte rimanente è prevista un ulteriore spazio per le attività ludiche all’esterno. Le classi del fabbricato lineare avreb‐ bero, in parte, un allestimento flessibile per favorire gli accorpamenti delle aule attraverso l’impiego di pannelli mobili in sostituzione delle attuali pareti divisorie.
Conclusioni
L’entusiasmo con cui un dirigente scolastico guarda agli sviluppi di questi studi e alla loro applicazione sul campo deve essere, però, senza alcuna polemica, ma solo per coerenza, affiancato ad una constatazione realistica. Il rischio in cui si incorre molto facilmente quando si per‐ segue un obiettivo dal forte carattere innovativo, e nel caso specifico l’applicazione dell’ECD, è quello di considerare tali interventi utopici.
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Lo stato attuale dell’edilizia scolastica, infatti, mostra gravi carenze in termini di sicurezza per interventi di somma urgenza che si verificano frequentemente.
I dirigenti, pur non avendo poteri di spesa in merito agli interventi di ripristino o manutentivi, hanno, tuttavia, responsabilità anche di ordine penale, pertanto ogni innovazione è percepita come illusoria. Ciò detto si ribadisce che tali constatazioni non devono avere un effetto di limitazione nella programmazione di un’evoluzione delle qualità degli spazi dei luoghi dell’apprendimento. Il progetto della trasforma‐ zione degli spazi, degli arredi e delle attrezzature di un edificio sco‐ lastico potrebbe sembrare quindi effettivamente poco realistico in un momento di crisi economica conclamata che favorisce sempre “tagli” della spesa pubblica. L’applicazione sperimentale dell’ECD e dei suoi principi può trovare facile realizzabilità anche a costi limitati, mediante strategie organizzative adeguate, inoltre perché è fondata sulla moda‐ lità dell’architettura partecipata.
L’ECD rappresenta, quindi, un impulso molto importante per vei‐ colare il cambiamento e per superare le resistenze della conservazione dei principi tradizionali della scuola. L’uso di pannelli mobili ha con‐ sentito, infatti, la flessibilità dello spazio e in ampi corridoi ha permesso di implementare laboratori per attività non solo di classe. È stato possi‐ bile, inoltre, generare spazi polifunzionali che hanno favorito le attività di classi aperte e di continuità tra i vari ordini di scuola. Queste appli‐ cazioni sperimentali si sono rivelate quantomai utili e necessarie ma non sufficienti. Per l’eventuale evoluzione delle esperienze fondate sui principi dell’ECD si auspica in futuro che siano istituiti più frequenti tavoli tematici ed operativi con docenti formatori esperti in campi spe‐ cifici ed eterogenei così come accaduto nel corso dell’ECD.