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Un contributo decisivo alla teoria dei giochi del secolo scorso viene dato dal sociologo e antropologo francese Roger Caillois, che nel 1958 pubblica I giochi e gli uomini. La maschera e la vertigine. Si tratta del tentativo di formulare una tassonomia in grado di abbracciare qualsiasi gioco dell’umanità, all’interno di un sistema che Marguerite Yourcenar definisce come piattaforma girevole dei giochi1. Tale piattaforma è mutevole proprio perché i vari caratteri dei giochi possono scivolare continuamente l’uno nell’altro; le forme che assumono cambiano di tonalità, in un intreccio temporale e storico di elementi di volta in volta dominanti o sommersi. Nonostante Caillois possa vantare una certa esperienza nell’utilizzo di una metodologia sociologica efficace, di fronte al mondo sfuggente dei giochi egli denuncia, nella premessa, la necessità di ricorrere ad un approccio a tratti approssimativo, a causa della natura dell’oggetto. Come il suo predecessore Huizinga, anche Caillois considera la rilevanza delle attività ludiche nel processo di evoluzione socioculturale dell’uomo, ma con delle differenze sostanziali: qui il gioco non viene interpretato come elemento culturale, ma piuttosto come uno specchio dell’evoluzione umana, come un riflesso. Di conseguenza giochi e giocattoli sono considerati residui culturali fondamentali, facilmente leggibili per interpretare le mutazioni socioculturali in atto tra un’epoca e l’altra.

«Lo spirito di gioco è essenziale alla cultura, ma giochi e giocattoli, nel corso della storia, sono effettivamente i residui della cultura».

(R. Caillois, I Giochi e gli Uomini. La maschera e la Vertigine, p.77) Caillois senza dubbio fa riferimento anche a Benveniste e alla sua

1. Termine utilizzato in occasione di un suo discorso commemorativo del 1981, tradotto come postfazione a R. Caillois, Babele, Marietti, Genova 1983.

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definizione di gioco come struttura: riconosce infatti che quelle attività ludiche che, in passato, godevano di significati politici o religiosi, nel momento in cui vengono svuotate dei relativi significati diventano banali giochi, mere strutture residuali. Per questo definisce il gioco come un “residuato” delle culture precedenti, a differenza di Huizinga, che lo pone sullo stesso piano della cultura. Il gioco non è più qualcosa di intrinseco ad essa, ma ne è una conseguenza.

«Tutto avrebbe dunque origine dal gioco? ci si domanda richiudendo Homo ludens. […] In un caso, i giochi sono sistematicamente presentati come altrettante degradazioni di quelle attività adulte che, avendo perso la loro vera portata, decadono a livello di distrazioni anodine. Nell’altro, lo spirito ludico è all’origine delle convenzioni feconde che permettono lo sviluppo delle culture».

(R. Caillois, I Giochi e gli Uomini. La maschera e la Vertigine, p.76) Un punto di convergenza con la teoria di Huizinga sta però nel fatto che entrambi definiscano la presenza di una regolamentazione in qualsiasi gioco, anche se Caillois sostiene che l’umanità abbia sperimentato forme ludiche più libere ed altre più regolamentate: su questa assunzione si basa la suddivisione fondamentale, che attraversa tutto il testo, tra Paidia (la fantasia, l’improvvisazione, il “come se”) e

Ludus (il “serio” e regolamentato tentativo di superare ostacoli).

Anche Caillois, come Huizinga, cerca inizialmente di stilare un elenco di caratteristiche descrittive dei giochi: ogni attività ludica coinvolge completamente chi vi si cimenta, è libera ma anche regolamentata, è caratterizzata da esiti imprevedibili, è distaccata dalla realtà ed è fine a se stessa. Di seguito l’elenco riportato nel primo capitolo della trattazione, che descrive il gioco come un’attività:

• libera, dal momento che non è possibile imporre a qualcuno di

giocare e lo si può fare sempre e solo per una scelta volontaria;

• incerta, poiché non è possibile prevederne a priori gli sviluppi.

Qualsiasi partita a carte sarà diversa dalla precedente. E

l’incertezza è un elemento fondamentale nel rendere significativa CAILLOIS

87 l’esperienza del giocatore, che altrimenti si sentirebbe una pedina in balia degli eventi;

• separata, giacché il gioco ha una spazialità e temporalità

proprie, stabilite dai giocatori. Caillois insisterà sulla necessità di rinforzare le barriere del gioco per evitarne le possibili degenerazioni verso la vita reale;

• improduttiva. Il gioco non produce mai ricchezza. Persino i giochi

d’azzardo si riassumono in un semplice spostamento di beni da un giocatore all’altro;

• regolata. Caratteristica in apparente contraddizione con la libertà

del gioco. Talvolta le regole sono più o meno esplicite, ma sono sempre presenti e necessarie allo svolgimento del gioco;

• fittizia, come la realtà in cui entriamo per poter evadere dalla

vita reale, di tutti i giorni. Le conseguenze del gioco non hanno ricadute sulla vita reale, fatta eccezione per le sue degenerazioni. In questo modo il gioco può arrivare a configurarsi come una palestra di vita, un incubatore dove imparare ad affrontare la vita reale.

Date queste premesse, Caillois opera quindi uno sforzo incredibile di classificazione di tutti i giochi all’interno di quattro essenziali categorie; questa operazione dà vita ad una tassonomia in grado di rappresentare schematicamente qualsiasi attività ludica umana, a seconda dell’atteggiamento dei giocatori che vi si applicano. Pier Aldo Rovatti definisce questa carta a quattro colori una quadrettatura2, ai cui vertici si pongono Agon, Alea, Mimicry e Ilinx.à:

• Agon è la competizione, la sfida tra partecipanti che mettono in

campo abilità sia fisiche sia mentali. Affinché sussista il gioco, entrambe le parti devono avere una possibilità di vincere.

• Alea (l’immagine dei dadi) rappresenta invece il gioco d’azzardo

o di fortuna, prefigurando una connessione tra l’individuo e la sorte. La categoria racchiude quei giochi in cui bisogna sfidare il destino e in cui la componente prevalente è dunque

2. P. A. Rovatti, Il gioco di Wittgenstein, in aut aut 337, marzo 2008, p. 67.

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il caso, insieme all’incertezza e all’impotenza ad esso connesse. Il soggetto che gioca non ha qui né colpa né merito in caso di vincita o di sconfitta.

• Mimicry, la maschera, il simulacro: questa categoria include i

giochi di immedesimazione, la cui unica regola, a seconda del ruolo, è di affascinare lo spettatore da un lato o di credere alla rappresentazione dall’altro. Si tratta di giochi di personificazione, di imitazione, di immaginazione in cui i giocatori si mettono nei panni dell’altro.

• Ilinx, (dal greco vortice) rappresenta infine il gioco di vertigine

e di puro godimento, quello che alterare la percezione, che si spinge al limite in cerca di una sensazione di ebrezza.

Appartengono a questa categoria le montagne russe, il girotondo e l’altalena, che portano ad una perdita della percezione

corporea.

In ciascuna delle quattro divisioni sono tuttavia riscontrabili, in diverse proporzioni, le due anime che appartengono a tutti giochi: il

ludus, componente più matura e legata alla competizione, e la paidia,

componente più infantile, connessa al movimento rapido e sfrenato. In particolare, secondo la tesi di Caillois, le società contemporanee sarebbero caratterizzata più che altro da Agon e Alea (azzardo e di competizione), ovvero da giochi in cui la componente del ludus è maggiore, a dimostrazione di un’evoluzione culturale rispetto alle società primitive, in cui sono dominanti invece la rappresentazione (Mimicry) e la vertigine (Ilinx), ovvero pratiche che tendono alla paidia. È chiaro che la vasta gamma dei giochi possibili non può esaurirsi all’interno delle quattro categorie di per sé: sono pertanto possibili degli incroci tra categorie, ovvero giochi che presentino sia una componente di agon che di alea, o in cui necessariamente ad un tratto faccia irruzione la maschera, o il rischio. Per tale motivo la metafora della piattaforma girevole si rivela particolarmente calzante, rafforzando l’idea di una complessità che muta, riconducendosi sì alle quattro categorie iniziali, ma in proporzioni variabili a seconda del gioco CAILLOIS

89 in oggetto. In altre parole il gioco non è uno, stabile e monolitico, ma esistono tanti giochi e tanti modi di giocare. Caillois pluralizza la nozione, affermano che non possa esistere una definizione unica del gioco, come sosteneva invece Huizinga, ed elaborando una topografia, non esaustiva ma necessaria e utile.

All’agonismo dei giochi Caillois affianca dunque anche il rischio, la simulazione e l’affidamento alla sorte: attraverso la sua classificazione viene annoverato a tutti gli effetti tra i giochi anche il teatro (in cui è consistente soprattutto il gioco di ruoli), e allo stesso modo viene riabilitato l’azzardo, da sempre combattuto e penalizzato nella cultura cristiana e non solo. Ma sul gioco d’azzardo Caillois tornerà più volte per ribadire l’importanza della regola e del suo ruolo nel mantenere intatta quella barriera tra gioco e vita reale, impedendo che si verifichino conseguenze nefaste per l’individuo, come l’alienazione, il vizio, la superstizione, il disconoscimento. La sottile membrana tra la vita vera e la realtà di gioco, quella che Erving Goffman concepisce nel saggio Encounters3, rischia di rompersi e di destabilizzare un equilibrio: la minaccia è che la realtà del gioco prenda il sopravvento ed arrivi ad avere conseguenze effettive sulla vita reale. Questo apre una evidente contraddizione rispetto a quanto Caillois stesso sostiene nell’introduzione del suo libro, in cui definisce il gioco come “un’attività priva di conseguenze sulla realtà”. Il sociologo francese ammette che la rovina economica di un giocatore d’azzardo sia reale, che sia una tangibile degenerazione dell’alea e tenta allora di definire meglio l’idea di un’attività ludica che invade la vita reale; e lo fa applicando le sue categorie a forme ludiche istituzionalizzate e integrate nella vita sociale, come la concorrenza commerciale, la speculazione in Borsa, l’etichetta, le professioni che implicano il dominio della vertigine. Di qui l’enfasi dell’autore sulla necessità di contenere la degenerazione, proteggendo quelle barriere che delimitano i giochi e che mantengono in salute la membrana di Goffman, ovvero l’equilibrio tra le due realtà. Tuttavia

3. E. Goffman, Encounters. Two Studies in the Sociology of Interaction, Penguin Universi- ty Books, Harmondsworth 1972.

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questa operazione di salvaguardia dei limiti del gioco diventa oggi inaspettatamente più ardua che in passato, come riconosce Stefano Bartezzaghi:

«Nei cinquant’anni che ci separano dalla ricerca di Caillois si sono registrati alcuni fenomeni e alcune linee di tendenza in direzione di un’uscita del gioco dalla propria dimensione di separatezza».

(S. Bartezzaghi, Il gioco infinito. Forme, linguaggi, sconfinamenti, patologie, aut aut 337/2008) Pochi anni dopo le ricerche di Caillois, Roland Barthes descriveva i giocatori di Pachinko in Giappone come avvolti in una situazione di alienazione assieme singolare e collettiva. Ciò che accade nelle sale del Pachinko e, successivamente, nelle sale giochi occidentali come quelle di Las Vegas, in cui sembra scomparire la distinzione tra giorno e notte, è che «alla norma igienica di “Un bel gioco dura

poco” si sostituisce la domanda puerile dell’”ancora”, la logica della

ripetizione meccanica» (Stefano Bartezzaghi). E l’architettura diventa spesso tristemente complice in questo processo di alienazione e di estraniamento del giocatore, contribuendo a proiettarlo in una dimensione sospesa, in un tempo e in uno spazio infiniti, che agevolano inevitabilmente la scommessa e lo sperpero di denaro. Tra gli elementi che contribuiscono alla creazione di questa

Giocatori di Pachinko al Dynam Pachinko Parlour di Honjo, a nord di Tokyo. CAILLOIS

91 ambientazione è il numero estremamente limitato di aperture verso l’esterno delle sale-giochi nei casinò, i loro percorsi labirintici, la difficoltà di accesso ad altri servizi che comporterebbero una distrazione dal gioco. Tuttavia il potere psicologico dell’architettura viene annichilito oggi di fronte alla smaterializzazione dei processi e alla comparsa di piattaforme informatiche per scommesse online. Nei decenni trascorsi dalla pubblicazione de I giochi e gli uomini la tendenza registrata sembra in direzione di un’uscita del gioco dalla propria dimensione di separatezza. Un gioco che pian piano si insinua nei territori della vita “seria”, che prima gli erano inaccessibili. Assistiamo oggi, per esempio, a fenomeni di ludicizzazione degli ambienti lavorativi, che trasformano gli uffici in luoghi accoglienti in cui anche lo svago e il gioco trovano spazio. I limiti temporali del gioco vengono stravolti perché esso è presente, come tentazione, negli strumenti di lavoro, nel computer e telefono, che accompagnano ogni momento della nostra vita quotidiana. Anche le perdite e le moltiplicazioni del sé, come fa notare Bartezzaghi, fra identità multiple, alienazioni, nuove forme di ebbrezza, giochi di simulazione e di ruolo, occupano la scena del ludico contemporaneo, e le sue degenerazioni. Entriamo e usciamo dal ludico senza più alcun cerimoniale; non siamo più in grado di stabilire dove cominci e dove finisca il gioco all’interno delle nostre vite.

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Bibliografia

S. Bartezzaghi. Il gioco infinito. Forme, linguaggi, sconfinamenti, patologie, in aut aut 337, marzo 2008, pp. 3-12.

R. Caillois, I giochi e gli uomini. La maschera e la vertigine (1958), Tascabili Bompiani, Milano 2007.

A. Candido, Il gruppo in gioco. Un sistema ludico per migliorare l’atteggiamento

prosociale all’interno dei gruppi di lavoro, tesi di laurea magistrale,

Politecnico di Milano, a.a. 2014/15.

T. Mitchell, The Psychology Behind Casino Architecture, 29 dic 2014. https://blog.casinolasvegas.com/strip/psychology-behind- casino-architecture/

R. Nesti, Frontiere attuali del gioco. Per una lettura pedagogica, Edizioni Unicopli, Milano 2012.

P. A. Rovatti, Il gioco di Wittgenstein, in aut aut 337, marzo 2008, pp. 55-74.

M. Salvador, In gioco e fuori gioco. Il ludico nella cultura e nei media

contemporanei, tesi di dottorato, Università Cattolica del Sacro Cuore,

Milano a.a. 2011/12, p. 20-25.

Elenco delle illustrazioni

Visitors play Pachinko at a Dynam pachinko parlour in Honjo, north of Tokyo, August 4, 2014. Reuters/Issei Kato. https://www. businessinsider.com/what-is-pachinko-gambling-japan-2018-7?IR=T Immagine degli interni della grande hall di un casinò di Las Vegas, Nevada. http://www.casinoonlineprova.it/news/come-uscire- vincitori-dai-casino-terrestri-15/

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- ilinx -

Les Quatre Cents Coups, François Truffaut

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