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BEHAVIOR SCALE-REVISED

1. RRB Restricted and Repetitive Behavior

La maggior parte della ricerca sui sintomi principali dei Disturbi dello spettro autistico (DSA) si è focalizzata sull’analisi della compromissione qualitativa socio- comunicativa piuttosto che sulla modalità di comportamento, di interessi ristretti, ripetitivi e stereotipati (RRB, Restricted and Repetitive Behavior).

Il limitato interesse in letteratura per questa categoria di sintomi può essere ricondotto in primo luogo alla scarsa specificità dei RRB. La ripetitività del comportamento è stata riconosciuta per molto tempo come una componente comune del disturbo mentale. Già nel 1989, Kraepelin incluse le stereotipie tra i sintomi caratteristici di ciò che chiamava dementia praecox, in seguito detta schizofrenia. I movimenti stereotipati sono inoltre presenti anche nelle fasi precoci di bambini con Sviluppo Tipico (ST) e in altre patologie, come la sindrome di Tourette, syndrome da X fragile, sindrome di Rett, malattia di Parkinson, disturbo ossessivo-compulsivo, sindrome di Down, schizofrenia, ritardo mentale e disturbi neurosensoriali quali la sordità e la cecità (Leekam et al., 2007). In secondo luogo, la presunta insorgenza più tardiva dei RRB (Cox et al., 1999;) rispetto ai deficit socio-comunicativi ne ha limitato l’utilizzo fra i sintomi da analizzare nei programmi di screening o di diagnosi precoce dei DSA. Tuttavia, altri studi sembrano non confermare tale ipotesi e indicano un coinvolgimento della terza area della triade sintomatologica dei DSA fin dai primi anni di vita: Wetherby e colleghi (Whetherby et al., 2004), inseriscono le azioni ripetitive con gli oggetti e i movimenti ripetitivi di corpo/braccia/mani tra i sintomi di allarme per un DSA nel secondo anno di vita; altri studi (Werner et al., 2005) sostengono che i comportamenti ripetitivi siano in grado di distinguere bambini con DSA da bambini con ritardo di sviluppo e da soggetti con sviluppo tipico già a 16-18 mesi; mentre Ozonoff (Ozonoff et al., 2008)

rileva una modalità atipica di esplorazione degli oggetti già nei bambini di un anno successivamente diagnosticati come DSA. Inoltre, l’estrema eterogeneità dei RRB, non solo interindividuale ma anche intraindividuale, con possibili modificazioni del pattern comportamentale nel corso della crescita, rende particolarmente difficoltosa la definizione della prevalenza e della tipologia dei RRB nei soggetti con DSA.

L’espressività dei RRB può essere condizionata oltre che dal livello cognitivo anche dall’età. È stato osservato che i movimenti stereotipati, gli interessi sensoriali ristretti sono più frequenti in bambini più piccoli (Militerni et al., 2002); viceversa le routine complesse, i comportamenti ritualistici e connessi all’immutabilità sono più comuni nei bambini più grandi (Bishop, et al., 2006; Cuccaro et al., 2003; Richler et al., 2010). Per quanto riguarda invece l’influenza che il genere esercita sui RRB, i dati sono contrastanti. Uno studio recente (Szatmari et al., 2012) ha descritto punteggi più elevati nei maschi rispetto alle femmine nell’area che valuta i comportamenti ripetitivi dell’Autism Diagnostic Interview-Revised ADI-R (Lord er al., 1994), mentre altre indagini non evidenziano differenze di genere nei RRB in bambini prescolari con DSA (Andersson, Gillberg e Miniscalco, 2013).

Altri studi (Leekam et al., 2007) hanno riscontrato che i comportamenti ristretti e ripetitivi sono comuni anche nei bambini con sviluppo tipico di 2 anni, e che a 15 mesi di vita vi è un’elevata frequenza di comportamenti ripetitivi motori, in particolare delle mani (Arnott et al., 2010). Per tale motivo è stato più volte sottolineato come, nella ricerca sui RRB nell’Autismo, sia importante considerare la presenza e la modificazione dei RRB nel corso dello sviluppo del bambino.

Di fatto ad oggi, dopo anni di ricerche, siamo giunti a nuove tecniche di misurazione che hanno fatto luce e incrementato la descrizione di tali comportamenti ristretti e ripetitivi. Inoltre la ricerca ha identificato alcuni sottotipi distintivi di tali comportamenti all’interno dello spettro autistico.

Per primo il DSM-IV (Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders), mette in evidenza l’importanza, all’interno dello spettro autistico, di tali comportamenti e ne costituisce il 3 criterio fondamentale per confermare la diagnosi di Autismo. Tali comportamenti vengono suddivisi in 4 sottotipi:

a) preoccupazione ed interessi ristretti; b) routine o rituali finalistici; c) manierismi motori ripetitivi (stereotipie); d) preoccupazione persistente per parti di oggetti.

Gli ultimi due sottotipi elencati del DSM-IV, ovvero i manierismi motori ripetitivi (stereotipie) e la persistente preoccupazione per parti di un oggetto, sono spesso

descritti insieme. Si tratta dei comportamenti ripetitivi definiti a basso livello “lower

level repetitive behaviours”. Insieme a questi vi sono i restanti sottotipi, che sono gli

interessi ristretti per attività e routine e rituali disfunzionali. Tali comportamenti

ripetitivi sono definiti ad alto livello “higher level behaviours“ (Turner 1999). Proprio

Turner (Turner, 1999) propose di distinguere i RRB in due categorie:

1) Comportamenti lower-level: caratterizzati da ripetizioni di movimenti come manipolazione ripetitiva di oggetti, movimenti stereotipati, azioni autolesive, correlati a bassi livelli di sviluppo.

2) Comportamenti maggiormente complessi o higher-level: linguaggio ripetitivo, interessi circoscritti, attaccamento agli oggetti, insistenza per il mantenimento della ripetitività, associati a livelli cognitivi più elevati e maggiormente specifici dei DSA.

I primi sono considerati molto caratteristici nei bambini più piccoli e in bambini con disabilità intellettuale o con altre disfunzioni celebrali. Molti bambini con Autismo mostrano questi tipi di comportamenti motori ripetitivi e stereotipati durante il loro sviluppo, come ad esempio movimenti di alcune delle parti del loro corpo, movimenti degli arti, dondolamenti, sfarfallamento delle mani e delle dita, picchiettare alcune parti di oggetti, far roteare un oggetto davanti agli occhi, e comportamenti autolesivi. Tali comportamenti ripetitivi spesso sono associati ad una forte componente sensoriale; infatti questa classe di comportamenti è caratterizzata dalla ricerca sia dei comportamenti ripetitivi sensoriali che motori (Lovaas, 1987). Nei secondi invece, le routine e rituali sono caratterizzati da un’insistenza alla monotonia e alla rigidità e quindi alla ripetitività (Szatmari et al.; 2006). Questa rappresenta un’originale caratteristica dell’Autismo già osservata da Kanner (Kanner,1943). Inoltre tale categoria di comportamenti include anche un’inflessibile aderenza a specifiche routine, insistenza su un particolare cibo, indossare solo certi indumenti, resistenza al cambiamento ambientale, interesse o preoccupazione per particolari oggetti, preferenze per particolari temi quali: i pianeti, numeri, o collezione di oggetti.

Il ruolo dei comportamenti ripetitivi ad oggi ha assunto un’importanza significativa, come dimostra anche il DSM-V, il quale mette al centro dell’attenzione proprio i comportamenti motori ristretti, ripetitivi e stereotipati. Senza dubbio, nel corso degli anni, la conoscenza sui comportamenti RRB nei bambini con Autismo ha fatto grandi passi in avanti, ma ancora molto deve essere chiarito riguardo la frequenza, l’età di

insorgenza e il decorso dei RRB nei DSA.

1.2 Spiegazione delle stereotipie e comportamenti ripetitivi

La caratteristica più singolare dell’Autismo è rappresentata, oltre che dalle stereotipie dei movimenti e del pensiero, dalle routine elaborate dal comportamento.

Una routine elaborata consiste in qualcosa di più di un piccolo frammento d’azione e deve comprendere sequenze lunghe e possibilmente complesse di pensieri e fissazioni. Leggiamo in una lettera di una madre (tratto da Frith, U. 1989, pp. 222):

“Non sò affatto quando siano cominciate le ossessioni di John, ma suppongo che avesse quasi 3 anni quando iniziò a imbucare qualsiasi cosa nella nostra cassetta delle lettere. Seguì presto la passione di suonare i campanelli delle case. Dai 4 ai 7 anni l’interesse maggiore fu per i lampioni delle strade. Se ne stava alla finestra a guardali accessi per tutta la notte […] Poi, quando aveva circa 6 anni, venne l’interesse per gli autobus. Naturalmente aveva la sua collezione di autobus, ma a meno che io non iniziassi un gioco venivano solo toccati.”

Ma perchè si verificano gli atti ripetitivi? Un deficit cerebrale spesso fa sì che l’organismo non sia più capace di rispondere in modo flessibile e rapido. Eppure il meccanismo mentale resta in funzione. Spesso l’attività non ha affatto una direzione e i comportamenti sembrano ripetersi all’infinito, anche nelle persone normali. Andare avanti e indietro, tamburellare, ondeggiare, rimuginare sono tutte stereotipie inutili, ma non patologiche, presenti nel repertorio di tutti gli individui. La presenza di stereotipie nelle situazioni che provocano stress ha suggerito l’ipotesi che la ripetizione di movimenti e di pensieri faccia parte di un qualche meccanismo omeostatico che controlla il livello di attivazione. La neuroscienziata Ros Ridley (1994) ha collegato la stereotipia ai comportamenti di perseverazione, perchè entrambi implicano un comportamento legato allo stimolo. La Ridley conclude che il comportamento stereotipato può essere dovuto ad un eccesso di dopoamina nei nuclei della base, mentre quello di perseverazione a livelli inadeguati di dopamina, che possono essere causati da lesioni dei lobi frontali. Tali conclusioni si adattano bene alla Teoria di Damasio e Maurer della disfunzione dopaminergica, proposta nel 1978.

Sappiamo che l’outcomes dei disordini dello sviluppo come i DSA, emerge dalla complessa interazione tra fattori comportamentali, genetici, neurobiologici, sociali e cognitivi, nel quale vi sono anche fattori casuali ed è quindi difficile isolarli singolarmente. Ad oggi stanno avendo sempre più importanza le teorie neurobiologiche, di psicologia di sviluppo e nuovi lavori clinici che cercano di spiegare le origini ed il funzionamento dei comportamenti motori ripetitivi. La spiegazione neurobiologica dei comportamenti ripetitivi è stata supportata dalla ricerca utilizzando il modello animale. In un recente studio (Lewis & Kim, 2009) è dimostrata l’importanza dei geni, ed in particolare alcune mutazioni cromosomiche nell’ambito dei disordini genetici quali: la Sindrome di Tourette, la Sindrome di Rett, la sindrome dell’X fragile, la Sindrome di Prader Willi, il disturbo Parkinsoniano. Si ritiene che l’espressione dei geni sia mediata dal circuito neuronale che costituisce i gangli della base. Infatti tale circuito include una grande quantità di geni e una mutazione, può portare alla distruzione del circuito. Sicuramente accanto ai fattori genetici vi sono anche fattori ambientali (come condizioni di deprivazione e di un ambiente rigido) che possono influire sulla presenza di comportamenti motori stereotipati. Si ritiene pertanto che una condizione ambientale favorevole, arricchita da precoci esperienze positive, possa cambiare il circuito neuronale dei gangli della base e quindi il successivo sviluppo del bambino. Sappiamo quindi, che molti bambini con gravi problemi di sviluppo, tendono a perseverare nelle loro azioni, ripetono lo stesso movimento più e più volte come se fossero intrappolati in un cerchio senza fine. Questi bambini potrebbero persistere nella perseverazione poiché essa offre loro un senso di sicurezza, oppure potrebbero perseverare in azioni ripetitive perché non riescono a sequenziare il passo successivo (ad esempio fanno andare avanti e indietro una macchinina, o girano avanti e indietro la testa ripetutamente, aprono e chiudono la porta), perciò ripetono la stessa singola azione numerose volte.