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L’indagine qualitativa ha mostrato il processo empirico attraverso il quale il consumatore si appropria del servizio e come lo consuma: comprendere come ciò avvenga nel suo habitat naturale (Shankar et al 2011) e’ il solo modo per capire le logiche di scelta e i suoi

comportamenti, alla luce delle circostanze che nei vissuti dei clienti conducono

all’acquisto, assumendo cosi’ il loro punto di vista (Christensen, Berstell e Nitterhouse; Christensen e Hall 2005).

Una volta ricostruita la spedizione d’acquisto e la pratica di consumo, il produttore deve capire come raggiungere il consumatore, in un mercato in cui il cliente guarda in prima istanza all’offerta del service provider; i brand si inseriscono in un processo in cui non sono cercati in modo diretto: per questo motivo egli dovrà considerare non un utilizzatore di prodotto ma uno shopper di servizi (Shankar et al 2011). L’azienda vende i propri beni passando attraverso le maglie della distribuzione: il tipo di settore (alimentare) e il tipo di offerta (servizi) non rendono possibili altre ipotesi di intermediazione; in contemporanea il service provider si muove in un mercato estremamente polverizzato e altamente competitivo, cercando di vendere il proprio prodotto.

Lo scenario che si tratteggia vede in gioco tre attori -il produttore, il distributore e il consumatore- il produttore cerca di vendere al consumatore finale sul mercato B2C, cosa che dovrà mettere in atto passando necessariamente per quello B2B; da parte sua il distributore vuole vendere il proprio servizio sul un mercato B2C, in cui le dinamiche competitive risultano particolarmente sfidanti; il consumatore invece è alla ricerca di un servizio, di una soluzione di consumo, della quale i prodotti compongono l’elemento principale dell’offerta del distributore ossia quella alimentare.

Il produttore deve quindi preoccuparsi di erogare la propria brand experience attraverso un processo d’acquisto e una pratica che fanno capo al servizio: per far ciò deve tener presente l’esperienza di marca.

127 La customer experience “consists of individual contact between the firm and the customer at distinct points in this experience, called touch point (TP)” (Lemon e Vehroef 2016). Essa può essere riferita ad uno specifico aspetto dell’azienda (Lemon e Vehroef 2016), quale il brand (Brakus, Schmitt, Zarantonello 2009), per cui si parlerà a proposito di brand experience.

La brand experience è un concetto che si focalizza sulla risposta del consumatore all’offerta, cosa che avviene lungo la CJ; la CJ è invece il processo utile per compiere l’acquisto, e attraverso il quale la brand experience si realizza: in sostanza, la brand experience si concretizza attraverso la CJ (Lemon e Vehroef 2016). Quanto detto mostra una netta distinzione tra i due costrutti, da considerarsi differenti e separati (Lemon e Vehroef 2016). Appare evidente che l’esperienza includa il punto di vista del consumatore, la sua reazione soggettiva (Lemke et al., 2011; Meyer e Schwager, 2007; Pine e Gilmore, 1999; Verhoef et al., 2009; Zomerdijk e Voss, 2010), mentre il processo d’acquisto sia una serie di fasi attraverso le quali acquisisce la proposta di vendita.

Per quanto detto è anche necessario individuare i touch point, poiché è attraverso di essi che si “tocca” il consumatore e si realizza la brand experience (Schmitt 2003). La loro analisi è utile per stabilire priorità e risorse, da assegnare in base all’influenza (Edelman 2010). Essi sono definibili “as episode of direct or indirect contact with the brand” (Baxendale et al 2015), in quanto alcuni possono non essere sotto il controllo diretto dell’impresa (Stein e Ramaseshan 2016; Meyer e Schwager 2007; Verhoef et al 2009; Lemon e Vehroef 2016); è un qualsiasi contatto (touch) col brand, che si verifica in diversi canali e in diversi momenti (Pantano e Viassone 2015; Zomerdijk e Voss 2010), online e offline (Baxendale et al 2015); o ancora “moment of truth” tra una qualsiasi parte dell’azienda e il consumatore (Stein e Ramaseshan 2016): le classificazioni più recenti rispecchiano queste logiche (Forrester 2009; Kotler e Keller 2015; Anderl, Schumann e Kunz; De Haan, Wiesel e Pauwels 2016 Baxendale et al 2015 Lemon e Vehroef 2016

Questo è dovuto alla tecnologia che, attraverso le piattaforme online e mobili (Heinonen e Michelsson 2009; Da Cortà 2007; Shankar et al 2011; Calder, Malthause e Maslowska 2016), ha influenzato le dinamiche d’acquisto (Shankar et al 2011), per cui i contatti con il consumatore sono sempre più numerosi e sempre meno gestiti, molteplici e imprevedibili: la raggiungibilità del target è infatti aumentata ma la complessità della CJ anche (Lemon e Vehroef 2016).

Sono cresciuti soprattutto gli episodi di contatto indiretto. Le persone hanno accesso alle informazioni in modo molto più facile attraverso la rete (Shankar et al 2011), che diventa

128 luogo per scambiare contenuti ed opinioni (Rothaermel e Sugiyamab 2001; Goldsmith e Horowitz 2006) in cui il brand è coinvolto. I consumatori non hanno più un ruolo passivo ma potenziato (Wathieu et al 2002; Pres et al 2002; Wright et al 2006; Cova e Pace 2006) ed essi stessi diventano modalità di contatto: “They can easily create their own brand-relevant, user-generated content (UGC) and distribute it to large audiences as digital, social and mobile media platforms become more common (...)” (Calder, Malthause e Maslowska 2016).

Per questo motivo è fondamentale analizzare tutti i TP, per comprenderne le potenzialità in relazione all’ubiquità delle tecnologie, con l’obiettivo di erogare contenuti appropriati nel momento giusto (Pulizzi 2014) in modo coerente ed integrato (Shankar 2011).

Essi vanno considerati in relazione alla natura del mercato e delle dinamiche della CJ. In questo caso i marchi non possono fare troppo affidamento su quelli di proprietà ma su quelli del retailer e sulle “terze parti” (Baxendale et al 2015) ossia ambienti sociali esterni -gruppo dei pari e altri clienti- (Lemon e Verhoef 2016), sia offline che online (Baxendale et al 2015) anche da mobile (Heinonen e Michelsson 2009; Da Cortà 2007; Shankar et al 2011; Calder, Malthause e Maslowska 2016).

La brand experience attraversa tutti i TP, virtuali e fisici, dall’inizio alla fine della CJ.

Il produttore dovrebbe innescare un processo dinamico e iterativo di esperienza, che includa quelle passate: un meccanismo di loyalty loop (Court et al 2009) con effetti a lungo termine al di là dell’acquisto (Lemon e Vehroef 2016)

Il modello identificato recentemente da Pellegrini (2017) guarda proprio allo sviluppo di questo meccanismo, includendo anche agli importanti effetti in termini di advocacy. Le fasi che lo compongono sono: -Awareness, Discovery, Engagement, Purchase e Use, Loyalty e Advocacy-

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Le diverse dimensioni sono così definite:

 Awareness: “is the ability for the buyer to recognize or recall that a brand is a member of a certain product category” (Aaker 1991 pag. 61) per cui è la capacità di riconoscimento e richiamo (Rossiter e Percy 1987; Keller 1993), all’interno di vari contesti e situazioni (Rossiter e Percy 1987): è la componente che indica la conoscenza della marca (Keller 1993) e fa parte della sua equity (Aaker 1991). L’Awareness deve essere creata per smuovere il consumatore in fase iniziale e spingerlo così agli step successivi (Shankar et al 2011), in particolare all’Engagement (Rosi e Pulizzi 2011);

 Discovery: è definibile come ”The acquisition of (…) knowledge” (Calder, Isaac e Malthaus 2015) in relazione al brand. È la fase di scoperta delle caratteristiche dell’offerta, proseguo fisiologico della fase di Awareness;

 Engagement è “a consumer positively valenced cognitive, emotional and behavioural branded-related activities during, or related to specific consumer/brand interaction” (Hollebeek, Glint e Brodie 2014) ed impatta sull’intenzione d’acquisto (Yoo e Duntu 2001; Hollebeek, Glint e Brodie 2014), essendo l’acquisto e il consumo una delle conseguenze dell’Engagement (Calder, Malthause e Maslowska 2016);

 Purchase e Use: quando non sono disponibili i dati di vendita è possibile utilizzare l’intenzione d’acquisto. Essa rileva “consumer differential response between a focal brand and an unbranded product when they have the same level of marketing stimuli

Discovery Engagement Loyalty

Advocacy

Purchase Use

130 and attributes” (Hollebeek, Glint e Brodie 2014). Nel caso dei servizi l’acquisto del prodotto prevede il suo utilizzo immediato e contestuale;

 Loyalty: secondo Aaker (1991) è “the attachment that a customer has to a brand” e cioè la tendenza ad essere fedeli a quello specifico brand (Yoo e Dunthu 2001) per cui si manifesta come prima scelta nell’intenzione d’acquisto (Oliver 1997);

 Advocacy: è definibile come il passaparola positivo che parte dai consumatori favorevoli a raccomandare il brand (Fullerton 2005). Il WOM ha un’importanza sempre maggiore a causa degli ambienti digitali (Pitt et al. 2002; Hagel e Singer, 1999; Wind e Rangaswamy, 2001; Prahalad e Ramaswamy 2000; Mauri e Minazzi, 2013), aspetto che ne amplifica l’impatto sull’Awareness (Reichheld 2003).

Dal momento che la brand experience viene erogata lungo la CJ, subirà delle variazioni a seconda delle peculiarità di quest’ultima. In questo caso, trattandosi di un acquisto di servizi di natura alimentare, la fase Purchase è legata a quella Use.

Attraverso l’analisi parallela dei due costrutti è possibile porre le basi per le dovute speculazioni circa il ruolo delle marche del beverage sapendo che, in uno scenario di questo tipo, il brand del prodotto e del locale agiscono in modo alternato e congiunto.

Awareness

Discovery Engagement Loyalty

Purchase & Use

131 Ma come si sovrappongono i due meccanismi?

Il locale, nelle sue manifestazioni online (sito) e offline (store), costituisce il TP privilegiato per raggiungere i consumatori, indispensabile nella fasi di Awareness e Discovery: i consumatori infatti compiono in prima istanza la scelta del locale ed è attraverso di esso che il brand del prodotto può agire; anche le “terze parti” possono essere un TP determinante, sia in rete (siti di revisioni, social network) che offline (wom e osservazione degli altri clienti), sempre all’interno di considerazioni che fanno capo al servizio; nella fase di Engagement il locale e le “terze parti” giocano un ruolo fondamentale offline (eventi e promozioni per il primo e peer group e osservazione clienti per il secondo); la fase Purchase e Use avrà luogo necessariamente instore, così come la Loyalty al brand si esprimerà necessariamente in loco, con l’acquisto ripetuto del prodotto all’interno dell’offerta del servizio; l’Advocacy infine avrà la sua manifestazione attraverso le “terze parti”, sia online che offline, a vantaggio del brand del prodotto e dell’insegna.

132 re

Sulla base dei risultati qualitativi e la relazione tra CJ, pratica di consumo e brand experience, queste le domande di ricerca:

1) il profilo del consumatore:  età;

 sesso;

 provenienza geografica;  status abitativo;

 frequenza d’acquisto.

2) elementi della pratica di consumo e customer journey:  general undestanding;

 regole esplicite;  azioni;

 fini;

 stati d’animo;

 criteri di scelta del retailer;  modalità organizzative;  spesa;

 valutazione offerta alimentare;  utilizzo touch point:

 del brand;  del retailer;  “terze parti”. Engagement Loyalty Brand Awareness Retail Retail Terze parti Terze parti Retail Brand Brand Brand Retail Terze parti Offline Terze parti Online Brand Offline Online Retail Terze parti Offline Offline Online Online Discovery Purchase &Use Advocacy Brand Retail Terze parti Online Offline Offline Online

133 3) le dimensioni della brand experience:

 Awareness;  Discovery

 Engagement (cognitive, activation, affection);  Purchase;

 Loyalty;  Advocacy;

4) segmentazione dei consumatori sulla base della brand experience; 5) capacità mediazionale delle dimensioni della brand experience:

 Awareness;  Discovery;  Engagement;  Loyalty;  Advocacy.

6) relazione tra le dimensioni della brand experience:  Awareness impatta su Discovery;

 Discovery impatta su Engagement;  Engagement impatta su Purchase;  Purchase impatta su Loyalty;  Loyalty impatta su Advocacy;

7) grado di associazione tra le dimensioni finali e iniziali della brand experience:  tra Loyalty e Awareness;

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6 Analisi quantitativa

L’obiettivo di questo capitolo è indagare il ruolo del brand che, attraverso l’esperienza, è attivo lungo la CJ e nella pratica di consumo.

La prima parte mostra le caratteristiche anagrafiche dei soggetti, la pratica di consumo, i criteri di scelta del retailer, la valutazione delle caratteristiche dell’offerta, le modalità di raccolta informazioni e di organizzazione, nonché la disponibilità a spendere e l’utilizzo dei touch point online e offline del produttore, del locale e delle “terze parti”.

La seconda parte rileva le dimensioni che costituiscono la brand experience -Awareness, Discovery, Engagement, Purchase, Loyalty e Advocacy-.

La terza parte si focalizza sull’individuazione di segmenti di consumatori connotati attraverso le suddette dimensioni.

La quarta parte studia la capacità mediazionale di ogni costrutto tra la fase precedente e quella successiva.

Infine viene valutata la brand experience nella sua interezza attraverso la Path Analysis; contemporaneamente è stato misurato il grado di associazione tra le variabili finali e iniziali del percorso esperienziale.