PIERO GENOVESI
ISPRA e Chair dell’IUCN SSC Invasive Species Specialist Group
Le invasioni biologiche, cioè l’introduzione – intenzionale o accidentale - da parte dell’uomo di piante ed animali al di fuori del loro areale naturale, rappresentano una crescente minaccia alla biodiversità, seconda solo alla distruzione degli habitat (Millenium Ecosystem Assessment, 2005). Le specie alloctone invasive – cioè quelle specie introdotte che minacciano le specie autoctone o gli habitat - determinano un rilevante impatto sulla biodiversità globale, rappresentando la principale causa di estinzioni di specie animali negli ultimi secoli, minacciando direttamente circa uno su cinque dei vertebrati in pericolo di estinzione su scala globale, e determinando alterazioni profonde degli ecosistemi da cui dipendiamo. Anche i costi economici di questo fenomeno sono particolarmente rilevanti: in Europa si stima infatti che le specie invasive determinino perdite per
oltre 12 miliardi di Euro l’anno (Kettunen et al.,2009).
Le invasioni biologiche non sono un fenomeno recente, perché sono millenni che l’uomo trasporta e commercia specie alloctone. Tuttavia, l’andamento delle invasioni ha subito negli ultimi secoli un incremento esponenziale, a causa della progressiva globalizzazione delle economie, che determina un costante incremento del commercio e dei trasporti (Hulme, 2009). Il numero di specie alloctone presenti in Europa è cresciuto del 76% nel periodo 1970-2007 (figura 1), senza che ci siano indicazioni di un rallentamento di questo trend, e andamenti simili sono stati registrati in tutte le aree del mondo ed in tutti gli ambienti, da quelli marini, alle zone umide, agli
habitat terrestri (Butchart et al., 2010).
Figura 1 - Andamento delle invasioni biologiche a livello globale,
misurato sulla base di dati europei relativi alle specie alloctone nel periodo 1990-2007
(Dati scalati a 1 nel 1970; asse delle ordinate in scala logaritmica)
È quindi urgente attivare politiche per prevenire le invasioni biologiche e per mitigarne gli impatti. La Convenzione sulla Biodiversità, approvata a Rio de Janeiro nel 1992 chiedeva ai Paesi un concreto impegno per prevenire e combattere le invasioni biologiche. Nel 2003 è stata approvata dal Consiglio d’Europa una Strategia Europea per le Specie Alloctone Invasive, anche frutto di una stretta collaborazione del Consiglio d’Europa con l’INFS (oggi ISPRA), che identificava le azioni prioritarie necessarie a fronteggiare i pericoli delle invasioni biologiche (Genovesi & Shine 2004). Gli indirizzi adottati in sede europea e mondiale concordano sulla necessità di migliorare le forme di prevenzione delle nuove introduzioni, di sviluppare sistemi di rapida allerta e pronta risposta, e di attivare interventi di controllo e rimozione delle specie già insediate Coerentemente con questo approccio strategico, la Conferenza delle Parti della Convenzione per la Biodiversità ha adottato nel 2010 l’Aichi target 9, che chiede di identificare e controllare i più rilevanti vettori di introduzione di specie invasive, e di determinare su quali specie invasive è prioritario intervenire con azioni di controllo.
L’analisi dei vettori di introduzione è quindi un elemento essenziale per mitigare gli impatti delle specie invasive, e diverse ricerche e studi hanno pertanto approfondito il ruolo delle diverse attività antropiche in questo senso. Hulme e co-autori (2008) hanno in particolare evidenziato il ruolo cruciale delle introduzioni accidentali per le specie di invertebrati terrestri e per gli organismi marini. Basti pensare che in Europa circa un quarto delle specie alloctone arriva come contaminante delle derrate alimentari e dei cereali importate nei nostri Paesi dalle più diverse regioni del mondo. Negli ambienti marini un ruolo chiave è svolto dai movimenti delle navi mercantili, che trasportano accidentalmente migliaia di specie nelle acque di zavorra; il 21% delle specie alloctone marine registrate nel Mediterraneo – considerato il bacino marino più ampiamente colpito dalle invasioni biologiche - è arrivato tramite acque di zavorra (Galil, 2009). Le acque di zavorra sono ad esempio state responsabili dell’introduzione dello ctenoforo Mnemiopsis leidyi che nei primi anni ’80 è arrivato nel Mar Nero, espandendosi rapidamente, fino a raggiungere, nel 1989, una massa complessiva stimata in un milione di tonnellate, che hanno portato alla distruzione dell’attività di pesca di questa regione, con perdite annuali stimate nel 1992 di oltre 240 Milioni di USD. Anche per questo fenomeno i dati disponibili indicano per il Mediterraneo un trend in forte crescita (figura 2).
Figura 2 - Andamento del numero di specie alloctone marine nel bacino del Mediterraneo (periodo 1900-2008)
I dati appena sintetizzati evidenziano il ruolo chiave dei porti nelle invasioni biologiche, perché in queste strutture si concentrano gli arrivi di molte delle merci e dei vettori all’origine dell’introduzione di specie alloctone invasive. Stesso problema si manifesta presso gli aeroporti. Per esempio, l’arrivo in Italia del tarlo asiatico
(Anoplophora chinensis) (foto
a lato) – uno tra i più pericolosi parassiti degli alberi, responsabile della distruzione di milioni di piante nelle aree di infestazione (in Lombardia è stato oggetto di un programma di eradicazione) -
è avvenuto nei dintorni dell’Aeroporto internazionale di Milano Malpensa, probabilmente a causa dell’importazione di bonsai dalla Cina, o all’invasione della Diabrotica virgifera in Europa, anch’essa associata al traffico aereo (Cioni et al., 2008). Appare quindi essenziale rafforzare gli sforzi per prevenire ulteriori introduzioni accidentali, e per mitigarne gli impatti. Questi sforzi richiedono una particolare attenzione alle aree portuali ed aeroportuali. Uno degli esempi di come è possibile intervenire è rappresentato dall’International Convention for the Control and Management of Ships’ Ballast Water and Sediments (BWM Convention), adottata nel 2004 dall’International Marime Organization (IMO) e che diventerà operativa una volta ratificata dal 35% dei Paesi membri dell’IMO. Una volta pienamente in forza questo strumento prevede l’attivazione di misure di gestione dei rischi derivanti dalle acque di zavorra – anche da attuarsi nei porti – che potranno significativamente ridurre gli impatti di questa minaccia.
L’Unione Europea ha recentemente confermato l’impegno ad adottare una Direttiva in materia di specie alloctone invasive, che dovrà necessariamente includere misure mirate ai più importanti vettori di introduzione, anche imponendo agli stati membri l’attivazione di azioni per prevenire l’arrivo accidentale di specie nei nostri porti ed aeroporti. L’Italia, centro di importantissime rotte commerciali marittime e posta al crocevia del Mediterraneo, sarà quindi chiamata a considerare questa materia più di quanto sia finora stato fatto.
Bibliografia
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