II. 1.3 «Kein guter Historienschreiber»: le aporie della rappresentazione
II.2. M ONUMENTI , SPECCHI E FETICCI : L ’ IDENTITÀ DELL ’ EROE
II.2.2. Saint-Preux o il novello Narciso
Nella Nouvelle Héloïse un evento che rivela la tendenza all’identificazione con un’immagine di sé luttuosa è la celebre passeggiata sul lago degli amanti narrata dall’eroe (XVII, 4)176. Come è noto, il lago Lemano, di cui è questione nel romanzo, costituisce per Rousseau un luogo di predilezione: vero e proprio centro gravitazionale intorno alla quale prendono forma i contorni identitari dell’autore177. Nelle Confessions, narrando la genesi dell Nouvelle Héloïse, Rousseau afferma: «Il me fallait cependant un lac, et je finis par choisir celui autour duquel mon cœur n’a jamais cessé d’errer»178. Solo il lago, con le sue
acque calme e ritmate - «une fluidité immobilisée et arrachée au temps»179 -, acque che invitano alla stasi, ma che hanno anche un forte valore onirico e sensuale, consentono all’autore di accedere a quel mondo immaginario in cui ritrova la pienezza dell’esistenza180.
174 J.-J. Rousseau, «La Nouvelle Héloïse», op.cit., pp. 340-365.
175 J.-W. Goethe, «Die Leiden des jungen Werthers. Fassung A», op.cit., pp. 114-122. 176 J.-J. Rousseau, «La Nouvelle Héloïse», op.cit., pp. 514-522.
177 Come nota Nouchine Behbahni esso è un «‘lac de souvenirs’, un ‘lieu-mémoire’, ‘lieu de jonction’, ‘un
‘lieu trait-d’union’ […] il semble surtout constituer son ‘port d’accueil’, le lieu fixe de ses amours et des désirs» : N. Behbahni, Paysages rêves, paysages vécus dans « La Nouvelle Héloïse » de J.J. Rousseau, Oxford, The Voltaire foundation at the Taylor institution, 1989, p. 68.
178 J.-J. Rousseau, «Les confessions», op.cit., p. 431.
179 J. Starobinski, Jean-Jacques Rousseau. La transparence et l’obstacle, op.cit., p. 305.
180 Nelle Confessions l’autore afferma che il lago è particolarmente legato al ricordo della sua infanzia e a
quello di Madame de Warens «L’aspect du lac de Genève et de ses admirables côtes eut toujours à mes yeux un attrait particulier que je ne saurais expliquer, et qui ne tient pas seulement à la beauté du spectacle, mais à je ne sais quoi de plus intéressant qui m’affecte et m’attendrit. Quand l’ardent désir de cette vie heureuse et douce qui me fuit et pour laquelle j’étais né vient enflammer mon imagination, c’est toujours au pays de Vaud,
près du lac, dans des campagnes charmantes, qu’elle se fixe. Il me faut absolument un verger au bord de ce lac et non pas d’un autre ; il me faut un ami sûr, une femme aimable, une vache et un petit bateau. Je ne jouirai
d’un bonheur parfait sur la terre que quand j’aurai tout cela» (Ibidem, p. 152). Il tema del lago, come è noto, tornerà anche nelle Rêveries : «De toutes les habitations où j’ai demeuré (et j’en ai eu de charmantes), aucune ne m’a rendu si véritablement hereux et ne m’a laissé de si tendre regrets que l’Isle de St Pierre au milieu du
lac de Bienne» : J.-J. Rousseau, «Les rêveries du promeneur solitaire», texte établi et annoté par Marcel Raymond, in Id., Œuvres complètes, t. 1, Les confessions. Autres textes autobiographiques, éd. par Bernard Gagnebin, Marcel Raymond avec la collaboration de Robert Osmont, Paris, Gallimard, 1991, p. 1040.
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Tuttavia, nel romanzo il lago appare come un simbolo dell’ostacolo e della distanza181: esso è il veicolo dell’opacità, il punto cieco della storia d’amore tra Julie e Saint-Preux. Nella lettera XXVI, 1182 fa da ostacolo all’unione degli amanti, in seguito fa rischiare loro la
vita durante la gita in barca e, infine, Julie morirà proprio per annegamento nel lago. Il lago è anche, come fa notare Jacques Berchtold, «l’élément majeure qui permet de donner figure à la composante narcissique de Saint-Preux»183: esso ricorda infatti per vari motivi la fontana in cui si specchia Narciso. Veniamo ora ad analizzare il rapporto tra l’acqua limpida del lago, il monumento della passione e il tragico problema identitario dell’eroe.
Nella lettera XVII, 4 dopo essere sopravissuti all’incidente sulla barca, Saint-Preux coglie l’occasione per fare ritorno, insieme a Mme de Wolmar, a Meillerie, sull’altra sponda del lago: un luogo che nella prima parte della vicenda era stato teatro delle sue pene d’amore. Il progetto dell’ex precettore di Julie è quello di invitare l’amata a ricordare la loro antica passione: «Je me faisais un plaisir de lui montrer d’anciens monuments d’une passion si constante et si malheureuse»184. Tuttavia, il luogo che Saint-Preux indica a Julie
fa riferimento a un momento solitario della passione del deuteragonista, che l’eroina non può aver condiviso se non attraverso le lettere da lui scrittele. Il luogo della memoria ha dunque un’egemonia tutta maschile; come fa notare Jacques Berchtold:
En présence d’une Julie mariée et quasi fantomale, Saint-Preux élabore un scénario qui le met en position complexe. Il convie la « Julie nouvelle » à accompagner son pèlerinage nostalgique et à l’assister dans les émotions qu’il ressentira à retourner dans les lieux où son séjour reçut des contours identitaires si forts et si durables – notamment parce que la composante solitaire et narcissique participait à le constituer185
Tutto avviene come se Mme de Wolmar fosse chiamata al semplice ruolo di testimone oculare: l’eroina è inclusa nella scena solo in qualità di osservatrice sia dello slancio
181 Jacques Berchtold ha notato come il lamento di Saint-Preux lontano da Julie, separato da lei proprio dal
lago, ricorda quello dell’eroine nelle Eroidi ovidiane; i motivi sono infatti simili: disperazione amorosa,
lamentatio, ostacolo acquatico che separa dell’amato, evocazione dell’amore, ricordo dell’amato assente. Nella
nostra analisi cercheremo invece di avvicinare la situazione di Saint-Preux a quella del mito stesso di Narciso. Cfr. Jacques Berchtold, «Rousseau au miroir. La composante narcissique du désir dans La Nouvelle Héloïse», in Peter André Bloch, Peter Schnyder (éds.), Miroirs-Reflets. Esthétiques de la duplicité, Strasbourg, Presses universitaires de Strasbourg, 2003, p. 100.
182 J.-J. Rousseau, «La Nouvelle Héloïse», op.cit., pp. 89-93.
183 J. Berchtold, «Rivages d’oubli, lac de mémoire : lire Rousseau sous l’éclairage d’Ovide», in Olivier Collet,
Yasmina Foher-Janssens e Sylviane Messerli (a cura di), « Ce est li fruis selonc la letre ». Mélanges offerts à
Charles Méla, Paris, Honoré Champion, 2002, p. 177.
184 J.-J. Rousseau, «La Nouvelle Héloïse», op.cit., pp. 517-518.
185 Jacques Berchtold, «Rousseau au miroir. La composante narcissique du désir dans La Nouvelle Héloïse»,
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passionale e sublime del Saint-Preux di allora sia della rinnovata emozione del Saint-Preux di oggi. Al centro della missiva non vi è tanto la questione dell’antica passione quanto la centralità di quei luoghi nella costituzione identitaria della figura maschile. Che cosa simboleggiano, allora, i “monumenti” della passione?
Si tratta di alberi e rocce dove il deuteragonista ha effettuato delle incisioni: «je la conduisis vers le rocher, et lui montrai son chiffre gravé dans mille endroits, et plusieurs vers de Pétrarque ou du Tasse relatifs, à la situation où j’étais en les traçant»186. Il
monumento conferma una predilezione per l’affermazione del lato solipsistico, maschile e libresco della passione; più che l’immagine di Julie domina nei monumenti la raffigurazione dello stato d’animo di allora dell’eroe. L’identificazione con le grandi figure della poesia amorosa rafforza l’immagine del deuteragonista come soggetto sofferente per la propria passione. Vi è un altro particolare ancora più rivelatore: il nome dell’amata inciso dappertutto sembra essere nient’altro che un’ulteriore immagine di sé, dal momento che le iniziali di Julie d’Etange sono proprio “J.E.”187. Che Julie stessa dunque non sia altro che lo
specchio dell’anima dell’eroe: un fantasma immaginario dell’Altro che consente elaborazione letteraria e eternizzazione del Sé? Saint-Preux stesso scrive: «mon coeur; qu'on le perce, qu'on le déchire, qu'on brise ce fidèle miroir de Julie, sa pure image ne cessera de briller jusque dans le dernier fragment ; rien n'est capable de l'y détruire»188.
Jean Starobisnki ha parlato, a proposito dell’opera rousseauiana, di un narcisismo “senza specchio”, dal momento che l’io si riflette sempre in un’immagine “altra da sé”: «l’amour s’aliène […] ce qui triomphe de la sorte c’est moins la faculté de se voir, que le don de se voir autre que soi»189. Nella commedia di Rousseau Narcisse, Valère non si innamora della propria immagine riflessa come nel mito classico, bensì del proprio ritratto mascherato da donna. L’immagine di sé è talmente contraffatta che l’io si può amare, senza sensi di colpa, nell’altro da sé. Lo stesso si potrebbe allora dire di Saint-Preux che si ama nel riflesso sublimato dell’io, costituito dalla figura di Julie.
186 J.-J. Rousseau, «La Nouvelle Héloïse», op.cit., p. 519.
187 Dobbiamo questo dettaglio a un articolo di Maria Leone. La studiosa, comparando la lettera XXVI, 4 al
quadro di Nicolas Poussin Les Bergers d’Arcadie sviluppa una tesi che va in una direzione simile a quella qui ipotizzata (il monumento come memento mori). Maria Leone, «Face à ce qui se dérobe : Rousseau avec Poussin», in Annales de la sociétés Jean-Jacques Rousseau, n.45, 2003, p. 422 : «l’inscription du rocher était celle-ci: J.E. – JE, EGO en latin, et le rocher, monument qui dans cette nature idyllique attire le regard et interroge le promeneur, devient l’étrange réplique de celui qui trône au centre du tableau si énigmatique de Poussin, Les Bergers d’Arcadie».
188 J.-J. Rousseau, «La Nouvelle Héloïse», op.cit., p. 230. 189 J. Starobinski, L’Œil vivant, op.cit., p. 179.
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Per comprendere appieno il significato del monumento e della questione identitaria ad esso correlata dobbiamo però risalire al momento in cui esso è stato edificato: la missiva XXVI, 1190. Saint-Preux si trova nel paese di Vaud, dove Julie gli ha chiesto di recarsi, in
modo da allontanarlo da Vevey per un periodo. Dopo aver visitato la zona e osservato i costumi locali, l’eroe si insedia a Meillerie in modo da essere più vicino all’amata. La missiva redatta in questo luogo si conclude però con dei proponimenti funesti: «vous connaissez l’antique usage du rocher de Leucate, dernier refuge de tant d’amants malheureux. Ce lieu ci lui ressemble à bien d’égards : la roche est escarpée, l’eau est profonde et je suis au désespoir»191. Importa mettere in risalto questo dettaglio: perché l’eroe prova un desiderio di suicidio in questo momento, ora che è vicino a Julie, e non quando, ad esempio, Julie gli chiede di allontanarsi?
L’elemento centrale e rivelatore della pulsione suicidaria di questa lettera è proprio la
posizione di Saint-Preux rispetto all’amata. Egli si trova sull’altra riva del lago Lemano,
esattamente di fronte a Vevey; è talmente vicino da illudersi che con un telescopio riuscirebbe a vedere la casa di Julie. Non è dunque l’eccessiva lontananza a provocare il desiderio di suicidio, ma la prossimità, e dunque la riduzione della distanza stessa fino all’annullamento di questa: «Que mon état est changé dans peu de jours! Que d’amertume se mêlent à la douceur de me rapprocher de vous! Que de tristes réflexions m’assiègent ! Que de traverses mes craintes me font prévoir !»192.
Il ruolo fondamentale della distanza o dell’ostacolo che separa gli amanti nel corso della vicenda è stato già rilevato193: in generale, pur differendo nel metodo d’indagine, gli studiosi
190 J.-J. Rousseau, «La Nouvelle Héloïse», op.cit., pp. 89-93. 191 Ibidem, p. 93.
192 Ibidem, p. 89.
193 Dopo gli ormai classici di J. Starobinski, L’Œil vivant, op.cit. e La transparence et l’obstacle, op.cit., molti
studiosi si sono chiesti come venga rappresentata la passione amorosa nel romanzo rousseauiano, instaurando un confronto con la rappresentazione occidentale dell’eros. Tra i più eminenti studi ricordiamo almeno il saggio di Elena Pulcini che pone l’accento sulla nuova categoria borghese di “auto-conservazione”, in opposizione alla visione erotica dell’amore come stato di fusione e spesa di sé tipica della tradizione del
fin’amors: Elena Pulcini, “Amour-passion” e amore coniugale. Rousseau e l’origine di un conflitto moderno,
Venezia, Marsilio editori, 1990. Michel Brix considera che il romanzo sia in continuità con la visione platonico-medievale dell’amore: come in questa tradizione infatti la possessione carnale nella Nouvelle
Héloïse è considerata come un momento di indebolimento del sentimento: Michel Brix, «La Nouvelle Héloïse
et l’Eros platonicien», in Jacques Berchtold et François Rosset (éds.) Annales de la société Jean-Jacques
Rousseau. L’amour dans la Nouvelle Héloïse. Texte et intertexte, Ginevra, Droz, 2002, XLIV, pp. 25-45.
Invece, Georges Benrekassa evidenzia la necessità per i personaggi di superare le pulsioni egoistiche della passione al fine di realizzare la fiducia delle belle anime nella comunità di Clarens: Georges Benrekassa, «Le désir d’Héloïse» in Jean-Louis Jam (éds.) avec une préface de René Pomeau, Eclectisme et cohérences des
Lumières. Mélanges offerts à Jean Ehrard, Pariz, Nizet, 1992, pp. 55-68. In generale gli studi concordano
sulla necessità di mantenere una distanza e un ostacolo tra gli amanti per poter sublimare la passione e questo in continuità, dunque, con la tradizione della rappresentazione occidentale dell’amore sin dall’epoca medieveale, come illustrato da Denis de Rougemont, L’amour et l’Occident, Paris, Librairie Plon, 1972.
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concordano nel considerare l’impossibilità dell’unione tra Julie e Saint-Preux un mezzo per neutralizzare il desiderio erotico e sublimarlo. La Nouvelle Héloïse rientrerebbe così nel canone occidentale della rappresentazione dell’amore da Tristano e Isotta in poi, in cui la separazione è segretamente desiderata per rendere eterna la passione. Nella missiva XXVI, 1 emerge tuttavia una diversa prospettiva sulla questione della necessità della distanza che sembra essere legata alla questione dell’identità stessa del personaggio. Soltanto facendo riferimento al mito di Narciso e al suo dilemma amoroso sembra possibile comprendere la situazione delineata da Saint-Preux in questa lettera.
Considerato che le affermazioni dell’eroe portano a pensare che Julie sia l’Io ideale di Saint-Preux, nella missiva XXVI,1 possiamo ritenere che il deuteragonista mantiene volontariamente la distanza perché attraversare il lago e unirsi a Julie vorrebbe dire sporgersi troppo verso la propria immagine, come fa il Narciso di Ovidio, con il rischio di annullarsi in essa.
Il lago Lemano che divide i personaggi è qui al contempo una lontananza irrisoria e un limite inespugnabile; essa è il sottile velo d’acqua («esigua prohibemur aqua!»194) che divide Narciso dal proprio riflesso; è la barriera che illude il personaggio mitico facendolo innamorare di un simulacro che è al contempo vicinissimo e irraggiungibile195.
Giovanni Bottiroli ha messo in risalto che nel mito ovidiano è proprio la mancanza di distanza, non la presenza di essa, a causare la disperazione del personaggio: «la somiglianza è l’abolizione di una distanza qualsiasi. Lo scacco di Narciso consiste proprio in ciò, che la figura amata è troppo vicina. Egli si strugge per la lontananza»196. Narciso infatti esclama
che, contrariamente a quanto ci si aspetterebbe da un innamorato, il suo desiderio è proprio che la cosa amata sia più distante: «Votum in amante novum: vellem, quod amamus abesset!»197.
Questo aspetto del mito ovidiano, secondo Bottiroli, mette in risalto il fatto che rispecchiandosi e innamorandosi della propria immagine, Narciso fa la scoperta della
194 Publio Ovidio Nasone, Metamorfosi, a cura di Nino Scivoletto, Torino, Unione tipografico-editrice
torinese, 2000, p. 172, III, v. 450.
195 Jacques Berchtold nota inoltre che Saint-Preux, nella lettera XVII, 4 descrive il lago proprio impiegando le
stesse parole usate da Ovidio per parlare della fontana di Narciso: «Je lui montrais de loin les embouchures du Rhône, dont l'impétueux cours s'arrête tout à coup au bout d'un quart de lieue, et semble craindre de souiller de ses eaux bourbeuses le cristal azuré du lac […] le frémissement argenté dont l'eau brillait autour de nous»:J.-J. Rousseau, «La Nouvelle Héloïse», op.cit., p. 515-520. Nelle Metamorfosi di Ovidio, la fontana è descritta come «fons inlimis, nitidis argentus undis» (P. Ovidio Nasone, Metamorfosi, op.cit., p. 170, III, v. 407). Cfr. J. Berchtold, «Rousseau au miroir. La composante narcissique du désir dans La Nouvelle Héloïse», op.cit., p. 108.
196 Giovanni Bottiroli, «Narciso senza specchio. Un esercizio di tri-logica», in La Psicoanalisi, 36, 2004, p. 93. 197 P. Ovidio Nasone, Metamorfosi, op.cit., p. 172, III, v. 468.
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propria identità e della tragica scissione dell’io; la scoperta, ossia, che l’identità è duplice: «Questa relazione di eguaglianza o di identità, che a prima vista non presenta alcun aspetto problematico, si rivela subito, in realtà, come il problema stesso dell’identità: l’identità dovrebbe essere coincidenza, ma non è così»198.
Alla luce del mito di Narciso, si può re-interpretare la situazione di Saint-Preux nella lettera XXVI, 1: la vicinanza-distanza permette al deuteragonista di conoscersi come entità scissa, divisa tra sé e l’immagine di sé; scissione che è rappresentata metaforicamente attraverso le due rive opposte e speculari del lago. È dunque l’impossibilità di essere contemporaneamente qui e là, a Meillerie e a Vevey, ridando così unità alla propria identità, a causare la disperazione e la pulsione suicidaria.
Il paradosso di questa scena nella Nouvelle Héloïse è il fatto che Saint-Preux, come dicevamo, non attraversa il lago, né si annega in esso. L’eroe non si sporge verso l’immagine di sé come Narciso; egli tenta piuttosto di riunire le due rive attraverso l’uso del telescopio. L’immagine a cui ha accesso è però più un’illusione che non una visione reale: «je vis ou crus voir votre maison»199. Come afferma Jean Starobinski, «le télescope devient l’instrument paradoxal d’une évocation rétrospective et d’une contemplation tout entière»200; tramite esso, Saint-Preux «devient vite le spectateur de ses propres visions»201. Rousseau aggiunge quindi un elemento che non era presente nel mito ovidiano: quello della rêverie innocente che consente, attraverso l’immaginazione, di ridare forma a un’idea di completezza dell’Io. La rêverie consente a Saint-Preux di riunire le due immagini senza buttarsi nel lago.
Il monumento, di cui veniamo a conoscenza nella missiva XVII, 4, potrebbe allora essere l’effetto di questa presa di coscienza. Saint-Preux, come Narciso, conosce se stesso come essere scisso: ma anziché seguire la pulsione suicidaria che la problematica scissione comporta per il giovinetto del mito, fa ricorso al processo immaginativo che, a sua volta, si sublima in un processo artistico. Trasfigurazione che porta in sé tutti i connotati della morte simbolica esperita dall’eroe: il “monument des anciennes amours”.
Nella lettera XVII, 4, Saint-Preux torna a osservarsi nel mausoleo, ma a questo punto della vicenda Julie, lo specchio fedele dell’anima, è ormai diventata Mme de Wolmar, uno specchio difforme. Il monumento diviene così l’oggetto di una contemplazione malinconica.
198 G. Bottiroli, «Narciso senza specchio. Un esercizio di tri-logica», op.cit., p. 94. 199 J.-J. Rousseau, «La Nouvelle Héloïse», op.cit., p. 90.
200 J. Starobinski, L’Œil vivant, op.cit., p. 114. 201 Ibidem.
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Se, come ha mostrato Giorgio Agamben consideriamo la malinconia non tanto come «la reazione regressiva alla perdita dell'oggetto d'amore, quanto la capacità fantasmatica di far apparire come perduto un oggetto inappropriabile»202, il monumento è ciò che permette la
sostituzione della Julie nuova, l’oggetto inappropriabile, con la Julie perduta. Saint-Preux mostra una fedeltà maggiore alla Julie “morta” (identificata con il mausoleo) che non a quella viva che gli sta accanto: «Je partis avec elle en gémissant, mais sans lui répondre, et je quittai pour jamais ce triste réduit comme j’aurais quitté Julie elle-même»203.
Una simile trasformazione in feticcio, oggetto di contemplazione malinconica, avviene per il ritratto di Julie, la cui funzione subisce un’evoluzione nel corso della vicenda: al momento della ricezione del ritratto (XXV, 2)204, Saint-Preux è insoddisfatto dall’immagine dell’amata proprio perché essa è incapace di riprodurre la vita: «Il est vrai que ton portrait ne peut passer du sérieux au sourire. Ah! C'est précisément de quoi je me plains : pour pouvoir exprimer tous tes charmes, il faudrait te peindre dans tous les instants de ta vie»205. Nella seconda metà del romanzo esso diventa invece un oggetto da cui il deuteragonista non vuole più separarsi e che potrebbe persino sostituire la Julie in praesentia: «il a poussé l'humeur et l'opiniâtreté jusqu'à jurer qu'il consentirait plutôt à ne te plus voir qu'à se dessaisir de ton portrait»206. Il ritratto assume dunque la funzione evidente del feticcio: oggetto d’amore sostitutivo a cui è rimasta indissolubilmente attaccata una parte della