Ricerche VII edizione (2017)
APPENDICE DOCUMENTARIA
4. Pro salute anime nostre I nuovi marchesi di Geraci e il primo tentativo per il trasferimento dei Benedettini a Castelbuono (1630)
Nel 1630 dunque, in un misto di devozione, interesse politico e prestigio del casato, prese avvio l‘annosa questione che, a varie riprese e in poco più di vent‘anni, portò all‘abbandono dell‘antica abbazia di Santa Maria di Gangi Vecchio: il trasferimento dei monaci a Castelbuono fu dovuto a motivi di squisito interesse politico, e qualunque mezzo si rivelò buono per ottenerlo.
Il primo tentativo di trasferimento ebbe luogo subito dopo la morte della principessa Maria Spadafora. In cambio di alcune elargizioni, il principe Francesco III Ventimiglia convinse infatti i monaci di Gangi Vecchio a occuparsi della celebrazione delle messe disposte dalla consorte: la donazione venne confermata con atto del 23 dicembre 1630 rogato dal notaio castelbuonese Vittorio Mazza32 e fu ratificata dal notaio gangitano Egidio di Salvo con un
atto del 31 dicembre dello stesso anno33. L‘accordo col principe di Castelbuono viene
30 Per i privilegi e le concessioni accordate dai marchesi di Geraci all‘abbazia di Gangi Vecchio
rimando ancora a S. Farinella, L‟abbazia di Santa Maria di Gangi Vecchio, cit., Appendice dei documenti.
31 Sui lavori del Lima nell‘abbazia di Gangi Vecchio si veda a S. Farinella, L‘abbazia di Santa Maria di
Gangi Vecchio, cit., passim, e Id., Scarpellinij et marmorarij a Gangi fra Cinquecento e Seicento: opere e documenti, in Conoscere il territorio. Arte e storia delle Madonie. Studi in memoria di Nico Marino, atti della prima edizione delle giornate di studio (Cefalù 21-22 ottobre 2011), a cura di G. Marino e R. Termotto, Cefalù 2013, vol. I, pp. 143-180.
32 Il documento è citato in E. Magnano Di San Lio, Castelbuono, cit., p. 192, nota n. 572.
stipulato da don Severino da Messina, Decano e Cellerario del monastero, mentre Abate di Santa Maria di Gangi Vecchio era don Innocenzo da Catania34.
L‘intesa prevedeva che quattro padri e un chierico di Gangi Vecchio dimorassero perpetuamente a Castelbuono per il loro servizio nella chiesa dell‘Annunziata, donata dal principe al monastero di Gangi Vecchio come grangia (dipendenza): i padri avrebbero dovuto celebrare quattro messe giornaliere per l‘anima della defunta principessa, in luogo delle sette di cui alla disposizione testamentaria, impegnandosi il Ventimiglia a ottenere dal Pontefice - a proprie spese - la dispensa per le rimanenti tre messe. Oltre ai 4.000 scudi lasciati dalla moglie per la celebrazione delle messe, il principe si impegnava ad assegnare ai monaci altri 4.000 scudi per il mantenimento della grangia e ulteriori 1.000 scudi, da pagarsi entro dodici anni, per la fabbrica di locali e per altre cose necessarie. Di contro i monaci si impegnavano a dimorare nella grangia di Castelbuono, a tenere tutto il necessario per la celebrazione delle messe e a fare ratificare il contratto dal Capitolo Generale dell‘Ordine entro quello stesso anno. Con lo stesso atto Francesco Ventimiglia confermava tutti i privilegi concessi fino ad allora dalla sua famiglia ai monaci di Gangi Vecchio, apponendo tuttavia il patto di ―caducità‖ (inefficacia) a suo favore nel caso in cui frati fossero venuti meno ai loro obblighi: cosa ancora più importante, il principe accordava la libertà agli stessi monaci di abitare nella nuova dimora in qualsiasi numero essi volessero, spendendo qualunque somma per l‘ampliamento delle fabbriche. Con ciò Francesco Ventimiglia poneva le premesse per il definitivo trasferimento dei frati a Castelbuono.
Nel 1632 il principe Francesco stipulava una soggiogazione di 80 onze per i 4.000 scudi promessi, mentre per gli altri 1.000 scudi assegnava ai frati 20 onze annuali dovutegli da tre debitori castelbuonesi35. L‘anno seguente il principe assegnava ai monaci alcune fabbriche
(dammusi, casalino, cavallerizza e giardinetto) vicino alla chiesa dell‘Annunziata, insieme a 400 onze promesse dall‘Università di Castelbuono per la fabbrica dei nuovi locali, imponendo ai frati la condizione di non poter abbandonare le nuove case36.
I lavori per le fabbriche attorno alla chiesa dell‘Annunziata iniziarono nello stesso anno 1633 e, dal tenore dei documenti, sembra proprio che non si trattasse di una semplice dipendenza dell‘abbazia di Gangi Vecchio quanto della costruzione di un vero e proprio monastero, come viene più volte chiamata dagli stessi documenti quella fabbrica37: da ciò si può
cit., cc. 148-150v. Un sunto dell‘atto del notaio Vittorio Mazza è riportato nello stesso volume in
Riassunto dei fatti, cit., cc. 152-155.
34 R. Pirri, Sicilia Sacra, cit., parte II, libro IV, notizia VIII, p. 1227.
35 AFT, Volume delle Scritture, Riassunto dei fatti, cit., c. 152 v. Il censo annuale al principe era dovuto da
Vincenzo Bandò (per 15 onze), da Giovanni Battista Illustrasanti e dagli eredi del notaio Francesco Schimbenti (per le ulteriori 5 onze).
36 Ivi, documento del 29 novembre II Indizione 1633, notaio Francesco Prestigiovanni, c. 153. Il
documento è citato e riportato per stralci in E. Magnano Di San Lio, Castelbuono, cit., p. 192, nota n. 574.
37 E. Magnano Di San Lio, Castelbuono, cit., documento n. 49 del 23 febbraio 1633, pp. 303-306;
documento n. 53 del 10 dicembre 1633, p. 308; documento n. 54 del 28 novembre 1634, pp. 309-310. In questi documenti relativi alle fabbriche attorno alla chiesa dell‘Annunziata, pubblicati integralmente dall‘autore, si parla in maniera esplicita di novo monasterio di Castelbuono: la stessa descrizione dei lavori porta a pensare che si trattasse non della costruzione di una semplice grangia quanto di una vera
concludere che l‘intento del Ventimiglia fosse quello di far trasferire tutti i monaci da Gangi Vecchio e di impiantare un nuovo monastero a Castelbuono. [Fig. 4]
Nel 1634 Francesco Ventimiglia confermava ancora tutti i privilegi (esenzioni, concessioni e immunità) già concessi ai monaci di Gangi Vecchio, assegnando le 400 onze dell‘Università, le fabbriche e ―mezzo denaro‖ d‘acqua corrente per l‘orto del nuovo monastero. Infine veniva stabilita la prelazione allo stesso principe in caso di vendita dei feudi di Camporotondo e di Montalbano38. Le difficoltà finanziarie in cui versava il Ventimiglia
misero però in seria difficoltà i rapporti con i Benedettini, che nel frattempo si erano in parte trasferiti nella capitale del marchesato.
Nonostante i lavori per l‘edificazione del nuovo monastero fossero già iniziati, le relazioni fra i Benedettini e il Ventimiglia cominciarono a incrinarsi a causa del mancato impegno al pagamento delle somme dovute da parte del feudatario. Una prima battuta d‘arresto nella costruzione delle fabbriche fu causa della sospensione, nel 1635, della celebrazione delle messe da parte dei monaci: tuttavia, dopo un ulteriore accordo col principe Francesco, intorno al 1642 si rimise nuovamente mano alla costruzione del nuovo cenobio39.
Ciononostante i rapporti continuarono ancora a deteriorarsi finché, stanchi delle continue controversie, i monaci se ne tornarono nell‘abbazia di Gangi Vecchio, abbandonando