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Essendo i Reg. comunitari vincolati per tutti gli Stati membri dell’Unione Europea, i consumatori possono fare affidamento sul fatto che i prodotti provenienti da qualsiasi altro paese membro soddisfino le stesse prescrizioni minime.

Cosa si può dire invece in merito a quei prodotti che vengono importati da paesi esterni rispetto all’Unione Europea? Anche questi prodotti possono essere venduti nel mercato europeo come prodotti biologici, qualora siano giudicati prodotti conformi o prodotti che offrono garanzie equivalenti.

 L’importazione in regime di conformità (art. 32 Reg. 834/07) prevede che il prodotto importato sia conforme alle disposizioni di cui ai titoli II, III e IV del Regolamento stesso, nonché alle norme di attuazione relative. In questa fattispecie, tutti gli operatori coinvolti nella produzione, preparazione ed esportazione, devono essere soggetti a controllo e certificazione da parte di

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autorità o organismi di controllo riconosciuti dalla Commissione e da questa inseriti nell’allegato I del Reg. n. 1235/08. Al momento, tuttavia, non esiste un elenco di organismi di controllo designati ai fini della conformità, per cui non è possibile importare prodotti conformi.

 L’importazione in regime di equivalenza (art. 33) prevede che il prodotto

importato sia stato ottenuto secondo norme di produzione equivalenti a quelle di cui ai titoli III e IV. Gli operatori coinvolti devono essere stati assoggettati a misure di controllo la cui efficacia sia stata valutata come equivalente dalla Commissione a quelle di cui al titolo V. Tali misure di controllo, che devono essere esplicate da sistemi di controllo riconosciuti dalla Commissione, devono aver investito tutte le fasi di produzione, preparazione e distribuzione. Infine, il prodotto deve essere munito di un certificato di ispezione rilasciato dalle autorità competenti o dai sopracitati organismi o autorità di controllo del paese.

La differenza fra le due fattispecie risiede nel fatto che, nel primo caso, viene richiesto il rispetto delle norme specifiche del Regolamento, mentre, nel secondo, è riconosciuta l’equivalenza della normativa applicata dal paese terzo.

La Commissione ha, infatti, stilato un elenco di paesi terzi ritenuti equivalenti ai fini della normativa sulla produzione biologica (allegato III del Reg. 1235/08). Ha altresì composto un elenco di organismi di controllo riconosciuti alle medesime finalità (allegato IV del sopracitato Regolamento). È quindi possibile importare in regime di equivalenza non solo dai paesi terzi inclusi nell’allegato III del Reg. 1235/08, ma anche da tutti gli altri paesi in cui operano gli organismi di controllo inclusi nell’elenco di cui all’allegato IV del medesimo Regolamento.

27 CAPITOLO 3

I NUMERI DEL BIOLOGICO 3.1 Il biologico nel mondo

Il settore agroalimentare biologico ha avuto negli ultimi vent’anni una forte e costante espansione, in netta controtendenza rispetto al più generale comparto alimentare, nel quale la recessione economica ha manifestato i suoi effetti contraendo i consumi. L’agricoltura biologica ha registrato incrementi sia sul fronte della superficie agricola dedicata, sia su quello dei consumi. A confermarlo sono i numeri che emergono dal

rapporto redatto dall’IFOAM e dal FIBL8, “The World of Organic Agricolture 2017”, i

cui dati si riferiscono alla fine del 2015.

I risultati del report attestano che l’agricoltura biologica è praticata in 179 paesi e interessa una superficie pari a 50,9 milioni di ettari. [Fig 3.1 e Fig. 3.2]

Figura 3.1: Numero di paesi che praticano l’agricoltura biologica

Fonte: Report FiBL-IFOAM 2017.

8 Il FiBL (Forschungsinstitut fur biologischen Landbau) è un istituto di ricerca che si occupa

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Figura 3.2: Crescita delle terre coltivate ad agricoltura biologica (1999-2015)

Fonte: Report FiBL-IFOAM 2017.

I dati a disposizione partono dal 1999, anno in cui, per la prima volta, i dati riguardanti l’agricoltura biologica sono stati disponibili a livello globale.

Dal punto di vista della superficie destinata all’agricoltura biologica, l’Oceania è il continente con una maggiore percentuale di area certificata (45%), per un totale di 22,8 milioni di ettari. A seguire, troviamo l’Europa (25%; 12,7 milioni di ettari) e l’America Latina (13%; 6,7 milioni di ettari). [Fig. 3.3]

Quasi la totalità delle aree biologiche dell’Oceania si trovano in Australia (più del 99%), la quale rappresenta il paese con la maggior area agricola coltivata con metodo biologico (22,7 milioni di ettari), seguita da Argentina (3,1 milioni di ettari) e Stati Uniti d’America (2 milioni di ettari). L’Italia si colloca al sesto posto della classifica, con i suoi 1,5 milioni di ettari. [Fig. 3.4]

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Figura 3.3: Ripartizione percentuale per continente delle superfici coltivate a biologico (2015)

Fonte: Report FiBL-IFOAM 2017.

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In generale, dal 2007 al 2015, quasi ogni continente ha registrato un aumento della superficie destinata alla coltivazione biologica [Fig. 3.5]. Le uniche lievi flessioni si riscontrano in America Latina e Nord America, dove la superficie dedicata è sì aumentata rispetto al 2007, ma è diminuita rispetto ad anni più recenti. Infatti, in

America Latina, si è passati dai 7,66 milioni di ettari del 2009, ai 6,74 milioni di ettari (- 12,01%); mentre, in Nord America, si è passati dai 3,05 milioni di ettari del 2013, ai 2,97 del 2015 (-2,62%).

Figura 3.5: Crescita delle terre coltivate secondo il metodo biologico per continente

Fonte: Report FiBL-IFOAM 2017.

L’Italia è fra i primi undici paesi al mondo con la più alta percentuale di superficie

agricola (SAU) dedicata al biologico nel 20159. La classifica vede alle prime tre

posizioni il Liechtenstein, l’Austria e la Svezia, rispettivamente con il 30,2%, il 21,3% e il 16,9%. [Fig. 3.6]

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Figura 3.6: I primi 11 Paesi al mondo con la più alta percentuale di SAU dedicata al biologico

Fonte: Report FiBL-IFOAM 2017.

Oltre alle terre dedicate all’agricoltura biologica, vi sono altre superfici biologiche destinate ad altre attività. La maggior parte di queste è costituita da aree per la raccolta selvatica e aree per l’apicoltura. Alcune aree sono impiegate per l’acquacoltura e altre sono foreste o pascoli. L’insieme di queste aree ha raggiunto i 39,7 milioni di ettari, così che l’insieme di tutte le aree, agricole e non, dedicate al biologico ammonta a 90,6 milioni di ettari.

Non tutti i Paesi diffondono i dati riguardanti le aree biologiche non agricole, pertanto le informazioni sono incomplete. In base ai dati raccolti, si può arrivare a ripartire la superficie biologica mondiale come rappresentato in Figura 3.7.

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Figura 3.7: Distribuzione di tutte le aree biologiche

Fonte: Report FiBL, 2017.

Nel 2015, sono stati registrati ben 2,4 milioni di produttori appartenenti al settore biologico. Secondo i dati, più dei ¾ dei produttori sono in Asia, Africa e America Latina. [Fig. 3.7] Il Paese con il maggior numero di produttori è l’India, seguita dall’Etiopia e dal Messico. L’Italia è decima nella classifica mondiale, ma prima a livello europeo, con 52.609 produttori. [Fig. 3.8 e 3.9]

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Figura 3.8: Distribuzione dei produttori biologici per continente

Fonte: Report FiBL-IFOAM 2017.

Figura 3.9: I 10 Paesi con il più alto numero di produttori biologici

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Confrontando i dati con il 2014, c’è stato un incremento pari a circa il 7% nel numero di produttori biologici. La maggior parte di questo incremento è ascrivibile ai seguenti Paesi: Repubblica democratica del Congo, Perù, Messico e Kenya.

Per quanto riguarda le altre tipologie di operatori biologici, ci sono più di 72.000

trasformatori e almeno 4.000 importatori, la maggior parte dei quali in Europa. Tuttavia, non tutti Paesi riportano i propri dati relativi a importatori, esportatori e altre tipologie di operatori. Ad esempio, mancano i dati provenienti dagli Stati Uniti, pertanto si può ragionevolmente desumere che il numero globale di operatori sia in realtà maggiore. In base alle stime effettuate da parte di Organic Monitor – un istituto di ricerca

specializzato nel settore biologico – il mercato globale del settore biologico ha superato, nel 2015, gli 80 miliardi di dollari (circa 75 miliardi di euro). [Fig. 3.10]

Figura 3.10: Sviluppo del mercato biologico globale (2000-2015)

Fonte: Organic Monitor.

In base all’indagine di FiBL10, il Paese con il mercato più ampio per la produzione

biologica sono gli Stati Uniti (35,8 miliardi di euro), seguiti da Germania (8,6 miliardi di euro), Francia (5,5 miliardi di euro) e Cina (4,7 miliardi di euro). L’Italia è al settimo posto con un mercato di 2,3 miliardi di euro. [Fig. 3.11]. Sebbene l’agricoltura biologica sia praticata in 179 Paesi, due regioni generano la maggior parte delle vendite: Nord America ed Europa. Tuttavia, la loro percentuale rispetto alle vendite globali sta

10 I dati sulle vendite di prodotti biologici sono stati disponibili per più di 50 Paesi. L’indagine di FiBL,

non può pertanto ritenersi completa, in quanto altri Paesi, in cui il metodo biologico trova applicazione, non rientrano nell’analisi.

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leggermente calando, dal momento che alcuni mercati regionali stanno mettendo radici in Asia, America Latina e Africa.

Figura 3.11: I Paesi con il più vasto mercato di prodotti biologici (2015)

Fonte: Report FiBL-IFOAM 2017.

Per quanto riguarda i consumi pro capite, Svizzera, Danimarca e Svezia guidano la classifica, con un consumo pro capite rispettivamente di 262, 191 e 177 euro. L’Italia, invece, non rientra nella lista dei primi dieci paesi per consumo pro capite. [Fig. 3.12]

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-Figura 3.12: Le prime dieci nazioni per consumo pro capite di prodotti biologici (2015)

Fonte: Report FiBl-IFOAM 2017.

3.2 Il biologico in Europa

Dall’analisi del report di FiBL-IFOAM 2017, emerge che in Europa, come nel resto del mondo, vi è stato un costante aumento delle superfici coltivate a biologico e del valore del mercato dedicato allo scambio di questa tipologia di prodotti.

Nel 2015, l’area complessivamente dedicata alla produzione biologica è arrivata ai 12,7 milioni di ettari (11,2 milioni di ettari nell’Unione Europea); mentre le vendite di prodotti biologici sono triplicate, rispetto al 2005, passando dagli 11,8 miliardi di euro a 29,8 miliardi di euro (27,1 miliardi di euro nell’Unione Europea).

Secondo il report, nonostante questa crescita di mercato molto dinamica, i trends attuali mostrerebbero però come la produzione biologica europea non stia tenendo il passo con la domanda, il che potrebbe rappresentare una sfida per il futuro sviluppo del biologico in Europa.

Molti Paesi europei mostrano tassi di crescita di mercato a doppia cifra e il consumo pro capite di prodotti bio è raddoppiato nel 2015 rispetto al 2006, arrivando ai 36,4 euro (53,7 euro nell’Unione Europea).

Nonostante il mercato stia crescendo così velocemente, la produzione agricola biologica non va di pari passo, come mostrano i tassi di crescita delle superfici coltivate secondo

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il metodo biologico e del numero dei produttori. Il timore è che la sempre più sostenuta domanda di prodotti alimentari biologici verrà quindi soddisfatta dai Paesi stranieri, attraverso le importazioni, senza che i produttori europei ne traggano beneficio. [Fig. 3.13]

Figura 3.13: Europa: crescita cumulativa dell’area dedicata al biologico e delle vendite a confronto (1999-2015)

Fonte: Report FiBL-IFOAM 2017.

Sono 12,7 milioni gli ettari di terreno dedicati all’agricoltura biologica, costituendo il 2,5% (6,5% in EU) del totale dei terreni agricoli. Con quasi 2 milioni di ettari (15% del totale), la Spagna mantiene il suo primato in Europa per superficie coltivata a biologico. Al secondo posto, vi è l’Italia (12%). Seguono Francia (11%) e Germania (8%). [Fig. 3.14]

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Figura 3.14: Distribuzione dei terreni agricoli biologici in Europa

Fonte: FiBL-AMI survey 2017.

Per quanto riguarda l’utilizzo dei terreni biologici, i terreni seminativi rappresentano la maggior parte dei terreni agricoli biologici (5,5 milioni di ettari), seguiti dai pascoli permanenti (5,3 milioni di ettari) e infine dalle colture permanenti (1,4 milioni di ettari). Quest’ordine risulta diverso se ci si focalizza sulla sola Unione Europea, dove infatti i pascoli permanenti sono in testa, con 5,1 milioni di ettari, contro i 4,7 e gli 1,2 milioni dei terreni seminativi e delle colture permanenti. [Fig. 3.15]

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Figura 3.15: Distribuzione dei terreni agricoli biologici per utilizzo

Fonte: FiBL-AMI survey 2017.

In merito al numero di produttori biologici, nel 2015, vi erano circa 350.000 produttori biologici in Europa (270.000 in UE), la maggior parte dei quali in Turchia (quasi 70.000) e in Italia (quasi 53.000). Nell’arco temporale 2006-2015, la crescita del numero di operatori è stata del 72% (50% in UE).

Il numero di trasformatori, nel 2015, era pari a 60.000 (più di 58.000 in UE) e quello degli importatori era di quasi 3.700 (quasi 3.500 in UE). Il Paese con il più alto numero di trasformatori era l’Italia (quasi 15.000), mentre la Germania era il Paese con il maggior numero di importatori (più di 1.400). [Fig.3.16]

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Figura 3.16: Distribuzione dei produttori e dei trasformatori bio in Europa

Fonte: FiBL-AMI survey 2017.

Dal punto di vista delle dimensioni del mercato, come anzidetto, nel 2015, quello europeo è stimato essere pari a 29,8 miliardi di euro (27,1 in Europa). Con questi valori, l’Unione Europea rappresenta il secondo più grande mercato per i prodotti biologici, dopo gli Stati Uniti (35,8 miliardi di euro).

Ad avere il mercato più vasto è la Germania, pari a 9,5 miliardi di dollari (8,6 miliardi di euro). Seguono Francia, Regno Unito, Italia e Svizzera. Questi cinque Paesi generano circa i ¾ delle vendite europee. [Fig. 3.17]. Altri mercati rilevanti per i prodotti

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Figura 3.17: Distribuzione percentuale delle vendite di prodotti biologici

Fonte: FiBL-AMI survey 2017.

L’Europa centrale ed orientale ha un piccolo, ma in crescita, mercato di prodotti biologici. Importanti consumatori sono la Repubblica Ceca, la Polonia e l’Ungheria. In generale, questa regione è una significativa produttrice ed esportatrice di materie prime biologiche, come il grano e i cereali. Queste vengono esportate in Europa occidentale, da cui invece vengono importati i prodotti biologici finiti e trasformati.

Un indicatore importante è il peso dei prodotti biologici sul totale degli acquisti alimentari di un Paese. La più alta quota di mercato è in Danimarca, dove l’acquisto di prodotti agroalimentari biologici rappresenta l’8,4% degli acquisti di prodotti

alimentari. A seguire vi sono la Svizzera, dove la percentuale è invece del 7,7%, e il Lussemburgo, con una percentuale del 7,5%.

Alcune categorie di prodotto hanno conquistato elevate quote di mercato: ad esempio, le uova biologiche hanno una quota di mercato superiore al 10% in molti Paesi, e, in Svizzera, esse raggiungono il 24,3%. I prodotti caseari presentano una quota di mercato di oltre il 10% e il latte da solo può raggiungere percentuali anche maggiori (ad

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Figura 3.18: Quote di mercato di prodotti/categorie di prodotti biologici per Paese

I consumi pro capite di prodotti biologici risultano essere molto diversificati. I

consumatori europei spendono in media approssimativamente 36,4 euro per persona in prodotti biologici (53,7 euro in EU). Svizzera, Danimarca, Svezia e Lussemburgo sono in testa, con un consumo pro capite che supera i 150 euro, mentre Paesi quali la

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Figura 3.19: I 10 Paesi con il più alto consumo pro capite di prodotti bio

Fonte: FiBL-AMI survey 2017.

3.3 Il biologico in Italia

In questo paragrafo si vuole fare il punto sulla situazione del comparto agroalimentare biologico italiano. Dal momento che per il nostro Paese sono disponibili dati più aggiornati, si noterà una discrepanza fra i valori riportati nei due paragrafi precedenti (dati aggiornati al 31/12/2015) e quelli presenti in questa sezione (dati aggiornati al 31/12/2016 e talvolta dati riferibili ai primi mesi del 2017).

I dati a cui si fa riferimento sono tratti dal recente convegno “Tutti i numeri del bio in Italia”, tenutosi in occasione del SANA 2017, il Salone internazionale del biologico e del naturale organizzato a Bologna e sono stati raccolti dagli istituti di ricerca che

annualmente partecipano all’iniziativa: ISMEA11, SINAB12, Nomisma13 et al.

L’immagine del biologico che le analisi più recenti restituiscono è quella di un settore vitale e in espansione, in controtendenza rispetto alla contrazione che ha

complessivamente caratterizzato l’agroalimentare nello stesso periodo.

11 Istituto dei Servizi per il Mercato Agricolo alimentare. 12 Sistema d’Informazione Nazionale sull’Agricoltura Biologica.

13 Nomisma è una società indipendente che realizza attività di ricerca e consulenza economica per

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In linea con il trend di crescita ormai consolidato, nel 2016, le superfici coltivate con il metodo biologico aumentano ancora rispetto agli anni precedenti, e con esse il numero di operatori coinvolti. [Fig. 3.20 e 3.21]

Figura 3.20: Andamento di operatori e superfici in Italia (1990-2016)

Fonte: Sinab.

Figura 3.21: Variazione di operatori e superfici 2015-2016

Fonte: Sinab.

Superfici e operatori crescono per rispondere all’aumentare della richiesta di prodotti biologici del mercato.

L’incidenza percentuale della SAU (Superficie Agricola Utilizzabile) biologica sulla

SAU totale è pari al 14,5%.14

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Le regioni meridionali e insulari conducono l’agricoltura biologica italiana, con in testa Sicilia, Puglia e Calabria, le quali detengono il 46% della superficie biologica nazionale. Queste risultano anche le regioni italiane con il maggior numero di operatori impegnati sul fronte del biologico (45% degli operatori nazionali). [Fig. 3.22 e 3.23]

Figura 3.22: Superfici per Regione 2015-2016.

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Figura 3.23: Operatori per regione 2015-2016

Fonte: Sinab.

Le prime tre Regioni per numero di produttori sono: Calabria (11.054), Sicilia (10.657) e Puglia (9.315). La classifica cambia se si guarda al numero di trasformatori e

importatori: Puglia (1.942), Toscana (1.913), Sicilia (1.908).

Già nel 2015, con un aumento nel numero dei trasformatori nelle Regioni del Sud e Isole (+15,1%), percentuale solo leggermente più alta della media nazionale, si era determinato un ribaltamento della precedente situazione duale dell’agricoltura biologica italiana che vedeva il Sud della penisola tipicamente produttore e il Centro-Nord

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Figura 3.24: Operatori e superfici regionali

Fonte: Sinab.

Sia nel numero di operatori che nell’estensione delle superfici biologiche regionali si registrano aumenti in quasi tutte le Regioni. Gli unici casi di variazioni negative, nel biennio 2015-2016, sono rappresentati da Umbria (-21,3% numero di operatori), Sardegna (-10,8% numero di operatori e -3,7% SAU biologica) e Toscana (-0,6% SAU biologica). [Fig. 3.24]

Probabilmente, lo sviluppo del settore è stato incentivato anche dall’avvio del ciclo di

programmazione 2014-2020 dei fondi comunitari.15

Ulteriori elementi informativi interessanti sono quelli di carattere comparativo,

riguardanti le dimensioni delle aziende biologiche e la media dimensionale per regione, due aspetti che si segnalano come diversi rispetto alla media nazionale delle aziende agroalimentari in generale.

In base all’ultima indagine sulle strutture agrarie dell’Istat, relativa al 2013, l’azienda biologica ha un’estensione media pari a 28,4 ettari, mentre le aziende agroalimentari in

15 Si vuole qui fare riferimento al Programma di Sviluppo Rurale 2014-2020 per l’impiego delle risorse

del Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale (Psr Feasr 2014-2020). Tra gli obiettivi del PSR vi è la gestione efficiente e sostenibile delle risorse naturali. Le aziende biologiche possono dunque, secondo modalità diverse da Regione a Regione, ricevere incentivi economici e agevolazioni finanziarie. Per maggiori informazioni si veda il Reg. UE 1305/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio.

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generale occupano, in media, una superficie più ridotta, pari 8,4 ettari. Inoltre, in generale, le aziende agroalimentari di dimensioni maggiori si troverebbero al Nord, mentre ciò non è vero se ci si focalizza sul settore bio, dove Centro e Sud presentano le aziende con superfici maggiori.

Per quanto riguarda l’uso del suolo, a livello nazionale, i dati Sinab riguardanti il triennio 2014-2016, mostrano un aumento sostenuto per le superfici dedicate ad alcune categorie di prodotto quali: gli ortaggi (+49%), i cereali (+33%), la frutta (+27%) e le colture foraggere (+21%). [Fig. 3.25]

Figura 3.25: Superfici dei principali orientamenti produttivi 2014-2016

Fonte: Sinab.

Sempre secondo l’Istat SPA 2013, gli orientamenti produttivi, condotti secondo il metodo biologico, che hanno un’incidenza sulla SAU totale, dedicata alla categoria di prodotto, pari o superiore al 14,5% sono i seguenti: agrumi (28%), olivo (21%), coltivazioni leguminose agrarie (20%), fruttiferi (18%), ortive e foraggere avvicendate (17%), vite (16%) e prati permanenti e pascoli (15%).

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A livello regionale, i dati Sinab mostrano come la produzione si concentri in alcune Regioni. I cereali vengono coltivati per quasi il 50% in tre regioni del Sud: Puglia (20%), Sicilia (15%) e Basilicata (12%). La produzione di riso è per il 98% praticata in Piemonte (44%) e Lombardia (54%). Tra le colture permanenti, oltre alla prevedibile situazione degli agrumi, coltivati per il 91% in Sicilia e Calabria, la vite è presente maggiormente in Sicilia (38%), Puglia (14%) e Toscana (13%), mentre l’olivo è coltivato perlopiù in Puglia (32%), Calabria (31%) e Sicilia (14%).

In merito al consumo di prodotti biologici da parte delle famiglie italiane, i dati sono ancora più recenti e riguardano spesso il primo semestre del 2017.

Nel primo semestre 2017, la spesa per i prodotti biologici rappresentava circa il 3% della spesa agroalimentare complessiva, tuttavia l’incidenza del bio era particolarmente marcata nei settori di miele, uova, frutta e ortaggi. [Fig. 3.26]

Figura 3.26: Incidenza della spesa per consumi BIO sull’agroalimentare per settore (Gen-Giu 2017, %)

Fonte: Ismea, Nielsen metodo misto.

Limitando l’analisi alle vendite di prodotti biologici nella GDO, si può vedere come il consumo di biologico segua un percorso diverso rispetto al consumo alimentare in generale, presentando tassi di variazione a due cifre. [Fig. 3.27]

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Figura 3.27: Andamento dei consumi dal 2003 al I semestre 2017

Fonte: Panel Retail Ismea-Nielsen-GFK Eurisko.

Sempre confrontando l’agroalimentare biologico e il settore agroalimentare generico, si può notare come, nel 2016, i consumi dei principali comparti alimentari mostrino una crescita per il prodotto nella versione biologica, a dispetto della contrazione

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Figura 3.28: Trend dei consumi dei principali comparti alimentari (2016)

Fonte: Ismea-Nielsen.

Nel primo semestre del 2017, la dinamica degli acquisti agroalimentari e biologici per comparto si presenta un po’ diversa. Le spese dell’agroalimentare aumentano –

eccezion fatta per latte e derivati, il consumo dei quali aumenta solo nella loro versione biologica – seppure in maniera ridotta rispetto alla spesa per prodotti bio. Unica

controtendenza è rappresentata dagli ortaggi, il cui consumo aumenta maggiormente nella versione convenzionale. [Fig. 3.29]

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Figura 3.29: Dinamica degli acquisti agroalimentari e biologici per comparto (Gen-Giu 2017, %)

Fonte: Ismea-Nielsen.

Guardando i consumi complessivi del settore biologico e quindi a tutte le modalità distributive attraverso le quali è possibile accedere a queste tipologie di prodotto (GDO,