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Scambio di informazioni nel Modello OCSE e cooperazione fiscale internazionale

CAPITOLO 3. PROBLAMATICHE TECNICHE E OPERATIVE DELL’ATTIVITA’ ISTRUTTORIA

3.2 Scambio di informazioni nel Modello OCSE e cooperazione fiscale internazionale

La crisi economica e finanziaria, esplosa nel 2008, ha sottoposto i bilanci ed i sistemi fiscali nazionali a pressioni sempre maggiori. Il dibattito internazionale sulla necessità di una cooperazione effettiva in ambito fiscale ha evidenziato come i Paesi possano diventare sempre più vulnerabili nei confronti dei fenomeni di evasione ed elusione fiscale. I cosiddetti “Paradisi fiscali”, che non applicano gli standards di trasparenza e scambio di informazioni, possono agevolare (se non incoraggiare) tali fenomeni, con conseguenze insidiose per la sovranità fiscale di altri Stati.Durante il G20 di Londra del 2 aprile 2009, i capi di Stato e di Governo si sono ritrovati d’accordo nell’adottare provvedimenti contro “le piazze non cooperative, dichiarandosi altresì pronti ad introdurre ed applicare sanzioni a protezione delle finanze pubbliche e dei sistemi finanziari. Da allora, il processo di adeguamento degli Stati ai principi OCSE di trasparenza e scambio di informazioni è stato inarrestabile, tant’è che i progressi nel superamento del segreto bancario, registrati nel corso degli ultimi anni, risultano incomparabili rispetto al decennio precedente.”97. Nel corso del 2009, infatti, 4 Stati membri dell’OCSE (Austria, Belgio, Lussemburgo e Svizzera) e tutti gli Stati non-membri OCSE (tra cui Brasile, Cina e Tailandia) hanno ritirato le loro riserve all’art. 26 (versione 2005) del Modello OCSE, mentre Andorra, Liechtenstein e Monaco hanno aderito ai suindicati standards di trasparenza. In ossequio al processo di adeguamento agli standards internazionali di trasparenza e scambio di informazioni, perfezionato da Austria, Belgio, Lussemburgo e Svizzera nel 2009, nella versione del 2010 del Modello OCSE risultano eliminati i paragrafi da 23 a 26 del Commentario all’art. 26, i quali contengono le riserve dei suindicati Paesi sull’inclusione del paragrafo 5 dell’art. 26 nelle rispettive convenzioni bilaterali.

Per effettuare un controllo fiscale di tenore internazionale, volto ad individuare le residenza di un soggetto di diritto estero, è necessario coinvolgere anche lo Stato

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dove l’impresa, presunta esterovestita, ha localizzato la propria sede legale coinvolgendo il potere tributario e di accertamento di altri Paesi. In virtù di ciò, un elemento fondamentale del diritto tributario internazionale è rappresentato dal

principio di territorialità, che sulla base di alcune interpretazioni presenta una

componente materiale e una formale: la prima si sostanzia nel divieto per i Paesi di produrre norme tributarie che abbiano come presupposto dell’imposta fattispecie aventi elementi oggettivi o soggettivi di extraterritorialità; la seconda si traduce nell’impossibilità da parte dei Paesi di mettere in atto la loro pretesa tributaria in territori appartenenti ad altri Stati.98 Si è visto però, che dando seguito

a questo principio si “finiva per condizionare l’esercizio in concreto della potestà

tributaria perché gli Stati si ritenevano autorizzati a colpire quelle fattispecie che esaurivano i loro elementi nel presupposto oggettivo e soggettivo, dello spazio dello Stato”99, e proprio per questo si è affermato il worldwide taxation principle.

Verso questo orientamento si è diretta la maggior parte della dottrina, che infatti si è allontanata sempre più dal principio di territorialità. Le legislazioni tributarie oggi sono fondate su criteri di collegamento tra fattispecie e sulla pretesa tributaria, entrambi, incentrati sul legame tra soggetti passivi dell’imposizione e Stato. E’ emerso, inoltre, un altro elemento fondamentale ovvero la volontà di definire un percorso volto ad evitare il conflitto tra la potestà che gli Stati possono esercitare nei propri territori. Infatti, sono state predisposte alcune forme di cooperazione tra le quali: lo scambio di informazioni, le verifiche congiunte100, l’assistenza in materia di riscossione, la possibilità che gli Stati cooperino nell’ambito giudiziario, recependo e dando rilevanza alle sentenze emanate dalle giurisdizioni straniere, garantendo alle stesse l’efficacia tipica dell’atto giurisdizionale all’interno del proprio ordinamento.101 Per far sì che tali forme di

98 R. Baggio. Il principio di territorialità ed i limiti alla potestà tributaria, Giuffrè, Milano, 2009, p.11 99 C. Sacchetto, L’evoluzione del principio di territorialità e la crisi della tassazione del reddito mondiale

nel paese di appartenenza, in Rivista di Diritto Tributario Internazionale, 2001, p. 53 ss.

100 Cfr. S. Capolupo, L’accertamento delle imposte, Roma, p. 2011, p. 3008, nel quale si legge: “L’effettuazione delle verifiche simultanee costituisce indubbiamente uno strumento utile per ricostruire

l’effettiva capacità contributiva del soggetto economico (…). Si tratta di uno strumento pratico e flessibile, sottratto, almeno in parte, alle rigide procedure che, di norma, caratterizzano la cooperazione internazionale”.

101 C. Sacchetto, Esterovestizione societaria. Disciplina tributaria e profili tecnico-operativo, G. Giappichelli, Torino, 2017, pp. 241, 242.

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cooperazione tra le Amministrazioni possano operare è necessario che sia presente il principio di reciprocità attraverso il quale lo Stato richiedente può ottenere assistenza solo qualora la fornisca all’altro Stato in maniera analoga a quella pretesa. Il rigore con cui tale principio va inteso non deve essere limitante, come sostenuto dal Commentario OCSE102, poiché altrimenti potrebbe costituire un

ostacolo all’effettivo scambio di informazioni.

I poteri e gli strumenti ai quali le Amministrazioni finanziarie degli Stati fanno riferimento per poter procedere affettivamente agli scambi di dati e notizie sono rappresentati:

- Dall’art. 2 della Direttiva 77/799/CEE del Consiglio103, modificata dalle Direttive 2003/93/CE del 7 ottobre 2003 e 2004/56/ del 21 aprile 2004 (n.d.r. dal 1 gennaio 2013 in luogo della direttiva del 1977 si applica la Direttiva 2011/16/UE per quando concerne lo scambio di dati e notizie tra Stati appartenenti all’Unione Europea e tra gli Stati appartenenti allo Spazio Economico Europeo);

- Dall’art. 26 del Model Tax Convention on Income and Capital104 che

costituisce modello per la conclusione di Double Taxation Convention e

102 Art. 26, paragrafo 15: (…) Tuttavia è noto che un’applicazione troppo rigorosa del principio di

reciprocità potrebbe vanificare l’efficacia dello scambio di informazioni e che la reciprocità dovrebbe essere interpretata in modo ampio e pragmatico.

103 Articolo 2 - Scambio su richiesta

1. L'autorità competente di uno Stato membro può chiedere all'autorità competente di un altro Stato membro di comunicargli le informazioni di cui all'articolo 1, paragrafo 1, per quanto concerne un caso specifico. L’autorità competente dello Stato cui la richiesta di informazioni è rivolta non è tenuta ad ottemperare a tale richiesta se risulta che l’autorità competente dello Stato richiedente non ha esaurito le abituali fonti di informazione che avrebbe potuto utilizzare, secondo le circostanze, per ottenere le informazioni richieste senza mettere in pericolo i risultati dell’inchiesta.

2. Ai fini della comunicazione delle informazioni di cui all’articolo 1, paragrafo 1, l’autorità competente dello Stato membro cui la richiesta è rivolta fa eseguire, se del caso, le indagini necessarie per ottenere dette informazioni. Per procurarsi le informazioni richieste, l'autorità interpellata, o l'autorità amministrativa cui essa si rivolge, procede come se agisse per conto proprio o su richiesta di un'altra autorità del proprio Stato membro. (Comma aggiunto dall’art. 1 della Direttiva 2004/56/CE)

104 Articolo 26 SCAMBIO DI INFORMAZIONI

1. Le autorità competenti degli Stati contraenti scambiano tali informazioni come è necessario per l'esecuzione delle disposizioni della presente Convenzione o delle leggi nazionali di imposta di ogni tipo e descrizione previste dagli Stati contraenti, o dalle loro suddivisioni politiche o autorità locali, nella misura in cui la tassazione non è contraria alla Convenzione. Lo scambio di informazioni non è limitato dagli articoli 1 e 2. Qualsiasi informazione ricevuta da uno Stato Contraente deve essere considerata segreta cosi come le informazioni ottenute secondo le leggi nazionali di quello Stato e devono essere divulgate solo a persone o autorità (compresi i tribunali e gli organi amministrativi) che si occupano di valutazione o raccolta, esecuzione o azione giudiziaria o in relazione alla determinazione di ricorsi in relazione alle imposte di cui alla prima frase. Tali persone o autorità utilizzeranno le informazioni solo per tali scopi.

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inoltre è considerato lo standard internazionale in materia di trasparenza e scambio di informazioni.Negli ultimi anni, infatti, sulla spinta politica del G20 e grazie ai lavori del Global Forum on transparency and exchange of

information for tax purposes, il criterio in base al quale una giurisdizione è

inclusa nelle black-list dell’OCSE è la sua attitudine cooperativa in ambito tributario internazionale.

Qualora venisse effettuata una verifica fiscale nei confronti di una holding capogruppo residente in Italia, controllante una o più imprese estere, e venissero individuate ipotesi di esterovestizione societaria, risulterà necessario attivare lo scambio di informazioni con il competente organo collaterale estero al fine di: ricostruire il reddito ed i ricavi della società estera, acquisire i bilanci e le delibere assembleari e ottenere dati e notizie inerenti alla struttura societaria della holding. Altre informazioni possono essere richieste direttamente alla società estera e per farlo è necessario che le Autorità degli Stati in cui è residente lo stesso soggetto notifichino a questo, atti e decisioni dell’Amministrazione finanziaria italiana. A questo proposito risulta utile fare riferimento a quelle che sono le procedure di notifica degli atti tributari inerenti al fenomeno dell’esterovestizione societaria ed agli atti di natura endoprocedimentale o di avvio dell’attività ispettiva. Nel momento in cui la notifica debba essere eseguita nei confronti di contribuenti residenti in Paesi dell’Unione Europea si può applicare l’art. 60-bis del D.P.R. n. 600/1973105. Nel caso in cui vi sia un soggetto per il quale si voglia

Possono divulgare le informazioni solo ai fini dei procedimenti giudiziari. 2. In nessun caso le disposizioni del paragrafo 1 devono essere interpretate in modo da imporre a Stato contraente l'obbligo: a) per eseguire misure amministrative in deroga alle leggi e pratiche amministrative di questo o dell'altro Stato contraente; b) fornire informazioni che non sono ottenibili secondo le leggi o nel normale corso dell'amministrazione di quello o dell'altro Stato contraente; c) fornire informazioni che possano rivelare qualsiasi attività commerciale, industriale, segreto commerciale o professionale o processo commerciale, o informazioni, di cui la divulgazione sarebbe contraria all'ordine pubblico.

105 Art. 60-bis: Assistenza per le richieste di notifica tra le autorità competenti degli Stati membri dell'Unione europea.

1. L'Amministrazione finanziaria può chiedere all'autorità competente di un altro Stato membro di notificare al destinatario, secondo le norme sulla notificazione dei corrispondenti atti vigenti nello Stato membro interpellato, tutti gli atti e le decisioni degli organi amministrativi dello Stato relativi all'applicazione della legislazione interna sulle imposte indicate nell'articolo 1 della direttiva 77/799/CEE del 19 dicembre 1977 del Consiglio, modificata dalla direttiva 2003/93/CE del 7 ottobre 2003 delConsiglio edalladirettiva2004/56/CE del 21 aprile 2004 del Consiglio.

2. Su domanda dell'autorità competente di un altro Stato membro, l'Amministrazione finanziaria procede, secondo le norme di legge in vigore per la notifica dei corrispondenti atti nel territorio nazionale, alla

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verificare la presenza dei requisiti di cui al comma 5-bis dell’art. 73 del TUIR, la suddetta procedura risulta efficace nell’ambito dell’avvio dell’attività ispettiva, qualora sia indispensabile convocare in Italia i rappresentanti legali dell’impresa estera per fornire all’Amministrazione finanziaria italiana la prova contraria utile a superare la presunzione legale relativa, prevista dalla sopracitata norma. Inoltre tale notificazione si rivela adatta ai fini dell’attività ispettiva nel caso in cui si voglia inoltrare al soggetto estero un questionario che consenta all’Amministrazione finanziaria nazionale di conseguire dati e informazioni utili ai fini dell’accertamento. Un ulteriore caso è quello in cui il soggetto da indagare sia residente in uno Stato appartenente all’OCSE. Qui la procedura di acquisizione e scambio verrà effettuata direttamente dai collaterali esteri ed inviati nel Paese richiedente, attraverso la procedura prevista dall’Art. 26 del Modello di Convenzione OCSE. Prima di analizzare il suddetto articolo è importante capire come e perché si realizza la cooperazione internazionale: ciascun Paese esercita i propri poteri rispettando le norme e i principi generali previsti dall’ordinamento interno. Però gli Stati congiuntamente possono esercitare in concreto funzioni amministrative che hanno scopi comuni tra i quali la tutela degli interessi solidaristici (cooperazione internazionale in senso stretto). Inoltre la cooperazione entra in gioco qualora vi sia un Paese che, da solo, non riesce a far valere i propri diritti e per farlo è necessario l’intervento di uno o più Stati, i quali sulla base di norme internazionali si adoperano per ottenere l’obiettivo perseguito (cooperazione internazionale in senso ampio). Quindi tale cooperazione rappresenta l’insieme delle “attività poste in essere dagli Stati al fine di

raggiungere scopi di natura tributaria di un altro Stato ed esplicatesi attraverso strumenti di natura amministrativa o giurisprudenziale”106. Uno Stato sarà

disposto a prestare supporto ad altri “a condizione di poterla esigere alle stese

notifica al destinatario di tutti gli atti e le decisioni delle autorità amministrative dello Stato membro richiedente relativi all'applicazione, nel suo territorio, della legislazione sulle imposte indicate nell'articolo 1delladirettiva77/799/CEE.

3. La domanda di notifica indica il contenuto dell'atto o della decisione da notificare e contiene il nome, l'indirizzo del destinatario e qualsiasi altro dato utile ai fini dell'identificazione dello stesso. 4. L'Amministrazione finanziaria informa immediatamente l'autorità richiedente circa il seguito dato alla domanda di notifica, comunicando la data in cui l'atto o la decisione sono stati notificati al destinatario. 106 C. Sacchetto, Tutela all’estero dei crediti tributari dello Stato, CEDAM, Padova, 1978, p.209.

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condizioni”107. La collaborazione dovrà essere realizzata sulla base di una disciplina unitaria che può trovare accoglimento esclusivamente in accordi internazionali, recepiti in seguito ed eventualmente integrati da norme interne. Possono essere ricomprese indirettamente tutte le fonti secondarie del diritto comunitario. Anche se, come ha ribadito autorevole dottrina, “non solo

mancherebbe una norma positiva capace di imporre l’obbligo di cooperazione, ma addirittura sarebbe presente un principio negativo, diretto ad imporre la non collaborazione fra gli Stati in materia tributaria”108. Non tutta la dottrina

condivide tale orientamento infatti si ritiene che l’assenza di cooperazione internazionale sia riconducibile esclusivamente a considerazioni giuridiche interne ai singoli ordinamenti, ma anche a valutazioni di opportunità politica109. Nella

sostanza il diritto internazionale non stabilisce ma allo stesso tempo non proibisce alle Autorità dei Paesi la possibilità di collaborare per dare atto alla pretesa tributaria degli omologhi. Le motivazioni di un eventuale rifiuto da parte di uno di essi devono essere ricondotte alle norme di diritto interno. La realizzazione di

“valori tributari stranieri”110 avviene tramite i trattati internazionali eterogenei tra

loro. Tra questi vi sono:

- le convenzioni internazionali contro le doppie imposizioni che si basano sul principio della reciprocità e condizionano indirettamente la collaborazione fra gli Stati in relazione alla loro pretesa tributaria. Le stesse possono essere generali o particolari. Nel primo caso l’obiettivo di fondo è quello di evitare la doppia imposizione, nel secondo caso l’elemento cruciale è rappresentato dallo “scambio

di informazioni, la mutua assistenza nella riscossione dei crediti o altre forme di cooperazione tra Paesi in ambito fiscale”111. Essenzialmente lo scopo principale

di tali strumenti è quello di evitare che la medesima fattispecie imponibile generi

107 Cfr. F. Ardito, La cooperazione internazionale in materia tributaria, Cedam, Padova, 2007, p. 14. 108 Cfr. F. Persano, La cooperazione nello scambio di informazioni, G. Giappichelli, Torino, 2005, p.10 109 G. A. Micheli, Problemi attuali di diritto tributario nei rapporti internazionali, in Dir. E Prat. Trib., Padova, 1965.

110 Cfr. F. Persano, La cooperazione nello scambio di informazioni, G. Giappichelli, Torino, 2005, p.21. 111 Cfr. V. Uckmar, G. Corasanti, P. dè Capitani di Vimercate, Manuale di diritto tributario internazionale, CEDAM, Padova, 2012, p. 48.

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un duplice prelievo fiscale in un contesto caratterizzato dal contrasto alle frodi, alle elusioni e all’evasione fiscale internazionali;

- le convenzioni in materia di mutua assistenza tributaria che riguardano anche l’accertamento e, in alcuni casi, la riscossione dei tributi. L’assistenza si concretizza solitamente nella fase di accertamento assumendo due forme: la prima è della collaborazione fra i servizi amministrativi dei Paesi interessati ovvero verifiche, inchieste, perizie ed altri atti diretti all’accertamento dell’imponibile e alla determinazione dell’ammontare dell’imposta. Per poter cooperare le Amministrazioni centrali degli Stati interessati predispongono degli accordi interministeriali in modo tale da disporre di un diritto interno uniforme che agevola la risoluzione della questione in oggetto; la seconda è lo scambio di informazioni, che rappresenta il metodo più consueto relativamente a determinate categorie di documenti e dati rigorosamente previsto da convenzioni tra Stati. Tale procedura si sostanzia nella trasmissione all’Amministrazione finanziaria che ha richiesto dei dati, utili ai fini dell’accertamento tributario, da parte del Paese interessato. Questi accordi di cooperazione sono stati azionati per far fronte ad una sempre maggiore mobilità dei contribuenti e dei capitali, al crescente numero di operazioni transfrontaliere e alla globalizzazione degli strumenti finanziari. Proprio in questo panorama è emersa la necessità per gli Stati di attribuire carattere internazionale all’accertamento. E il ruolo che gioca lo scambio di informazioni in tale contesto assume un’importanza fondamentale.

Dalla prassi operativa si evince che i modi di agire (patologici) dei contribuenti a livello internazionale, tra i quali quello dell’esterovestizione, sono inclini a sfruttare le difficoltà degli organi deputati all’attività accertativa di ottenere, presso Paesi esteri, informazioni dati ed elementi indispensabili per costruire un solido impianto probatorio. Si deve specificare, inoltre, che le diverse forme di cooperazione internazionale, attuabile attraverso divere modalità, riguardano solamente soggetti nei confronti dei quali è già stata avviata una attività ispettiva. La stessa, a norma della legge 31 luglio 2000, n. 212, andrà ultimata non oltre determinati termini, motivo per il quale, frequentemente, è reso inutile ogni possibile confronto internazionale. Queste scadenze spesso non permettono che si

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concretizzi l’accertamento a causa della complessità dell’attività ispettiva e soprattutto a causa della variabilità del livello di operatività degli strumenti utilizzati dalle Amministrazioni finanziarie112.

Lo strumento principale di cooperazione tra Stati nell’ambito dell’accertamento tributario è rappresentato dallo scambio di informazioni, che ha visto nel tempo una forte evoluzione sia da un punto di vista quantitativo che funzionale. Infatti ad oggi lo scopo di tale strumento non è solo quello di arginare il “conflitto positivo di tassazione” ma anche quello della corretta applicazione degli ordinamenti tributari dei singoli Paesi e della prevenzione dell’evasione, delle frodi e dell’elusione. In questa prospettiva di cambiamento, lo scambio di informazioni partendo dal problema della doppia imposizione ha ampliato il suo campo di applicazione a tutte le tipologie di tributi (non solo le imposte sul reddito ma anche l’IVA, le imposte sulla successione e donazione e inoltre quelle doganali). Inoltre, le informazioni scambiate possono avere come oggetto fatti o notizie attinenti, sia ai soggetti residenti sia a tutti i contribuenti (anche potenziali) dei Paesi interessati allo scambio. Relativamente a quest’ambito ci sono state diverse innovazioni che hanno determinato una intensa modificazione delle tecniche di trasmissione delle informazioni infatti si è passati dallo scambio a richiesta a quello spontaneo per finire con quello automatico realizzato mediante l’utilizzo di collegamenti informatici113.Il cambiamento ha interessato l’oggetto dello scambio, si è passato

dalla semplice notizia al più complesso documento fino all’acquisizione diretta della prova su richiesta di un altro Paese.

Restando in tema di evoluzione, in passato era possibile ravvisare lo stesso interesse nel contrastare la doppia imposizione sia da parte del contribuente che del Paese, mentre adesso è evidente come la presenza di un collegamento funzionale tra scambio di informazioni e rispetto delle disposizioni tributarie abbia indotto la nascita di conflitti tra Stato e contribuente114.

112 C. Sacchetto, Esterovestizione societaria. Disciplina tributaria e profili tecnico-operativo, G. Giappichelli, Torino, p.249.

113 Il riferimento deriva da: OCSE, Tax Information Exchange between OECD members countries, Survey

of current practice, Parigi, 1994, p. 1313.

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La disciplina dello scambio di informazioni è stabilita dai Trattati di diritto internazionale, sia bilaterali che tra più Paesi. Tale impostazione deriva dalla delicatezza della materia tributaria e dal forte legame tra potestà impositiva ed esercizio della sovranità statuale. Gli ordinamenti, appunto, possono prevedere deroghe a quest’ultima solamente se vengono definiti accordi che assicurino, in seguito alla loro entrata in vigore, il rispetto del principio di reciprocità.

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