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Le scelte condivise di pianificazione come strumento di armonizzazione dell’azione

Come fa comprendere la riflessione finale del precedente paragrafo la necessità di creare una “leale collaborazione” tra le varie amministrazioni dello Stato si avverte in modo stringente nel settore portuale.

Tuttavia abbiamo già esposto come il contrapporsi di interessi fra i soggetti pubblici agenti sul governo del territorio in generale e sul governo del territorio portuale in particolare, renda oltremodo impellente la ricerca di una soluzione condivisa.

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CACCIAVILLANI C. “L’impatto del sistema portuale sull’assetto territoriale,ambientale” in

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Queste tematiche di “governo del territorio”, mettono in luce la grande complessità delle scelte di pianificazione, le quali si devono districare fra i vari livelli governo creati dalle non sempre felici scelte di decentramento poste in essere dal legislatore costituzionale.

Infatti prima di affrontare nello specifico la particolarità dell’attività di pianificazione che interessa il territorio portuale è necessario ricostruire seppur brevemente l’evoluzione della disciplina dell’urbanistica e del governo del territorio,di cui il Piano regolatore portuale costituisce una particolare specie. Il primo modello di pianificazione territoriale dell’ordinamento giuridico statale italiano è racchiuso all’interno della risalente disciplina contenuta all’interno della Legge 17 agosto 1942, n.1150. Tale disciplina si caratterizza per essere ispirata da un sistema “a piramide rovesciata”22

ed è riconosciuto da gran parte della dottrina come tale modalità di pianificazione urbanistica abbia dimostrato la sua scarsa funzionalità.23

Un chiaro indice di questa inadeguatezza è costituito dal fatto che il processo di formazione ed adozione dei piani è basato su controlli “a valle” dei procedimenti e sulla definitiva approvazione da parte di potere superiore, il quale non collabora con l’ente che elabora il piano.

A questo originario sistema di pianificazione urbanistica vengono rivolte molteplici critiche, in merito soprattutto alla tempistica estremamente lunga necessaria per la formazione dei piani, specialmente tra la fase dell’adozione e quella successiva di approvazione, ma anche al difficile coordinamento degli interessi differenziati coinvolti, al progressivo affermarsi di varianti atipiche e

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SALVIA F. – TERESI.F. “Lineamenti di diritto urbanistico”, ed anche BARTOLI M.A. – PREDIERI A. “Piano regolatore” in Enc.Dir.,XXXIII, Milano 1983.

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conseguentemente ad una scarsa effettività dei processi di regolazione del territorio. Il profilo più critico di questo sistema è stato individuato nel procedimento di formazione e di revisione degli strumenti urbanistici, in particolare dei piani regolatori comunali.

Il procedimento di formazione di tale piano viene tradizionalmente inserito tra i procedimenti complessi24 derivanti da due distinti sub-procedimenti connessi,

aventi la loro sede rispettiva in due diversi livelli di governo: il Comune e lo Stato (oggi la Regione).

Un’altra criticità che viene in rilievo durante l’analisi della disciplina del Piano regolatore comunale è che tra il momento iniziale del procedimento di adozione del piano ed il momento finale di approvazione, il piano si trova normalmente a subire, alcune modifiche e variazioni, in funzione di verifiche di coerenza e di compatibilità con i diversi interessi pubblici coinvolti.25

Con la riforma del Titolo V della Costituzione intervenuta nel 2001, Legge Costituzionale n.3/2001, la materia dell’urbanistica è stata inserita nella più ampia nozione di governo del territorio ed sono stati sanciti costituzionalmente i principi di sussidiarietà, differenziazione ed adeguatezza nei rapporti tra i diversi livelli di governo. Una conseguenza diretta di questa ripartizione dei poteri all’interno dell’ordinamento giuridico statale è stata il mutamento della prospettiva di pianificazione del territorio, per effetto del quale i vari livelli di governo sono chiamati non più ad agire in modo separato, ma a perseguire il principio di collaborazione e cooperazione istituzionale.

24 Tale definizione è stata elaborata da GIANNINI M.S. nell’opera: “Sull’imputazione dei Piani

regolatori” in Giur.Compl. Cass. Civ. 1950.

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CROSETTI A. in “La semplificazione procedimentale nel governo del territorio: conferenze e

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La nuova struttura dello Stato delineata dall’opera di revisione costituzionale ha come corollario, il principio della pari dignità tra ciascun livello di governo che partecipa al processo di pianificazione del territorio, con una concreta applicazione della sussidiarietà tra enti: l’applicazione di questo nuovo assetto ha determinato un modello di pianificazione del territorio in cui ogni ente è chiamato ad esprimersi in base al proprio livello di competenza e conseguentemente pianifica il proprio livello di governo territoriale rapportandosi in modo coordinato e collaborativo con gli altri poteri dello Stato.26

Nell’ambito della pianificazione urbanistica questa nuova impostazione ha determinato un passaggio dal sistema tradizionale costituito da una insieme di piani ordinati in via gerarchica , volti a regolare ed organizzare gli usi del suolo, ad un sistema basato sulla collaborazione e cooperazione tra enti territoriali, che nel governo del territorio ha trovato la sua espressione nella c.d. copianificazione.27

Questa metodologia che si esplica sull’opera di pianificazione è volta a superare il precedente sistema dei piani ordinati gerarchicamente per giungere ad un processo di sussidiarietà orizzontale e cooperativo tra enti, al fine di assicurare un migliore bilanciamento degli interessi coinvolti nel governo del territorio.

Il modello della pianificazione condivisa postula modalità di relazione tra enti e tra enti ed utenza, basate sul coinvolgimento e la partecipazione dei diversi

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Tali esigenze di tipo collaborativo e partecipativo della pianificazione del territorio erano già state teorizzate da risalente dottrina. SANDULLI A.M. “Competenze e coordinamento delle

competenza nella pianificazione urbanistica territoriale e in quella comunale” in Riv.Giur. ed 1961.

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Tale modello è stato fortemente sostenuto nelle proposte di legge di riforma urbanistica avanzate dall’Istituto Nazionale di Urbanistica (INU) e con convincenti argomentazioni confortate da contributi di autorevole dottrina, vd.

BARBIERI C.A. “Da un sistema a processo ad una pianificazione del territorio basato su

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soggetti pubblici interessati al procedimento di pianificazione, così in questo modo garantendo la più ampia integrazione e concertazione nelle scelte. Tale metodologia permette agli enti coinvolti di condividere, in una logica di dialogo nella fase procedimentale, la complessa definizione del quadro conoscitivo, degli obiettivi, dei metodi e dei contenuti del piano regolatore da adottare.

In questa prospettiva si tratta di costituire rapporti istituzionali maggiormente orizzontali, fondati sulla sussidiarietà, sull’adeguatezza, sulla responsabilità amministrativa e conseguentemente su metodi e procedure di cooperazione tra gli enti territoriali, di concertazione e partecipazione degli altri soggetti pubblici e privati.

La normativa di alcune Regioni ha adottato all’interno della sua disciplina delle modalità procedimentali volte a ribaltare il meccanismo tradizionale di pianificazione “gerarchica”, al fine di perseguire l’obiettivo di far collaborare all’interno dello stesso procedimento tutti i soggetti che hanno responsabilità in ordine al governo di quella porzione di territorio.

Pertanto la copiafinicazione come espressione della collaborazione delle varie istituzioni che compongono l’ordinamento giuridico statale è applicazione concreta del principio di sussidiarietà ed è volta a superare la frammentarietà degli interessi locali.

Per concludere la c.d. copianificazione intende essere uno strumento risolutivo, capace di riportare coerenza nel sistema delle pianificazioni separate e settorial,i il quale si fonda sulla diversità dei vari livelli istituzionali che pianificano.

Il modello di copianificazione si ispira al modello dell’intesa, anche se nella prassi amministrativa e normativa è fatto largo uso dello strumento dell’accordo previsto

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all’art.15 della legge n.241/1990, il quale può essere utilizzato “per disciplinare lo svolgimento in collaborazione di attività di interesse comune”.

Il momento centrale del procedimento in cui trova esplicazione il modello della pianificazione condivisa è costituito dalla fase partecipativa per la composizione dei diversi interessi in gioco, sia pubblici che privati.

Pertanto si può concludere questa riflessione affermando che è sempre auspicabile la massima collaborazione fra amministrazioni per la approvazione e attuazione di ogni atto di governo del territorio; ma non solo, si illustrerà successivamente come anche nel Piano regolatore portuale ciò si palesi come una necessità irrinunciabile, al fine di sanare contrapposizioni di interessi che aggravano in modo considerevole la tempistica del procedimento.