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L’art.4, 3° comma della Legge 28 gennaio 1994, n.84 prevede che i porti affidati alla gestione delle Autorità portuali possano svolgere una pluralità di funzioni ed

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Le “linee guida” definiscono il “porto operativo” e indicano che esso contiene le aree portuali propriamente dette, strettamente connesse alle funzioni portuali primarie: ormeggio delle navi, carico e scarico delle merci, stoccaggio in magazzini e/o piazzali, servizi portuali, ecc…; mentre il sotto ambito “interazione città-porto”comprende le attrezzature connesse ai servizi portuali, ma anche “al commercio, alla direzionalità ed alla cultura, attività propriamente urbane”.

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in essi si possano svolgere attività di diversa natura: commerciale, industriale, petrolifera, di servizio passeggeri, peschereccia, turistica e da diporto.

Gli scali marittimi italiani, come si è più volte sottolineato, in quasi la loro totalità possiedono la precipua caratteristica di ospitare al loro interno una molteplicità di attività, pertanto una razionale organizzazioni degli spazi attraverso la zonizzazione risulta indispensabile; un’organizzazione funzionale degli spazi permette di poter ospitare all’interno dell’ambito portuale nuove attività, senza per questo dover ricorrere alle procedure di variante del Piano regolatore portuale, ma semplicemente utilizzando le più semplici procedure di adeguamento tecnico- funzionale delle infrastrutture esistenti.

Ovviamente essendo il traffico container il settore in più forte espansione e quello interessato in maggiore misura dal centrale fenomeno del c.d. gigantismo navale e portuale inizieremo trattando di esso. Il traffico dei TEU è gestito dalle imprese terminaliste, titolari dell’autorizzazione per lo svolgimento delle operazioni portuali e concessionarie delle aree demaniali, le quali necessitano di adeguate infrastrutture al fine di rendere più efficienti le loro attività. Pertanto una prima zonizzazione impone, l’individuazione di spazi ed accosti dedicati a questa specifica e diffusa tipologia di trasporto, escludendo dalle aree da essa interessate ogni altra attività incompatibile.

Una seconda zonizzazione deve essere dedicata ai c.d. “traffici convenzionali”, intendendo un vasto ed eterogeneo insieme di merci di elevato valore che vengono trasportate da particolari navi, aventi caratteristiche tecniche differenziate e

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specializzate65. In fase di programmazione dell’organizzazione del territorio portuale è quindi necessario riservare idonei spazi per questo tipo di attività, non trascurando anche la destinazione di spazi volti alla conservazione ed alla commercializzazione di tali merci.

Una terza zonizzazione, dettagliata e specifica , risulta necessaria per le merci qualificate come rinfuse, ovvero prodotti trasportati allo stato liquido o secco, che per la loro natura non sono trasportabili per mezzo dei container e che presentano aspetti merceologici tanto diversi tra loro da indurre la necessità di accosti distinti (basti pensare ai prodotti petroliferi, ma anche alle rinfuse alimentari o chimiche. Gli art.4 e 5 della Legge n.84/1994 distinguono le aree destinate alla produzione industriale e le attività cantieristiche. Quindi in sede di programmazione la zonizzazione deve prevedere degli spazi distinti da dedicare ad entrambe le attività, tenendoli separati, partendo dalla considerazione che esse presentano esigenze differenti. L’attività cantieristica si divide tra quella diretta alla costruzione di nuove unità navali e quella di manutenzione e riparazione. La prima non sempre è presente in tutti i porti, mentre la seconda è indispensabile; infatti le riparazioni navali sono un’attività centrale per ogni scalo, tanto che la presenza di bacini di carenaggio e di imprese al alta specializzazione rappresentano un fattore di grande attrazione per il traffico. Per quanto concerne le attività industriali è opportuno sottolineare che esse necessitano di accosti riservati e di aree idonee alla lavorazione; la presenza di impianti industriali nelle aree portuali permette una maggiore efficienza della produzione, eliminando le problematiche connesse al trasporto delle materie prime, le quali in questo modo

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I c.d. “traffici convenzionali” interessano prodotti che vanno da quelli alimentari a quelli siderurgici.

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appena sbarcate possono essere lavorate. Anche se è opportuno ricordare che le attività industriali portano con sé problematiche ambientali e di rischio per la salute notevoli.

“Gli ampi spazi asserviti a tali attività possono tra l’altro comportare l’impegno di entrambi i sottoambiti, per cui, mentre per quanto concerne gli accosti l’Autorità portuale pare dotata di una notevole discrezionalità (nell’ottica di distribuzione delle aree portuali e dei relativi specchi acquei), un’identica libertà di valutazione non pare configurabile per il sottoambito di interazione, laddove la necessità di contemperare i propri interessi con quelli (talora di segno opposto) del Comune si manifesta particolarmente stringente, al punto da poter condizionare le scelte pianificatorie portuali. La rilevata occasione di contrasto emerge in modo ancor più eclatante laddove, in ragione degli aspetti morfologici, sussiste una diretta continuità tra il sottoambito operativo ed il tessuto urbano retro-portuale per l’assenza di aree di interazione”66

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Per la completezza dell’analisi non possiamo tralasciare altre funzioni che vengono svolte all’interno degli scali italiani, i quali sono quasi tutti caratterizzati dall’ospitare molteplici attività marittime. Queste funzioni, le quali in alcuni casi rivestono un ruolo tutt’altro che secondario per lo sviluppo economico del porto sono: il “servizio passeggeri”, la nautica “peschereccia” e “turistica e da diporto”. Per la localizzazione della funzione di “servizio passeggeri”, bisogna tenere presente le esigenze del ramo crocieristico e di quello di linea: mentre il settore delle crociere necessita di stazioni marittimi attrezzate per un accesso agevole ai

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centri urbani della città portuale, la priorità del trasporto di linea è la disponibilità di ampie aree di sosta per le operazioni di sbarco ed imbarco.

La funzione connessa alla pesca interessa in prevalenza porti di minori dimensioni, in cui non esiste l’Autorità portuale e che comunque risultano specificamente attrezzati.

Infine la funzione diportistica, a fronte della diffusione e del conseguente aumento della nautica da diporto, ha comportato la realizzazione di nuovi porti dedicati esclusivamente a tali imbarcazioni, ma anche la necessità di dotare alcuni scali commerciali di impianti dedicati a questo tipo di imbarcazioni.

Tutte queste funzioni devono essere ospitate all’interno del sottoambito operativo, ed ovviamente è importantissimo che a causa della limitata disponibilità di spazi la ripartizione avvenga in modo da evitare interferenze e congestioni tra le varie attività.

Pertanto la zonizzazione non può prescindere dalla natura dei prodotti movimentati all’interno del porto indicando di conseguenza precise aree per la loro localizzazione all’interno di ciascun settore dell’ambito operativo.

Il sotto-ambito operativo appartiene in via prevalente alla competenza dell’Autorità portuale; infatti per le caratteristiche delle opere e delle attività in esso insediate sembra che, in sede di intesa con il Comune, l’apporto di questa amministrazione presenti carattere limitato, in quanto si tratta di scelte direttamente attinenti al mantenimento ed allo sviluppo del traffico portuale. Il complesso rapporto tra la realtà portuale ed il tessuto urbano diventa ancor più difficile, quando all’interno dello scalo vengono mantenute o insediate ex novo attività che hanno un considerevole impatto ambientale. In questi casi il

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bilanciamento di interessi tra le due amministrazione è opportuno che avvenga in sede di intesa ed in ogni caso in una fase prodromica all’adozione del Piano regolatore portuale.