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Scheletro strutturale e pregnanza nelle analisi di Rudolf Arnheim

Nel documento Rudolf ArnheimArte e percezione visiva (pagine 117-122)

di Giuseppe Galli

L’espressività insita (embedded) nella struttura

Arnheim condivide l’impostazione di Wertheimer secondo il quale «la percezione dell’espressività è troppo immediata e coercitiva per essere spiegata esclusivamente come prodotto dell’apprendimento. Quando osserviamo un danzatore, la tristezza o la gioia dell’atteggia-mento appaiono essere direttamente impliciti (inherent) nei movimenti stessi della danza. Wertheimer giunse alla conclusione che questo ac-cadeva perché i fattori formali della danza riproducevano identici fat-tori degli atteggiamenti espressivi. Siccome qualità visive come la ve-locità, la forma, la direzione sono immediatamente accessibili all’oc-chio, sembra legittimo supporre che esse siano portatrici (carriers) di una espressione direttamente comprensibile all’occhio […] A prescin-dere dal fatto che l’oggetto si muova (danzatore, attore) o sia immobi-le (pittura, scultura) sono il genere di tensione guidata o di “movimen-to”, la sua forza, la sua distribuzione, la sua localizzazione, trasmesse da schemi visibili, che vengono percepite come “espressione”» 1.

Circa il nesso tra struttura portante ed espressività si può citare quanto scrive Metzger, un altro allievo di Wertheimer: «Per ogni qua-lità espressiva, esiste una ben definita struttura nella quale essa si rea-lizza nel modo più puro e stringente; questa struttura viene definita “eccellente” o “pregnante” (ausgezeichnet oder prägnant) […] Il rap-porto tra struttura e qualità espressive non è il raprap-porto arbitrario e quindi labile che può esservi tra una immagine sensoriale, una meta-fora, un’allegoria ed il “significato” rispettivo; una struttura non “signi-fica” (bedeutet) l’espressività corrispondente; se essa c’è, c’è anche quel-la espressione; questa non sta dietro ma dentro ad essa» 2.

Come esempi del rapporto intrinseco tra espressività e strutture propongo le cosiddette “astrazioni grafiche” della fisionomia elaborate da Ivo Pannaggi, un futurista, allievo del Bauhaus, che ho frequenta-to per qualche tempo nel geriatrico di Macerata 3. Pannaggi, ha lasciato queste note manoscritte: «Secondo la tradizione, la caricatura consiste-va inizialmente nella raffigurazione della fisionomia con lineamenti de-formati, esagerati o caricati. Verso gli anni venti, alla caricatura

tradi-zionale, Pannaggi sostituì l’espressione sintetico-astratta dove le linee esprimono in se stesse la fisionomia e il carattere del soggetto. La sin-tesi è così forte da giungere alla soppressione totale o parziale dei segni anatomici. Buster Keaton è un esempio di astrazione figurativa che me-diante tratti rettilinei, segmenti opportunamente disposti ma privi di qualunque aderenza anatomica, mette in evidenza sia la somiglianza con l’individuo, sia l’espressione dell’arte silenziosa dell’artista cinema-tografico».

L’espressione mesta di Keaton viene veicolata dalla struttura trape-zoidale del contorno del volto, dove la dimensione verticale prevale sulla orizzontale, nonché dalla disposizione dei tratti mimici anch’es-si addensati attorno all’asse verticale. Questo mi richiama una antica ricerca dove si chiedeva a un gruppo di soggetti il disegno di una cor-nice adatta per un volto addolorato e triste; ad altri il disegno di una cornice per un volto allegro. Nel caso del volto triste la dimensione verticale prevaleva nettamente su quella orizzontale e viceversa per il volto allegro 4.

Le astrazioni grafiche di Pannaggi possono essere considerate strut-ture pregnanti alle quali nulla si può togliere o aggiungere.

Lo scheletro strutturale

Le qualità espressive di una configurazione visiva sono veicolate da una struttura portante, che Arnheim definisce “scheletro strutturale”

della configurazione stessa. Ad esempio, nella pittura della Creazione

di Adamo di Michelangelo, Arnheim individua alcune caratteristiche

strutturali secondo lo schema sottostante 5.

In primo luogo la pittura è articolata in due ambiti distinti, quel-lo celeste e quelquel-lo terrestre. Ogni ambito ha un proprio sfondo diver-samente delimitato e strutturato: da una parte, «la piatta fetta di ter-ra dal contorno inclinato» in cui sta solitario Adamo, dall’altter-ra la «compiuta rotondità del mantello» che racchiude, accanto a una fol-la di angeli, fol-la figura di Yahweh. «Il movimento in avanti di Dio è dato dalla diagonale del corpo» di contro alla «curva concava sulla quale è modellato il corpo di Adamo», concavità che suggerisce un «senso di passività». Nella sua analisi, Arnheim dà un particolare rilie-vo alle braccia protese dei due personaggi, braccia che vengono a co-stituire un «ponte tra i due mondi separati».

Scheletro strutturale e dinamica figurale

Arnheim, per evidenziare il concetto di “scheletro strutturale”, par-te da figure semplici come i triangoli metpar-tendo in rilievo come, in una serie di figure triangolari, «le differenze strutturali tra esse non posso-no essere descritte solo in base alle diversità del contorposso-no […] L’“identità” di ogni triangolo, il suo carattere, la sua natura dipendono dal suo scheletro strutturale che consiste in primo luogo nello schema costituito dagli assi e in secondo luogo nelle corrispondenze caratteri-stiche delle parti create dagli assi» 6.

Arnheim fa qui riferimento a parametri gestaltici come quelli di “asse principale”, di “ancoraggio”, di “estensione figurale” proposti da

Wertheimer, parametri che definiscono il ruolo che le parti rivestono in seno alla figura 7.

Propongo un esempio: la figura rettangolare sottostante, a parità di assetto geometrico, può essere percepita ora come un basamento, su cui poter collocare qualcosa ora come una stele caduta. Nel primo caso la zona di ancoraggio e l’estensione principale sono rappresentate se-condo lo schema di sinistra mentre nel sese-condo caso vale lo schema di destra 8.

In conseguenza della percezione del rettangolo come “stele cadu-ta”, l’osservatore ha la tendenza ad allineare il capo in corrisponden-za dell’asse principale di questa; non così nel caso del “basamento”.

Due rendimenti percettivi possono quindi derivare da uno stesso stimolo causando nell’osservatore un moto di sorpresa.

Questo accade soprattutto laddove alle due configurazioni percet-tive si possono assegnare significati diversi. Arnheim cita il caso della figura oca-coniglio sottolineando che, tra i tanti che si sono occupati di questa antica figura, «Wittgenstein, da acuto osservatore, ha messo in evidenza che non si tratta di due interpretazioni assegnate ad uno stesso rendimento percettivo ma di due configurazioni percettive di-stinte. In queste, ciò che cambia è la direzione principale nello sche-letro strutturale» 9.

Tornando allo scheletro strutturale della pittura di Michelangelo, mentre la figura di Adamo è ancora fortemente ancorata alla terra lun-go tutto il contorno destro del corpo, che emerge gradatamente dal suolo, la figura di Dio ha un’unica zona di ancoraggio nell’estremità del piede sinistro da cui si estende in diagonale librandosi in aria. Nel centro di gravità dell’intera configurazione si situa l’incontro delle due mani, quella del creatore che dà vita e quella della creatura che la ri-ceve, venendo a costituire «l’essenza della scena» 10.

pre-gnante in quanto è in grado di veicolare, in modo eccellente, i ruoli dei due personaggi e quindi il significato della creazione. Per convin-cersi del grado di pregnanza raggiunto basta operare variazioni sulla figura, alla maniera di Wertheimer e del suo allievo Goldmeier, e fare confronti 11. Confronti istruttivi sono anche quelli che si possono fare con altre configurazioni dedicate al tema, dove il grado di pregnanza è modesto o assente.

Il concetto di pregnanza che ho cercato di mettere in luce non ri-guarda quindi forme visive esaminate a se stanti ma il rapporto che viene a stabilirsi tra le diverse proprietà di una stessa configurazione: in particolare il rapporto tra qualità espressive e qualità strutturali già discusso. Nel caso della produzione artistica, si può condividere quan-to scrive Metzger: «Le opere del vero artista, anche quando rappresen-tano oggetti esistenti in natura, si discosrappresen-tano dai loro “modelli” miran-do a raggiungere la pregnanza; e così arrivano a superare gli stessi modelli» 12.

Tradotto nel linguaggio di Arnheim, possiamo dire che l’artista cer-ca di individuare e perfezionare lo scheletro strutturale più adeguato a veicolare le qualità espressive che egli intende comunicare con la sua opera.

1 R. Arnheim, Art and visual perception: a psychology of the creative eye (1954), tr. it. Arte

e percezione visiva, Milano, Feltrinelli 1962, p. 354 ss.

2 W. Metzger, Psychologie (1954), tr. it. I fondamenti della psicologia della gestalt, Firenze, Giunti Barbera 1971, p. 79.

3 E. Crispolti (a cura di), Pannaggi e l’arte meccanica futurista, Milano, Mazzotta 1995.

4 R. Canestrari, G. Galli, Qualità espressive e strutturali nella percezione del volto, in “Rivista di Psicologia”, LV, 1961, pp. 117-127.

5 R. Arnheim, Arte e percezione visiva, cit., p. 362.

6 Ivi, p. 62 ss.

7 M. Wertheimer, Zu dem Problem der Unterscheidung von Einzelinhalt und Teil, in Id.,

Zeitschrift für Psychologie, 1933, 353-357, tr. it. in Id., Il pensiero produttivo, Firenze, Giunti

Barbera 1965, p. 279 e ss. Per una esposizione sistematica di tali concetti si veda W. Metz-ger, I fondamenti della psicologia della gestalt, cit., cap. V.

8 G. Galli, Continuità e contiguità fenomenica, in “Rivista di Psicologia”, LVI-II, 1964, pp. 325-339.

9 R. Arnheim, Art and visual perception, The new version, 1974, p. 95.

10 Id., The power of the center, 1988, p. 160.

11 Rimando anche a una mia recente ricerca dove ho modificato le mani dei due perso-naggi della pittura di Michelangelo: The role of parts in inter-semiotic transposition, in “Ge-stalt Theory”, 2004, 26, pp. 122-127.

12 W. Metzger, I fondamenti della psicologia della gestalt, cit., p. 65. A proposito del concetto di pregnanza nel senso qui inteso, vale la pena di citare Lessing (Laocoonte, XVI) quando scrive: «La pittura nelle sue composizioni coesistenti, può utilizzare solo un singolo momento dell’azione e deve perciò scegliere il più pregnante (den prägnantesten Augenblick), sulla base del quale quel che lo precede e quel che lo segue si rende più comprensibile».

Nel documento Rudolf ArnheimArte e percezione visiva (pagine 117-122)