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QUESTIONI EMPIRICHE

SCHEMA CONCETTUALE DI TANATO-METAMÒRFOSI E TANATO-MORFÒS

principio416 strategia tecnica esito struttura

rifiuto distruzione - cremazione

- cannibalismo funebre discontinuità massima culturale accettazione accelerazione esposizione o abbandono

rituale discontinuità culturale/naturale accettazione dissimulazione sepoltura discontinuità culturale/naturale accettazione rallentamento - imbalsamazione

temporanea - tanatoprassi

continuità

temporanea culturale/naturale rifiuto conservazione mummificazione continuità

massima iper-culturale

Allo stesso modo, l'intervento culturale è possibile anche dopo la fase di mineralizzazione, che per Remotti comporta quattro soluzioni: "integrità", "frammentazione", "dissoluzione con resti" e "dissoluzione senza resti". Queste

412Nizzo, 2015: 459 413 Ivi: 487

414 Ivi: 488-489 415 Ivi: 497

416 Schema concettuale dell'antropologo Francesco Remotti modificato con l'aggiunta

della colonna "tecnica" compilata seguendo le indicazioni dell'antropologo culturale Adriano Favole (in Ivi: 494, 497).

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ultime, messe in relazione alla volontà di annullare non solo i corpi dei defunti ma anche la loro memoria, trovano riscontro archeologico in quelle che vengono definite "sepolture anomale"417.

Non entrerò in questa sede nel merito delle varie possibili pratiche post-mortali sui resti ma, seguendo il lavoro di sintesi dell'archeologa Estella Weiss-Krejci, ritengo valga la pena mettere in evidenza alcuni aspetti che potrebbero fornire nuovi spunti di riflessione all'atto dell'interpretazione delle evidenze. La studiosa, infatti, parlando di "ciclo funerario", introduce la questione delle deposizioni temporanee che richiedono un lasso di tempo variabile (da poche settimane ad anni) durante il quale si favorisce la scarnificazione naturale dei corpi prima di far accedere le ossa del defunto alla fase conclusiva del ciclo, la deposizione finale. È, infatti, interessante la notazione di Weiss-Krejci in merito al fatto che in alcuni contesti etnografici si registra l'occorrenza della mancata conclusione del rito con la sepoltura secondaria e che queste deposizioni temporanee sono facilmente soggette a interpretazioni erronee418. Anche in ambito archeologico, quindi, il trovarsi di fronte a impianti in cui si registra la contemporanea presenza di sepolture primarie e secondarie piuttosto che parlare di riti diversi, o trattamento diverso dei defunti in ragione dell'importanza dell'inumato, si potrebbe pensare alla possibilità di uno stesso rito in alcuni casi non completato. Non è infatti scontato che la deposizione temporanea avvenisse in un luogo altro rispetto all'impianto definitivo, tanto che si può distinguere una deposizione secondaria tra un riarrangiamento delle ossa all'interno della stessa struttura419 e una ricollocazione delle ossa in una struttura differente. Tutto questo non deve essere confuso con i fenomeni di riapertura delle sepolture, che Weiss-Krejci definisce di "disturbo post-funerario", e di carattere rituale o meno, come il recupero di vestigia per i culti ancestrali, ma anche per dissacrazione420. In questi casi giova l'analisi dell'antropologo e la datazione dei resti umani.

Quanto alla variabilità, non bisogna trascurare che questa può essere associata alla causa della morte con un riscontro della tendenza a simbolizzare le unità funerarie destinate a contenere i resti di soggetti deceduti in circostanze anomale o violente. In questi casi anche la composizione del corredo o la presenza di possibili offerte deve essere valutata con maggiore attenzione.

417 Ivi, 498

418 Weiss-Krejci, 2011: 74

419 E in questo caso l'antropologa statunitense Sissel Schroeder avverte di fare attenzione

a non confondere l'evidenza di un intervento antropico con eventi naturali che possono determinare la disarticolazione dei resti anche in una deposizione primaria (Schroeder, 2001: 82).

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2.2.1.2. La posizione e l'orientamento del corpo

Nella babele descrittiva registrata tra archeologi e antropologi, Sprague è il primo a tentare una sistemazione della terminologia e dello schema classificatorio. Lo studioso, però, inserisce la descrizione della posizione del corpo prima di quella del decubito, ma nella pratica mi sembra più razionale invertire le parti. Il decubito, quindi, riguarda la relazione tra il cadavere e la base della tomba, che sia terra o contenitore. La terminologia suggerita da Sprague è "back, face, side" ritenendo che dorsal, ventral e lateral crei confusione tra molti studiosi che sembrano non riuscire a capire quale parte del corpo è visibile. Confusione che viene superata sulla base del semplice assunto esposto. In altre parole nel decubito dorsale è il dorso, quindi la parte posteriore del corpo a entrare in contatto con il "veicolo della deposizione"421. La posizione, invece, riguarda solo il corpo/scheletro da immaginare come sospeso nello spazio422 e descrive la relazione tra lo scheletro appendicolare e lo scheletro assile, trattando separatamente arti superiori e inferiori. A questo si aggiunge la posizione del cranio. Secondo Sprague, è sufficiente descrivere gli arti superiori come estesi e aderenti al tronco, flessi sulla pelvi, piegati sul petto, o portati alla testa. Nella pratica può essere necessaria una descrizione più complessa che renda conto della differente posizione dei singoli arti. Gli arti inferiori possono essere estesi (dritti e allineati al tronco con un angolo vicino a 180°), semi-flessi (quando l’angolo che si forma tra l’asse del tronco e l’asse del femore è compreso tra i 90° e i 180°), flessi (quando l’angolo tra l’asse del tronco e quello del femore è inferiore a 90°) e fortemente flessi (quando l’angolo è pressoché di 0°). Il cranio si descrive annotando il punto verso cui è girata la faccia (guarda a dx o sx), ma in questo caso è imprescindibile descrivere anche l'orientamento del corpo rispetto ai punti cardinali (dalla testa ai piedi; in caso di posizione "seduta" è la direzione cardinale verso cui guarda lo scheletro423), oppure verso il punto cardinale424. Per quanto riguarda l'orientamento, può risultare utile annotare anche quello della tomba e, se questa mostra di avere un asse maggiore, il suo rapporto con lo scheletro assile che rappresenta l'asse maggiore del corpo umano, e in questo caso si può registrare un rapporto longitudinale, se i due assi coincidono, trasverso se si intersecano perpendicolarmente, obliquo se si incrociano.

Il filologo e grecista britannico Herbert Jennings Rose nel 1922 pubblica un articolo che si propone di indagare l'orientamento dei morti nelle due possibili manifestazioni di "terrestre" e "celeste", le cui osservazioni vanno, però, intese come possibili indicazioni più che come riscontri puntuali. Per orientamento terrestre lo studioso intende la prassi di seppellire i morti all'interno o in

421 Ivi: 480

422 Sprague, 1968: 481 423 Ivi: 482

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prossimità degli abitati; per orientamento celeste, invece, la sistemazione del corpo al fine di fargli guardare il tramonto, l'alba o il nord425. Nel primo caso la motivazione di questo atto intenzionale sembra indicativa di una credenza nella reincarnazione per cui «The dead are buried near, or in, their old homes, because they are wanted back again, in the form of babies born of women of their own clan, tribe or family»426, a meno che la paura del ritorno dei morti non suggerisca di orientare i cadaveri in modo tale da indirizzarli verso dove l'anima deve andare prima della reincarnazione427. Ovviamente, Rose parla di anima ma si può parlare anche di

fantasmi o di corpi rianimati perché le credenze in merito possono essere diverse. Ma lo studioso ci tiene a sottolineare che, anche se un gruppo umano prevede per i propri morti un orientamento, non è detto che a tutti questo debba essere applicato e vistose eccezioni vengono riscontrate per "suicidi, vittime di epidemie, donne morte di parto" e, d'altra parte "grandi capi, guerrieri uccisi in battaglia"428 e simili. Nel secondo caso, si pensa che l'orientamento possa essere dettato da culti celesti, del sole a esempio, e i punti cardinali preferiti risultano essere l'ovest, la regione dell'oscurità in cui vive il defunto429, e l'est, la regione del sole430. In questo caso la spiegazione più semplice è che il corpo freddo del defunto ha bisogno di luce calda per affrontare il viaggio ultraterreo431, esprimendo con questo, più che l'idea della reincarnazione, quella della continuità di vita dei morti sia in un mondo ultraterreno o, al limite, all'interno della tomba432. Per spiegare il differente orientamento che si può riscontrare all'interno della stessa necropoli, Rose introduce l'esempio di una comunità per la quale i morti devono raggiungere l'est per aspettare la reincarnazione, il sud per raggiungere il mondo dei morti, e un numero di persone che non si vuole che si reincarnino o godano di un mondo ultraterreno piacevole. Quindi l'orientamento della maggior parte delle deposizioni sarà E-O, un buon numero N-S e alcune senza un particolare orientamento. Questo può verificarsi soprattutto nel caso di clan, o di gruppi umani, che condividono lo stesso territorio ma che hanno concezioni differenti del mondo dei morti433. La spiegazione celeste del fenomeno, così come esposto, non è però sempre la migliore o l'unica, soprattutto quando in un sepolcreto gli orientamenti esclusivi sono E-O e N-S. In questo caso l'elemento celeste rientra come posizione del sole nelle diverse aree geografiche e differente posizione delle porte delle case o differente posizione del tramonto e dell'alba nelle stagioni (il 425 Rose, 1922: 128 426 Ivi: 129 427 Ivi: 130 428 Ivi: 132 429 Ivi: 133-134 430 Ivi: 134 431 Ivi: 136 432 Ibidem 433 Ivi: 134

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che però porta a piccole variazioni)434. Anche nel caso in cui non sembri possibile riscontrate un orientamento, come nei contesti a cremazione, un possibile suggerimento può venire dalla struttura della tomba, se questa mostri di avere una "porta"435 (a esempio quando l'ossuario è protetto da una cista litica che preveda solo tre lati). Nel caso, infine, in cui un orientamento comune tra le singole unità funerarie proprio non si possa riscontare, è possibile che sia l'intero impianto funerario a comportarsi come una "tomba ampia"436 e mostri un allineamento a una strada o a un corso d'acqua. Non è, comunque, completamente condivisibile l'assunto di Rose in base al quale "body counts for little"437 dal momento che, come risulta dagli studi sulle deposizioni in enchytrimòs, il differente orientamento dei vasi funerari riscontrato tra alcuni siti dell'Anatolia occidentale che, secondo gli studiosi, puntano con la bocca in direzione opposta all'abitato per una sorta di paura del defunto che si vuole tenere vicino ma non troppo, può anche essere spiegata con il diverso orientamento interno del corpo del defunto, vale a dire con la testa verso la bocca o il fondo del vaso438.

2.2.1.3. Il corredo

Per quanto riguarda il corredo, in particolare, si può sempre ripartire da Binford che in questo caso introduce due differenziazioni anche in combinazione tra loro: «1. Form of the furniture: whether distinctions were made by including different forms of grave goods.

2. Quantity of goods: whether distinctions were made solely by the differential inclusion of varying quantities of goods.

3. Form and quantity: whether distinctions were made by a simultaneous differentiation in types of included goods and in quantities of goods»439.

Lo studioso, in effetti, porta avanti la sua analisi nell'ottica della ricostruzione della persona sociale dell'inumato e del riconoscimento del suo status, in senso elitaristico, da parte del gruppo di appartenenza. La realtà è che questo tipo di visione deve essere superata perché limitativa delle possibili intenzioni espressive degli inumatori. C'è, però, da dire anche che il libero approccio post- processualista porta a letture molto distanti che in generale dipendono non solo dallo studioso ma dal contesto in cui lo stesso è chiamato a esprimersi. Così, a esempio, l'archeologa Rosa M. Albanese Procelli analizza il corredo in termini religiosi con il risultato che «(...) se esso si deve considerare predisposto per la sopravvivenza post-mortale del defunto, alluderebbe, almeno in origine, a credenze nel 434 Ivi: 135, 137 435 Ivi: 138 436 Ivi: 139 437 Ivi: 138 438 Perello, 2013 439 Binford, 1971: 21

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"doppio", cioè nella componente immateriale che sopravvive al corpo del defunto (l' "anima" o lo "spirito", termini che nelle nostre società occidentali hanno tuttavia significati diversi da quelli propri di culture di interesse etnografico)»440.

Tornando a contenuti più "laici", in Italia sono gli studi di Peroni e dei suoi allievi a dominare il panorama delle ricerche in piena atmosfera processualista. Il loro lavoro si concentra sull'analisi qualitativa e quantitativa delle combinazioni dei corredi e della loro distribuzione, ma sempre nell'ottica della isomorfia tra complessità dell'aggregazione e ruolo sociale del defunto, anche se calata nel singolo contesto e quindi non destinata a diventare generalizzata nelle sue conclusioni. L'analisi combinatorio-insiemistica (planimetrie e tabelle441) porta gli studisi a valutare la relazione tra variabilità dei corredi e delle pratiche sepolcrali rappresentate all'interno della singola necropoli arrivando alla formulazione di equazioni antitetiche. In base a queste, minore variabilità nelle pratiche funerarie+maggiore differenziazione nella combinazione dei corredi=superiore complessità socio-economica, vs. maggiore variabilità nelle pratiche funerarie+minore differenziazione nella combinazione dei corredi=inferiore complessità socio-economica442. Nei contesti più antichi, inoltre, la carenza di combinazioni ricorrenti viene letta come mancanza di specifiche forme di accumulo, mentre combinazioni regolari come l'introduzione di forme di accumulo. Ma la loro convinzione nella speculare rappresentazione del mondo dei vivi calato in quello dei morti cede di fronte all'evidenza dellla mistificazione

440 Albanese Procelli, 2006: 49

441 Gli archeologi Renato Peroni e Alesandro Vanzetti parlano di tre approcci integrabili

tra loro allo studio delle necropoli: un approccio sistemico, un approccio combinatorio-

insiemistico («(...) una dettagliata analisi combinatoria dei corredi e dei rituali

formalizzato in veste tabellare, e dalla sua proiezione in uno studio ancora più particolareggiato delle planimetrie. Si tratta di procedure elaborate soprattutto in Germania nel corso degli anni '50: analisi dei corredi come espressione di una struttura sociale, puntando a cogliere soprattutto fenomeni di lunga durata, ha carattere sincronico e quindi prescinde dai tipi e analizza il “record” archeologico procedendo per forme funzionali». Questa pone «(...) l'attenzione capillare per tutti i livelli della rappresentazione funeraria di una società, in contrapposizione con le analisi che si rivolgono settorialmente ad alcuni gruppi soltanto di manifestazioni funerarie (di solito alle tombe 'ricche' o contraddistinte da peculia-rità, approccio tipico di molta etruscologia), ma anche a quanti tentano di cogliere fenomeni individuali o 'microstorici' all'interno del 'record' funerario». Essa è caratterizzata «(...) a) dalla maggiore attenzione per i processi formativi, che porta a valutare le apparenti ricorrenze nell'immagine funeraria di una società (...) in quanto tali ricorrenze sono l'esito di una notevole complessità di comportamenti antichi e trasformazioni post-deposizionali da decodificare (...);b) da un interesse maggiore per la trattazione statistica, che porta a una gradualità spesso maggiore di situazioni di quanto un approccio classificatorio e insiemistico sembri offrire»), un approccio antropologico (che non è nulla di più del doveroso studio antropologico dei resti umani che dovrebbe, in realtà, essere la base di partenza di ogni studio condotto sui contesti sepolcrali e non un approccio alternativo o integrativo)» (Peroni, Vanzetti, 2006: 33, 28, 31-32).

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offerta dal rito crematorio, letto inizialmente come espressione politico-sociale di una comunità443.

Nuovo impulso alle ricerche viene da Bietti Sestieri che, critica rispetto all'impostazione tradizionale che legge gli oggetti del corredo sulla sola base tipologica, introduce nella discussione il condizionamento del fattore rituale nella composizione degli stessi. L'analisi della necropoli dell'Osteria dell'Osa (Roma, tra IX e primi decenni del VI sec. a.C.) porta la studiosa a elaborare nuovi approcci alla valutazione della persona sociale del defunto con la configurazione di quattro possibili livelli di corrispondenza tra questa e i correlati archeologici. Questi livelli prospettano la possibilità che un rapporto «(...) esistesse e fosse immediato («corrispondenza diretta», l'oggetto appartiene al defunto e lo definisce socialmente), fosse filtrato simbolicamente («corrispondenza indiretta isomorfo», l'oggetto è una riproduzione simbolica - ad esempio miniaturizzata - di un attributo effettivamente congruo e corrispondente alla «persona sociale» del defunto), fosse accennato simbolicamente ma in modo non perspicuo («corrispondenza indiretta non isomorfa», l'oggetto o il comportamento rituale "descrive" effettivamente il defunto ma per opposizione e/o negazione o, comunque, in forme non puntualmente ricostruibili), o, infine, non esistesse affatto («trattamento funerario privo di correlati materiali osservabili») (...)»444.

Non è comprensibile, invece, il discorso di Fahlander e Oestigaard che si chiedono se sia possibile considerare gli oggetti di corredo andando al di là della loro associazione al cadavere e leggendoli solo come oggetti interrati, estendendo il concetto di sepoltura in quanto deposizione finale agli stessi. Per questo gli studiosi citano esempi etnografici di sepolture di individui eminenti il cui corpo viene deposto senza accompagnamento di manufatti che vengono invece collocati in una seconda tomba, di analoghe caratteristiche strutturali, e mettendo in evidenza come proprio questa seconda venga considerata la vera sepoltura445. Ci troviamo, è ovvio, di fronte alla creazione di cenotafi la cui funzione è quella di celebrare l'illustre defunto mantenendo il ricordo della sua persona sociale perpetuo, al di là della decadenza del suo cadavere dal quale è, per questo, scisso. Sono casi, però, di trattamenti alternativi non comuni o estendibili all'intero tessuto sociale di una comunità. Per questo non possono contribuire a descrivere una autonomia degli oggetti personali o di corredo nell'espressione rituale, se non come eccezioni.

L'archeologo svedese Fredrik Ekengren, d'altra parte, svolge una interessante riflessione sugli oggetti del corredo e offre numerosi spunti di riflessione. In primo luogo, lo studioso ripercorre alcuni clichè in base ai quali «Graves containing weapons were interpreted as warrior graves, richly furnished graves were interpreted as elite graves, and the dead buried with tools were interpreted as crafts-men», per cui, in altre parole, «(...) the function of the objects was directly associated with the deceased

443 Ivi: 321-322, 325-326 444 Ivi: 344-345, 401

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individual and his or her identity (...)»446. Il problema di questo approccio, ci spiega Ekengren, è che non si pone la fondamentale domanda del perché un determinato set di oggetti viene selezionato per rappresentare l'identità sociale del defunto, considerando anche che gli stessi manufatti vengono selezionati da chi si occupa di organizzare il funerale447. Sulla base di queste considerazioni, l'approccio post- processualista comincia a valutare gli oggetti del corredo non più solo come rappresentazione del defunto o delle relazioni sociali, e quindi non come riflesso diretto di un sistema sociale (anche tenendo presente il fatto che un funerale rappresenta un momento di trasformazione, tanto per il defunto quanto per i vivi e per questo non può essere "a portrayal of a static identity", così come gli oggetti sono associati al cadavere per attribuire significato a quella trasformazione). Li cala invece nel contesto sepolcrale, come una forma di comunicazione simbolica parte integrante del rito, soprattutto perché la loro presenza all'interno della tomba è l'esito di una azione intenzionale e strutturata448 lungi dall'essere il risultato di un singolo evento di deposizione449. Questi, infatti, vengono associati al cadavere e inseriti nella tomba in vari momenti nel corso del rituale funerario450.

Allo stesso tempo, bisogna considerare che non si può attribuire una funzione o un significato simbolico univoco agli oggetti, sia perché non sfuggono alla legge aurea del "contesto", sia perché i partecipanti al rito possono caricare gli stessi oggetti di significati differenti. Così Ekengren ricorda che esistono almeno tre livelli di significato: «(...) the meanings attributed by the users or observers of the symbols (i.e. the exegetical meaning); the operational meaning of the symbols, i.e. how they were actually used; and the positional meaning of the symbols, i.e. their relationship to other symbols [, the dead body, and the mourners451] and cultural concepts»452. Ed è

proprio questo terzo livello a essere rilevante per l'archeologo. Non meno importante per valutarli, è cercare di stabilire le condizioni generali degli oggetti, valutare se sono rimasti a lungo in circolazione, se sono nuovi e quindi prodotti con probabilità proprio per il rito funerario, se sono integri o sono frammentati (non per cause post-deposizionali), e in questo caso se sono completi453.

Gli archeologi Enrico Procelli e Albanese Procelli parlano anche della lettura "giuridica" del corredo funerario al di là degli aspetti simbolici e del fatto che alcuni oggetti possono senz'altro essere considerati come proprietà del defunto (oggetti di ornamento o del vestiario). Per gli studiosi, il corredo pone il problema di chiedersi soprattutto se i vasi associati alla deposizione possano essere anch'essi considerati proprietà del defunto e/o della sua famiglia (considerando che 446 Ekengre, 2013: 174 447 Ivi: 182 448 Ivi: 175-177 449 Ivi: 178 450 Ivi: 177 451 Ivi: 181 452 Ivi: 180 453 Ivi: 182

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comunque sono oggetti provenienti dalla sfera del quotidiano), il che richiamerebbe il problema della alienabilità o meno degli stessi e delle regole alla base del sistema di trasmissione dei beni o di alleanze matrimoniali, o se piuttosto non si tratti di oggetti utilizzati durante il rito funerario454.

Nonostante questi ragionevoli suggerimenti, la tendenza attuale negli studi

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