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Gli schemi pensionistici della previdenza complementare e i modelli prescelti in ambito comunitario

2 La previdenza complementare e le libertà fondamentali del Trattato sull’Unione Europea

2.2 Gli schemi pensionistici della previdenza complementare e i modelli prescelti in ambito comunitario

La Commissione Europea ha sollecitato in varie occasioni i Paesi dell’Unione ad uniformare i propri regimi fiscali nell’ambito della previdenza complementare, ma la realizzazione di questo obiettivo ha trovato non poche difficoltà, anche per il fatto che in materia tributaria ciascun Paese è libero di decidere le proprie politiche in autonomia.

Come opportunamente posto in rilievo dalla Commissione Europea, “la diversità, complessità e specificità dei sistemi nazionali sviluppatisi

negli ultimi anni sono considerati il maggior ostacolo per l’esercizio della libera circolazione delle persone e la libertà di prestazione di servizi in materia di pensione complementare ed assicurazione sulla vita”228

In generale, gli schemi pensionistici della previdenza complementare possono essere oggetto di imposizione in tre distinti momenti:

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(i) nella fase di accumulo della contribuzione;

(ii) nella fase di gestione dei fondi accumulati in capo al fondo pensione;

(iii) nella fase di erogazione delle prestazioni pensionistiche. Per quanto concerne, segnatamente, la fase sub (i) quasi tutti gli Stati membri consentono in qualche misura la deducibilità ai fini fiscali dei contributi versati, dal datore di lavoro o dal dipendente, agli enti pensionistici nel territorio nazionale, e la maggior parte di essi non

228

Cfr. Com (1999)134, 11 maggio 1999 “Verso un mercato unico dei regimi pensionistici integrativi”dell’11 maggio 1999.

135 considera i contributi versati dal datore di lavoro come un reddito imponibile in capo al dipendente. Tuttavia, le condizioni per l'ammissibilità alla deducibilità fiscale dei regimi pensionistici variano notevolmente, analogamente all'importo dei contributi fiscalmente deducibili.

Con specifico riferimento alla fase sub (ii), invece, si evidenzia come la legislazione degli Stati membri sia sostanzialmente divisa tra l’esenzione dall’imposta sui rendimenti e l’applicazione di forme di tassazione sostituiva.

Relativamente, infine, alla fase sub (iii), la maggior parte degli Stati membri tassa le prestazioni previdenziali, sia quelle erogate periodicamente, sia quelle consistenti in un versamento unico in forma capitale. Tuttavia, le aliquote applicate e l'importo deducibile variano notevolmente. In diversi Stati membri, inoltre, i pagamenti "una tantum" sono meno tassati o addirittura esenti da imposizione fiscale. Taluni Stati, al contrario, vietano o limitano le erogazioni pensionistiche in forma capitale229

Premessa tale sintetica panoramica circa l’approccio globale utilizzato ai fini impositivi con riguardo ai sistemi di previdenza complementare, il modello di tassazione prevalentemente applicato ai fondi pensione nell’ambito della Comunità Europea è rappresentato senza dubbio da quello noto con l’acronimo EET (Exemption – Exemption – Taxation), nell’ambito del quale:

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(i) la fase della contribuzione è esente da imposta (ad esempio perchè i contributi versati sono deducibili dalle imposte sul reddito);

(ii) i redditi maturati durante la fase di accumulazione sono esenti da imposta;

229

Come abbiamo visto, combinando l’entità della tassazione nelle tre fasi che contraddistinguono il percorso vita di un iscritto a una forma pensionistica complementare, è possibile ottenere i seguenti modelli:

- modello EET (esenzione-esenzione-tassazione) - modello ETT (esenzione-tassazione-tassazione) - modello TTE (tassazione-tassazione-esenzione) - modello TEE (tassazione-esenzione-esenzione)

136 (iii) le prestazioni pensionistiche sono invece assoggettate ad imposizione in via ordinaria.

La stessa Unione Europea230

Il modello EET appare essere la modalità preferibile di imposizione del risparmio pensionistico: rispetto allo schema TEE beneficia infatti di un forte effetto psicologico e incentivante connesso alla possibilità di esentare immediatamente i contributi. Con lo schema TEE, a fronte del vantaggio di poter disporre immediatamente di gettito da parte dello stato riducendo altresì i rischi di elusione ed evasione fiscale, sussiste invece un forte rischio politico connesso al fatto che i governi futuri non rispettino gli accordi di esentare fiscalmente i rendimenti e le prestazioni finali. Inoltre il modello EET presenta indubbi vantaggi i relazione alla gestione ed alla amministrazione del tributo

si è espressa a favore del modello EET, suggerendo che il trattamento fiscale di miglior favore si concentri sulla contribuzione e sui rendimenti prodotti nella fase di accumulazione e ritenendo, invece, corretto applicare alle prestazioni il normale regime di tassazione personale e progressivo, previsto per tutti i rendimenti pensionisitici.

231

230 Comunicazione Commissione Europea del 19 aprile 2001. .

231 Come abbiamo visto nel paragrafo 1.5.4 e 1.5.8 sebbene la legge di riforma della previdenza pubblica e complementare (Legge 23 agosto 2004, n. 243) recasse precise indicazioni nel senso dell’attuazione di un modello EET puro (mediante lo spostamento, in tutto o in parte, della tassazione dei rendimenti finanziari dalla fase di accumulazione a quella di erogazione), il decreto delegato di attuazione (D.Lgs. 5 dicembre 2005, n. 252) appare indirizzato verso il progressivo abbandono di tale modello.

Come noto, infatti, il tratto qualificante della riforma della previdenza complementare attuata dal citato decreto, è costituito dall’eliminazione dell’ordinaria imposizione IRPEF sulle prestazioni previdenziali, sia in rendita che in capitale e dall’assoggettamento di queste ultime ad un regime di tassazione sostitutiva con aliquote estremamente ridotte (15 per cento, riducibile fino al 9 per cento).

Tale scelta legislativa genera un evidente salto d’imposta nella misura in cui i redditi sottratti all’imposizione personale e progressiva al momento della contribuzione saranno solo parzialmente assoggettati ad imposta all’atto della loro erogazione.

Ne discende che il modello delineato dal D.Lgs. n. 252 del 2005, non sembra corrispondere, in linea di principio, ad alcuno dei modelli teorici di tassazione del risparmio previdenziale, nella misura in cui segue uno schema nel quale alla deduzione limitata dei contributi ed alla tassazione sostitutiva dei redditi finanziari generati nella fase di accumulazione, si contrappone la tassazione sostitutiva con aliquote estremamente ridotte (15 per cento che può ridursi fino al 9 per cento) delle prestazioni pensionistiche erogate, al netto della componente finanziaria già assoggettata ad imposizione.

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2.3 Gli ostacoli all’esercizio delle libertà fondamentali del Trattato

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