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Negli ultimi decenni l’indagine sulle scienze nei contesti di dominazione europea è divenuta materia di studio frequente tra gli storici del colonialismo1 ma anche tra gli studiosi di storia della scienza: un fenomeno indice del mutamento intervenuto nella storia dei saperi, sempre più aperta agli apporti della sociologia, dell’antropologia e attenta alla dimensione pratica di esercizio della scienza.

Già nel 1978, a Melbourne, il seminario Scientific Colonialism. A cross cultural comparison, prendeva in esame, come il convegno Science and Empire tenutosi a Nuova Delhi qualche anno dopo, le connessioni esistenti tra colonialismo e sviluppo delle scienze negli ex domini britannici. Perché l’orizzonte della ricerca si allarghi a tutti i paesi che hanno conosciuto forme più o meno durature di dominazione europea bisogna però attendere il convegno organizzato nel 1990 dalla rete REHSEIS (Recherches Épistémologiques et Historiques sur les Sciences Exactes et les Institutions Scientifiques) e dal CNRS (Centre national de la recherche scientifique).

Il titolo scelto per l’incontro di Parigi, Science and empires. A comparative history of

scientific exchanges: european expansion and scientific development in asian, african, american and oceanian countries, individua, come esplicitato dai curatori, un campo

autonomo rispetto alla tradizionale storia delle scienze: non si tratta di indagare le scienze

nell’impero, seguendo un approccio geografico, o le scienze dell’impero, evidenziando quanto

queste ultime fossero strumenti dell’espansione europea, ma di individuare i fattori geopolitici che tra il XIX e XX sec. hanno determinato l’emergere o l’inabissarsi di pensieri e concezioni scientifiche. Diversi sono i centri di interesse attorno ai quali ruotano i contributi del volume:

1 Per un quadro degli studi di lingua inglese sulla scienza nell’impero britannico si veda: M. Harrison, Science and the British Empire, in «Isis», XCVI, 1 (2005), pp. 56-63. Lo studio delle scienze al di fuori del loro centro di

produzione occidentale non è certo, però, una novità della storiografia post-coloniale. Ne sono un esempio l’interesse di Joseph Needham (1900-1995) per la scienza cinese e i lavori, ancora antecedenti, alla ricerca dell’origini greche, egiziane, asiatiche della scienza moderna. Pur accordando allo sviluppo tecnico-teorico delle società extraeuropee un piano di rilevanza, nessuna di queste opere si discostava dalla visione dell’Europa come culla del pensiero moderno (e dunque anche scientifico); un’immagine che ha dominato, e continua a dominare, la riflessione dell’occidente sul proprio ruolo nello sviluppo della conoscenza. Cfr. K. Raj, Relocating Modern

Science: Circulation and the Construction of Knowledge in South Asia and Europe, 1650–1900, Palgrave

Macmillan, Basingstoke 2007. Sulla figura dello storico e orientalista britannico si veda C. Pogliano, Joseph

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la dimensione istituzionale che organizza e supporta gli studi scientifici in ambito coloniale (la rete dunque di istituzioni che vengono fondate tra otto e novecento nei territori di conquista), le relazioni tra centro e periferia nella definizione degli indirizzi di ricerca prevalenti e i fattori politico-sociali che determinano e convalidano lo status delle discipline scientifiche.

Nonostante l’eterogeneità degli ambiti di ricerca, tutti i contributi si sviluppano a partire dalla messa in discussione del tradizionale modello di sviluppo progressivo della scienza. Ciò che viene criticato è proprio lo «schéma “diffusionniste” d’expansion dans un “vide scientifique”», proposto da George Basalla nel 1967 nella prima opera dedicata all’espansione della scienza occidentale, The spread of the western science, «identifiant des étapes que tout pays devait nécessairement parcourir avant de rattraper les Etats Units, pris comme modèle de référence pour la science»2. Così continua Patrik Petitjean, tra i promotori del convegno:

nous somme passés de l’étude de la “diffusion” à travers des frontières culturelles à celle de la “réception”, puis à celle des “condition de production” de la science moderne, et finalement à l’étude des “problèmes d’intégration” entre la science moderne et les traditions scientifiques classiques. Il s’agit d’une part d’essayer de comprendre comment, pourquoi, éventuellement selon quelles stratégies conscientes, les métropoles européennes ont développé des activités scientifiques dans leurs empires, mais aussi comment cela s’est articulé avec la construction des empires […]. Il s’agit d’autre part de ce que j’ai appelé des travaux “d’histoire nationale” des sciences. Une vision ancienne de l’histoire de sciences dépréciait souvent les apports des pays non européens; en réaction, les historiens de nombreux pays on cherché à mieux évaluer leur propres traditions scientifiques, et à affirmer leur identité3.

Nel panorama complessivo dei contributi, l’attenzione riservata alla medicina coloniale è limitata al solo intervento di Anne Marie Moulin indirizzato all’analisi della rete di istituzioni pasteuriane operanti nell’oltremare francese4.

Spazio adeguato troverà invece, la storia della medicina, quattro anni più tardi al convegno

Les Sciences Hors d’Occident au XXème Siècle organizzato nuovamente a Parigi, presso la

sede dell’Unesco. Con l’intento di analizzare il processo di “mondializzazione” della scienza, nel quadro del contesto che ha permesso tale trasformazione (l’imperialismo europeo), il convegno dedica una delle sue giornate all’analisi della scienza medica “fuori dal contesto occidentale”, raccogliendo contributi di antropologi, sociologi, storici francesi e di lingua inglese sulla forma «particulière prise au début du XX siècle par la médecine occidentale,

2 P. Petitjean, Science et empires: un thème prometteur, des enjeux cruciaux, in P. Petitjean, C. Jami, A. M.

Moulin (a cura di), Science and Empires, cit., p. 4

3 Ibidem

4 A. M. Moulin, Patriarchal science. The network of the overseas Pasteur Institutes, in Science and Empires. Historical studies about scientifical development and european expansion, a cura di P. Petitjean, C. Jami, A.M.

Moulin, Springer, New-York-London 1992, pp. 307-22. Anne Marie Moulin ha sviluppato questi studi in Id., Le

dernier langage de la médecine: histoire de l’immunologie de Pasteur au Sida, PUF, Paris 1991; A. M. Moulin

(dir.), L’aventure de la vaccination, Fayard, Paris 1996; The Pasteur Institutes between the two world wars. The

transformation of the international sanitary order, in P. Weindling, International health organisations and movements, 1918–1939, Cambridge University Press, Cambridge Mass., 1995, pp. 244-265. Durante il seminario

del 1977-1978 tenuto da Michel Foucault al College de France, viene letta una relazione di Anne Marie Moulin sulle campagne per l’inoculazione del vaiolo nel XVIII sec. Cfr. M. Foucault, Sicurezza, popolazione e

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tournée vers les autres mondes désignés globalement comme Tropiques»5. Il senso del

convegno promosso dall’ORSTOM (Office pour la recherche scientifique et technique d’outremer - ora con nuova denominazione) nel 1994 è simboleggiato dalla denominazione della giornata: Les sciences hors d’occident au XX siècle, che significa non semplice attenzione per lo sviluppo delle scienze fuori dal loro contesto “originario” di produzione, attenzione che presupporrebbe nuovamente l’occidente come matrice di ogni percorso di accrescimento dei saperi, quanto volontà di revisione del modello della scienza occidentale, e dell’idea che fa del progresso un’applicazione, un trasferimento, una diffusione di tale modello. Questa volontà di revisione ha orientato l’attenzione dei contributi verso le scienze colte nella dimensione di pieno esercizio, come ben esemplifica il sottotitolo della conferenza «beyond the metropolis», e posto la necessità di soffermarsi sulla diversità piuttosto che sull’unità della scienza, che si vorrebbe unica ed universale.

A partire dai due convegni, gran parte degli studi si sono indirizzati sull’analisi delle scienze esatte; un numero minore di lavori hanno guardato alla connessione tra scienze della vita ed espansione nei territori extraeuropei come oggetto privilegiato d’indagine. Le ragioni di questa polarizzazione sono evidenti: la storia dei saperi, influenzata dai mutamenti incorsi nella fisica di inizio novecento, ha largamente privilegiato lo studio delle scienze esatte, anche nel contesto rinnovato del mondo post-coloniale. È infatti l’esame degli oggetti inanimati il campo in cui si gioca la partita del progresso umano, per la prossimità con cui matematica, fisica, chimica giungono alla descrizione “veridica” della natura - possibilità preclusa all’arte medica, i cui frequenti “insuccessi” sono evidenti all’interno e all’esterno della comunità scientifica. Analizzare queste discipline significa dunque confrontarsi più immediatamente con la questione dello statuto della “verità” e con le relazioni di potere che intervengono nella sua definizione. Questo anche se biologia, igiene, parassitologia, protozoologia hanno costituito strumenti di primaria importanza per il governo dei territori d’oltremare, garantendo agli europei la possibilità stessa di stabilirsi e mantenere un dominio nelle regioni tropicali. Discipline «agganciate» al carro dell’impero in modo più manifesto che in altri casi, stimolate e indirizzate dalle esigenze dell’imperialismo6.

Ciò che sembra dunque emergere attraverso un’analisi delle due storiografie - quella francese e quella di lingua inglese - è una diversità nei modi e nei percorsi di approccio alla medicina coloniale come materia di studio. Gli interrogativi sulla nozione di “tropicalité”, e sul rapporto che la scienza medica ha intrattenuto con essa, provengono, in ambito francese, da punti d’osservazione diversi da quelli adottati dalla storiografia anglosassone.

In primo luogo, l’interesse per la scienza pasteuriana, e per la sua egemonia di lungo periodo nella cultura francese, con cui la storiografia ha dovuto misurarsi, ripensando in maniera critica, a distanza di un secolo, la sua celebrata dimensione “rivoluzionaria” e “globale”, il suo ottimismo nei confronti della medicina “moderna” e delle sue capacità di eradicazione del

5 A. M. Moulin (dir.), Médecines et santé. Medical practices and health, ORSTOM, Paris 1996, p. 9. Gli

interventi presentati al convegno sono stati pubblicati nell’opera in sette volumi diretta da R. Waast, Les

Sciences Hors d’Occident au XXème Siècle, cit. Vol. 2. P. Petitjean. (dir.), Les sciences coloniales. Figures et institutions; Vol. 3, Y. Chatelin, C. Bonneuil (dir.), Nature et environnement; Vol. 4, A.M. Moulin. (dir.), Médecines et santé. Medical practices and health, 1996.

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male dall’orizzonte terrestre7. La medicina tropicale costituisce inoltre, per la storiografia di

lingua francese, un punto di osservazione sui rapporti tra scienza occidentale e medicina araba, sulla tradizione condivisa della medicina ippocratica, sui processi di modernizzazione adottati, nel corso dell’ottocento, dai paesi nordafricani e mediorientali in campo sanitario8. La forte attenzione che si è sviluppata attorno ai processi di sviluppo delle scienze nei contesti non occidentale9, ha contribuito, come si è visto, a orientare la ricerca attorno al problema dello strutturarsi e del ri-definirsi, contestualmente all’imperialismo, di discipline scientifiche e umanistiche, di pari passo con la messa in discussione dello schema diffusionista: lavori che ne sono emersi sono connotati da uno sguardo globale sui saperi scientifici al di fuori dai loro centri di produzione piuttosto che da un interesse verso l’analisi della medicina coloniale come disciplina a sé stante10.

Un’ulteriore angolatura per l’osservazione del rapporto fra medicina e colonialismo proviene infine dai lavori di Claire Fredj, indirizzati allo studio della medicina militare francese nelle “congiunture” di guerra. La storica indirizza il suo sguardo non tanto al servizio sanitario delle campagne coloniali, quanto più in generale sull’attività dei medici “periferici”, nel doppio senso di distanza dai centri di produzione del sapere - le accademie - e di lontananza dalla madrepatria, e sul loro contributo allo sviluppo della disciplina sanitaria europea11.