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Si scrive semplificazione ma si legge sovrapposizione, antinomia, caos.

IL FENOMENO CORRUZIONE VISTO DALLA PROSPETTI VA GIUSPUBBLICISTICA

2. Si scrive semplificazione ma si legge sovrapposizione, antinomia, caos.

La fenomenologia empirica, concretamente verificabile evidenzia una progressiva ingegnerizzazione delle pratiche corruttive, che corrisponde alla sempre più elevata complessità – in spregio delle proclamate sem- plificazioni – delle procedure amministrative e del quadro di riferimento generale, che non fa riferimento ormai alla sola pubblica amministrazio- ne intesa in senso soggettivo ma ricomprende una miriade di figure, va- riamente investite di compiti pubblicistici, sicché, da un lato, la remune- razione del pubblico ufficiale non necessariamente corrisponde – come vorrebbe l’astratta fattispecie penale – a uno specifico atto quanto piut- tosto all’asservimento della funzione e, dall’altro, a un’alterazione del contesto criminale tale per cui il privato potrebbe non avere “più nulla da

comprare direttamente dal pubblico ufficiale, e nulla da temere direttamente da lui: deve comprare da chi può su di lui, deve temere chi su di lui esercita una

3 Per tutti, v. P. Davigo, G. Mannozzi, La corruzione in Italia. Percezione sociale e controllo penale, Roma-Bari, 2007.

4 Ibidem, in particolare, 262 ss.

Maria Agostina Cabiddu

nuova antica manus” 5, specie se questo comporta l’inserimento nella ge-

stione degli scambi illeciti della criminalità organizzata.

Il quadro è aggravato da un’ipertrofia normativa, che opprime, in parti- colare, proprio quei settori particolarmente esposti – data l’entità e la qualità degli interessi in gioco – al rischio corruzione, ovvero quello de- gli appalti e dei contratti pubblici e quello del governo del territorio. L’antico adagio secondo cui “corruptissima re publica plurimae leges” sem- bra trovare qui una conferma esemplare, sicché il pluralismo delle fonti e dell’origine delle stesse, la loro progressiva stratificazione, la mancan- za o comunque l’inadeguatezza dei criteri ordinatori minano le fonda- menta dell’ordinamento, generando insicurezza e alimentando la corru- zione.

Se infatti l’esigenza della certezza del diritto è stata sempre sentita come presupposto necessario per la convivenza sociale ordinata, risulta evi- dente come al crescere dell’incertezza aumenti l’esigenza di protezione, anche a costo di cercare altrove quella garanzia che la legge non appare (più) in grado di offrire.

Naturalmente, il legislatore – ma sarebbe meglio dire: i legislatori – sono a conoscenza del rapporto perverso fra incertezza e corruzione e non perdono occasione per mettere mano a riforme, che, almeno a parole, dovrebbero disboscare la giungla normativa, snellire le procedure, sem- plificare: parole d’ordine che hanno col tempo perso il proprio significa- to fino a diventare, per gli operatori del diritto, quasi una minaccia: si scrive semplificazione ma si legge sovrapposizione, antinomia, caos. Un chiaro esempio è dato dal recente Codice degli appalti: quale miglio- re occasione del recepimento delle direttive europee per provare a sfrondare la massa inestricabile di norme formatasi a partire e intorno al d.gls.n. 163/2006?

E invece, dilaniato dal dilemma di Sunstein (regole più chiare o meno regole? Più certezze o più discrezionalità? Più regole o più senso comu- ne), magistralmente esposto in una sorta di “mini-costituzione” dello

5 Si veda T. Padovani, Il problema «Tangentopoli» tra normalità dell’emergenza ed emergenza della normalità, in Riv. it. dir. e proc. pen., 1999, p. 459.

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Il fenomeno corruzione visto dalla prospettiva giuspubblicistica

stato regolatore6, il nostro legislatore – come l’asino di Buridano – ha

scelto di non scegliere o, meglio, ha imboccato un’improbabile terza via, con un ossequio formale al divieto di gold plating – secondo cui gli Stati membri sono tenuti ad astenersi, negli atti interni di recepimento, dall’introdurre regole più restrittive rispetto a quelle europee non giusti- ficate dalla tutela di interessi pubblici – in forza del quale gli oltre 600 articoli del precedente Codice e del suo regolamento sono stati ridotti di circa due terzi, salvo poi lasciare all’ ANAC e alle sue linee guida il compito di integrare il pacchetto e… altro che semplificazione!

Si è andati anche oltre quella che Massimo Severo Giannini, riferendosi allo stesso fenomeno, aveva definito l’enigmistica giuridica, per arrivare a un “blob” autopoietico, di cui non si intravvede la fine, manifestazione più che di complessità, delle complicanze patologiche che affliggono il sistema. Sono ormai quindici (ad aprile 2019) le Linee guida deliberate

dall’ANAC7, veri e propri saggi sui diversi nodi della materia, che af-

fiancano i 220 articoli del Codice, eppure, ad oggi, ancora non è chiaro

6 R. Sunstein Cass, Semplice. L’arte del Governo nel Terzo Millennio, ed. it., Milano, 2014. 7 Linee Guida n. 1, Indirizzi generali sull’affidamento dei servizi attinenti all’architettura e all’ingegneria; Linee Guida n. 2, Offerta economicamente più vantaggiosa; Linee Guida n. 3, Nomina, ruolo e compiti del responsabile unico del procedimento per l’affidamento di appalti e concessioni; Linee Guida n. 4, Procedure per l’affidamento dei contratti pubblici di importo infe- riore alle soglie di rilevanza comunitaria, indagini di mercato e formazione e gestione degli elen- chi di operatori economici; Linee Guida n. 5, Criteri di scelta dei commissari di gara e di iscri- zione degli esperti nell’Albo nazionale obbligatorio dei componenti delle commissioni giudicatrici;

Linee Guida n. 6, Indicazione dei mezzi di prova adeguati e delle carenze nell’esecuzione di un

precedente contratto di appalto che possano considerarsi significative per la dimostrazione delle circostanze di esclusione di cui all’art. 80, comma 5, lett. c) del Codice; Linee Guida n. 7, Linee Guida per l’iscrizione nell’Elenco delle amministrazioni aggiudicatrici e degli enti aggiudicatori che operano mediante affidamenti diretti nei confronti di proprie società in house previsto dall’art. 192 del d.lgs. 50/2016; Linee Guida n. 8, Ricorso a procedure negoziate senza previa pubblica- zione di un bando nel caso di forniture e servizi ritenuti infungibili; Linee guida n. 9, Monito- raggio delle amministrazioni aggiudicatrici sull’attività dell’operatore economico nei contratti di partenariato pubblico privato; Linee guida n. 10, Affidamento del servizio di vigilanza privata;

Linee Guida n. 11, Indicazioni per la verifica del rispetto del limite di cui all’articolo 177, com-

ma 1, del codice, da parte dei soggetti pubblici o privati titolari di concessioni di lavori, servizi pubblici o forniture già in essere alla data di entrata in vigore del codice non affidate con la for- mula della finanza di progetto ovvero con procedure di gara ad evidenza pubblica secondo il dirit- to dell’Unione europea; Linee guida n. 12, Affidamento dei servizi legali; Linee guida n. 13, La disciplina delle clausole sociali; Linee Guida n. 14, Indicazioni sulle consultazioni preliminari di mercato; Linee Guida n. 15, Individuazione e gestione dei conflitti di interesse nelle procedure di affidamento di contratti pubblici.

Maria Agostina Cabiddu

neanche quale sia la natura giuridica delle stesse: si tratta di “standard operativi” flessibili e, se è così, in che misura vincolano (se vincolano) le stazioni appaltanti?

Cosa comporta la loro eventuale violazione? È ammesso il ricorso da parte degli operatori a modalità diverse e magari migliori per perseguire le finalità prescritte?

Si tratta, all’evidenza, anche qui, di un problema di ordine, innanzitutto, culturale e, precisamente, dell’innesto di schemi di soft law su un ordi- namento continentale, senza contare che, anche in sistemi come quello americano, certamente più abituati a una ginnastica mentale quale quel- la imposta da simili strumenti, si pone il problema di coniugare la fles- sibilità del “senso comune” con l’esigenza di evitare rischi legali, se è ve- ro che lo stesso capo dell’Office Information and Regulatory Affairs (OIRA) dell’amministrazione Obama, avvertiva che “se il governo trova il modo di

ridurre i costi e di accrescere la semplicità producendo regole chiare, senza con ciò creare rigidità costose e inutili, dovrà optare per regole chiare. Il progetto di semplificazione richiederà un aumento della discrezionalità in alcuni ambiti e un aumento di regole chiare in altri”8 … insomma, semplificare non è sem-

plice: occorre evitare le astrazioni e, soprattutto, occorre conoscere il contesto, per evitare di causare più problemi di quelli che si vorrebbero risolvere.

Certo, non sembra utile né saggio continuare a coltivare, anche in questo ambito, la logica dell’emergenza, quel continuo ricominciare da capo che impedisce l’assestamento delle regole e lo sviluppo di una discre- zionalità consapevole e responsabile.

3. L’amministrazione come esercizio di discrezionalità che esige com-

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