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Segue La funzione “ripristinatoria”

Si è voluto porre la funzione “ripristinatoria” quale prima nella classificazione qui operata perché i modelli normativi ispirati a tale funzione rappresentano la manifestazione perfetta del principio del “ripristino dello status quo ante”.

In base a tale principio, la responsabilità deve permettere alla vittima di un danno di ristabilire – azionando i rimedi forniti da tali modelli e dunque, tradizionalmente, l’azione di adempimento e il risarcimento in forma specifica o per equivalente – il proprio status personale interferito dall’avvenimento della lesione, così permettendo una tutela piena ed effettiva del diritto violato.

La piena realizzabilità di tale obiettivo è discutibile tant’è che è possibile parlare di una sorta di fictio, in considerazione del fatto che ci sono componenti insite nell’avveramento di un danno che è impossibile per la vittima di tale danno recuperare: si pensi soprattutto alle componenti soggettive non risarcibili ex art. 2059 cod. civ., quali il danno non patrimoniale non risarcibile, o anche semplicemente componenti minori ma comunque rilevanti, come può essere la percezione soggettiva del tempo perduto o il particolare valore soggettivo che rivestiva per il soggetto danneggiato la promessa sulla quale egli faceva affidamento o il diritto rispetto al quale nutriva un’aspettativa.

Sono altresì discutibili le modalità con le quali il paradigma di responsabilità può essere utilizzato in chiave ripristinatoria e reintegratoria, senza l’ausilio di modelli speciali di responsabilità, che pure sono presenti nell’ordinamento, come si vedrà di seguito. Per quanto riguarda il risarcimento della componente di danno identificabile con il danno emergente, il risarcimento in forma specifica sembrerebbe il più idoneo ad assicurare il pieno ristabilimento dello status quo ante della vittima del danno, così tutelando in modo effettivo i propri diritti, poiché sembrerebbe in grado di dar pieno ristoro anche a quella componente non patrimoniale spesso insita nel danno, che tuttavia non assume una consistenza tale da poter esser oggetto di risarcimento per equivalente99.

Ad ogni modo, l’art. 2058 cod. civ. non prevede un vero e proprio diritto del creditore al risarcimento in forma specifica, poiché è noto che non solo questa è ordinata dal giudice «qualora sia in tutto o in parte possibile», ma, soprattutto, che «il giudice può disporre che il risarcimento avvenga solo per equivalente, se la reintegrazione in forma specifica

99 MONATERI P.G., Responsabilità civile e risarcimento del danno in forma specifica, 2005, in

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risulta eccessivamente onerosa per il debitore». Non è possibile dunque ritenere sussistente in capo al creditore un vero e proprio diritto al risarcimento in forma specifica, ma una mera facoltà di richiederlo, che sarà più o meno attesa a seconda dell’onerosità di tale rimedio100.

Questo primo elemento normativo è sufficiente per appurare che l’“effettività” del diritto è spesso sacrificata sull’altare di altri interessi, e che dunque la responsabilità non può essere pienamente spiegata in chiave “ripristinatoria”.

Per quanto riguarda il risarcimento della componente di danno identificabile con il lucro cessante, uno strumento di tutela effettiva potrebbe essere – per lo meno nell’area della responsabilità contrattuale – quello di graduare il lucro cessante in chiave di “interesse positivo” o “interesse negativo”101 a seconda delle circostanze del caso concreto, facendovi rientrare non solo le utilità che egli avrebbe ottenuto se il contratto fosse stato regolarmente adempiuto dal debitore, ma anche ogni altra utilità che sia connessa con la titolarità del proprio diritto102.

In generale, nel campo della responsabilità extracontrattuale, la tutela risarcitoria deve permettere al danneggiato di ricomporre la situazione personale precedente all’aggressione del proprio diritto, ma anche di attribuirgli ogni altra utilità che sia comunque pertinente alla titolarità dello stesso diritto. Solo così sarà possibile permettere il ripristino dello status quo ante tramite una tutela “effettiva” del diritto leso103.

L’obiettivo di ripristinare lo status quo ante, e dunque di garantire effettività al diritto della vittima di un danno, potrebbe essere, a ben vedere, raffrontato all’obiettivo del legislatore di tutelare l’assetto proprietario precedente alla violazione. Proteggere un soggetto da qualunque lesione possa essere a questi arrecata con uno strumento rimediale la cui intensità è talmente elevata da renderlo indifferente alla lesione stessa equivale a impedire ab origine ogni valutazione di costi/benefici di una violazione da parte dell’ipotetico infringer104, aderendo dunque ad una struttura di property rule più che di liability rule.

100 AMBROSOLI M., Inadempimento del contratto e risarcimento del danno, cit., 42.

101 TRIMARCHI P., Interesse positivo e interesse negativo nella risoluzione del contratto per

inadempimento, in Riv. dir. civ., 2002, 48, 637.

102 AMBROSOLI M., op. cit., 33. 103 AMBROSOLI M., op. cit., 33.

104 In tale modo si giungerà a sostenere, nel corso del presente lavoro, che una lettura

giuseconomica del sistema di responsabilità civile permette di concludere che il risarcimento del danno, quando utilizzato in chiave reintegratoria, è rimedio associato ad una property rules e

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Si pensi ad esempio a quello che probabilmente è il più noto modello di responsabilità civile con funzione ripristinatoria presente nell’ordinamento italiano, vale a dire il modello di responsabilità extracontrattuale per violazione di diritti di privativa industriale, recepimento italiano della direttiva c.d. enforcement (Direttiva 2004/48/CE), disciplinata come segue dall’art. 125 del Codice della Proprietà Industriale105:

«1. Il risarcimento dovuto al danneggiato è liquidato secondo le disposizioni degli articoli 1223, 1226 e 1227 del codice civile, tenuto conto di tutti gli aspetti pertinenti, quali le conseguenze economiche negative, compreso il mancato guadagno, del titolare del diritto leso, i benefici realizzati dall'autore della violazione e, nei casi appropriati, elementi diversi da quelli economici, come il danno morale arrecato al titolare del diritto dalla violazione.

2. La sentenza che provvede sul risarcimento dei danni può farne la liquidazione in una somma globale stabilita in base agli atti della causa e alle presunzioni che ne derivano. In questo caso il lucro cessante è comunque determinato in un importo non inferiore a quello dei canoni che l'autore della violazione avrebbe dovuto pagare, qualora avesse ottenuto una licenza dal titolare del diritto leso.

3. In ogni caso il titolare del diritto leso può chiedere la restituzione degli utili realizzati dall'autore della violazione, in alternativa al risarcimento del lucro cessante o nella misura in cui essi eccedono tale risarcimento».

La previsione di tale terzo comma è evidentemente dirompente perché introduce il rimedio restitutorio a integrazione e completamento di quella risarcitorio, così determinando la creazione di un modello normativo che è senza dubbio un modello di responsabilità, il quale però si avvale di una tipica property rule dovuta all’esigenza di tutelare gli assetti proprietari del soggetto leso.

Stesso fenomeno è riscontrabile nel caso di sfruttamento illegittimo dell’immagine altrui laddove «il danno conseguente all’appropriazione non autorizzata di una prestazione artistica (nella specie, pubblicazione di immagini di nudo) può quantificarsi, in mancanza di prove certe, con riguardo all’illecito guadagno percepito dalla rivista,

non già, come tradizionalmente riconosciuto, ad una liability rules poiché volto a ristabilire lo status quo ante e non a permettere l'internalizzazione del costo dell'illecito.

105 Sul punto, v. PARDOLESI P., Risarcimento del danno, retroversione degli utili e

deterrence: il modello nord-americano e quello europeo, cit., 133; GALLI C., Risarcimento del danno e retroversione degli utili: le diverse voci di danno, cit., 109 e ss.; GUERNELLI M., La retroversione degli utili tra rischio di overcompensation ed esigenza di colmare il lucro cessante, cit., 215; PARDOLESI P., Rimedi all'inadempimento contrattuale: un ruolo per il disgorgement?, in Riv. dir. civ., 2003, 717; CASTRONOVO C., La violazione della proprietà intellettuale, cit., 7.

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consistente sia nell’aumento della tiratura determinato dalla pubblicazione illecita, sia nella mancata erogazione del compenso che sarebbe stato presumibilmente richiesto dalla persona ritratta»106.

A parte gli esempi considerati, il nostro ordinamento non contempla molte ipotesi di responsabilità declinata in chiave ripristinatoria. Tuttavia gli esempi forniti permettono di enucleare le caratteristiche di questa forma di responsabilità e di giungere ad alcune prime determinate conclusione.

Preliminarmente, sembra chiara la connessione tra i modelli normativi di responsabilità in chiave ripristinatoria e l’obiettivo di tutelare un assetto proprietario pre-definito. In secondo luogo, l’individuazione di modelli di responsabilità finalizzati alla tutela di assetti proprietari si erge quale apparente ossimoro e sembra abbattere la distinzione classica, secondo l’analisi economica del diritto, tra property rules (regole di proprietà) e liability rules (regole di responsabilità), laddove le prime mirano ad assicurare la tutela piena, incondizionata ed effettiva del godimento di un bene, mentre le seconde danno, in definitiva, un “costo” all’illecito o all’inadempimento107.

In realtà, come spiegato in precedenza, sembra più corretto rilevare che la contraddizione sia solo apparente poiché è ben possibile configurare modelli normativi di responsabilità dotati allo stesso tempo di property rules e liability rules. L’art. 125 del Codice della Proprietà Industriale è un chiaro esempio di come sia possibile rinvenire forme di responsabilità che tutelano efficientemente gli assetti proprietari e che, anzi assommano al proprio interno contenuti di una regola proprietaria e contenuti di una regola di responsabilità. In poche parole: modelli di “responsabilità” declinati a mezzo di “regole di proprietà”108.

Tuttavia, come detto, tali ipotesi normative sono molto limitate, anche in considerazione del fatto che la tendenza dell’ordinamento è, in contraddizione con la ratio della responsabilità in chiave ripristinatoria, quella di imporre al responsabile un costo economico astratto della sua violazione o inadempimento. In tale modo a ciascuno è concesso di agire contra ius (nonché contra pactum) purché vi sia piena assunzione del

106 Trib. Monza, 26 marzo 1990, in Foro it., 1991, I, 2862 e ss.. 107 DI MAJO A., La tutela civile dei diritti, cit., 17.

108 MERGES R.P., Of Property rules, Coase, and Intelletual Property, in Col. L. Rev., 94, 1994,

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costo economico delle proprie azioni: in tale maniera si ritiene salvaguardato il principio della libertà individuale di ogni soggetto109.

La riflessione sui modelli normativi di responsabilità con funzione reintegrativa permette tuttavia di giungere alla conclusione che il paradigma della responsabilità non è né incompatibile né inadeguato a tutelare interessi e assetti di tipo proprietario. Consapevolezza che potrebbe determinare l’apertura di numerosi spazi in cui, in via interpretativa, si potrebbe riconoscere che modelli di responsabilità apparentemente non reintegrativa siano in realtà da far ricondurre alla funzione ripristinatoria, tramite l’applicazione di property rules simili a quelle viste sopra (seppur non legislativamente tipizzate).