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Segue: i residui di stanziamento e gli impegni ultrannuali

2) La ricerca di un coordinamento fiscale

6.1. Segue: i residui di stanziamento e gli impegni ultrannuali

Soffermiamoci sulla fase nella quale i menzionati crediti ed ob­ blighi possano sorgere assumendo giuridica esistenza sul piano con­ tabile (63). Essa si concreta — secondo le considerazioni svolte nel­ le pagine precedenti — ogni qual volta i crediti e gli obblighi sono rispettivamente accertati o deliberati entro l’esercizio al quale è ri­ ferito il bilancio che li prevede (64).

(62) In estrema sintesi, va ricordato che le entrate passano, dopo l’accerta- mento, per la « fase della riscossione allorquando vengono dal debitore pagate al­ l’incaricato della riscossione per conto del comune o della provincia »; Bu s c e m a, Trattato, cit., p. 338. Nella spesa si ha l’ordinazione allorché i competenti organi

dell’ente dispongano in favore del titolare del diritto l’effettuazione della presta­ zione — pagamento — ; ved. Bu s c e m a, ivi, p. 341; La fattispecie dell’ordinazione

corrispondeva nel t.u.l.c.p. del 1934 alla emissione dei « mandati di pagamento... sottoscritti dal sindaco o dal presidente della giunta provinciale e dal segretario del comune o della provincia e contrassegnati dal ragioniere » laddove quest’ulti­ mo esistesse — art. 324 — ; oggi, in forza dell’art. 64, 1° comma, lett. c), L. n. 142/1990, la citata disposizione è da ritenere espressamente abrogata, mentre le questioni inerenti ad ordinazione e a pagamento ivi disciplinate, sembrano da ri­ condurre nell’alveo della nuova prospettiva statutaria e regolamentare, in parti­ colare, per i problemi che attengono alla ripartizione delle competenze, nonché, più specificamente, alla rilevanza esterna dell’attività dei dirigenti (mentre sono sicuramente escluse da tale prospettiva le varie questioni che ineriscono alle fatti­ specie di variazione del bilancio). Si deve qui, inoltre, ricordare che la regola­ mentazione sul bilancio, per sua natura, tende ad individuare in maniera parziale i momenti strutturali delle procedure di entrata e di spesa, fornendone una disci­ plina dettagliata solo per aspetti rilevanti in ordine all’efficacia o all’equilibrio delle previsioni; perciò, la normativa concernente, nei suoi profili generali, l’ac­ quisto o l’erogazione delle risorse finanziarie, va di fatto reperita altrove, essen­ do, anzi, necessario affermare come dalla detta normativa le prescrizioni sul bi­ lancio mutuino, per via diretta, concetti giuridici e fattispecie che non possono in­ fluenzare a loro volta, se non attraverso la determinazione della modalità con cui entrate e spese sono meramente prevedibili.

(63) Occorre al riguardo tener presente la distinzione tra rilievo contabile di accertamenti ed impegni e le rispettive fattispecie giuridiche sottostanti (sia di diritto pubblico che di diritto privato).

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Tuttavia la portata della nozione di accertamento od impegno, nelle prescrizioni sui residui, si amplia notevolmente in conseguen­ za della particolare disciplina dettata in ordine ad alcune speciali ipotesi. Vanno così menzionati l’ultimo comma dell’art. 19, il quale, per le « spese in conto capitale finanziate con l’assunzione di mutui a specifica destinazione », dispone che si considerino impegnate « in corrispondenza e per l’ammontare del mutuo deliberato o del relativo prefinanziamento » (65) « accertato in entrata » (66); non­ ché il 3° comma dell’art. 20: « si considerano impegnati gli stanzia­ menti in conto capitale correlati ad accertamenti di entrate aventi destinazione vincolata per legge ».

Tali fattispecie manifestano, quale caratteristica comune, l’ir- rilevanza dell’atto di impegno ai fini del mantenimento fra i residui — senza alcun limite alla loro conservazione in più esercizi (67) — di somme stanziate in correlazione ad entrate già accertate: si trat­ ta, in altri termini, di ipotesi di spese in conto capitale in cui, per la particolare natura ascritta a determinate entrate (68), la gestione

timo comma, nella quale l’iscrizione fra i residui degli stanziamenti in conto capi­ tale non impegnati e non vincolati nella destinazione equivale a impegno assunto entro il termine dell’esercizio.

(65) Per prefinanziamento su mutuo deve intendersi « un prestito, a breve scadenza, che si innesta su di una “ pratica” di mutuo »: Pu d d u, I l b i l a n c i o , c i t . ,

p. 96. Caratteri essenziali alla fattispecie sono, dunque, il costituire una forma di indebitamento a breve termine — quando invece i limiti operativi del mutuo sono il medio o il lungo periodo — nonché il necessario innestarsi su una procedura di mutuo nella quale perciò tende ad esaurirsi, allorquando la medesima sia giunta a perfezione: ved.: Ar c id ia c o n o- Br u n o, E n t i l o c a l i : g l i i n v e s t i m e n t i e l e p r o c e d u r e d i s p e s a , Roma, 1984, p. 96 ss. A completamento si osservino le « istituzioni per la codificazione dei capitoli di entrata e di spesa », nell’allegato A al D.p R n 421/1979.

(66) Mentre il 3° comma, in armonia con i principi generali, così prescrive: « le somme iscritte tra le entrate in relazione a mutui affidati ma non deliberati, costituiscono minori entrate rispetto alle previsioni ».

(67) Né in ordine ai residui attivi, né riguardo ai residui inerenti a spese in conto capitale, trova applicazione l’istituto della perenzione amministrativa — art. 21, 3° comma (ved. i n f r a § 6) — ; si ricordi, peraltro, l’ipotesi di verifica straordinaria dei residui attivi e passivi, già prevista dall’art. 29 del D .l. 7 maggio 1980, n. 153, convertito con modificazioni nella L. 7 luglio 1980, n. 299, verifica il cui termine fu prorogato dal 30 novembre 1981 al 31 ottobre 1982: fine della di­ sposizione fu quello di « eliminare le somme insussistenti o prescritte ed adeguare la contabilità alle norme previste dal D .p.r. 19 giugno 1979, n. 421 ». Va aggiun­ to, inoltre, che ai sensi dell'art. 41, 5° comma, D .p.r. 30 dicembre 1992, n. 504, qualora i contributi in conto capitale non siano utilizzati in un anno « sono consi­ derati impegnati e possono essere utilizzati nei 4 anni successivi, ferma restando la destinazione di legge ». Per ulteriori esempi di conservazione di stanziamenti non impegnati cfr. art. 14, 5° comma, D .l. 18 gennaio 1992, n. 8, convertito con modificazioni nella L. 19 marzo 1993, n. 68.

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degli stanziamenti che ad esse ineriscono viene vincolata all’inter­ venuto accertamento in entrata delle medesime, senza tener conto della formazione di una espressa volontà al giuridico impegno.

In tale ultimo dato (irrilevanza dell’elemento volitivo) sembra esprimersi la sostanziale differenza che intercorre fra le fattispecie ora esaminate e quella di cui all’art. 21, ultimo comma, più sopra presa in considerazione: se, infatti, l’iscrizione fra i residui, nelle ipotesi di entrate in conto capitale con vincolo di scopo — artt. 19 e 20 — appare necessaria conseguenza della qualificazione formale attribuita all’accertamento delle corrispondenti somme in entrata, nel caso degli stanziamenti non vincolati, detta iscrizione è, al con­ trario, meramente facoltativa, rimessa, in altri termini, alle scelte discrezionali del consiglio. N e derivano, dunque, diverse qualifica­ zioni giuridiche cui ricondurre le deliberazioni sui residui nell’am­ bito delle situazioni considerate: così, nella prima, l’accertamento dei residui esprimerebbe una sorta di ricognizione dell’obbligo di attuare gli interventi prefissati — eteronomamente — compiuta dall’organo assembleare (69); nella seconda, invece, detto accerta­ mento assumerebbe i contorni di un atto di autonomia, avente per contenuto l’impegno giuridico ad erogare la spesa.

ge », esse vanno ricondotte alla contribuzione statale e regionale con vincolo di scopo: ved.: Bu s c e m a, T r a t t a t o , c i t . , p. 341. Osserva inoltre Ga r r ì, in L a g e s t i o n e , c i t . , p. 208: « Il vincolo di destinazione... è da riconoscere le volte in cui sussista questa indicazione normativa espressa ovvero espressa sia l’indicazione normativa dello scopo delle entrate stesse non destinate a copertura generica di tutte le spese ».

(69) Una simile considerazione del fenomeno è senz’altro riferita non solo

ai contributi statali o regionali, ma anche alle ipotesi di mutuo con vincolo di sco­ po, dal momento che tale vincolo trae origine — e x l e g e — dal particolare fine che si pone alla base della richiesta di finanziamento: ove questo sia concesso, la relativa entrata diviene, per trattamento giuridico — ma limitatamente alla sua classificazione contabile — assimilata ai trasferimenti vincolati di Stato e regioni. Per quanto riguarda la deliberazione del mutuo — che l’art. 19 indica come con­ dizione del costituirsi dell’impegno — la Corte dei conti così si esprime: « Per le entrate da mutuo l’accertamento trova necessario presupposto... nell’aspettativa del perfezionarsi a breve termine del diritto..., fondata sull’assenso o promessa dell’istituto mutuante e sulla anzidetta deliberazione consiliare... »; inoltre, osser­ vando la reale portata di tale impegno, la Corte precisa che quest’ultimo « non è

di per sé idoneo a consentire effettive ordinazioni di spesa sino a quando non sia incondizionatamente sorto il diritto al finanziamento, per essere intervenuta la stipulazione del contratto ovvero l’adozione del provvedimento di concessione ». E prosegue: « la mancata stipulazione del contratto, ovvero la denegata conces­ sione del mutuo, peraltro, comporta l’obbligo di riaccertamento dei residui ripor­ tati legittimamente sulla base della delibera di autorizzazione a contrarre e della norma che regola gli impegni delle spese di investimento... »; Corte dei conti, sez. II, 10 febbraio 1986, n. 29. Si vedano: Buscema, T r a t t a t o , c i t . , p. 40; Benna­

t i, M a n u a l e , c i t . , p. 357; Garrì, L a g e s t i o n e , c i t . , p. 212 ss.; Puddu, I l b i l a n c i o , c i t . , p. 94 ss.

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Da ultimo, una fattispecie affine a quelle sino a questo punto osservate, è inserita nel 3° comma delFart. 20, disciplinante l’as­ sunzione di impegni per le spese correnti, con carattere ultrannua­ le: simili impegni possono essere deliberati (ma estesi a carico del solo esercizio successivo) « ove ciò sia indispensabile per assicura­ re la continuità dei servizi »; purché « si tratti di spese per affitti o di altre continuative o ricorrenti... a norma della consuetudine », ovvero « se l’amministrazione ne riconosca la necessità o la conve­ nienza » (70). N ell’ipotesi che si esamina l’assunzione di impegni ultrannuali diviene vincolo per la gestione dei futuri esercizi: essa prende vita attraverso una apposita deliberazione (71) — che deve precedere, a differenza del disposto di cui all’art. 21, ultimo com ­ ma, la conseguente iscrizione fra i residui — , deliberazione del tut­ to facoltativa, la cui adozione non potrebbe quindi rappresentare l’adempimento ad un obbligo determinato al di fuori della volontà degli organi dell’ente (diversamente da quanto accade nelle ipotesi di cui agli artt. 19 e 20).

7. I movimenti finanziari nella previsione di cassa.

Così disegnato l’ambito concettuale entro cui ricostruire la no­ zione di residuo, è ora necessario delineare lo spazio operativo che a questa compete: dobbiamo, dunque, guardare a tutte quelle pre­ scrizioni che individuano, in senso formale, la posizione assunta dai risultati delle trascorse gestioni all’intemo delle strutture del bilancio.

Consideriamo, al riguardo, il 2° comma dell’art. 9, il n. 1), in­ nanzitutto: « Ciascun capitolo di entrata e di spesa deve indicare l’ammontare presunto dei residui attivi e passivi alla chiusura del­ l’esercizio precedente a quello cui il bilancio si riferisce ». Per tale norma, l’iscrizione dei residui nel contenuto del provvedimento previsionale, viene quindi effettuata accanto a quella degli stanzia­ menti di competenza — cfr. n. 2) — : ed ai primi e ai secondi si rife­

(70) Dunque, nell’ipotesi di servizi, l’ultrannualità è eollegata all’esigenza di non impedirne il continuo svolgimento: l’efficacia dell’impegno è comunque li­ mitata all’anno finanziario successivo. Nelle fattispecie relative ad affitti, spese continuative e ricorrenti, la previsione normativa si inquadra nella necessità di consentire maggiore comodità in procedure contabili di scarso rilievo o che, co­ munque, manifestano stabili caratteristiche. Nell’uno e nell’altro caso, ad ogni modo, l’adozione di impegni ultrannuali è atto meramente facoltativo.

(71) Si ricordi, al riguardo, la competenza consiliare ex art. 32, 2° comma, lett. f), L. n. 142/1990.

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risce il disposto del successivo n. 3), il quale, sempre in ordine alla formazione dei capitoli, impone di indicare « l’ammontare delle en­ trate che si prevede di incassare e delle spese che si prevede di pa­ gare nell’anno cui il bilancio si riferisce, senza distinzione tra ope­ razioni in conto competenza ed in conto residui »; a chiusura del quadro si pone il 3° comma del medesimo articolo, secondo cui « le previsioni di spesa » relative al punto 3) « costituiscono il limite per le autorizzazioni... di pagamento ».

Dalle disposizioni qui richiamate sembra risultare una nuova classe di fattispecie entro la quale il bilancio esplica la propria effi­ cacia, rappresentata da quei movimenti monetari effettivi — « en­ trate che si prevede di incassare », « spese che si prevede di paga­ re » — che si realizzano nella gestione dell’ente: in altri termini, la cassa (72).

Secondo questa diversa prospettiva, i residui — intesi quali impegni ed accertamenti legittimamente sorti (nel senso sopraindi­ cato) all’interno dei trascorsi esercizi — e gli stanziamenti previsti nella competenza — considerati nei loro aspetti meramente esecu­ tivi — divengono, a seguito della iscrizione di cui all’art. 9, una massa di diritti e di obblighi da realizzare nel concreto.

Appaiono, quindi, oggetto delle previsioni di cassa fattispecie non del tutto sovrapponibili, in quanto connesse alle differenti no­ zioni di movimento finanziario, che si sono rispettivamente svilup­ pate nell’ambito della pura competenza ed in quello dei residui (competenza mista).

Invero, la disomogeneità di tali fattispecie viene apprezzata particolarmente allorquando, per dati effetti contabili, possa assu­ mere rilevanza la qualificazione formale ascritta alle diverse poste di bilancio. Ed è certo questo il caso del 1° comma dell’art. 16,

(72) Art. 2, 1” comma: « ... il bilancio... è redatto in termini... di cassa ». Può essere visto, nella disciplina del bilancio di cassa, un rafforzamento dei poteri dell’organo consiliare in ordine alla disciplina della gestione: così Bu s c e m a, Trat­ tato, cit., p. 285. Peraltro, occorre porre l’accento sulla peculiarità di tale forma di

previsione contabile, la quale, nella propria struttura, conserva la manifestazione di contenuti necessari — sottratti al potere discrezionale dell’ente — come gli stanziamenti di spesa in conto capitale connessa ad entrate a destinazione vincola­ ta già accertate. Ad ogni modo, l’introduzione del bilancio di cassa, rappresenta, all’interno della contabilità pubblica una reale e rilevante novità — va sottolinea­ to — apparsa nel sistema soltanto a seguito delle riforme degli anni ’70 — L. n. 335/1976, per le regioni; L. n. 468/1978 per lo Stato; D .p.b. n. 421/1979 per gli en­ ti locali — . Sulle variazioni finanziarie di cassa si veda, fra gli altri: Fo r t e, Il bi­ lancio, cit., p. 180 ss. e p. 199 ss.

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D .p.r. n. 421/1979, secondo cui « I competenti organi degli enti lo­ cali dispongono i pagamenti nei limiti dei rispettivi stanziamenti di cassa del bilancio in corso, con separata scritturazione secondo che si tratti di pagamenti in conto competenza o in conto residui ». Se ne desume, allora, la radicale separazione dei profili esecutivi rife­ ribili, segnatamente, alla competenza e ai residui, separazione nel­ la quale, giunti a questo punto, non può che intravvedersi un pene­ trante vincolo oggettivo condizionante l’esplicarsi della gestione (73).

7 .1 . Il problema dell’autonomia del concetto di cassa.

Entro il sistema sino ad ora disegnato, possiamo, infine, do­ mandarci quale posizione effettiva possa venire ascritta alla nozio­ ne di cassa: in altri termini, stabilire se sia fondato attribuire alla medesima un ruolo autonomo o se, al contrario, sembri opportuno ricostruire in capo ad essa un significato ontologicamente connesso — se non subordinato — a quello di competenza, che più innanzi si richiamava.

Nel tentativo di fornire una elaborazione scientifica del tema, sempre in coerenza col regime vigente, va posta in luce la conside­ razione preliminare secondo cui il bilancio, quale previsione conta­ bile, viene a costituire un provvedimento di carattere unitario, in­ scindibile nel contenuto quantomeno sul piano formale.

Ciò è facilmente riconoscibile ove si rivolga l’attenzione alla struttura dell’atto e, in particolare, all’inquadramento delle somme stanziate entro i singoli capitoli, al cui interno, lo si rammenta, le indicazioni relative alla competenza, ai residui ed alla cassa deb­ bono risultare necessariamente esposte le une accanto alle altre, in guisa da esprimere nel piano contabile la progressiva trasfor­ mazione dei crediti e degli obblighi che mettono capo all’ente in flussi monetari di natura effettiva: così, può essere affermato come nella costruzione dei capitoli sia formalmente evidenziata quella finalizzazione giuridica, per la quale i movimenti delle risorse fi­ nanziarie, una volta deliberati, vengono condotti a perfezione se­

(73) In ordine ai riflessi della questione nell’ambito delle così dette « va­ riazioni di bilancio », si consideri l’art. 318 del t.u.l.c.p. 1934 , 3° comma, il cui di­ sposto, ancorché abrogato, appare esemplificativo dell’ampiezza dei temi or ora prospettati: « Sono vietati gli storni tra i residui e quelli tra i residui e i fondi della competenza ».

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condo un percorso determinato ex ante attraverso l’approvazione dei precetti del bilancio.

Pertanto, non sembra possibile reperire una nozione di cassa considerata, in questo ambito, quale elemento indipendente od au­ tonomo rispetto alla dimostrazione assolutamente organica ed uni­ taria del programma contabile.

Ma accantonate, se è lecito, le questioni relative alla forma, te­ mi di maggior rilievo possono desumersi nell’osservare il provvedi­ mento di bilancio nella sua portata organizzativa.

In tale ordine, dobbiamo subito notare come la disciplina di cassa sia rivolta, univocamente, a fattispecie con ridotti margini di discrezionalità, le quali, nell’odierna costruzione della forma di go­ verno locale, sono da reputare di certo escluse dal novero delle competenze deliberative del consiglio, risultando ripartite, semmai, sulla base delle disposizioni di legge ovvero delle prescrizioni statu­ tarie, fra la giunta, il sindaco — o il presidente della giunta regio­ nale — , il segretario e i diversi funzionari (74).

La menzionata disciplina, dunque, indirizzata a regolamentare l’esercizio di potestà di natura meramente esecutiva, e perciò sot­ tratta, in linea di principio, alla competenza assembleare — cfr. artt. 32 e 35 L. n. 142/1990 — , potrebbe reperire la propria ragion d ’essere nell’esigenza, radicata nel consiglio, di emanare precetti

(74) Si ricordino, al proposito, l’art. 32, L. n. 142/1990, il Io comma, princi­ palmente, secondo cui « il consiglio è l’organo di indirizzo e di controllo politico­ amministrativo »; ma anche il 2° comma, alla lett. m ) , laddove subordina la com­ petenza consiliare agli acquisti e alle alienazioni immobiliari — e alle relative per­ mute — , agli appalti e alle concessioni, al fatto che non costituiscano mera esecu­ zione di « atti fondamentali » del consiglio; nonché l’art. 35 — legge citata — , in base al quale « la giunta compie gli atti di amministrazione che non siano riservati dalla legge al consiglio e che non rientrino nelle competenze, previste dalla legge o dallo statuto, del sindaco o del presidente della provincia, degli organi di decen­ tramento, del segretario e dei funzionari dirigenti, collabora con il sindaco e con il presidente della provincia nella attuazione degli indirizzi generali del consiglio, ri­ ferisce annualmente al consiglio sulla propria attività e svolge attività propositiva e d ’impulso nei confronti dello stesso ». Vanno inoltre considerati gli artt. 36 — « Competenze del sindaco e del presidente della provincia », 38 « Attribuzioni del sindaco nei servizi di competenza statale » — , 51 — « Organizzazione degli uffici e del personale » — , 52 — « Segretari comunali e provinciali » — , legge ci­ tata. Per quanto riguarda le trattazioni dottrinarie si vedano, infine, Ba r t o l e-Ma-

s t r a g o s t in o- Va n d e l l i, L e a u t o n o m i e t e r r i t o r i a l i , Bologna, 1991, p. 233 ss.; Ma r-

z a n a t i, G l i o r g a n i d i g o v e r n o d e l c o m u n e , Milano, 1990, p. 39 ss.; St a d e r i n i, D i ­ r i t t o d e g l i e n t i l o c a l i , Padova, 1991, p. 247 ss. e p. 305 ss.; Va n d e l l i, O r d i n a m e n ­ t o d e l l e a u t o n o m i e l o c a l i , Bologna, 1991, p. 184 ss., p. 201 ss., p. 214 ss., p. 273 ss., p. 283 ss.

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indirizzati, specificamente, al sindaco ed alla giunta — nonché agli altri organi ed uffici della gestione materiale delle entrate e delle spese — , al fine di vincolare le fasi di realizzazione dei diritti e de­ gli obblighi legittimamente sorti all’indirizzo politico determinatosi nel bilancio di previsione e nelle deliberazioni ad esso correlate.

Il pregio della ricostruzione accennata potrebbe essere quello di evidenziare com e, all’interno dei precetti- contabili, sia riconosci­ bile il carattere non om ogeneo delle fattispecie che a mezzo degli stessi sono disciplinate: fattispecie puntualmente disaggregate — in base al grado della loro successiva attuazione — entro il contenuto del bilancio. M a non deve peraltro sfuggire che tale forma di in­ quadramento contabile — dipendente dalla attitudine alla realizza­ zione materiale propria di ciascun movimento in entrata o in uscita — assume rilievo soltanto nella fase attuati va della previsione; es­ sa, in altri termini, appare giuridicamente significativa là dove vie­ ne a contatto con la struttura organizzativa dell’ente, per formare un tutt’uno con essa, divenendone strumento o condizione di opera­ tività.

Così, la previsione di bilancio, in sé considerata, può essere in­ tesa com e indirizzo politico-amministrativo riferito all’attività fi­ nanziaria, indirizzo che presuppone, certo, una cornice di organiz­ zazione sulla quale innestare il proprio contenuto prescrittivo, ma dalla quale prescinde nel determinare gli oggetti e le forme della disciplina contabile attraverso cui si manifesta.

Se ne ricava, quindi, che l’autonomia del concetto di cassa, in quanto ancorata ai profili dell’organizzazione, non può essere rico­ nosciuta nell’analisi di una struttura di bilancio inidonea ad inqua­ drare le figure, mediante le quali l’adempimento agli indirizzi fi­ nanziari viene distribuito e radicato — com e obbligo alla gestione pianificata — nelle varie articolazioni dell’ente.

L ’indipendenza della cassa diviene, allora, un dato estraneo ai contenuti delia regolamentazione di contabilità, irrilevante in que­ sto ambito poiché connesso, sul piano sostanziale, al concreto atteg­

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