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Rivista di diritto finanziario e scienza delle finanze. 1995, Anno 54, giugno, n.2

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Spedizione in abbonamento postale - 50%

GIUGNO 1995 P ubblicazione trim estrale Anno LIV - N. 2

RIVISTA DI DIRITTO FINANZIARIO

E S C I E N Z A D E L L E F I N A N Z E

Fondata da BENVENUTO GRIZIOTTI

(e R I V I S T A IT A L IA N A D I D I R I T T O F I N A N Z I A R I O )

D I R E Z I O N E

EMILIO GERELLI - GIULIO TREMONTI

COMITATO SCIENTIFICO

ENRICO DE MITA - ANDREA FEDELE - FRANCESCO FORTE AMEDEO FOSSATI - FRANCO GALLO - SALVATORE LA ROSA IGNAZIO MANZONI - GIANNINO PARRAVICINI - ANTONIO PEDONE

SERGIO STEVE

COMITATO DIRETTIVO

R O B E R T O A R TO N I - F IL IP P O C A V A ZZU T I - AUG USTO FA N T O ZZI G. FRANCO GAFFURI - DINO P IE RO GIARDA - EZIO LANCELLOTTI ITA LO M AGNANI - G IL B E R T O M U R AR O - L E O N A R D O P E R R O N E E N R IC O P O T I T O - P A S Q U A L E R U S S O - G IU L IA N O T A B E T

FRANCESCO TESAURO - ROLANDO VALIANI

(2)

Pubblicazione sotto gli auspici del Dipartimento di Economia pubblica e territoriale dell9Università, della Camera di Commercio di Pavia e dell9Istituto di diritto pubblico della Facoltà di Giurisprudenza dell9Università di Roma. Questa Rivista viene pubblicata con il contributo finanziario del Consiglio Nazionale delle Ricerche.

Dir e zio n e e Re d a z io n e: Dipartimento di Economia pubblica e territoriale del- VUniversità, Strada Nuova 65, 27100 Pavia; tei. 0382/504.406, (Fax) 504.402.

Ad essa debbono essere inviati bozze corrette, cambi, libri per recensione in duplice copia.

Redattori: Silvia Cip o l l in a, An g e l a Fr a s c h in i, Giu s e ppe Gh e s s i. Segretaria di Reda­ zione: Cla u d ia Ba n c h ie r i.

L ’ Am m in istr a zio n eè presso la casa editrice Dott. A. GIUFFRÈ EDITORE S.p.A ., via Busto Arsizio, 4 0 - 2 0 1 5 1 Milano - tei. 3 8 .0 8 9 .2 0 0

Pu b b l ic it à:

dott. A. Giuffrè Editore S.p.a. - Servizio Pubblicità via Busto Arsizio, 4 0 - 2 0 1 5 1 Milano - tei. 3 8 .0 8 9 .3 2 4

CONDIZIONI DI ABBONAM ENTO PER IL 1 9 9 5

Abbonam ento annuo Ita lia ... L. 1 0 0 .0 0 0 Abbonam ento annuo e s t e r o ... L. 1 5 0 .0 0 0

Annate arretrate senza aum ento rispetto alla quota annuale.

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I fascicoli non pervenuti all’ abbonato devono essere reclamati entro 10 giorni dal ricevimento del fascicolo successivo. Decorso tale termine si spediscono, se disponibili, contro rimessa dell’ importo.

All’ Editore vanno indirizzate inoltre le comunicazioni per mutamenti di indirizzo. Per ogni effetto l’ abbonato elegge domicilio presso l’ Amministrazione della Rivista. Ai collaboratori saranno inviati gratuitamente 50 estratti dei loro saggi. Copie supplementari eventualmente richieste all’ atto del licenziamento delle bozze verranno fornite a prezzo di costo. La maggiore spesa per le correzioni straordinarie è a carico dell’ autore.

Registrazione presso il Tribunale di Milano al n. 104 del 15 marzo 1966 Iscrizione Registro nazionale stampa (legge n. 416 del 5.8.81 art. 11)

n. 00023 voi. I foglio 177 del 2.7.1982 Direttore responsabile: Em ilio Ger elli

Rivista associata all’ Unione della Stampa Periodica Italiana

Pubblicità inferiore al 50%

(3)

INDICE-SOMMARIO

P A R T E P R I M A

Silvia Giannini - L ’imposizione sulle imprese: regime vigente e ipotesi di

riforma ... Maria Cecilia Guerra - La tassazione dei redditi di capitale in capo alle

persone fisiche: problemi e prospettive ... Nicola Bardino - Autonomia finanziaria, indirizzo, attività e controlli nel

bilancio degli enti locali ... LEGGI E DOCUMENTI

Ministerodellefinanze- La riforma fiscale - Libro bianco (I) ...

RECENSIONI

Amatucci A. (diretto da) - Trattato di diritto tributario (E. Pace) ...

NUOVI LIBRI ... RASSEGNA D I PUBBLICAZIONI RECENTI ...

P A R T E S E C O N D A

Fabrizio Ferri - In tema di responsabilità del rappresentante ex art. 98 comma D .p.r. n. 60HI1973 ... Ma r ia Cecilia Fr e g n i - Locazione di immobili da parte di Comuni e non as-

soggettabilità ad Iva ... SENTENZE ANNOTATE

Sanzioni civili ed amministrative - Legale rappresentante - Pene pecunia­ rie e soprattasse - Responsabilità solidale - Ruolo di riscossione - Coo- bligato solidale dipendente - Opponibilità - Tutela giurisdizionale - Sufficienza - Avviso di mora - Im p u g n a b ili (Cass., sez. I, 3 dicem­ bre 1993, n. 12000) (con nota di F. Fe r r i)... Iva - Locazione di immobili da parte di enti non commerciali (Comuni) -

Fattispecie - Operazione imponibile ai fini Iva - Esclusione (Trib. di Monza, 10 gennaio 1994, n. 38) (con nota di M .C. Fregni) ...

(4)

The European Law Student’s Association

G U I D E T O

LEGAL STUDIES

IN EUROPE

La guida offre una ricchissima serie di dettagliate e aggiornate informa­ zioni per gli studenti che intendono frequentare corsi universitari all’estero. Oltre a notizie di carattere generale relative a paesi, città e atenei, essa riporta informazioni circa corsi di specializzazione e borse di studio, nonché numeri telefonici di pratica utilità.

Le informazioni contenute nella guida, redatta in lingua inglese, si rife­ riscono ad oltre duecento facoltà giuridiche di trentadue paesi europei.

8°, p. 1178, L. 65.000

Brussels

Law Books in Europe

1146

(5)

PASQUALE RUSSO

MANUALE

DI

DIRITTO TRIBUTARIO

L’opera offre una trattazione istituzionale, completa

ed aggiornata della com plessa m ateria tributaria.

A tal fine è articolata in una parte generale dedicata

a ll’in d a g in e in o rd in e ai p rin c ip i g e n e ra li del

vigente ordinam ento tributario, alle procedure di

accertamento e riscossione delle imposte, al sistema

s a n z io n a to rio a m m in is tra tiv o e p e n a le e d al

n u o v o c o n te n z io so tributario; e d in u n a p arte

speciale, ove v en g o n o direttam ente esam inati i

principali tributi, diretti ed indiretti, erariali e locali,

contem plati dall’attuale legislazione fiscale.

8°, p. XXn- 814,

rii., L.

95.000

(6)

S I N T E S I

D E L I

GENI

L’ASSICURATO

L’attività del Gruppo. Il Gruppo Generali continua la politica di rafforzamento internazionale e di razionalizzazione delle strutture presenti nei diversi mercati. Con quest’ultimo obiet­ tivo, nel 1994 è stata ridisegnata l’organizzazione operante in Germania ed è stato varato un progetto di profonda ristruttura­ zione delle partecipazioni detenute in Spagna tramite la Holding Central Hispano-Generali, di cui il Gruppo ha acquisito il possesso totale. Oggetto di importanti interventi di ristruttu­ razione e di rafforzamento è stata anche la presenza nell’area latinoamericana: in Argentina, con la costituzione tra l'altro di tre nuove società nei settore dei fondi pensione, in Perù e Colombia attraverso l’integrazione di nuove entità con le pree­ sistenti strutture. In Italia sono state apportate allaAlieanza di Milano quattro società che hanno concorso a potenziare la sua

rete distributiva e l’offerta di prodotti finanziari e assicurativi vita; è stata inoltre accentuata la specializzazione geografica, settoriale e distributiva delle compagnie danni. Due nuove con­ trollate sono state costituite in Lussemburgo e nella Repubblica Ceca. La principale operazione di acquisizione ha riguardato la partecipazione di controllo nella Fortuna, una holding di Zurigo cui fanno capo cinque compagnie di assicurazione, grazie alla quale viene considerevolmente migliorata - sia in termini di co­ pertura del territorio che di gamma di prodotti - la presenza sul mercato elvetico.

Nel giugno 1995 è stata infine messa a punto una complessa o- perazione che ha dato avvio alla riorganizzazione del Gruppo in Francia e all’acquisizione di due compagnie, la France Vie e la France IARD.

ATTIVO (in milioni di lire) 1994 1993 Beni immobili 11.917.289 10.445.896 Titoli a reddito fisso 56.436.372 48.282.042 Azioni e partecipazioni 12.996.738 10.559.561

Prestiti 6.219.311 4.470.835

Depositi di riassicurazione 808.006 711.164 Depositi bancari 4.117.942 4.085.556 Debitori diversi e altri attivi 10.875.595 9.215.736

Totale attivo 103.371.253 87.770.790

PASSIVO (in milioni di lire) Accantonamenti

per impegni assicurativi 82.851.209 68.345.834 Depositi di riassicurazione 413.768 817.840 Altri passivi 7.934.346 7.280.410 Quote di terzi 2.553.706 2.377.046 Patrimonio netto 8.977.352 8.339.515 Utile dell’esercizio 640.872 610.145 Totale passivo 103.371.253 87.770.790

■ Sono state consolidate 93 compagnie di assicurazione operanti in una quarantina di mercati, 35 finanziarie, 22 immobiliari e 3 agricole. ■ L’utile complessivo dell’esercizio è stato di 873,4 miliardi, a fron­ te di 686,1 miliardi dell’anno precedente. La quota dell’utile con­ solidato di pertinenza della Capogruppo è di 640,9 miliardi contro i 610,1 miliardi dell’esercizio precedente.

■ 1 premi lordi hanno raggiunto 28.736.2 miliardi (+15,5%) di cui 12.593.7 nel ramo vita (+26,1%) e 16.142,5 nei rami danni (+8,4%). Essi provengono per il 75,6% da Paesi dell’Unione Europea (Italia 29,6%) per il 17,7% dagli altri Paesi europei e per il restante 6,7% dai Paesi extraeuropei.

■ Per prestazioni assicurative sono stati effettuati pagamenti per 14.674,1 miliardi.

■ Gli accantonamenti per impegni assicurativi sono aumentati di 10.162.3 miliardi.

■ I costi di produzione e ammini­ strazione hanno inciso per 6.618,2 miliardi (+10,2%).

* Il totale degli investimenti è di

92.495.7 miliardi a fronte dei quali vi sono accantonamenti per impegni assicurativi per 82.851,2 miliardi.

■ I redditi degli investimenti sono risultati di 6.920,4 miliardi (+9,4%).

■ La valutazione del portafoglio titoli ai corsi di borsa di fine anno ha fatto emergere minusvalenze di registro per 660,7 miliardi, che sono state spesate nel conto economico.

■ Il patrimonio netto complessivo risulta di 11.298,5 miliardi, di cui 8.977,3 miliardi di pertinenza della Capogruppo.

Il Gruppo Generali, oltre che in Italia, opera in Argentina, Austria, B elgio, Brasile, Canada, C olom bia, D animarca, Ecuador, Emirati A rabi, Francia, G erm ania, G iappone, G ibilterra, Gran Bretagna, G recia, Guatemala, Guernsey,

(7)

s

E R C I Z I O

1 9 9 4

ALI

:A FRONTIERE.

L'attività della Capogruppo. L’impegno primario della Compa­

gnia è rivolto al consolidamento del riequilibrio dei risultati in­ dustriali, con il duplice obiettivo di una costante e ordinata cre­

scita della redditività complessiva e del rafforzamento patrimo­

niale. L’esercizio 1994 è stato caratterizzato da un andamento

positivo, determinato dal forte miglioramento del risultato della

gestione strettamente assicurativa: in quest’ambito il lavoro di­

retto italiano dei rami danni - che in passato aveva prodotto

perdite molto pesanti - è stato nuovamente ricondotto all’equi-

librio, grazie alla concomitante riduzione della sinistralità e dell’incidenza dei costi; anche il lavoro estero e l’indiretto han­

no evidenziato significativi e diffusi miglioramenti. Il più favo­

revole andamento della gestione industriale ha influito positi­

vamente sul risultato della gestione ordinaria che ha evidenzia­

milioni di lire) 1994 1993

imi lordi 10.251.002 9.776.397

tmi ceduti - 950.445 -1.224.888 imi netti 9.300.557 8.551.509

dditi netti degli Investimenti 2.509.804 2.481.619

eressi tecnici gestione vita -1.509.726 -1.498.016

sitato della gestione tecnica - 420.924 - 682.407

eventi e oneri vari - 111.575 - 127.715

Ido della gestione ordinaria 467.579 173.481

ofitti da alienazione di titoli ed immobili 260.224 512.713 Hi di cambio 179.729 208.977 nusvalenze da valutazione di titoli - 254.648 - 185.384

'Poste indirette non ricorrenti

Riposte pagate all’estero - 14.539 - 135.571

Ido della gestione straordinaria 170.766 400.735

¡poste sul reddito dell’esercizio - 197.446 - 153.846

ile dell’esercizio 440.899 420.370

L’utile netto d’esercizio è di 440,9 miliardi, contro 420,4 miliardi Il esercizio precedente.

I Premi lordi hanno raggiunto i 10.251 miliardi (+4,9%), di cui ®9,9 miliardi nel ramo vita e 6.050,1 miliardi nei rami danni.

Compagnie del Gruppo Generali in Italia: AdriaVita, Agricol­ tura, Alleanza, AssiBa, Aurora, La C antica, La Venezia, Na­ vale, SIAI), Trieste e Venezia, Risparmio Assicurazioni, Ri­ sparmio Vita, UMS G en erali M arine, E urop A ssista n ce.

to un utile notevolmente più elevato di quello dell’esercizio 1993, malgrado la stasi dei redditi degli investimenti, determi­ nata dall’andamento dei tassi di interesse sui mercati mondiali. La gestione straordinaria ha registrato nel 1994 una flessione dei profitti realizzati da alienazioni di titoli e immobili, sia a se­ guito del minor apporto derivante da operazioni di carattere ec­ cezionale sia in funzione dell’evoluzione dei mercati mobiliari che ha condizionato l’attività di trading. Il conto economico ha da un lato registrato minusvalenze di registro sul portafoglio ti­ toli per 256,9 miliardi e dall’altro ha beneficiato di un saldo po­ sitivo di 174,8 miliardi delle variazioni delle parità di cambio, tenuto conto dell’elevata incidenza delle attività estere. L’utile netto di bilancio, dopo il pagamento di imposte per quasi 200 miliardi, è salito da 420,4 a 440,9 miliardi.

■ Per prestazioni assicurative sono stati effettu ati pagam enti p er 5.285.6 miliardi.

■ Gli accantonam enti p er impegni assicurativi sono a u m en tati di 3.844.7 miliardi.

■ I costi di produzione e di ammini­ strazione hanno inciso p er 2.313,5 m iliardi. L’incidenza dei costi sui premi è dim inuita nel lavoro diretto italiano dal 23% del 1993 al 22,4%. ■ Gli investim enti am m ontano a 34.211,3 miliardi (+11,5%) a fronte dei quali vi sono impegni assicurati­ vi per 27.978,9 miliardi.

■ I redditi degli investim enti sono stati pari a 2.509,8 miliardi (+2,5% a term ini omogenei).

■ Il patrim onio netto raggiunge i 6.708,9 miliardi con un incre­ mento di 141,1 miliardi. L’eccedenza rispetto al fabbisogno mini­ mo del margine di solvibilità è di 2.136,3 miliardi nel ramo vita e di 2.261.8 miliardi nei rami danni.

■ Il dividendo - al lordo delle ritenute di legge - è di 360 lire per azione (+10% a termini omogenei) ed è pagabile dal 17 luglio. ■ Il Consiglio di A m m inistrazione, riunitosi a conclusione dei lavori assem bleari, ha nom inato Presidente Antoine Bernheim, Vicepresidenti Francesco Cingano e Gianfranco Gutty, Ammini­ stratore Delegato Gianfranco Gutty.

GRU IVO

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A ST O L F O DI A M A T O A N TO N IO M ERONE

LE L E G G I P E N A L I

T R I B U T A R I E

Annotate con la giurisprudenza

S ec o n d a ed izio n e a g g io r n a ta al 1 0 g en n a io 1 9 9 4

Questa nuova edizione dà conto di tutti gli interventi normativi che, a ritmo intenso e perciò non adeguato a quelle esigenze di certezza che sono partico­ larmente avvertite in materia penale, hanno modificato la repressione pena­ le degli illeciti tributari: si pensi al D.L. 16 marzo 1991, n. 83, conv. in L. 15 maggio 1991, n. 154, che ha modificato il D.L. 429/82 come convertito dalla L. 516/82; alla L. 413/91, che ha modificato la struttura dell’illecito consi­ stente nella commissione di atti fraudolenti tendenti a rendere inefficace l’ esecuzione esattoriale; ai nuovi reati in materia di dichiarazione di beni posseduti all’ estero e di IVA comunitaria.

L’ aspetto, tuttavia, che merita di essere evidenziato attiene allo sviluppo, anche in questo particolare ramo del diritto penale, della tendenza a far leva sul c.d. « pentitismo » per risolvere i problemi dell’inflazione processuale unitamente a quelli dell’accertamento e del gettito tributario. La L. 408/90 ha previsto e disciplinato particolari procedure di regolarizzazione delle posizioni fiscali (c.d. ravvedimento operoso) che escludono la punibilità dei reati previsti dal D.L. 429/82.

In questo stesso filone si inquadra la prassi di condizionare i provvedimenti di amnistia per reati tributari all’adempimento delle condizioni previste per beneficiare del condono fiscale.

Anche il nuovo contenzioso tributario (D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546) pre­ vede una forma di « patteggiamento » con effetti estintivi dei reati per i quali sia ammessa l’oblazione.

Sul piano dell’accertamento va sottolineata la « rivoluzione copernicana » della abolizione del segreto bancario operata dalla L. 413/91, che ha ridisci­ plinato la materia degli accessi, dettando tra l’altro specifiche prescrizioni per la tutela del segreto professionale.

16°, p. X IX -846, rii., L. 9 0 .0 0 0

350

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URBANISTICA, TRASPORTI, ECOLOGIA

SERVIZI, LAVORO e SANITÀ

IN UN’AGGIORNATA RASSEGNA DELLE

DECISIONI DEGLI ORGANI DI CONTROLLO

E DEI VARI GRADI DELLA GIUSTIZIA

AMMINISTRATIVA

IL MONDO SCIENTIFICO E DELLE

PROFESSIONI A CONFRONTO CON

LA POLITICA E L’ ECONOMIA PER IL

FUTURO DELLA PUBBLICA

AMMINISTRAZIONE

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ALLA RIVISTA:

«CONFRONTI» REGIONE LOMBARDIA

VIA FABIO FILZI, 22 - 20124 MILANO

TEL. 02/67654740 - 67654479

ABBONAMENTO ANNUO 1995

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PREZZO PER COPIA L. 22.000

(ARRETRATI IL DOPPIO)

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MODELLI

ORGANIZZATIVI

E

INTERVENTO

PUBBLICO

a cura di

GIUSEPPE SOBBRIO

G . So b b r io, Introduzione - M. J. Ricketts, La teoria econom ica d e ll’ o rg a n iz za zio n e : scrig n o del te s o r o o scatola v u o ta ? -F. Br e s o l in, La privatizzazione nei paesi d e ll’est e u ro p e o -G . So b b r io, Localismo, decentramento, accentramento: la scelta dei modelli organizzativi in una realtà che cambia - M. S. Catalani e G . F. Cle r ic o, Processo decisionale e burocrazia: una rassegna sui problem i della fallibilità delle decisioni delle istituzioni - M. OterieM . Trim ar c h i, Scelta del livello legislativo e com porta­ mento elettorale: un’analisi econom ica del referendum nell’espe­ rienza italiana - A. Petrucci, Spesa pubblica, imposizione diretta e dinamica del tasso di cambio reale - P. Navarra, Competizione politica e gruppi di interesse: contratti idiosincratici e regole elet­ torali tra gli agenti del mercato politico - P. Ca ta n o so, Una nota sulla gerarchia burocratica.

8°, p. 244, L. 28.000

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Rivista di diritto finanziario e scienza delle finanze, LIV, 2 ,1, 219-271t (1995)

L ’IM PO SIZIO N E SULLE IM PRESE: R E G IM E V IG E N T E E IPO TESI D I R IF O R M A (*)

di Si l v i a Gi a n n i n i

Università degli studi di Bologna

Sommario: 1. Introduzione. — 2. Diagnosi della legislazione vigente: è necessaria una riforma? - 2.1. La scelta del tipo di impresa. - 2.2. La tipologia e la lo­ calizzazione per settore e per area geografica dell’attività di investimento. -

2.3. La localizzazione internazionale degli investimenti e degli utili di im­ presa. - 2.4. Il vantaggio relativo dell’indebitamento. - 2.5. La politica di distribuzione degli utili. - 2.6. Le distorsioni indotte dall’inflazione. — 3. Gli obiettivi e le difficoltà di una riforma. - 3.1. La riduzione delle distorsioni. -

3.2. I principali problemi. — 4. Il dibattito sulle opzioni di riforma e le scel­ te intraprese all’estero. - 4.1. Le proposte globali di riforma. - 4.1.1. L ’im­ posta sul « v e r o profitto». - 4.1.2. La Cash Flow Tax. - 4.1.3. L Allowance

far Corporate Equity (Ace). - 4.1.4. La Comprehensive Business Income

Tax (Cbit). - 4.2. Le riforme intraprese in altri paesi. — 5. La riforma pro­ posta nel Libro bianco del Ministro Tremonti. - 5.1. La scelta del tipo di im­ presa. - 5.1.1. Le imprese individuali. - 5.1.2. Le imprese organizzate in forma societaria. - 5.2. Le distorsioni per tipo di bene capitale e fonte finan­ ziaria. - 5.3. Gli effetti sul gettito. — 6. Osservazioni conclusive. — Riferi­

menti bibliografici.

1. Introduzione.

L ’imposizione sulle imprese è un argomento estremamente complesso e controverso. D a un lato, occorre definire e misurare in modo adeguato (a fini fiscali) il reddito; ciò comporta difficoltà che si accrescono con la varietà delle forme societarie e della scala di­ mensionale che l’attività d ’impresa assume. D all’altro, vi è il pro­ blema di ridurre al minimo le ripercussioni negative che l’imposta può avere sulle attività e sui comportamenti dell’impresa stessa. Le imposte possono infatti penalizzare l’attività di investimento e, dunque, anche l’innovazione e l’occupazione; possono determinare

(*) Ricerca promossa dal Centro di ricerca Unicrea, Consorzio pavese per studi post-universitari nell’area economico-aziendale, Università di Pavia, nel­ l’ambito degli Studi per un progetto di riforma fiscale.

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— 220 —

segmentazioni sui mercati dei capitali, riducendone l’efficienza; possono incentivare comportamenti elusivi, con costi per la colletti­ vità e perdita di equità del sistema.

Questo lavoro prende innanzi tutto in esame (par. 2) il regime di imposizione sulle società vigente in Italia, discutendo sia le mo­ dalità con cui il legislatore ha affrontato il problema della tassazio­ ne di imprese con forme costitutive diverse, sia i principali « difet­ ti », valutati dal punto di vista degli effetti economici che l’imposta può esercitare. Come si vedrà, i motivi di insoddisfazione sono molteplici e rendono evidente la necessità di una riforma.

D opo avere brevemente discusso (par. 3) gli obiettivi prioritari che questa riforma dovrebbe perseguire ed averne esaminato alcu­ ne principali difficoltà e vincoli, l’attenzione verrà rivolta (par. 4) alle proposte avanzate nel dibattito fra studiosi ed esperti ed alle li­ nee guida delle modifiche nella tassazione del reddito d ’impresa at­ tuate in altri paesi a partire dagli anni ’80.

Alla luce di questo quadro di riferimento verrà successivamen­ te esaminata e valutata (par. 5) la proposta di riforma della tassa­ zione del reddito di impresa avanzata nel Libro bianco presentato dal Ministro Tremonti nel dicembre 1994.

2. Diagnosi della legislazione vigente: è necessaria una riforma?

È abbastanza diffusa l’opinione che il sistema di tassazione delle imprese adottato in Italia necessiti di una revisione. Dalla sua introduzione, con la riforma tributaria dell’inizio degli anni ’70, il sistema è stato sottoposto a numerosissime modifiche introdotte di volta in volta per esigenze e obiettivi diversi e mai all’interno di un coerente quadro di riforma.

Anche in conseguenza di talune di queste modifiche (principal­ mente l’aumento dell’aliquota legale di imposta sul reddito delle so­ cietà di capitali (1), la riduzione della misura del credito di imposta sui dividendi, l’introduzione di un’imposta patrimoniale straordina­ ria, la modifica del metodo di ammortamento anticipato) il sistema attualmente vigente mostra molti punti di debolezza.

(13)

— 221

La principale insoddisfazione deriva dal fatto che il sistema di imposizione sulle imprese, pur prelevando una quota tutto somma­ to modesta del gettito complessivo, interferisce, in modo spesso non desiderato, con una molteplicità di decisioni imprenditoriali.

2.1. La scelta del tipo di impresa.

Il sistema tributario può influenzare la scelta della forma lega­ le di organizzazione dell’attività di impresa.

In Italia, come accade di sovente anche in altri paesi, alle so­ cietà di capitali (Spa, Srl, Sapa, etc.) è riservato un trattamento fi­ scale diverso rispetto a quello delle società di persone (Snc, Sas, etc.) e delle imprese individuali.

I redditi di questi ultimi due tipi di impresa (società di persone e imprese individuali), seppure con modalità diverse (2), sono di fatto assoggettati ad Ilor e ad Irpef. Ai titolari di redditi di imprese minori (art. 79 del Testo Unico delle imposte sui redditi - d ’ora in avanti Tuir) è concessa una detrazione dallTrpef lorda pari, per il 1995, a 200.744 lire, fino a 8 milioni; per redditi appena più elevati la detrazione è ridotta, fino a scomparire per redditi superiori a 8.3 milioni (art. 13, comma 4 Tuir). Sono inoltre previste agevolazioni in sede di determinazione dellTlor, a condizione che:

— l’attività di impresa sia organizzata prevalentemente con il lavoro proprio, dei familiari e dei soci;

— il numero dei dipendenti, compresi il titolare e i soci (ma esclusi gli apprendisti fino a un massimo di tre) sia inferiore a tre.

Se vale solo la prima condizione, l’agevolazione consiste nel­ l’abbattimento dell’imponibile (3); se valgono entrambe, il reddito è esente dallTlor (art. 115, comma 2, lett. e-bis Tuir).

(2) Si ricorda, infatti, che i redditi di impresa prodotti da imprenditori indi­ viduali concorrono a determinare l’imponibile Ilor e Irpef (quadro O e quadri F e G del modello 740), mentre quelli delle società di persone sono tassati con l’Ilor, in capo alla società (modello 750), ma concorrono successivamente, al pari dei redditi dell’impresa individuale, a formare la base imponibile dell’Irpef (redditi di partecipazione, quadro H del modello 740), in quanto ai soci sono imputati pro­ quota gli utili, indipendentemente dalla loro distribuzione.

(14)

— 222 —

Un’altra agevolazione che può concorrere a modificare la scel­ ta della forma legale di organizzazione dell’attività di impresa ri­ guarda il particolare (e controverso) istituto dell’impresa familiare, che consente al titolare di ripartire il reddito imputandolo fino a un massimo del 49% a ciascun familiare che presta la propria opera nell’impresa (art. 5, comma 4 Tuir). Il reddito dei collaboratori, inoltre, è esente dall’Ilor (art. 115, comma 2, lett. c Tuir).

I redditi delle società di capitali, a differenza di quanto osser­ vato per le imprese senza personalità giuridica, concorrono a de­ terminare l’imponibile Irpef solo se sono distribuiti ai soci (quadro I del 740, sez. I). In questo caso godono di un credito di imposta che compensa parzialmente le imposte (Irpeg e Ilor) pagate in capo alla società (modello 760). Anche per queste imprese sono previsti alcuni regimi agevolati, ad esempio quello riservato alje società or­ ganizzate in forma cooperativa.

Per fornire un’idea più precisa del diverso trattamento fiscale riservato ad imprese con forme costitutive diverse si è costruita la Tabella 1, dove sono riportate le aliquote legali marginali e medie in corrispondenza di alcuni livelli di reddito, ipotizzando che essi siano generati da una società di persone o da un’impresa individua­ le, da un lato e da una società di capitali, dall’altro.

Ta b e l l a 1. — Aliquote legali complessive (Ilor + Irpef o Irpeg) marginali e medie per le principali tipologie di imprese.

Reddito imponibile in milioni So c i e t àd ip e r s o n eei m p r e s ei n d i v i d u a l i So c i e t àd ic a p i t a l i Esenzione dall'Ilor art. 115 c. 2 lett. e)-bi» Tuir

Agevolazione Ilor art. 120 c. 1 Tuir

Tassazione

Ilor completa Utili trattenuti Utili distribuiti B1 Irpef (milioni)

t mrg tme t mrg tme t mrg tme t mrg tme t mrg tme

in % in % in % in % in % in % in % in % in % in % 5 10.00 10.00 10 10.00 26.2 26.20 52.2 52.2 32.78 32.78 3.73 10 22.00 13.36 38.2 16.60 38.2 29.56 52.2 52.2 41.74 33.10 7.47 15 27.00 16.44 43.2 24.00 43.2 32.64 52.2 52.2 41.74 35.98 11.20 20 27.00 19.08 35.1 27.18 43.2 35.28 52.2 52.2 45.48 37.56 14.94 30 34.00 21.72 42.1 29.82 50.2 37.92 52.2 52.2 45.48 40.20 22.41 40 34.00 24.79 50.2 34.51 50.2 40.99 52.2 52.2 45.48 41.52 29.88 50 34.00 26.63 50.2 37.65 50.2 42.83 52.2 52.2 50.71 43.34 37.34 60 41.00 27.86 57.2 39.74 57.2 44.06 52.2 52.2 50.71 44.57 44.81 70 41.00 29.74 57.2 42.23 57.2 45.94 52.2 52.2 50.71 45.44 52.28 80 41.00 31.15 57.2 44.11 57.2 47.35 52.2 52.2 50.71 46.10 59.75 100 41.00 33.12 57.2 46.72 57.2 49.32 52.2 52.2 55.93 48.05 74.69 150 46.00 35.74 62.2 50.22 62.2 51.94 52.2 52.2 55.93 50.68 112.03 300 51.00 40.87 67.2 56.21 67.2 57.07 52.2 52.2 59.67 54.54 224.06 500 51.00 44.92 67.2 60.60 67.2 61.12 52.2 52.2 63.40 57.33 373.44 1000 51.00 47.96 67.2 63.90 67.2 64.16 52.2 52.2 63.40 60.36 746.88

Legenda: tmrg = aliquota marginale; tme = aliquota media; B1 Irpef = base im­

(15)

— 223 —

In particolare, per evidenziare alcuni tra i molteplici regimi at­ tualmente vigenti, si è distinto, con riferimento alle società di per­ sone e alle imprese individuali, fra imprese totalmente esenti dal- l’Ilor, imprese che godono della possibilità di abbattere l’imponibile Ilor del 50% (con limiti inferiori e superiori pari rispettivamente ad 8 e 16 milioni) e imprese che sono invece assoggettate integralmen­ te all’Ilor.

A differenza delle aliquote relative alle società di persone e agli imprenditori individuali, quelle delle società di capitali sono di­ stinte, nella Tabella 1, a seconda che gli utili siano o meno distri­ buiti: data la non imputazione ai soci degli utili trattenuti presso la società, la progressività del prelievo si ha solo se gli utili sono di­ stribuiti agli azionisti-persone fisiche. In quest’ultimo caso, la base imponibile dell’Irpef, indicata nell’ultima colonna della Tabella 1, è costituita dall’utile distribuito, al netto dell’imposta societaria, a cui va aggiunto il credito di imposta, pari ai 9/16 degli utili distribuiti.

Una più efficace illustrazione delle informazioni contenute nel­ la Tabella 1 è rappresentata dalle Figure 1 e 2, che riportano ri­ spettivamente l’andamento delle aliquote medie e di quelle margi­ nali fino a 400 milioni di reddito imponibile per ciascuno dei casi

Figura 1. — Aliquote medie legali sui redditi delle imprese individuali e delle so­

(16)

— 224 —

Figura 2. — Aliquote marginali legali sui redditi delle imprese individuali e delle

società di persone (es. Snc) e sui redditi delle società di capitali (es. Srl): le­ gislazione vigente.

considerati nella Tabella 1, ad eccezione di quello relativo ad im­ prese che godono dell’abbattimento della base imponibile deH’Ilor (4). Oltre all’evidente agevolazione dovuta all’esenzione dallTlor, di particolare interesse è il confronto fra società di persone (o im­ prese individuali) interamente soggette allTlor e società di capitali, nell’ipotesi in cui queste ultime distribuiscano gli utili: le aliquote marginali si intrecciano più volte per redditi fino a 60 milioni, poi sono sempre più basse per le società di capitali (Figura 2); le ali­ quote medie sugli utili distribuiti dalle società di capitali sono inve­ ce sempre superiori a quelle che gravano sugli utili di una società di persone (o di un’impresa individuale) per redditi fino a 65 milio­ ni circa, mentre sono sempre inferiori successivamente (Figura 1).

Entrambi questi fenomeni sono dovuti al non corretto funzio­ namento del credito di imposta sui dividendi, conseguente alla

nor-(4) Questo caso è stato trascurato semplicemente per non complicare trop­ po le figure. Dati i limiti minimi e massimi di abbattimento dell’imponibile Ilor, l’effetto di questa agevolazione, rispetto ad una completa tassazione Ilor, è quello di ridurre l’aliquota marginale per redditi inferiori a 8 milioni e compresi fra 16 e 32 milioni, e di ridurre l’aliquota media per tutti i livelli di reddito, ma in modo via via decrescente all’aumentare dell’imponibile.

40

(17)

225

ma che ha reso indeducibile l’Ilor dalla base imponibile dell’Ir- peg (5). Infatti, se il credito di imposta svolgesse correttamente la funzione per cui è stato originariamente introdotto nel nostro ordi­ namento (ovvero compensare integralmente sugli utili distribuiti l’Irpeg pagata in capo alla società), non vi sarebbe alcuna differen­ za nel trattamento fiscale dei redditi percepiti da una società di persone che non gode di agevolazioni Ilor e quelli distribuiti ai soci di una società di capitali. Avere tuttavia reso indeducibile l’Ilor dalla base imponibile dell’Irpeg, senza contestualmente procedere ad una revisione del meccanismo del credito di imposta, ha alterato questa equivalenza, penalizzando i contribuenti con aliquote margi­ nali inferiori al 36% e avvantaggiando quelli con aliquote superio­ ri (6).

Per redditi attorno ai 154 milioni la tassazione media delle so­ cietà di capitali inizia ad essere più conveniente di quella delle so­ cietà di persone e delle imprese individuali, purché queste ultime non godano di agevolazioni in sede di determinazione deU’Ilor, an­ che se la società di capitali non distribuisce gli utili. Per imponibili ancora un po’ più elevati (attorno ai 160-180 milioni), mano a mano che crescono le aliquote legali dell’Irpef, la tassazione delle società di capitali diviene più favorevole, in termini comparati, anche ri­ spetto alle imprese che godono di abbattimenti della base imponibi­ le Ilor, data la presenza di un massimale che riduce fortemente l’a­ gevolazione con l’aumentare del reddito. La convenienza a perce­ pire reddito attraverso una società di capitali, piuttosto che attra­ verso le altre due tipologie di imprese considerate è inoltre tanto più forte, al crescere del reddito, quanto più gli utili delle società di capitali sono trattenuti, invece di essere distribuiti ai soci.

In sintesi si può dunque concludere, osservando soprattutto le aliquote medie, che sono più rilevanti ai fini di valutare la conve­ nienza fiscale ad assumere una forma costitutiva piuttosto che un’altra, che le società di persone e le imprese individuali sono

(5) Cfr. l’art. 10, comma 3, lett. d) del D .l. 19 settembre 1992, n. 384, convertito con modifiche dalla L. 14 novembre 1992, n. 438, che ha abrogato l’art. 101 del Tuir.

(18)

226 —

trattate più favorevolmente delle società di capitali se hanno impo­ nibili bassi, mentre per redditi di impresa elevati è più conveniente una società di capitali, che consente di sfuggire alla progressività del prelievo (nell’ipotesi in cui gli utili vengano trattenuti) o di atte­ nuarla (se gli utili sono distribuiti e ricevono il credito di imposta parziale).

Si può concludere, inoltre, che nonostante l’attenzione sia stata concentrata (nella Tabella 1 e nelle Figure 1 e 2) solo su alcuni dei casi possibili, la varietà nel trattamento fiscale che emerge è signi­ ficativa e tale da poter rendere vantaggioso, in alcuni casi, subordi­ nare la scelta del tipo di impresa all’obiettivo di minimizzare il cari­ co fiscale (7).

2.2. La tipologia e la localizzazione per settore e per area geografi­ ca dell’attività di investimento.

Un’altra interferenza che il sistema di imposizione delle impre­ se vigente in Italia può esercitare è con la scelta in merito al tipo di investimento (in beni capitali di diversa durata), al settore di attivi­ tà economica e alla localizzazione geografica dell’impresa.

In alcuni casi il diverso trattamento fiscale è il frutto di precise scelte di utilizzo dello strumento impositivo allo scopo di regolazio­ ne dei mercati. Si pensi in proposito agli incentivi territoriali agli investimenti, di cui hanno beneficiato soprattutto, in Italia, le re­ gioni del Centro-Sud.

Tuttavia, in altri casi, più frequenti e diffusi, il diverso tratta­ mento deriva da norme generali del sistema tributario e sembra es­ sere più il risultato indesiderato di incoerenze e incongruenze del tipo di imposizione adottato che l’utilizzo consapevole dello stru­ mento fiscale a fini incentivanti.

Non sembra derivare da una consapevole scelta, ad esempio, il diverso trattamento fiscale in funzione del tipo di bene capitale che viene acquisito dall’impresa. Il sistema di ammortamento

(19)

< m

cipato, così come modificato dal Tuir, incentiva infatti i beni capi­ tali a più breve durata (ad esempio, veicoli, macchine da ufficio e macchinari in genere) rispetto quelli a più lunga durata (impianti e soprattutto edifici industriali).

Si osservi in proposito la Tabella 2 ove è confrontato il valore attuale delle quote di ammortamento, per 100 lire di investimento in beni capitali di diversa durata, secondo le più recenti normative che si sono susseguite in materia di ammortamenti anticipati e in corrispondenza di due diversi tassi di sconto (5% e 10%) (8). La modifica introdotta con il Tuir, che ha trasformato Tammortamento anticipato da una percentuale fissa del costo di acquisizione del be­ ne capitale ad una percentuale (sempre invariata al variare della vita utile del bene) del coefficiente di ammortamento, ha avuto l’ef­ fetto di ampliare notevolmente la differenza fra i valori attuali cal­ colati in funzione della diversa vita utile dei beni. Per beni di breve durata (ad esempio, le autovetture, i motoveicoli e simili, che han­ no mediamente un coefficiente del 25%) il regime introdotto con il Tuir risultava addirittura più conveniente di quello precedente- mente in vigore (9). Le colonne relative alla legislazione vigente mostrano valori attuali più bassi, che riflettono le modifiche intro­ dotte nel 1989 (e tuttora in vigore) con cui si è ridotto da 1.5 a 1 il fattore di moltiplicazione del coefficiente di ammortamento da uti­ lizzare per il calcolo degli ammortamenti anticipati.

Tabella 2. — Valore attuale delle quote di ammortamento, per un investimento

pari a L. 100.

Normativa fiscale Normativa fiscale

Coefficiente Pre-Tuir Post-Tuir Leg. vigente Pre-Tuir Post-Tuir Leg. vigente tasso di sconto = 5% tasso di sconto = 10%

25% 96.24 96.44 95.29 92.89 93.23 91.12

20% 95.54 95.29 94.38 91.61 91.12 89.42

15% 85.78 88.48 70.78 82.07 83.83 67.07

10% 71.49 58.99 47.19 68.39 55.89 44.71

5% 57.19 29.49 23.59 54.71 27.94 22.36

(8) È opportuno precisare che i calcoli sono effettuati senza scontare la quota di ammortamento nel 1° anno.

(20)

— 228

Alla progressiva penalizzazione subita nell’ultimo decennio, in seguito alle modifiche di cui si è detto, dai beni capitali a più lunga durata si è recentemente aggiunta, come nuova fonte di discrimina­ zione fiscale, l’applicazione dell’Ici, che grava anche sui beni im­ mobili strumentali all’attività di impresa (10).

I coefficienti di ammortamento riportati nella Tabella 2 sono solo indicativi della vita utile di alcuni beni capitali; è noto infatti che la normativa tributaria definisce dettagliatamente i coefficienti di ammortamento non solo in funzione del diverso tipo di bene ca­ pitale, ma anche in funzione del diverso settore di attività economi­ ca e della tipologia produttiva all’interno del settore. Sulla raziona­ lità di queste differenze e delle modifiche che di volta in volta sono state introdotte con decreto ministeriale si potrebbe discutere a lungo; ciò che suscita maggiore perplessità è il fatto che esse non paiono essere il risultato di valutazioni economiche sulle reali diffe­ renze del tasso di effettivo deprezzamento economico dei beni capi­ tali. In questo modo alterano artificiosamente la mappa delle age­ volazioni connesse alla deducibilità delle quote di ammortamento, differenziandola non solo per tipologia di bene capitale, ma anche per settore economico e tipologia di produzione.

2.3. La localizzazione internazionale degli investimenti e degli utili di impresa.

Un altro tipo di effetto allocativo potenzialmente indotto dalla tassazione e che ha suscitato un crescente interesse, col procedere dell’integrazione internazionale dei mercati, riguarda la localizza­ zione internazionale delle attività dell’impresa.

Non è facile sintetizzare in che misura il sistema normativo ita­ liano, confrontato con quello di altri paesi, incentivi o disincentivi l’investimento all’interno del paese, rispetto ad un investimento al­ l’estero, da parte sia di società residenti sia di sussidiarie o succur­ sali di società estere. La normativa in materia è, infatti, molto com ­ plessa e articolata: l’onere fiscale è solitamente differenziato in fun­ zione della forma giuridica della società interna e di quella estera, della fonte di finanziamento utilizzata, della quota di

partecipazio-(10) L ’onere della nuova imposta comunale è parzialmente compensato dall’esclusione dall’Ilor dei redditi dei fabbricati, a qualsiasi uso destinati (art. 17

(21)

— 229

ne nella società estera, del particolare paese in cui si investe, dei sistemi utilizzati nel paese di residenza della società per attenuare o evitare che vi siano forme di doppia imposizione giuridica inter­ nazionale e, infine, delle ulteriori correzioni apportate in proposito dai trattati bilaterali in vigore fra i vari stati.

In genere, il sistema impositivo vigente in Italia non sembra essere favorevole all’investimento interno, né per le società resi­ denti, né per quelle estere, a meno che il finanziamento non avven­ ga con debito. Il motivo di questo risultato è da imputarsi principal­ mente all’elevata aliquota legale di imposizione sulle società di ca­ pitali fattualmente 53.2%, inclusa l’Ilor (11), a fronte di aliquote che oscillano per gli altri paesi dell’Ue e per i principali Ocde fra il 30% e il 40%), che rende conveniente gli investimenti interni solo se finanziati con debito, dato il maggior vantaggio fiscale connesso alla deducibilità degli interessi passivi, mentre penalizza l’afflusso di attività finanziate con capitale di rischio (12).

Oltre ad interferire con le decisioni internazionali di investi­ mento, i diversi regimi presenti nei vari stati possono influire anche sulla scelta di localizzazione dei ricavi e dei costi. Pur essendovi nei vari paesi una dettagliata normativa antielusiva in proposito (si pensi alle norme sul transfer pricing e sulla thin capitalization) , le possibilità di tax planning sono ancora numerose. In un paese come l’Italia, che tassa le società di capitali con aliquote legali molto più elevate di quelle prelevate in altri paesi, è evidente l’esistenza di un forte incentivo a spostare i ricavi all’estero, in paesi con aliquote più basse e, corrispondentemente, a concentrare i costi in Italia, dove le aliquote sono più elevate.

2.4. Il vantaggio relativo dell’indebitamento.

La deducibilità degli interessi passivi nella determinazione del reddito di impresa, a cui non si accompagna un’analoga deduci­ bilità del costo di un finanziamento con capitale proprio, avvan­ taggia il finanziamento delle imprese con indebitamento. Questa osservazione è valida per tutte le tipologie di imprese considerate, tranne per quelle individuali e per le società di persone di

picco-i l picco-i ) Cfr. nota 1.

(22)

— 230

lissime dimensioni che godono dell esenzione o di agevolazioni in sede di tassazione Ilor.

E vero che gli interessi sui prestiti contratti dall’impresa, de­ ducibili in quanto costi nella determinazione del reddito imponibile, sono tassati in capo al creditore; ma le ritenute a cui questi interes­ si sono assoggettati — se il percettore è una persona fisica che non opera nell’esercizio d ’impresa — sono solitamente a titolo definitivo e di importo più basso delle aliquote Irpef su imponibili superiori a 30 milioni (13). Inoltre, su questi redditi di capitale, a differenza di quanto accade (a meno delle specifiche agevolazioni di cui si è det­ to) sui redditi che remunerano il capitale proprio dell’imprenditore, non grava 1 Ilor, né in capo alla società (in quanto gli interessi pas­ sivi sono deducibili anche dall’imponibile Ilor), né in capo al per­ cettore. Così, a fronte di aliquote complessive che oscillano gene­ ralmente, nell’ipotesi di finanziamento con debito, fra il 12.5% e il 30%, nell’ipotesi di finanziamento con capitale proprio si osservano invece le aliquote legali complessive, solitamente ben più elevate, già illustrate nella Tabella 1.

La presenza di un’imposta patrimoniale (14), ad aliquota dello 0.75%, può contribuire ad ampliare significativamente la forbice nel trattamento fiscale delle fonti finanziarie proprie o di terzi. Gli effetti sono infatti differenziati per tipologia di impresa, date le di­ verse modalità di determinazione dell’imponibile dell’imposta pa­ trimoniale in funzione degli obblighi e delle scelte contabili dei sog­ getti interessati.

Per le imprese tenute alla contabilità ordinaria (tutte le società di capitali e, fra gli altri soggetti privi di personalità giuridica, quel­ li con ricavi superiori a certe soglie (15)) la base imponibile è rica­ vata, con alcuni aggiustamenti, dal patrimonio netto civilistico; un

(13) Si ricorda, infatti, che gli interessi corrisposti sulle obbligazioni emesse da imprese (quotate e non) sono tassati con una ritenuta del 12.5%, gli interessi sugli strumenti di raccolta delle aziende di credito (a cui si rivolgono le imprese per le loro esigenze di finanziamento) vanno dal 12,5% al 30% in funzione della durata dell’investimento finanziario. Solo gli interessi derivanti da capitali dati a mutuo concorrono a determinare l'imponibile Irpef (quadro I, sez. II, modello 740)

(14) Istituita dal D .l. n. 394 del 30 settembre 1992 (L. n. 461 del 26 no­ vembre 1992) come imposta straordinaria per tre esercizi, l’imposta patrimoniale sulle imprese è stata recentemente prorogata fino alla riforma del sistema fiscale e comunque non oltre l’esercizio in corso alla data del 30 settembre 1995 (D .l. n. 564 del 30 settembre 1994, L. n. 656 del 30 novembre 1994).

(23)

— 231 —

finanziamento con versamento di nuovo capitale sociale o con ac­ cantonamento di utili provoca pertanto un aumento dell’onere del­ l’imposta, mentre ciò non accade se il finanziamento aumenta le passività verso terzi dell’impresa.

Per i soggetti che pur esercitando attività di impresa sono eso­ nerati dall’obbligo di redazione del bilancio, la base imponibile è invece ottenuta sommando voci dell’attivo patrimoniale (rimanenze finali e costo complessivo dei beni ammortizzabili, al netto delle re­ lative quote di ammortamento). In questo caso, non fanno differen­ za, ai fini dell ’ammontare del debito di imposta, le modalità con cui sono finanziati gli incrementi dell’attivo patrimoniale (16).

2.5. La politica di distribuzione degli utili.

Il diverso trattamento riservato ai redditi prodotti da una so­ cietà di capitali a seconda che siano trattenuti presso la società o di­ stribuiti ai soci può alterare la politica di distribuzione degli utili e rendere più conveniente per l’azionista percepire la propria remu­ nerazione sotto forma di plusvalenze, piuttosto che di dividendi.

Sulla base delle informazioni contenute nella Tabella 1, già il­ lustrata in precedenza, è possibile notare che il sistema vigente pe­ nalizza la distribuzione degli utili se l’imponibile Irpef dell’azionista (ultima colonna della tabella) supera i 6 0 milioni. L ’onere fiscale sugli utili distribuiti non è stato ridotto, rispetto a quello sugli utili trattenuti, neppure dalla normativa introdotta con D .l. n. 3 5 7 / 9 4 (L. n. 4 8 9 / 9 4 ) con cui è stato consentito ai soci di società quotate di optare, nel caso di distribuzione degli utili, per una cedolare secca del 12.5%, invece che per l’inclusione dei dividendi nel reddito im­ ponibile Irpef con la contestuale concessione del credito di imposta. Prescindendo da altri vantaggi, di tipo non fiscale, l’opzione per la cedolare secca diventa infatti conveniente quando l’aliquota margi­ nale del contribuente è pari almeno al 4 6 % , ovvero per azionisti con redditi imponibili superiori a 1 5 0 milioni, per i quali è comun­ que più conveniente percepire gli utili sotto forma di plusvalenze.

Il vantaggio relativo nel trattamento fiscale delle plusvalenze, rispetto ai dividendi, si attenua se le prime derivano dalla cessione

(24)

— 232 —

di partecipazioni « qualificate » (secondo quanto disposto dall’art. 81, comma 1, lett. c Tuir) o dalla cessione di azioni non quotate. In entrambi i casi, infatti, è prelevata, seppure con modalità e aliquo­ te diverse, un’imposta sulle plusvalenze. Per le plusvalenze deri­ vanti dalla cessione di azioni quotate, l’imposta sulle plusvalenze è stata invece sospesa poco dopo la sua introduzione (17) e le aliquo­ te rilevanti per confrontare la convenienza a percepire i redditi sot­ to forma di plusvalenze, piuttosto che di dividendi, sono quelle marginali illustrate nella Tabella 1.

Tenendo conto, oltre a quanto detto fino ad ora, che i dividen­ di tendono a concentrarsi nelle fasce di reddito più elevate (18), si è portati a concludere che in Italia la distribuzione degli utili tende ad essere, nel complesso, penalizzata.

È opportuno ricordare, tuttavia, che l’effetto di una maggiore imposizione sui dividendi, rispetto agli utili trattenuti, è argomento quanto mai controverso; nella letteratura economica tendono a con­ trapporsi due opposte visioni, la traditional view e la new view (che nonostante il nome ha già compiuto ventanni (19)), che conducono a conclusioni anche molto diverse fra loro sugli effetti dell’imposta sui dividendi sia sulla politica di pay-out dell’impresa, sia sugli in­ centivi agli investimenti finanziati con capitale proprio. Secondo la

new view, infatti, l’imposta sui dividendi non influenza le decisioni di investimento, né la politica di distribuzione degli utili se l’impre­ sa è matura e utilizza 1 autofinanziamento come forma normale di finanziamento con capitale proprio (20).

2.6. Le distorsioni indotte dall’inflazione.

Il sistema tributario non è « a prova » di inflazione. Per le so­ cietà di persone o le imprese individuali, i cui redditi sono assog­ gettati ad imposizione progressiva, opera innanzi tutto il tradiziona­ le effetto di fiscal drag collegato alla mancata indicizzazione degli

(17) Cfr. il D .l. n. 372/92 (L. n. 429/92), a cui hanno fatto seguito successi­ vi provvedimenti, fino ad arrivare alla sospensione definitiva dell’imposta

, ... (,},8) , Come f* evinee dai dati relativi alle ultime dichiarazioni Irpef disponi­ bili, all incirca ì 3/4 dei redditi di capitale riportati nel quadro I, sez. I, sono per­ cepiti da azionisti con redditi imponibili superiori a 60 milioni.

Cfr., tra i primi, King (1974, 1977), Auerbach (1979), Bradford (1981).

(25)

— 233 —

scaglioni di reddito all’interno dei quali sono definite le aliquote le­ gali. Questo fenomeno è presente anche per le società di capitali, se gli utili sono distribuiti e concorrono a formare la base imponibi­ le dell’imposta personale progressiva.

Oltre a questo tradizionale effetto, dovuto alla presenza di pro­ gressività nel prelievo, l’inflazione altera significativamente la va­ lutazione delle voci che concorrono a determinare il reddito impo­ nibile dell’impresa. La contabilità utilizzata a fini civilistici e fiscali non è indicizzata, a parte la valutazione delle scorte, per le quali è consentita l’adozione del metodo Lifo. Gli interessi passivi sono de­ finiti in termini nominali, anche se sono solo gli interessi reali a co­ stituire il costo effettivo del debito per l’impresa (la componente in­ flazionistica dell’interesse è infatti a fronte della svalutazione del debito); viceversa, le quote di ammortamento sono commisurate al costo storico di acquisizione del bene capitale, senza prevedere in­ dicizzazioni automatiche in caso di aumento generalizzato dei prez­ zi (si ha così una forma di tassazione occulta del capitale) (21).

Si noti che gli effetti appena ricordati hanno segno contrastante sul debito di imposta: la deducibilità degli interessi nominali riduce l’imponibile, mentre la mancata indicizzazione delle quote di am­ mortamento l’aumenta, rispetto a quanto si osserverebbe se il siste­ ma fosse perfettamente indicizzato o non vi fosse inflazione.

Non è dunque possibile stabilire a priori se l’inflazione aumen­ ti o riduca il debito di imposta sul reddito di impresa. Per ogni im­ presa, in funzione del peso relativo delle voci che compongono il bilancio, l’inflazione può produrre risultati anche molto diversi fra loro.

3. Gli obiettivi e le difficoltà di una riforma.

Il breve quadro delineato nel paragrafo precedente è sufficien­ te a mettere in evidenza l’esigenza di procedere ad una riforma del sistema di tassazione dei redditi di impresa adottato in Italia. Quale sia la strada migliore da intraprendere dipende evidente­ mente dagli obiettivi della riforma e dalla loro scala di priorità,

(26)

— 234 —

nonché dalla presenza di eventuali vincoli di gettito e di realizza­ bilità amministrativa della riforma medesima.

3.1. La riduzione delle distorsioni.

La maggior parte delle difformità di trattamento fiscale breve­ mente elencate nel paragrafo precedente non ha basi razionali forti e comporta invece deviazioni dall’equità, costi e perdite di benes­ sere economico, oltre che complicazioni nella normativa tributaria.

Un disegno di riforma dell’imposizione di impresa dovrebbe andare dunque nella direzione di correggere le principali distorsio­ ni precedentemente elencate. A meno che non vi siano particolari motivi per incentivare o disincentivare certi comportamenti, il si­ stema tributario dovrebbe influire il meno possibile sulla scelta del­ la forma attraverso cui esercitare l’attività di impresa, sulla politica di distribuzione dei dividendi, sulle scelte allocative e di localizza­ zione, sulle fonti finanziarie da utilizzare e così via.

Alla luce dell’analisi condotta nel paragrafo precedente, due, in particolare, sembrano essere gli obiettivi prioritari che un pro­ cesso di riforma dovrebbe perseguire, date le peculiarità del conte­ sto italiano:

— da un lato, ridurre il vantaggio derivante dall’indebitamen- to, rispetto all’impiego del capitale proprio. Questo aspetto sta su­ scitando un interesse crescente, sia per la sotto-capitalizzazione delle imprese italiane e l’esigenza di sviluppare il mercato aziona­ rio, sia per la dimensione del vantaggio concesso dal sistema tribu­ tario italiano al finanziamento con debito rispetto al finanziamento con nuovi apporti di capitale o utili reinvestiti. L ’entità della discri­ minazione si è, infatti, andata ampliando nel tempo, soprattutto per le società di capitali, in seguito al progressivo aumento dell’aliquota legale complessiva (Ilor + Irpeg) (22) e all’introduzione dell’impo­ sta commisurata al patrimonio netto;

— dall’altro, eliminare il disincentivo attualmente posto dal si­ stema tributario ad investire all’interno del paese e, soprattutto, l’incentivo fiscale a spostare all’estero gli utili, dato il più elevato onere medio di imposta prelevato in Italia, rispetto ad altri paesi.

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3.2. I principali problemi.

Il tentativo di delineare una proposta organica di riforma del­ l’imposizione del reddito di impresa, che vada nella direzione di ri­ muovere le distorsioni precedentemente elencate, incontra alcune difficoltà a cui è necessario dedicare un po’ di attenzione.

1. In primo luogo, vi è il problema di definire il reddito impo­ nibile dell’imprenditore o dell’impresa. Dato l’utilizzo a fini fiscali e gli obiettivi posti, il concetto di reddito impiegato, oltre a dover es­ sere concretamente misurabile, dovrebbe essere definito in modo tale da rendere neutrale l’imposta rispetto alle decisioni delle im­ prese ed essere anche il più consono possibile ad individuare la « capacità contributiva ». L ’individuazione e la definizione delle componenti deducibili dall’imponibile e dei crediti di imposta è estremamente importante, in quanto ciò che rileva, per le decisioni di impresa, non sono le aliquote legali, definite dalla normativa, ma le aliquote effettive, che tengono conto degli aggiustamenti dell’im­ ponibile e di eventuali crediti di imposta. Com e vedremo, combina­ zioni anche molto diverse fra loro delle voci che concorrono a de­ terminare l’imponibile e delle aliquote di imposta possono essere equivalenti in termini di aliquote effettive.

2. Una seconda difficoltà riguarda la presenza di una platea di contribuenti molto variegata, che va dalla piccola impresa artigia­ nale a carattere locale al grande gruppo multinazionale quotato in borsa. Con riferimento al caso italiano, si osservi la Tabella 3, ove sono riportati alcuni dati delle dichiarazioni presentate nel 1992 — relativi alla distribuzione dei contribuenti, alla percentuale di que­ sti che ha dichiarato redditi positivi e all’ammontare medio di red­ dito dichiarato — distintamente per le principali forme organizzati­ ve attraverso cui può essere esercitata un’attività imprenditoriale (società di capitali ed enti assimilati, società di persone, imprese individuali).

La maggior parte dei contribuenti che dichiarano redditi di im­ presa ricade fra le imprese di tipo individuale o familiare, che sono il 66.8% del totale. Queste imprese dichiarano mediamente redditi molto bassi (17.8 milioni) e si avvalgono prevalentemente dell’op­ portunità di tenere una contabilità semplificata, dato il basso volu­ me di ricavi. Le società di capitali e gli enti assimilati sono il 13.7% del totale ed hanno un reddito medio molto più elevato delle società di persone, ma il reddito si concentra su un numero ridotto di sog­

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getti, soprattutto perché solo il 47.3% dichiara redditi positivi (23). E evidente, anche da queste rapide informazioni, che l’obiettivo della riduzione delle discriminazioni nella tassazione dei diversi tipi di imprese indicati nella Tabella 3 non può essere confuso con l’il­ lusione di poter applicare a tipologie così differenziate un’unica soluzione.

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Tabella 3. — Distribuzione dei contribuenti per tipo di impresa e ammontare di reddito imponibile (dichiarazioni 1992).

Tipo di impresa Numero Composizione

% % con reddito positivo

Reddito medio dichiarato (in milioni) [3] Società di capitali [1] 526,534 13.7 47.30 318.1 Società di persone 749,702 19.5 85.50 46.6 — contab. ordinaria 530,583 80.10 54.6 — contab. semplificata 219,119 98.40 30.9 Imprese individuali [2] 2,568,206 66.8 95.60 17.8 — contab. ordinaria 748,568 88.50 24.4 — contab. semplificata 1,819,638 98.50 15.4 Totale 3,844,442 100.0

[1] Di cui 435,470 sono Spa, Srl e Sapa residenti e 74,739 sono società cooperative.

[2] Di cui 421,701 sono imprese a gestione familiare.

[3] Si ricorda che mentre per le società di persone e di capitali il reddito di­ chiarato è quello in capo alla società, per le imprese individuali è il reddito di­ chiarato dall’imprenditore persona fisica nei quadri F e G del modello 740.

3. Come si è visto, per valutare il grado di discriminazione che il sistema tributario pone fra fonti e circuiti finanziari alternativi e, per le società di capitali, fra utili distribuiti e non, occorre tenere conto anche dell’imposizione in capo al percettore dei redditi ero­ gati dalle imprese sul proprio capitale e su quello di debito. Una terza difficoltà di una proposta organica di riforma discende dun­ que dalla necessità di considerare globalmente sia le imposte paga­ te in capo alla società, sia quelle prelevate sui redditi che remune­ rano in ultima istanza il risparmiatore che ha finanziato l’attività. Inoltre, tenendo conto che, soprattutto nel caso delle grandi società di capitali, i fondi affluiscono alle imprese attraverso una varietà di circuiti finanziari, in cui intervengono spesso uno o più intermedia­ ri, il problema si complica ulteriormente. In questo caso, infatti, una riforma globale e organica richiederebbe non solo di rivedere il

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regime di imposizione personale dei redditi delle attività finanzia­ rie, ma anche quello degli intermediari.

4. Un altro problema riguarda le modifiche del gettito. È ben noto che la situazione di emergenza dei conti finanziari pubblici non consente perdite di gettito complessivo. Una riforma dell’impo­ sizione del reddito di impresa o è pensata a parità di onere tributa­ rio complessivo a carico di questa categoria di contribuenti (even­ tualmente con un’argomentata redistribuzione fra le diverse tipolo­ gie di imprese e di attività), o richiede che sia contestualmente in­ dividuata la fonte di prelievo alternativa capace di compensare ri­ duzioni di onere sui redditi di impresa. Il problema è particolar­ mente delicato in un contesto come quello italiano che ha visto cre­ scere notevolmente, nel tempo, l’onere legale di imposta a carico delle imprese, soprattutto se organizzate nella forma di società di capitali. Effettuare modifiche normative che vadano nella direzione di rendere più efficiente ed equo il sistema e che al contempo con­ sentano di mantenere invariato il gettito complessivo è un compito particolarmente complesso, per gli scarsi margini di manovra con cui può essere affrontato.

5. Un ultimo, ma non per questo meno importante, problema riguarda l’entità e la vastità delle modifiche che è necessario intro­ durre nella normativa, al fine di perseguire gli obiettivi desiderati, e, più in generale, i problemi amministrativi e di transizione che ogni riforma necessariamente comporta e che saranno evidente­ mente tanto maggiori quanto più ampia e radicale è la riforma stes­ sa. Si può osservare, in proposito, che può valer la pena sopportare le maggiori difficoltà che una riforma globale inevitabilmente com­ porta solo se ciò significa muoversi, con la necessaria gradualità, verso un sistema ampiamente soddisfacente e pertanto stabile. In questo modo verrebbero meno le aspettative di ulteriori interventi e si eliminerebbe quel grado di incertezza nociva alle decisioni di investimento e tipica delle situazioni di insoddisfazione che si tra­ ducono in spinte continue a modificare le norme tributarie esistenti.

4. Il dibattito sulle opzioni di riforma e le scelte intraprese all’estero.

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dalla metà degli anni ’80 (24). Le strade seguite, tuttavia, sono sta­ te fino ad ora diverse.

Dal dibattito fra studiosi ed esperti sono emerse interessanti ed innovative proposte globali di riforma volte a ridisegnare il sistema impositivo in modo da evitare interferenze indesiderate con le deci­ sioni di impresa e tenendo presenti tutti i tipi di potenziale distor­ sione precedentemente elencati.

Le riforme fino ad ora adottate all estero, invece, hanno solita­ mente imboccato la strada di un ampliamento dell’imponibile e di una contestuale riduzione nelle aliquote legali di imposta, preferen­ do soluzioni meno innovative e più rispettose dell’assetto normativo vigente, anche se meno soddisfacenti sul piano dell’efficienza eco­ nomica e della neutralità del prelievo.

4.1. Le proposte globali di riforma.

Di seguito verranno brevemente descritte le ipotesi di riforma avanzate principalmente nel dibattito fra studiosi ed esperti; nella loro versione pura, queste proposte non hanno trovato applicazio­ ne, fino ad ora, in alcun paese.

4.1.1. L ’imposta sul « vero profitto ».

Una prima tradizionale opzione di riforma avanzata nel dibat­ tito, e che ha raccolto consensi soprattutto negli anni ’60, è quella di avvicinare maggiormente la definizione di reddito di impresa al concetto di reddito-entrata alla Schanz-Haig-Simons. Questa defini­ zione di profitto, usualmente denominato « vero profitto economi­ co » differisce dal concetto di profitto imponibile ricavato dalla con­ tabilita di impresa ed utilizzato a fini fiscali, per almeno tre motivi:

— il vero profitto economico include i guadagni di capitale quando maturano, mentre l’attuale concetto di profitto imponibile comprende le plusvalenze solo al momento della realizzazione e concede spesso altre agevolazioni (25);

— le quote di ammortamento non riflettono l’effettivo

deprez-(24) Cfr. McLure, Zo d ro w(1994).

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