• Non ci sono risultati.

Il sistema normativo; le variazioni finanziarie nel bilancio di

2) La ricerca di un coordinamento fiscale

5.1. Il sistema normativo; le variazioni finanziarie nel bilancio di

competenza.

Incominciamo col ripercorrere i principi cardine della materia.

La determinazione del momento in cui si manifesta l ’efficacia giuridica delle prescrizioni di bilancio, è desumibile, nell’ambito del D .p.r. 19 giugno 1979, n. 421, dall’esame di norme generali fra le quali spicca il 1° comma dell’art. 2, e da altre disposizioni che esprimono, per talune fattispecie, una particolare disciplina di det­ taglio.

L art. 2 del D .p.r. n. 421/1979, al ricordato 1° comma, descrive nel modo seguente il campo operativo della previsione contabile: « la gestione finanziaria dei comuni e delle province si svolge in ba­ se al bilancio annuale di previsione che è redatto in termini di com­ petenza e di cassa ». Dunque, una volta affermato il vincolo che collega la gestione al bilancio — vincolo secondo il quale in tanto la prima è legittima in quanto possa reperire giuridico fondamento nel secondo (52) — la norma determina i margini entro i quali la previ­ sione finanziaria è idonea a realizzare effetti sostanziali.

Il bilancio, innanzitutto, « è redatto in termini di competen­ za », la qual cosa sta a significare che, nel contenuto dell’atto di

(52) Si tratta, in altri termini, di una manifestazione della già ricordata ca­ ratteristica, propria del bilancio, di costituire una forma di disciplina analitica del­ la successiva attività di gestione.

— 364 —

previsione, la fattispecie attraverso cui si esplicano l’acquisto o l’e­ rogazione delle risorse finanziarie, rispettivamente assumono rile­ vanza, vuoi, nella fase dell’accertamento (svolto dai competenti or­ gani dell’ente) in capo ad un soggetto individuato dell’obbligo ad una determinata prestazione (accertamento dell’entrata), vuoi, quando l’ente esprima, attraverso un contegno formale, la volontà di rendersi parte passiva in un rapporto obbligatorio — impegno di spesa o impegno giuridico (53) — .

Nel bilancio quindi, per la parte in cui è predisposto in termini di competenza, il concetto di movimento finanziario va identificato, nella struttura dell’entrata, con la fase dell’accertamento e, nelle spese, con la manifestazione (deliberazione) della volontà di obbli­ garsi, o, per meglio dire, con il momento nel quale viene posto in essere l’impegno alla prestazione.

Tale giuridico rilievo degli accertamenti e degli impegni impli­ ca l’inidoneità dell’atto di bilancio — per quanto riguarda la compe­ tenza — ad esaurire la regolamentazione delle fattispecie di entrata e di spesa: la gestione di queste, più in particolare, per quegli aspetti che non sono direttamente connessi al sorgere del credito o dell’obbligo alla prestazione, tende a sfuggire ai vincoli della disci­ plina previsionale di competenza, non essendone condizionata, tra l’altro, neppure sul piano temporale, dal momento che può giunge­ re a perfezione ben oltre il termine dell’esercizio al quale il provve­ dimento inerisce (54).

(53) Tale, nella dottrina relativa alla contabilità, il significato da attribuire al concetto di competenza (ved.: Ben n ati, Manuale, cit., p. 378; Buscema, Trat­ tato, cit., p. 283 ss.; Ptjddu, Il bilancio degli enti locali, Milano, 1984, p. 47 ss.), significato dal quale, nella evoluzione storica della disciplina del bilancio, il legi­ slatore non è apparso discostarsi (ved. art. 20, 2° comma, del D .p.r. n. 421/1979:

« Formano impegno sugli stanziamenti di competenza dell’esercizio le somme do­ vute in base alla legge, a contratto, a sentenza o ad altro titolo sempreché la rela­ tiva delibera venga assunta entro il termine dell’esercizio »). Peraltro va osserva­ to che, talvolta, l’espressa deliberazione non è necessaria al perfezionarsi dell’im­ pegno di spesa: ved. artt. 19, 4" comma — sui mutui a specifica destinazione —,

20, 3° comma — in base al quale le deliberazioni di spese ultrannuali producono effetti anche negli esercizi successivi a quello della loro assunzione (dunque negli anni finanziari seguenti non occorre la deliberazione di nuovi impegni) —, 20, 4°

comma — relativo ai trasferimenti a destinazione vincolata per legge —. Va detto che in questi casi può parlarsi propriamente di regole riguardanti la conservazione fra i residui di somme incluse in determinati stanziamenti. Ved. inoltre: Fazio, Il bilancio dello stato, Milano, 1992, p. 171 ss. e p. 189 ss.; diffusamente, Lupò-Ava-

gliano, L ’impegno, cit.

(54) Normalmente possono essere trasferite agli esercizi successivi le fasi della riscossione e del versamento — nell’entrata —, ovvero quelle dell’ordinazio­

— 365

Una simile impostazione si evidenzia nel 1° comma dell’art. 20, ove è affermato che « gli impegni di spesa sono assunti nei limiti dello stanziamento di competenza iscritto in ciascun capitolo del bi­ lancio in corso ». La norma disciplina il cosiddetto impegno conta­

bile (55), ed il suo significato è palese: l’ente non può giuridicamen­ te impegnarsi — art. 20, 2° comma — per somme superiori a quelle indicate nei singoli capitoli di bilancio (56) (57). È questa una chia­ ra emanazione del principio di legalità all’interno dell’ambito con­ tabile: la spesa (o, rettamente, il relativo impegno) in tanto sarà le­ gittima, in quanto non abbia superato lo stanziamento deliberato con l’atto di previsione.

Non va, peraltro, trascurato come tale vincolo agisca soltanto all’interno di due ambiti ben delineati: il primo (temporale) è rap­ presentato dall’anno finanziario, vale a dire dal periodo di riferi­ mento sul quale operano le prescrizioni del « bilancio in corso »; il secondo (operativo) si individua invece nel rapporto che, attraverso l’imposizione di un limite quantitativo all’impegno contabile, lega l’impegno giuridico — di spesa — allo stanziamento previsto, rap­ porto che a sua volta prescinde dalla successiva prosecuzione ge­ storia.

5.2. La regolamentazione degli stanziamenti di spesa in conto capi­ tale finanziati con entrate a destinazione non vincolata: la ne­ cessità dell’impegno giuridico.

Il rigore della costruzione sopra esposta, solo parzialmente, si attenua nell’art. 21, ultimo comma, il quale prescrive: « le somme

ne e del pagamento — nella spesa — ; per la particolare ipotesi di conservazione di stanziamenti non impegnati — riguardo ai quali occorre, dunque, una deliberazio­ ne che operi nell’anno finanziario seguente — contenuta nell’art. 81, ultimo com­ ma, del D .p.r. n. 421/1979 si veda il paragrafo seguente. In generale, per l’analisi dettagliata delle strutture delle fattispecie di entrata e di spesa, vedasi Buscema, Trattato, cit., p. 336 ss.

(55) Buscema, ult. op. cit., p. 339.

(56) In base a quanto affermato nell’art. 9, 3° comma, in relazione al 2° comma, n. 2 (sempre del D .p.r. n. 421), costituisce limite per le autorizzazioni di impegno « . . . l’ammontare delle spese che si prevede di impegnare nell’anno cui il bilancio si riferisce ».

(57) Un bilancio i cui margini operativi rimangano conchiusi entro la rela­ zione stanziamento-impegno contabile-impegno giuridico, nei confini dell’anno finan­ ziario, si definisce « a competenza pura »: esso possiede, come caratteristica es­ senziale, quella di esplicare i propri effetti non oltre il periodo di vigenza, privo del tutto di connessioni giuridiche con l’insieme delle previsioni precedenti e suc­ cessive (ved.: Puddu, Il bilancio, cit., p. 51).

— 366 —

iscritte negli stanziamenti di spesa in conto capitale non finanziate con entrate a destinazione vincolata e non impegnate alla chiusura dell’esercizio possono... essere impegnate in quello successivo. D e­ corso tale termine esse costituiscono, per la parte non impegnata, economia di spesa ».

Si tratta di una chiara deroga — peraltro facoltativa — al prin­ cipio secondo il quale la previsione di competenza esaurisce i pro­ pri effetti nell’anno finanziario: in parallelo, tuttavia, risulta impli­ citamente confermato proprio il limite operativo apposto a siffatta previsione; vale a dire — lo si ripete — vincolare il mero impegno giuridico al rispetto dello stanziamento di bilancio. In tali ristretti termini, può, inoltre, parlarsi di una valenza precettiva delle deter­ minazioni di competenza, così ponendo in luce il fondamentale pro­ filo organizzativo della deliberazione di bilancio, preso in conside­ razione, in questa sede, come rigido inquadramento dell’attività per oggetti (spese impegnabili) e per soggetti (organi della gestione il cui contegno è significativo ai fini della costituzione dell’obbligo).

Quanto alla ratio della norma possiamo ritenere che essa si ri­ solva nel permettere la conservazione dello stanziamento nell’eser­ cizio seguente, onde impedire, nei limiti della fattispecie in oggetto, che i residui impropri, o di stanziamento(quelle somme in altri ter­ mini per le quali non si sia formato l’impegno giuridico) divengano economia di spesa e dunque prescrizione di bilancio irrealizzata (ved. art. 21, 5° comma, D .p.r. n. 421/1979).

Sul piano formale la conservazione dello stanziamento non può comunque verificarsi né attraverso la sua riproduzione entro la competenza dell’esercizio successivo (ciò falserebbe evidentemente l’equilibrio tra le entrate e le spese previste per l’anno finanziario) e neppure, nelle gestioni seguenti, mediante la deliberazione di im­ pegni relativi alle previsioni per i periodi anteriori (il che sarebbe in aperto contrasto con l’art. 2, 2° comma, D .p.r. n. 421/1979 (58)).

N e deriva che il mantenimento delle somme già stanziate in base all’art. 21, 6° comma, può divenire possibile, in conformità al­ la normativa vigente, soltanto quando dette somme vengano consi­ derate quale risultato della gestione trascorsa, e, quindi, come resi­ duo proprio. E questo, argomentando a contrario, il significato che

(58) « L ’unità temporale della gestione è l’anno finanziario che inizia il 1° gennaio e termina il 31 dicembre dello stesso anno; dopo tale termine non possono più effettuarsi... impegni di spesa... sul bilancio dell’anno precedente ».

— 367 —

ritengo debba attribuirsi al 2° comma dell’art. 21, laddove, in parti­ colare, prescrive che « non è ammessa la conservazione nel conto dei residui di somme non impegnate a norma del precedente artico­ lo entro il termine dell’esercizio nel cui bilancio esse furono iscritte, salvo quanto previsto dall’ultimo comma del presente articolo » (quello, appunto, nel quale è formulata la disciplina riguardante la fattispecie in discorso).

Saremmo di fronte, in sostanza, ad una funzione giuridica, at­ traverso la quale l’inclusione di simili stanziamenti fra i residui, de­ liberata al momento della approvazione del nuovo bilancio (che si compie, com ’è noto, entro il vigore del precedente), diviene un fat­

to equiparato alla volontà espressa di obbligarsi per il loro ammon­ tare (una sorta di comportamento concludente) (59).

6. I residui.

D opo le considerazioni sino ad ora svolte, possiamo verificare come la struttura di competenza del bilancio annuale di previsione, riguardando soltanto il venire in essere dei crediti e degli obblighi facenti capo all’ente, non manifesti la capacità di evidenziare quel­ le fattispecie che dei crediti e degli obblighi qui menzionati costitui­ scono mera esecuzione.

Simili fattispecie possiedono, peraltro, un accentuato rilievo al­ l’interno della gestione, desumibile sia dall’attitudine dei procedi­ menti esecutivi a condurre la disciplina finanziaria, una volta con­ cluso l’esercizio cui è rivolta, alla successiva prosecuzione materia­ le delle proprie prescrizioni; sia dal riconoscere che, nel periodo di vigenza del bilancio, la capacità di dare concretamente corso al contenuto del provvedimento è direttamente collegata alla possibi­ lità effettiva di perfezionare la gestione in ogni suo momento strut­ turale.

(59) Qui, ad ogni modo, va rilevato che la predetta inclusione fra i residui assume le caratteristiche sostanziali di un impegno giuridico destinato, per sua na­ tura, ad esplicare la propria efficacia al di là dell’esercizio corrente: e, perciò, sol­ tanto all’interno di tale ambito, pare lecito fondare una ricostruzione del disposto di cui all’art. 21, ultimo comma, elaborata nei termini di una deroga al principio secondo cui la precettività del bilancio non può essere estesa al di là dell’esercizio finanziario al quale esso inerisce. Per la definizione dei « residui di stanziamen­ to » si vedano: Buscema, Trattato, cit., p. 341; Bennati, Manuale, cit., p. 389.

— 368 —

In ciascuno degli aspetti richiamati, sembra venire in luce una ulteriore quanto differente accezione attribuibile al concetto di mo­ vimento finanziario: questo nuovo significato, stando all’ambito del­ la prima fra le situazioni osservate (la prosecuzione dell’attività ge­ storia oltre l’anno finanziario cui era riferita) si delinea nell’art. 21 del più volte citato D .p.r. n. 421/1979. È in tale norma che sono, infatti, determinate quelle ipotesi limitatamente alle quali i risultati delle gestioni trascorse assumono rilievo contabile nel bilancio rela­ tivo all’esercizio corrente, sotto la speciale denominazione di « re­ sidui » (60): « costituiscono residui attivi le somme accertate e non riscosse entro il termine dell’esercizio »; mentre « costituiscono re­ sidui passivi le somme impegnate a norma del precedente art. 20 » — che disciplina l’impegno giuridico in generale, e anche, come sa­ rà visto più avanti, in alcune fattispecie particolari — « e non ordi­ nate ovvero ordinate e non pagate entro il termine dell’esercizio ». Non è , inoltre, ammessa « la conservazione nel conto dei residui di somme non impegnate a norma del precedente articolo entro il ter­ mine dell’esercizio nel cui bilancio esse furono iscritte », fatta sal­ va, naturalmente, l’inclusione fra i residui degli stanziamenti indi­ cati nell’ultimo comma del presente articolo, dianzi ricordata (61).

La rilevanza entro il bilancio vigente del risultato conseguito dalle passate gestioni, dipende dunque dalla preventiva formazione di crediti ed obblighi facenti capo alla sfera giuridica del comune o della provincia. E quindi richiesto, ai fini della conservazione di determinate somme nella previsione finanziaria, il verificarsi del mero fatto costituito dall’aver accertato od impegnato le stesse non oltre il termine dell’esercizio per il quale furono iscritte nella com ­ petenza.

Si deve inoltre trattare di posizioni attive o passive che non abbiano, comunque, esaurito i propri effetti: le somme accertate, infatti, costituiscono residuo se, spirato l’anno finanziario, risultino ancora da riscuotere, mentre quelle impegnate assumono tale veste

(60) Sono definiti residui, nella teoria contabile, le « operazioni di entrata e di spesa la cui procedura sia stata iniziata, ma non abbia ancora avuto compi­ mento », entro l’esercizio finanziario: ved.: Puddu, Il bilancio, cit., p. 307 ss.;

nonché Aneljli-Izzi-Talice, Contabilità pubblica, Milano, 1988. p. 532; Fazio, Il bilancio, cit., p. 209 ss.; Forte, Il bilancio nell’economia pubblica, tomo II, Mila­ no, 1985, p. 338 ss.; ed altresì Gnesutta, Lineamenti, cit., p. 288 ss.

— 369 —

quando, sempre nel medesimo periodo di riferimento, non vengano ordinate o, se ordinate, non siano pagate (62).

Partendo da questi ultimi rilievi possiamo delimitare il campo operativo della previsione dei residui: esso concerne il solo concre­ tizzarsi dei diritti di credito e degli obblighi legittimamente sorti sulla base delle previsioni di competenza, inquadrando, perciò, i flussi monetari che materialmente derivano dalla attuazione delle fattispecie di entrata e di spesa avviatesi negli accertamenti e negli impegni relativi agli esercizi trascorsi.

Documenti correlati