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Segue: come strumento di tutela delle condizioni di lavoro.

I SISTEMI DI QUALIFICAZIONE DELLE IMPRESE

3.2 Segue: come strumento di tutela delle condizioni di lavoro.

Allo scopo di valorizzare l‟assunto secondo cui “un‟efficace prevenzione presuppone un‟adeguata organizzazione qualitativamente apprezzabile”72

, l‟art. 27 del D.Lgs. n. 81/2008 prevede poi l‟istituzione di un sistema di qualificazione delle imprese e dei lavoratori autonomi, la cui adozione - in base alle intenzioni del legislatore - dovrebbe innescare una sorta di “circuito virtuoso”, volto a favorire la cultura della prevenzione e promuovere la sicurezza come

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fattore organizzativo fondamentale, da strutturare all‟avvio e durante qualsiasi attività imprenditoriale o autonoma.

Questa crescente importanza della c.d. “organizzazione della sicurezza”, confermata in parte dalla recente diffusione e applicazione, peraltro spontanea, di sistemi di gestione rispettosi delle norme internazionali ISO, nonché dai frequenti rinvii ad esse da parte della normativa italiana, emerge anche dai provvedimenti73 diretti a reprimere sia l‟omessa individuazione dei rischi connessi con lo svolgimento di particolari attività, sia la mancata assunzione di un modello di organizzazione e di gestione diretto a prevenire il verificarsi di tali eventi.

Dato l‟attuale contesto, con probabilità saranno proprio i citati modelli, disciplinati ai sensi dell‟art. 30 del D.Lgs. 81/2008, a diventare i principali parametri di valutazione della capacita dell‟impresa, la cui adozione consentirà peraltro l‟accesso ai benefici di cui l‟art. 27, secondo comma, del Testo Unico. Tuttavia, sebbene

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Si e infatti osservato come negli interventi degli ultimi anni (dal D.Lgs. n. 196 del 2003 in materia di Privacy alla stessa legge delega n. 123 del 2007) sia rintracciabile un unico denominatore comune: tutti si fondano sostanzialmente sulla capacita valutativa da parte dell‟imprenditore-organizzatore dei mezzi per la produzione al fine di identificare i rischi che la sua attivita apporta a determinati beni (riservatezza,salute,ambiente ecc.) integrandosi, poi, in una “iper-normativa” (il D.Lgs. 231/2001) che sancisce la responsabilita anche dell‟organizzazione come tale se essa non si e data una strutturazione tale da impedire determinati eventi che l‟ordinamento identifica come da evitare e demanda all‟ente l‟obbligo di evitare. In tal senso, N. PACI, I sistemi di qualificazione delle imprese, in: L. ZOPPOLI, P. PASCUCCI, G. NATULLO (a cura), Le nuove regole per la salute e sicurezza dei lavoratori, Milano, 2010, pag.376.

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l‟istituzione di un simile meccanismo qualificatorio, prevalentemente incentrato sull‟adozione dei modelli gestionali74

, costituisca un onere relativamente sostenibile per le grandi imprese, molto problematica risulta la sua adozione per le tante piccole, medie, o microimprese, dove si registra, purtroppo, anche il maggior numero d‟infortuni sul lavoro. A tal fine, nonostante l‟adozione dei modelli in questione rientri, ai sensi del sesto comma del citato art. 30, tra le attività direttamente finanziabili dall‟INAIL , sarebbe auspicabile la previsione di ulteriori misure a sostegno delle PMI, volte, in particolare, a facilitare la diffusione di modelli organizzativi anche nelle realtà di minori dimensioni.

Al fine di elevare la preparazione professionale e tecnica dei datori di lavoro e dei lavoratori autonomi, in un‟ ottica di promozione della cultura della sicurezza sul lavoro, l‟articolo 1, comma 2, lettera

m) della legge delega n. 123/2007 disponeva infatti “l’adozione di un sistema di qualificazione delle imprese e dei lavoratori autonomi fondato sulla specifica esperienza, ovvero sulle competenze e conoscenze in materia di tutela della salute e sicurezza sul lavoro, acquisite attraverso percorsi formativi mirati”.

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I quali dovranno far necessario riferimento alle linee guida UNI-INAIL del 28 settembre 2008 o al British Standard OHSAS 18001 del 2007, ritenuti conformi ai requisiti delineati dall‟art. 30 ai fini dell‟adozione ed efficace attuazione del modello di organizzazione e gestione ivi prescritto.

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La formulazione e stata in seguito riveduta, in sede attuativa, dall‟articolo 27, primo comma, del D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81. Quest‟ultimo, prevedendo la definizione di un sistema di qualificazione essenzialmente “fondato sulla base della specifica

esperienza, competenza e conoscenza, acquisite anche attraverso percorsi formativi mirati” ha fatto venire meno il carattere della

obbligatorietà della formazione, come si evince dall‟utilizzo del termine “anche” all‟interno del testo definitivo75

.

Tale impostazione e stata confermata dal successivo intervento correttivo del 2009, il quale, oltre a ribadire il carattere meramente eventuale dei percorsi formativi, aggiunge che tale sistema di qualificazione deve basarsi sulle attività facoltative di cui l‟art. 21 comma 2, nonché sull‟applicazione di determinati standard contrattuali o organizzativi nell‟impiego della manodopera, anche in relazione agli appalti e alle tipologie di lavoro flessibile, debitamente certificati.

Quanto alle facoltà sopra menzionate, anche in questo caso risultano solo parzialmente realizzate le aspettative di chi preconizzava maggiori garanzie per lavoratori autonomi al fine di una

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informazione, formazione e sorveglianza adeguate, consistendo quest‟ultime nella mera possibilità di beneficiare della sorveglianza sanitaria e nella partecipazione (con oneri a proprio carico) a corsi di formazione specifici in materia di salute e sicurezza sul lavoro, incentrati sui rischi propri delle attività svolte e secondo le previsioni di cui l‟art. 37.

Di fatto questa scarsa attenzione riservata dal legislatore alla formazione (quale strumento di qualificazione) rappresenta senz‟altro una grave lacuna, specialmente per un sistema che si prefigge, come obiettivo primario, la promozione della cultura della sicurezza e della prevenzione nei luoghi di lavoro76. In particolare, sarebbe stato preferibile un approccio più deciso, volto a configurare la formazione

come elemento imprescindibile ai fini della preparazione,

specialmente in materia antinfortunistica, degli operatori (qualificati) presenti sul mercato.

In riferimento all‟attuale quadro normativo di particolare interesse e il requisito della certificazione della formazione, introdotto dal D.Lgs. n. 106/2009, posto alla base del nuovo sistema di

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A tal fine e da vedere con favore la promozione della cultura delle sicurezza attraverso il finanziamento dei progetti formativi specificamente dedicati alle piccole, medie e micro imprese (art. 11) e il finanziamento della formazione dei datori di lavoro delle piccole e medie imprese, dei lavoratori stagionali del settore agricolo e dei lavoratori autonomi (art. 52). Positiva in tal senso l‟introduzione, ad opera del D.Lgs. n. 106 del 2009, dell‟obbligatorietà della formazione anche per i dirigenti (art. 37 comma 7). N. PACI, ID., pag. 386.

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qualificazione delineato dal primo comma dell‟art. 27. Infatti, essendo numerose (e spesso mal coordinate tra loro) le iniziative realizzate in tal senso da enti pubblici e privati, appare quantomeno positiva la predisposizione di un sistema di certificazione condiviso (da annotare sul libretto formativo del cittadino) e garantito dal servizio pubblico, il quale, verificando e controllando la formazione effettivamente erogata, possa scongiurare il rischio che l‟obbligo formativo scada in un mero adempimento burocratico come spesso, purtroppo, accade77.

Il principale obiettivo sotteso all‟adozione di un “sistema di qualificazione” consiste infatti nell‟individuare misure di maggior tutela rispetto a quelle generali previste per ogni luogo di lavoro dal Testo Unico, applicabili ai settori a maggior rischio infortunistico, con l‟obiettivo di abbattere i relativi indici di rischiosità. In tali contesti, viene richiesto alle imprese e ai lavoratori autonomi di garantire il possesso di requisiti organizzativi e professionali idonei al miglioramento della prevenzione degli infortuni e delle malattie professionali.

La prevenzione degli infortuni e delle malattie professionali va garantita attraverso una attenta verifica della efficacia del quadro

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M.LAI, La sicurezza del lavoro tra Testo unico e disposizioni immediatamente precettive, in Diritto delle Relazioni Industriali, 2008, pp. 385 ss.

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normativo e di quanto le previsioni già esistenti siano in grado di incidere sui comportamenti “virtuosi” di imprese e lavoratori.

Questa logica, che potrebbe apparire finanche banale, ha spinto alla approvazione del decreto Presidente della Repubblica sugli “ambienti confinati”78

destinato a regolamentare tutte le attività lavorative svolte da chiunque (azienda o lavoratore autonomo) sia chiamato ad operare in ambienti, comunemente definiti come “confinati”, quali silos, cisterne, cunicoli, pozzi o simili. Il provvedimento, risultato di un lavoro che ha coinvolto Stato, Regioni e parti sociali, intende innalzare i livelli di tutela a garanzia della salute e sicurezza degli operatori impegnati negli “ambienti confinati”, visto l‟ordinario, elevato tasso di infortuni in questo settore, anche di notevole entità, ma soprattutto alla luce delle stragi che si sono avvicendate negli ultimi anni, innalzando vertiginosamente il dato dei decessi sul posto di lavoro.

Il decreto Presidente della Repubblica impone alle imprese e ai lavoratori autonomi, in aggiunta agli obblighi già su di essi gravanti in materia di salute e sicurezza sul lavoro, dell‟obbligo di procedere a specifica informazione, formazione e addestramento relativamente ai

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rischi che sono propri degli “ambienti confinati” e alle peculiari procedure di sicurezza ed emergenza che in tali contesti debbono applicarsi; ciò con riferimento a tutto il personale impiegato, compreso il datore di lavoro79. La tutela dei lavoratori dovrebbe passare necessariamente per la formazione, obbligatoria considerato che conoscenze e competenze sono oggettivamente ricollegabili ad attività di studio e percorsi formativi, ma altresì certificata affinché non scaturisca in un mero adempimento.

3.3. Segue: come strumento di regolarizzazione delle imprese.