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Selezione dei componenti degli organi: art. 8, co. 5

Nel documento UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI PADOVA (pagine 87-91)

Il quinto e sesto comma dell’art. 8 del Protocollo riguardano la cooptazione, metodo di nomina attraverso il quale un soggetto diventa membro dell’organo statutario attraverso la designazione da parte dei membri già in carica.

Il comma 5 dispone:

Le nomine per cooptazione sono previste esclusivamente ai fini della nomina di personalità di chiara e indiscussa fama, sono effettuate tenendo conto dell’esigenza di assicurare la presenza del genere meno rappresentato, nel rispetto del principio di trasparenza e con l’applicazione di un criterio selettivo idoneo a individuare soggetti dotati di esperienza e professionalità funzionali al raggiungimento delle finalità statutarie negli specifici settori di attività della fondazione. In ogni caso, le nomine per cooptazione non superano il quindici per cento del numero dei componenti dell’Organo di Indirizzo, arrotondato all’unità superiore.

3.11.1 Prima del Protocollo

Precedentemente alla firma del Protocollo da parte delle fondazioni, la cooptazione era oggetto di disposizione sia da parte del d.lgs. n. 153/99 sia da parte d.m. 18 maggio 2004, n. 15088. In particolare, l’art. 4, co. 1, lett c) del d.lgs. n. 153/99 prevede “nell’ambito dell’organo di indirizzo, (…), apporto di personalità che per professionalità, competenza ed esperienza, in particolare nei settori cui è rivolta l’attività della fondazione, possano efficacemente contribuire al perseguimento dei fini istituzionali, fissando un numero di componenti idoneo ad assicurare l’efficace esercizio dei relativi compiti e prevedendo modalità di designazione e di nomina, ispirate a criteri oggettivi e trasparenti, improntati alla valorizzazione dei principi di onorabilità e professionalità, dirette a consentire una equilibrata, e comunque non maggioritaria, rappresentanza di ciascuno dei singoli soggetti che partecipano alla formazione dell’organo”.

87 Sottolineo ulteriormente che con ciò non intendo affermare che le fondazioni effettivamente non organizzano incontri con enti al fine di raccogliere informazioni utili per lo svolgimento dell’attività, ma solamente l’assenza nello statuto di disposizioni su tale argomento. 88 Regolamento ai sensi dell’articolo 11, comma 14, della legge 28 dicembre 2001, n. 448, in materia di disciplina di fondazioni bancarie

L’art. 3, co. 3 del d.m. n. 150/2004 stabilisce: “Lo statuto regola eventuali ipotesi di nomina per cooptazione, ammissibile nei soli casi di personalità di chiara ed indiscussa fama”.

Riassumendo, qualora lo statuto avesse previsto delle nomine per cooptazione, esse dovevano riguardare personalità di chiara e indiscussa fama, in grado di apportare professionalità, competenza ed esperienza e tali nomine non avrebbero in ogni caso dovuto superare il 50% del numero componenti dell’organo designante.

Analizzando gli statuti89 prima del Protocollo, è emerso che: (i) una parte prevedeva un numero fisso di componenti dell’Organo di indirizzo nominati tramite cooptazione (29 fondazioni su 63); (ii) una parte ricorreva alla cooptazione solamente in via residuale, qualora i soggetti incaricati di presentare terne o di nominare componenti non avessero adempiuto ai propri obblighi entro i tempi previsti statutariamente (12 fondazioni su 63); (iii) la rimanente parte non prevedeva la cooptazione né in numero fisso tra i componenti dell’Organo di indirizzo, né in via residuale (22 fondazioni su 63).

Delle 29 fondazioni che prevedevano un numero fisso di cooptati, 22 di esse ricorrevano alla cooptazione anche in via residuale qualora i soggetti incaricati delle nomine non avessero adempiuto ai propri obblighi. Le rimanenti 7 fondazioni utilizzavano lo strumento della cooptazione solamente come procedura di nomina di componenti fissi degli organi, ma non ricorrevano mai a tale strumento nel caso in cui i soggetti non avessero adempiuto agli obblighi di designazione: in queste occasioni infatti lo statuto stabiliva qual era il soggetto che in ultima istanza poteva designare componenti (nella maggior parte dei casi il Prefetto).

Delle 22 fondazioni che ricorrevano alla cooptazione regolarmente e – in caso di necessità – in via residuale, la maggior parte di esse (15) specificava il requisito della chiara e indiscussa fama, mentre le altre no.

Delle 7 fondazioni che prevedevano la cooptazione solamente in numero fisso tra i componenti dell’Organo di indirizzo: (i) 6 specificavano il requisito della chiara e indiscussa fama; (ii) una fondazione invece stabiliva semplicemente “Il Consiglio uscente provvede anche alla cooptazione di altri tre membri del Consiglio di Indirizzo e di programmazione, su indicazione del Presidente della Fondazione”.

Da ciò si ricava che quando la cooptazione era un metodo di nomina costante e ricorrente, le fondazioni tendevano a specificare nei propri statuti che le personalità scelte avrebbero avuto determinate caratteristiche stabilite dalla legge. Man mano che lo strumento della cooptazione veniva abbandonato e utilizzato solamente in caso di inadempienza dei designanti, la specifica dei requisiti del soggetto designato tendeva a sfumare.

Sono però individuabili delle eccellenze precedentemente al Protocollo: fondazioni che – oltre a garantire la presenza di personalità di chiara e indiscussa fama – si impegnavano a garantire la parità di genere (impegno divenuto obbligatorio successivamente con l’adesione al Protocollo d’intesa). Esse sono Compagnia di San Paolo e Fondazione C.R. di Bra.

Precedentemente alla firma del Protocollo, nessuna delle fondazioni le quali ricorrevano alla cooptazione solamente in via residuale specificava la necessità di garantire la parità di genere. Per quanto concerne invece il numero di componenti degli organi nominati tramite cooptazione, si individuano delle eccellenze tra le fondazioni che – nonostante il limite massimo del 50% stabilito dalla legge – precedentemente al Protocollo prevedevano un numero di cooptati inferiori al 15% (osservando il limite imposto successivamente dall’autoriforma delle fondazioni di origine bancaria). Sono 13: Compagnia di San Paolo, Fondazione dei Monti Uniti di Foggia, Fondazione Banca del Monte di Lombardia, Fondazione Banca del Monte e C.R. di Faenza, Fondazione Carispezia, Fondazione C.R. di Asti, Fondazione C.R. di Carpi, Fondazione C.R. di Carrara, Fondazione C.R. di Cuneo, Fondazione C.R. di Savigliano, Fondazione C.R. di Vercelli, Fondazione del Monte di Bologna e Ravenna e Fondazione Monte dei Paschi di Siena. Esse sono distribuite abbastanza uniformemente in rapporto alle dimensioni delle fondazioni. Dal punto di vista della collocazione geografica emerge invece che metà delle fondazioni eccellenti sono collocate nel Ovest del Paese, seguono le fondazioni del Nord-Est (3 su 13), le fondazioni del Centro (con 2 fondazioni su 13) e le fondazioni del Sud e Isole con solamente una fondazione su 13.

3.11.2 Dopo il Protocollo

Le principali due innovazioni del Protocollo sulla cooptazione riguardano: (i) la previsione della parità di genere e (ii) l’abbassamento del numero massimo di componenti cooptati (da 50% a 15%).

Delle 85 fondazioni:

• 35 utilizzano la cooptazione, di cui 16 anche come metodo residuale di nomina, 18 solamente come composizione fissa e mai in via residuale;

• 22 utilizzano la cooptazione solamente come metodo residuale di nomina, nel caso in cui i soggetti incaricati alla designazione o presentazione di terne non adempiano alle designazioni a loro assegnate;

• 28 non utilizzano la cooptazione, né in numero fisso nell’Organo di indirizzo, né in via residuale.

Dall’analisi degli statuti risulta che tutte le fondazioni le quali ricorrono regolarmente alla cooptazione specificano il requisito della chiara e indiscussa fama dei soggetti designati e garantiscono la parità di genere. Può quindi essere affermata la piena adesione dell’articolo del Protocollo riguardante la cooptazione da parte delle fondazioni.

Per quanto concerne invece il numero massimo di soggetti cooptati, il Protocollo, scrivendo “in ogni caso”, intende probabilmente stabilire che – sommando il numero di cooptati regolarmente e il numero di cooptati a causa dell’inadempienza dei soggetti designanti – le cooptazioni non possono superare il 15% del numero componenti dell’Organo di indirizzo.

Tra le fondazioni che utilizzano lo strumento della cooptazione prevedendone un numero fisso tra i propri componenti dell’Organo di indirizzo, tutte rispettano il limite del 15% imposto dal Protocollo, tranne una90.

Tra le fondazioni che utilizzano la cooptazione solamente come metodo residuale di nomina: (i) 11 si impegnano a rispettare il limite del 15% stabilito dal Protocollo; (ii) 9 non indicano un limite massimo di nomine effettuabili tramite cooptazione; (iii) 2 scrivono che le cooptazioni non possono essere di misura più che maggioritaria oppure rimandano all’art. 4, co. 1, lett c) (il quale però prevede il limite massimo del 50%).

Riassumendo, tra le fondazioni che prevedono regolarmente nel proprio Organo di indirizzo delle cooptazioni, il recepimento delle indicazioni del Protocollo è stato quasi totalitario. Meno chiare e complete risultano le disposizioni riguardanti le cooptazioni qualora esse vengano adoperate in via residuale.

3.11.3 Le fondazioni non aderenti al Protocollo

Fondazione Pisa non utilizza la cooptazione né come metodo regolare di nomina né in via residuale. Le restanti due fondazioni fanno uso della cooptazione sia assegnando ai soggetti cooptati un posto definito all’interno dell’Organo di indirizzo, sia in via residuale in caso di mancata nomina dei soggetti incaricati.

Fondazione C.R. di Fossano, qualora avesse firmato il Protocollo, non sarebbe rientrata nei limiti del 15% in quanto 4 componenti dell’Organo di indirizzo su 17 sono cooptati e calcolando il 15% di 17, il numero massimo di cooptati sarebbe stato 3. In aggiunta, nel prevedere l’intervento dell’organo stesso nella nomina in caso di mancata designazione dei soggetti incaricati, stabilisce un numero massimo di cooptazioni (5).

90 Quest’ultima infatti, su un totale di 24 componenti, ne prevede 5 di cooptati. Ciò non è in linea con quanto imposto dal Protocollo in quanto il 15% di 24 è 3,6. Ciò significa che i soggetti cooptati possono essere al massimo 4, non 5 come stabilito dalla fondazione.

Fondazione Roma invece rientrerebbe nei limiti stabiliti dal Protocollo, ma nel prevedere l’intervento dell’Organo di indirizzo in via residuale non stabilisce un numero massimo di cooptazioni possibili.

Nel documento UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI PADOVA (pagine 87-91)