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La sentenza 17/01/2014 del Tribunale di Milano nei confronti del writer Manu

2.2 Il caso Manu Invisible

2.2.1 La sentenza 17/01/2014 del Tribunale di Milano nei confronti del writer Manu

Il processo, conclusosi in primo grado con la sentenza del 17 Gennaio 2014, vedeva Manu Invisible imputato “del reato previsto e punito dall’art.639 comma II c.p., perché, utilizzando diverse bombolette di colore spray, imbrattava, imprimendovi la scritta “MANUINVISIBLE.COM”, un muro sito in Milano, fra la via Piranesi e la via privata Decemviri. In Milano, in data 20 Giugno 2011”.

Manu Invisible veniva quindi accusato di imbrattamento per aver scritto con diversi colori su un muro nella zona sovraindicata la scritta “MANUINVISIBLE.COM”.

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De Vito L., Il tribunale assolve due writer “Volevano abbellire quel muro”, da Repubblica.it 04-08-2012.

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Mentre il Pubblico Ministero richiedeva la condanna, pur con riconosciute le attenuanti generiche, la difesa dell’imputato chiedeva la sua assoluzione. La sentenza ha assolto l’imputato perché “il fatto non costituisce reato”.

I motivi della decisione, nella sentenza, recitano:

“All’esito del dibattimento, reputa il Tribunale che non è stato compiutamente raggiunta la prova della responsabilità penale dell’imputato in ordine all’illecito ascrittogli”. Pertanto, non fu possibile constatare la responsabilità penale di Manu Invisible, giudicandolo innocente. Prosegue con una premessa:

“Al predetto, invero, si contesta il reato di cui all’articolo 639, comma 2, c.p. perché il 20 giugno 2011 ‘utilizzando diverse bombolette di colore spray imbrattava, imprimendovi la scritta Manu Invisible.com un muro sito in Milano, fra la via Piranesi e la via privata Decemviri”.

Continua: “si è, in particolare, accertato che la notte del 20 giugno 2011 l’agente della Polizia di Stato G.C., unitamente ad un collega, aveva proceduto al controllo di un giovane, poi identificato in M.E., poiché un cittadino aveva segnalato loro che sotto il ponte ubicato in via Piranesi una persona stava imbrattando un muro”. Fino a qua tutto regolare. Poi: “M., all’atto dell’intervento delle Forze dell’ordine, teneva nelle mani sporche di vernice una bomboletta spray, aveva accanto una scala in metallo allungabile, molto alta e stava consultando un grande disegno”. Insomma, colto in fragrante con gli strumenti del mestiere. Prosegue: “Nell’immediatezza , il giovane aveva dichiarato agli operanti che avrebbe voluto completare sulla facciata esterna del ponte il disegno sopra indicato ed aveva già provveduto a realizzare sul muro in parola, in caratteri di piccole dimensioni rispetto all’ampiezza della superficie cui era stata apposta, la scritta “ManuInvisible.com”, corrispondente, a dire dell’imputato, alla denominazione del sito internet da lui creato sul quale pubblicava le proprie creazioni artistiche”. Quindi viene scoperto a scrivere sulla facciata del ponte indicato l’indirizzo web del sito dove condivideva le foto dei suoi lavori.

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“Si è altresì acclarato, alla stregua di quanto esposto dall’operante e secondo quanto è dato evincere dalla fotografia versata in atti e scattata dall’imputato prima ancora di accingersi a dipingere il muro la sera dell’intervento degli agenti, che la superficie interessata era già stata completamente imbrattata e deturpato da ignoti”.

Manu Invisible aveva quindi fotografato la sezione su cui era intenzionato a dipingere prima di partire con l’operazione. In questo modo, ha potuto dimostrare come fosse già deturpata e imbrattata da terzi ignoti. La sentenza prosegue così:

“L’imputato, in dibattimento, ha spiegato e documentato di avere agito con l’intento di abbellire la facciata in parola e di effettuare un intervento riparatore, realizzando un’opera di oggettivo valore artistico. Egli ha, infatti, prodotto una fotografia del progetto che sarebbe stata sua intenzione realizzare e che stava effettivamente consultando allorquando gli agenti avevano proceduto al controllo. La fotografia scattata dalla difesa dell’imputato nell’immediatezza dei fatti proprio ai fini di documentare quanto già realizzato da M. all’atto dei controlli documenta, altresì, che vi era effettiva corrispondenza tra la realizzazione artistica in itinere e quella risultante dal progetto dell’opera da portare a compimento”.

Pertanto, tramite il confronto tra la foto della parete precedente imbrattata e deturpata e la foto del progetto che aveva in serbo, riesce a dimostrare che il suo intento era di abbellirla e che il processo in atto nel momento in cui è stato scoperto era finalizzato alla realizzazione finale prevista. Vengono poi segnalate le sue capacità e qualità artistiche, ricordando il background dell’artista e testimoniando la sua dedizione alle attività:

“La difesa ha, infine, documentato che le reali doti e capacità artistiche di M. erano state pubblicamente riconosciute dal Comune di Milano che, su delibera del Consiglio di Zona n.9, aveva concesso a ‘Manuinvisible’ un patrocinio gratuito per la realizzazione dell’evento denominato ‘Giochi di Strada’. Si era trattato, in buona sostanza, di un’iniziativa svoltasi nel mese di settembre 2012, intesa a rivalutare piazza Schiavone nel quartiere Bovisa, con un intervento di uno ‘street artist’ sul muro che l’attraversa e lo stesso M. era risultato vincitore di detto bando. Dette circostanze hanno trovato conferma nel tenore della deposizione resa dalla dottoressa F., funzionario del Comune

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di Milano, escussa su iniziativa di questo Tribunale ai sensi dell’articolo 507 c.p.p. La difesa ha, infine, documentato che sin dall’anno 2008 l’imputato aveva percepito la somma di euro 726,25 da D.D.L. Servizi Onlus per la realizzazione di graffiti effettuati ‘con i detenuti del carcere di Cagliari’ a favore dei quali si era prodigato nell’ambito della suddetta attività.

Detto ciò, vi è un altro punto chiave in cui viene sottolineato come il suo operato non abbia fatto deteriorare o imbrattare la superficie:

“Ciò posto, alla stregua delle descritte evenienze, non si può anzitutto affermare che quanto realizzato da M. sul muro oggetto di contestazione con l’utilizzo delle bombolette spray e degli ulteriori strumenti rinvenuti in suo possesso al momento del controllo abbia concretato un imbrattamento o un deterioramento della suddetta superficie”.

Si fa poi riferimento a come ignoti avevano già provveduto a coprire la parete con disegni privi di valore artistico e a come lui, con le più buone intenzioni, avesse cercato di rimediare a queste azioni con un lavoro esteticamente apprezzabile:

“Non si può, in particolare, al riguardo trascurare che prima dell’intervento di M. ignoti avevano già provveduto a coprire l’intera superficie del muro con geroglifici e disegni privi di qualsivoglia valore artistico o pregio estetico, sicché con l’opera che M. aveva in quel frangente soltanto iniziato o che si accingeva a completare – corrispondente, come si è detto, a quella del progetto versato in atti – aveva oggettivamente, e non soltanto nelle sue intenzioni, cercato di rimediare al deturpamento del muro da altri causato e voluto abbellire la superficie del medesimo con una propria sovrapposizione grafica di pregio artistico ed esteticamente apprezzabile”

Vengono rimarcate ulteriormente le sue capacità artistiche:

“In proposito, va rimarcato che le capacità artistiche di ‘Manuinvisible’, pseudonimo adottato da M. per sottoscrivere i suoi graffiti, erano state pubblicamente riconosciute non solo dal comune di Milano che gli aveva affidato l’iniziativa sopra descritta in zona Bovisa, ma erano state oggetto di considerazione anche in seno alla Onlus D.D.L. sin

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dall’anno 2008 ovvero alcuni anni prima dell’episodio per cui è processo, nell’ambito di un’iniziativa culturale intesa al recupero sociale dei detenuti del carcere di Cagliari”. Viene quindi dichiarato innocente sulla base di tre motivi. Il primo:

“Non risultano, pertanto, integrati i presupposti oggettivi e soggettivi del reato ipotizzato a carico di M., dovendosi escludere che con la condotta accertata egli abbia apportato una alterazione estetica negativa sul muro oggetto di contestazione la cui superficie risultava, peraltro, in quel frangente, già completamente imbrattata e cromaticamente ed esteticamente compromessa ad opera di ignoti”.

Pertanto viene giudicato che M. non abbia “peggiorato” le condizioni del muro, poiché erano già critiche a causa dell’intervento di ignoti. In secondo luogo:

“è, altresì, dimostrativa della volontà di non deturpare il muro da parte di M. e di avere, quindi, agito nel convincimento di non commettere alcun illecito pure la circostanza che l’imputato, oltre a mostrare agli operanti intervenuti le bombolette e gli ulteriori strumenti utilizzati, abbia anche esibito ai medesimi il progetto dell’opera e quanto aveva fino a quel momento realizzato”:

Viene quindi giudicata determinante la volontà dell’imputato, dimostrata dalla sua buona condotta. In ultima, poi:

“Del resto, l’adesione dell’imputato all’iniziativa indetta dal Comune di Milano di cui si è ampiamente detto più sopra appare senz’altro indicativa della volontà di M. di impiegare, anche nell’interesse della collettività, le proprie capacità artistiche e rafforza, nello stesso tempo, il convincimento che l’imputato con la condotta incriminata non abbia affatto inteso deturpare un bene comune”.

In un certo qual modo quindi il background dell’artista giustifica il suo interesse alla collettività dando un’ulteriore prova di come non desiderasse deturpare un bene comune. Infine:

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Pertanto il Tribunale ha assolto l’imputato perché: il muro era già imbrattato; l’opera di