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G. Wanzenried, K Hess, A Dietrich (2013) si sono concentrati sul ruolo che assume il NSFR all’interno della banca, sul suo possibile impatto sulla scelta d

3.1 Sezione Dat

Per compiere un’attenta valutazione del NSFR sono stati utilizzati dati provenienti dal database Fitch-IBCA Bankscope (BSC) inerenti la struttura proprietaria e la dinamica interna della liquidità delle banche. Questo database fornisce annualmente informazioni finanziarie sul settore bancario di 179 Stati del mondo. I fattori macroeconomici, in seguito ipotizzati, sono tratti da varie fonti tra cui IMF World Economic Outlook e Organisation for Economic Cooperation and Development (OECD).

Il NSFR è stato definito pochi anni fa, quindi, per cercare di riprodurre una serie storica che analizzi anche gli anni antecedenti il 2010 c’è bisogno di una grande mole di dati “grezzi” sia a livello patrimoniale che fuori bilancio. Purtroppo, alcune serie specifiche di dati non è stato possibile trovarle a causa della mancata catalogazione, come ad esempio la suddivisione dei depositi della clientela al dettaglio in stabili e meno stabili. Tuttavia una buona approssimazione della serie storica del NSFR sembra fattibile.

Wanzeried, Dietrich e Hess si sono ispirati alla metodologia di creazione delle serie storiche di Ötker-Robe e Pazarbasioglu (2010). La seguente tabella fornisce un riepilogo dei fattori ASF e RSF applicati in questa ricerca.

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Fig. 3.1 Tabella NSFR

* Gli interessi derivanti da partecipazioni di minoranza sono stati considerati all’interno della

voce Total Equity

Fonte: Wanzenried, G., Dietrich, A., Hess, K., “The good and bad news about the

new liquidity rules of Basel III in Western European countries”, 2013.

Il campione iniziale di dati includeva informazioni “grezze” su 8619 banche europee occidentali, inerenti il periodo che va dal 1996 al 2010. Per un corretto svolgimento dell’analisi econometrica il campione è stato ristretto a 921 banche

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appartenenti a sette Stati (Germania, Francia, Svizzera, Austria, Belgio, Paesi Bassi e Lussemburgo).

Questa selezione è stata condotta seguendo due criteri:

 Qualità dei dati – essi dovevano essere stati analizzati e catalogati in base a molteplici criteri;

 Omogeneità del campione – in riferimento alla tradizione e cultura bancaria degli Stati (evitando così l’uso di parametri correttori nella comparazione dei valori).

Inizialmente, alcuni parametri dimensionali ed il tipo di attività principale svolta (quest’ultimo che esclude, per definizione, sia società di investimento che finanziarie) sono stati i criteri per la scelta del campione. Dopo questa prima selezione è stata fatta una valutazione, legata alla qualità dei dati NSFR a disposizione, su ciascuna banca scelta, in modo tale da poter definire un campione altamente qualitativo su cui lavorare.

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Fig 3.2 Criteri di scelta per la definizione del campione

Fonte: Wanzenried, G., Dietrich, A., Hess, K., “The good and bad news about the

new liquidity rules of Basel III in Western European countries”, 2013.

Il grafico seguente illustra il numero di osservazioni prese per ogni anno, suddivise per fasce dimensionali.

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Fig 3.3 Numero di osservazioni per il periodo 1996-2010

* Dati dimensionali delle banche espressi in miliardi di dollari

Fonte: Wanzenried, G., Dietrich, A., Hess, K., “The good and bad news about the

new liquidity rules of Basel III in Western European countries”, 2013.

La maggior parte delle osservazioni sono state effettuate su banche aventi un Total Assets inferiore a 5 miliardi di dollari, anche se andando a guardare il Total Assets complessivo risulta maggiore la partecipazione della categoria “>200 bil”, in special modo a partire dal 2005.

Il 73,4% del campione è rappresentato da banche tedesche, anche se il patrimonio medio di quest’ultime è di soli 11 miliardi di dollari, dato che rispecchia la natura molto frammentata del mercato bancario della Germania. Per le banche francesi risulta un Total Assets medio di 62 miliardi ma il primato lo hanno Belgio e Olanda con un valore medio che va oltre i 100 miliardi.

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Fig 3.4 Suddivisione del campione osservato per Stati

Fonte: Wanzenried, G., Dietrich, A., Hess, K., “The good and bad news about the

new liquidity rules of Basel III in Western European countries”, 2013.

3.2 Metodologie

Come illustrato nella figura 3.5 l’analisi avverrà in due fasi.

Nella prima sarà fatta un’indagine su come l’ambiente esterno (fattori politici, tecnologici, sociali), il mercato e cause interne alla banca possano influire sui livelli del NSFR. Nella seconda sarà analizzato come il NSFR possa influire sulle performances della banca.

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Fig. 3.5 Illustrazione fasi dell’analisi

Fonte: Wanzenried, G., Dietrich, A., Hess, K., “The good and bad news about the

new liquidity rules of Basel III in Western European countries”, 2013.

Adesso saranno spiegati, a grandi linee, i due metodi (univariato e multivariato) che verranno applicati per arrivare ad una corretta valutazione del ruolo del NSFR nella banca.

Per lo svolgimento del metodo univariato il campione viene classificato in due gruppi: le banche che, ad oggi, soddisfanno già il requisito di liquidità (NSFR ≥ 100%) e chi no (NSFR ≤ 100%). Vengono calcolate le statistiche descrittive principali per i due gruppi e verificate le differenze significative, infine effettuati dei test multivariati sui dati usando la tecnica GMM (Generalized Method of Moments).

Tramite questa tecnica di regressione analizzeremo se il NSFR influenza:

Gli indici di redditività (ROAA – Return On Average Assets, ROAE – Return On Average Equity, NIM – Net Interest Margin);

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La qualità dei prestiti (misurata dal rapporto Loan loss provision su Total Assets);

 La volatilità del ROAA nell’arco di 3 anni.

Seguendo lo stesso metodo di Athanasoglou (2008) e Garcia-Herrero (2009) è stato costruito un modello lineare dinamico:

𝑁𝑆𝐹𝑅

𝑖,𝑡

= 𝑐 + 𝛿𝑁𝑆𝐹𝑅

𝑖,𝑡−1

+ ∑ 𝛽

𝑗 𝐽 𝑗=1

𝑋

𝑖𝑡𝑗

+ ∑ 𝛽

𝑚

𝑋

𝑖𝑡𝑚

+

𝑀 𝑚=1

𝜀

𝑖𝑡 Legenda:

 𝑁𝑆𝐹𝑅𝑖𝑡 è il rapporto di finanziamento stabile netto di una banca i al tempo t, con i=1,…,N, t=1,…,T;

 c è una costante;

 𝑋𝑖𝑡𝑗 sono le variabili interne alla banca;  𝑋𝑖𝑡𝑚 sono le variabili macroeconomiche;

 𝜀𝑖𝑡 è il disturbo con 𝑣𝑖 come errore specifico della banca inosservato e 𝑢𝑖𝑡 come errore idiosincratico

𝛿

è la velocità di aggiustamento all’equilibrio. È compresa fra 0 e 1;  𝑣𝑖~𝑁(0, 𝜎2𝑉) è indipendente da 𝑢𝑖𝑡~𝑁(0, 𝜎2𝑢).

Ci si aspetta che la struttura di liquidità di una banca persista nel tempo in quanto qualsiasi tipo di aggiustamento non può essere fatto nell’immediato. Nel modello, infatti, si prende come riferimento 𝑁𝑆𝐹𝑅𝑖,𝑡−1 che rappresenta il NSFR di un ipotetico periodo precedente t.

Data la natura dinamica del nostro modello l’utilizzo del metodo dei minimi quadrati porterebbe a stime distorte e inconsistenti, come sostenuto da Baltagi (2001). Questa problema viene superato utilizzando la tecnica GMM, con la quale si supera, inoltre, il problema dell’endogeneità dei dati.

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Analisi delle variabili del Modello 1

Come indicato in precedenza, nella prima fase verrà fatta un’analisi su quali fattori influenzano il livello di NSFR (la variabile dipendente in questa regressione) in una banca. Le variabili indipendenti sono rappresentate dai fattori specifici interni alla banca e dalla struttura di proprietà. Inoltre sono incluse due variabili: una legata alla crisi finanziaria del 2007 e una inerente la crescita del PIL dello Stato di appartenenza della banca.

Fattori specifici della banca Sono stati presi in considerazione:

Il coefficiente patrimoniale (Capital ratio);  Il tasso di crescita dei prestiti;

La dimensione della banca (Total Assets);

Il business model usando come indicatore proventi diversi da interessi su reddito totale (non interest income over total income).

Al fine di verificare il rapporto tra capitale e struttura di liquidità, è stato preso equity to assets ratio come indicatore di indebitamento.

Banche con grandi buffer di capitale, misurati attraverso il capital ratio, dovrebbero avere un NSFR più alto rispetto alla media del campione perché, oltre alla volontà di usufruire di finanziamenti più flessibili e meno onerosi grazie alla sicurezza trasmessa sul mercato, esse sanno che, a livello tecnico, il fattore ASF del equity è 100%, quindi automaticamente più buffer di capitale detengono e maggiore sarà entità del Available Stable Funding. Le banche che, negli anni precedenti la crisi, hanno attuato un’espansione aggressiva del proprio credito avevano dei NSFR molto bassi in quanto cercavano di prendere a prestito a breve più denaro possibile sui mercati, così da sostenere la crescita dei loro impieghi. L’espansione del credito per ciascuna banca è stata misurata attraverso il calcolo del tasso di crescita dei prestiti.

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Si è tenuto conto delle dimensioni della banca per poter controllare possibili distorsioni dei risultati a causa dell’eterogeneità del campione preso in considerazione. L’attività delle piccole banche, di solito, è più incentrata sull’intermediazione attraverso i canali tradizionali, di conseguenza potrebbero percepire meno i vantaggi del mercato wholesale o dei finanziamenti della Banca Centrale rispetto alle grandi banche. Le banche con un rilevante ruolo sistemico (definite “too big to fail”) potrebbero sfruttare questo loro status adottando comportamenti immorali come un’eccessiva assunzione del rischio, ad esempio facendo eccessivo affidamento sul finanziamento wholesale a breve per finanziare attività di lungo termine.

E’ stata così assunta una relazione negativa tra dimensione e NSFR.

Inoltre è molto probabile che il NSFR non vada a definire un unico modello di business di equilibrio ma che ogni banca, in base alla sua struttura, possa definirne uno proprio.

Fattori legati alla struttura proprietaria

Si presuppone che ci sia un’interrelazione tra la governance della banca e i suoi meccanismi di gestione della liquidità. Nell’analisi viene fatta una distinzione in base al tipo di proprietà:

 Banche straniere - se una società, organizzazione o soggetto straniero possiede più del 50% delle azioni;

 Banche nazionali - se lo Stato possiede più del 50% delle azioni.

Quest’ultime potrebbero avere un NSFR più alto, confrontate con le altre, perché si suppone che uno Stato abbia una maggiore avversione al rischio e una maggiore potenzialità di profitto data la sicurezza che trasmette alla clientela retail (come ad esempio tramite la raccolta dei BTP e dei BOT in Italia). Per le banche straniere si ipotizza una maggiore difficoltà di raccolta nel settore retail, motivo per cui tenderanno a rivolgersi maggiormente al mercato wholesale, pur andando a pagare tassi di finanziamento più elevati.

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L’effetto complessivo dei fattori legati alla struttura proprietaria di una banca non è ben definito teoricamente e deve essere analizzato a livello empirico.

Fattori ambientali e di mercato

La letteratura riguardante la liquidità ha sempre dato una notevole importanza ai fattori macroeconomici e, proprio per questo, viene tenuto conto dei loro potenziali effetti includendo nell’analisi: il tasso di crescita del PIL, lo spread differenziale tra titoli a breve e a lungo, una variabile legata alla crisi finanziaria.

In base alla crescita del PIL si controlla come la presenza di cicli economici possa influenzare la strategia di finanziamento delle banche. In tempi economici prosperi, si suppone che le banche siano più propense ad accettare rischi associati a disallineamenti di scadenze tra attivo e passivo. Il motivo di questa propensione al rischio è la convinzione che i mercati rimangano sempre liquidi così da riuscire a trovare, ogni qual volta ce ne sia bisogno, risorse disponibili a breve per soddisfare la domanda di prestiti. Potrebbero verificarsi anche problemi legati alla raccolta retail a causa dei mercati in forte espansione che offrono opportunità di investimento con maggiori tassi di interesse.

Si può così delineare un rapporto negativo tra crescita del PIL e NSFR.

Si tiene conto pure della curva dei rendimenti dato che la politica dei prestiti decisa da una banca è fortemente influenzata dalla struttura dei tassi di interesse del mercato. Più è ripida la curva dei rendimenti più saranno attraenti i finanziamenti a breve per le banche. Nell’analisi saranno analizzate le curve dei rendimenti a breve (1 mese) e a lungo (10 anni).

Si delinea così una relazione negativa tra curva dei rendimenti e NSFR.

Riguardo il fattore inerente la crisi finanziaria, si è costruita una variabile che assume valore 1 dal 2007 al 2010 e valore 0 per gli anni precedenti. Come spiegato nei capitoli precedenti la crisi finanziaria del 2007 ha avuto un grosso impatto sul mercato bancario mondiale. Prima si tendeva a ignorare la possibile minaccia di illiquidità dei mercati, si cercava di creare più profitti possibili prendendo

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finanziamenti a breve sul mercato wholesale ed erogando prestiti a lungo termine. Con la crisi le banche si sono rese conto dell’importanza del bilanciamento tra entrate e uscite, soprattutto a livello di scadenze.

Ci si aspetta quindi che il legame fra questa variabile e il NSFR sia positivo, cioè che i valori dell’indicatore di liquidità continuino a migliorare.

La figura sottostante fornisce una breve panoramica e descrizione delle variabili utilizzate nel modello 1.

Fig. 3.6 Variabili modello 1

Fonte: Wanzenried, G., Dietrich, A., Hess, K., “The good and bad news about the

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Analisi delle variabili del modello 2

Nel modello 2 viene analizzato come il NSFR possa influenzare la redditività di una banca.

I coefficienti di queste variabili dipendenti di redditività sono spiegati nella figura 3.7. Sarà analizzato, adesso, il rapporto tra il NSFR e le variabili indipendenti. Ci si aspetta che il NSFR abbia una correlazione negativa con la redditività, dato che le banche, per soddisfare l’indice, devono puntare maggiormente su un indebitamento a lungo termine che risulta più costoso dato il maggior premio per il rischio da pagare (secondo la curva dei rendimenti). Stesso discorso riguardante il legame con i costi di finanziamento.

Pasiouras e Kosmidou (2007) trovano una relazione positiva tra dimensione della banca e redditività, infatti affermano che più una banca è grande, unito al fatto di avere buffer patrimoniali adeguati, minore sarà il suo costo di finanziamento data la sua minor probabilità di fallimento.

Athanasoglou (2008) afferma che i costi di struttura hanno un ruolo importante nella redditività di una banca, più sono alti e maggiori saranno gli spread di interesse applicati (unitamente alle commissioni), portando così la banca ad avere una maggiore difficoltà nella raccolta. Evidenzia anche come una crescita del PIL, segnale di crescita economica, possa favorire gli investimenti data la maggior fiducia generale nei mercati.

Dietrich e Wanzeried (2011) analizzano empiricamente come la crisi abbia avuto conseguenze concrete sulla redditività delle banche. Viene dimostrata quindi l’esistenza di un legame tra redditività e crisi, in questo modello si terrà conto di questa variabile solo per gli anni che vanno dal 2007 al 2010.

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Fig. 3.7 Variabili modello 2

Fonte: Wanzenried, G., Dietrich, A., Hess, K., “The good and bad news about the

new liquidity rules of Basel III in Western European countries”, 2013.