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Il sistema attuale

Tramite il lavoro del G20 due istituzioni, l’IMF e il Financial Stability Board (FSB), hanno ricevuto il mandato di ridefinire le regole pensate per la finanza; ovviamente i compiti sono stati ripartiti prevedendo per il FSB47 di concentrarsi sulle regole riguardanti il settore finanziario delle economie rappresentanti il 90% del PIL globale. I paesi membri del FSB hanno anche accettato di sottoporsi all’esame del FSAP ogni cinque anni verificando il grado di attuazione delle misure suggerite rendendo pubblici i risultati. L’IMF, invece, sfruttando l’esperienza ricavata dal FSAP ha gestito i sistemi di early warning (sistemi di allarme preventivo) e di stress tenendo conto dei legami internazionali, diffondendo le regole e l’assistenza tecnica per poterli eseguire. Il FSB fin dall’inizio ha raccomandato che le remunerazioni dei managers fossero legate ai risultati conseguiti in periodi sufficientemente lunghi. Il G20 già nei vertici tenutisi a giugno e novembre 2010 ha concordato le seguenti proposte:

i) particolari modalità di regolamentazione e vigilanza, tra cui la liquidazione ordinaria per istituti di rilevanza sistemica, considerando anche le imprese di assicurazione e le società finanziarie controllate da società non finanziarie;

ii) misure per migliorare il funzionamento dei mercati OTC, prevedendo per i titoli derivati standardizzati che siano negoziati in mercati o altro luogo di negoziazione tramite l’intervento di una controparte centrale per ciascuna delle parti; mentre per gli strumenti derivati non standardizzati sono stati costituiti archivi di dati, detti anche trade repository, e altre infrastrutture fondamentali come per esempio i sistemi di pagamento, i servizi post- trading ecc.

Nel finire del 2010 è stata introdotta una misura del valore del rischio delle attività in portafoglio che tenga conto delle situazioni di stress, cioè lo stressed VaR, con il quale sono utilizzati dati in cui si sono avute forti perdite. Sono stati incrementati i requisiti patrimoniali per le controparti che forniscono garanzie quando peggiora il loro merito di credito; così facendo sono state promosse le operazioni con le controparti centrali a discapito di operazioni negli OTC, secondo il BCBS48 (2010) tali misure comporterebbero un aumento dei requisiti patrimoniali di tre o quattro volte rispetto a

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FSAP sta per Financial Services Action Plan. 48

Basel Committe on Banking Supervision: forum istituito per aumentare la cooperazione nella disciplina della vigilanza in ambito bancario a livello mondiale.

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quelli previsti con le regole precedenti. Nello stesso periodo il comitato di Basilea ha invece approvato gli accordi di Basilea 3, caratterizzati da una portata ampia perché spaziano in diversi ambiti: è stata definita nuovamente la definizione del capitale, introdotto un indice di leva finanziaria, requisiti di liquidità e capitali aggiuntivi per diminuire la pro ciclicità. Le misure dovrebbero essere messe in atto con gradualità fino all’integrale entrata in vigore prevista per il 2018 come si può vedere dalla tabella 4.3.

Tabella 4.3: Schema rappresentante la gradualità dell’entrata in vigore di Basilea 3.

Fonte: comitato di Basilea.

Le innovazioni rispetto a Basilea 2 permettono di rafforzare la capacità delle banche di subire perdite inattese tramite un maggiore ammontare di capitale azionario, anche sottoforma di minori utili distribuiti. Dotano le banche di un cuscinetto anticiclico e mitigano il rischio vincolando la leva finanziaria, favorendo la raccolta stabile dalla clientela promovendo una minore dipendenza dai mercati interbancari.

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Tabella 4.4: Requisiti patrimoniali, confronto Basilea 2 vs Basilea 3

Basilea 2 Basilea 3 common equity minimo 2% 4,50% conservation buffer 2,50% complessivo 7% Tier 1 Capital minimo 4% 6% complessivo 6% 8,50% indice di patrimonializzazione minimo 8% 8% complessivo 8% 10,50%

Fonte: comitato di Basilea.

Infatti, se per esempio guardiamo i nuovi requisiti patrimoniali, come si può vedere dalla tabella 4.4 essi hanno rafforzato le banche prevedendo una soglia minima del 4,50% del common equity, cioè azioni ordinarie e riserve di utili al netto di una lista armonizzata di poste e il 6% per il patrimonio di base (Tier 1). In aggiunta dovranno dotarsi di risorse addizionali per un importo pari al 2,5% delle attività ponderate per il rischio. Il vincolo della leva finanziaria (leverage ratio) è fissato al 3% del Tier 1 sulle attività complessive, al netto di accantonamenti e riserve, in bilancio e di quelle fuori bilancio; perseguendo il duplice obiettivo di evitare fluttuazioni dovute a deleveraging e rimediare a imperfezioni di modelli interni di rating. Per gestire il rischio di liquidità sono introdotti due indicatori:

i) LCR (Liquidity Coverage Ratio): con valore massimo del 100% entrerà in vigore nel 2015 garantendo che le attività liquide coprano il fabbisogno di liquidità per 30 giorni nei periodi di stress nella raccolta fondi. Le attività liquide rientranti nell’indice sono riserve bancarie, titoli pubblici stanziabili e titoli privati con elevato stand creditizio.

ii) NSFR (Net Stable Funding Ratio): con valore massimo del 100% entrerà in vigore nel 2018, richiederà fonti stabili di raccolta per cui saranno previste ponderazioni basate sui rispettivi gradi di stabilità49, potendo finanziare per un anno, caratterizzato da forte instabilità, attività illiquide.

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BCBS(2009): i pesi vanno dal 100%, per strumenti inclusi nel capitale regolamentare di base e supplementare e per tutte le passività con scadenza effettiva oltre l’anno, all’85% per la componente stabile

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Tuttavia, tutti questi miglioramenti non modificano l’impostazione di fondo di Basilea 2: i) rimane l’ipotesi di un unico fattore di rischio sistematico e il portafoglio invariante perché ciascun prestito addizionale non ha alcuna rilevanza sul rischio di credito; ii) resta possibile l’arbitraggio regolamentare consentito con l’uso di derivati creditizi e garanzie non compresi nella vigilanza.

Mentre dall’inizio del 2011 è entrata in vigore la nuova struttura istituzionale per la vigilanza dell’UE che partendo dal rapporto de Larosière ha portato alla nascita del sistema europeo di vigilanza finanziaria (ESFS) articolato su due livelli:

1) l’ESRC con finalità di vigilanza macroprudenziale, il quale ha solo funzioni consultive effettuando analisi sul sistema finanziario europeo segnala i rischi e formula raccomandazioni a uno o più stati membri, alla commissione, alle autorities nazionali ecc.

2) le tre autorità a cui è imputata la vigilanza microprudenziale, ovvero la European Banking Authority (EBA), European Securities and Markets Authorities (ESMA) e la European Insurance and Occupational Pensions (EIOPA). Non sono altro che i vecchi comitati di livello 3 “potenziati”, perché adesso sono soggetti di diritto equivalenti ad un’agenzia europea. Tutte e tre contribuirebbero a fissare regole sulla vigilanza coerenti nell’UE, potendo risolvere controversie tra autorità nazionali di vigilanza.

Per verificarne l’adeguatezza è previsto che sia eseguita una valutazione futura della nuova architettura finanziaria, considerando se mantenere un assetto istituzionale basato sulla vigilanza settoriale, o se sia meglio adottare modelli organizzativi basati sull’accentramento dei compiti di vigilanza microprudenziale presso un’unica autorità di vigilanza europea.