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Il contributo dei CDS alla crisi dei debiti sovrani

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Academic year: 2021

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2 INDICE introduzione CAPITOLO 1 ... 5 1.1 Strumenti derivati ... 5 1.2 Gli SWAPs ... 5

1.3 I Credit Default Swap ... 6

1.4 CDS e Asimmetrie Informative ... 11

1.5 Valutazione dei CDSs ... 12

1.6 Conclusioni ... 15

CAPITOLO 2 ... 17

2.1 Introduzione ... 17

2.2 Premessa alla crisi dei mutui subprime ... 17

2.2.1 La regolamentazione ... 19

2.2.2 La bolla del mercato immobiliare ... 20

2.2.3 Il ruolo delle banche ... 21

2.3 Crisi del debito pubblico ... 25

2.4 I CDSs sovrani ... 29

2.5 Conclusioni ... 33

CAPITOLO 3 ... 35

3.1 Introduzione ... 35

3.2 Differenza fra i mercati dei CDS e quelli obbligazionari ... 38

3.3 Lo studio di O’Kane (2012). Relazione tra CDS e titolo sottostante ... 44

3.4 Lo studio di Coudert & Gex (2011): il mercato dei CDS anticipa quello delle obbligazioni .. 55

3.5 Conclusioni ... 62

CAPITOLO 4 ... 65

4.1 Introduzione ... 65

4.2 Prevenire la prossima crisi e rimedi in ambito regolamentare ... 67

4.2.1 Unione Europea: mancanza di un corpus uniforme di regole ... 74

4.2.2 L’ambito della vigilanza dell’Unione Europea ... 78

4.3 Il sistema attuale... 90

4.4 La regolamentazione attuale dei titoli derivati ... 93

4.5 Conclusioni ... 97

conclusioni Bibliografia ... 103

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INTRODUZIONE

La crisi finanziaria iniziata negli Stati Uniti con i mutui subprime si è trasformata in Europa come crisi del debito sovrano; l’evento è stato eccezionale sia in termini di estensione sia nella velocità di diffusione provocando la sfiducia nei mercati finanziari da parte degli investitori. E’ sorta la necessità di una maggiore trasparenza degli strumenti derivati negoziati soprattutto nei mercati OTC, per riuscire a valutare correttamente la solidità finanziaria di intermediari e paesi, dato che la regolamentazione e la vigilanza non sono riuscite a cogliere le presenza di un tale rischio sistemico.

Per capire quanto il mercato ritenga probabile un default di un’impresa basta guardare l’andamento dei premi dei Credit Default Swap (CDS); infatti, al crescere della probabilità di default secondo le aspettative degli operatori finanziari corrisponderà un premio maggiore. I CDS sono un tipo di strumento finanziario diffusosi nei mercati abbastanza recentemente, a partire dalla fine degli anni ’90, che ha avuto, però, un trend di crescita molto rapido; appartengono alla tipologia contrattuale dei derivati creditizi, con cui l’acquirente del contratto si assicura contro il fallimento della reference entity, acquistando la protezione. Quindi con i CDS è possibile gestire attivamente il rischio di credito andando a negoziarlo sui mercati, come ad esempio può fare una banca collocando sui mercati il proprio rischio di credito riguardante i prestiti concessi. Tuttavia, l’impiego di questi strumenti è stato criticato soprattutto in Europa dopo la crisi del debito sovrano, in quanto i policy makers hanno ritenuto questi strumenti uno dei motivi per cui la crisi si è propagata. Il presente lavoro s’inserisce in questo ambito e si propone di fare una panoramica della letteratura presente mostrando due tesi diametralmente opposte; per O’Kane il mercato non segue il modello implicito della relazione teorica fra premi dei CDS sovrani e spread delle obbligazioni pubbliche, quindi le divergenze tra i due mercati persistono nel tempo anche se non hanno fondamento economico. Il differente andamento della quotazioni nei due mercati non è imputabile alla speculazione, ma secondo l’autore esso è dovuto a due tipologie di fattori; la prima riguarda i diversi meccanismi di funzionamento dei CDS e delle obbligazioni, attraverso i quali l’acquisto di un bond e di un CDS non rappresentano una posizione finanziaria perfettamente coperta; la seconda tipologia riguarda invece le ragioni di mercato, dove variabili come liquidità o l’incontro tra la domanda e l’offerta incidono significativamente. Nel caso specifico, O’Kane ritiene che un fattore molto influente sia la

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diversa denominazione valutaria degli strumenti, la quale permette il discostamento fra le quotazioni dei bonds e CDS. Partendo da questo presupposto, l’autore studia la relazione fra le serie storiche dei CDS e titoli pubblici per Francia, Portogallo, Irlanda, Italia, Grecia e Spagna cercando di capire se esiste un mercato con un ruolo di guida nella formazione del prezzo per i titoli. Dall’analisi svolta emerge che esiste cointegrazione solo per le serie storiche di Spagna e Francia, allora l’autore utilizza il test della causalità di Granger, il quale indica solamente la presenza di un rapporto di causa/effetto, tuttavia emergono risultati misti. Quindi O’Kane rigetta l’ipotesi fatta dai policy makers secondo cui i CDS siano stati usati come strumento per speculare giustificando la persistenza di una base positiva tra gli spreads grazie alla presenza dei fattori sopra citati. L’altra tesi è quella proposta da Coudert e Gex, per i quali il fatto che il mercato non segua il modello implicito della relazione teorica fra premi dei CDS sovrani e spread delle obbligazioni è dovuta all’azione svolta dagli speculatori; durante una fase recessiva l’operatività di quest’ultimi insieme a quella degli agenti che assumono via via aspettative sempre più negative può arrivare a far si che un mercato faccia da guida ad un altro. Gli autori dimostrano empiricamente come il mercato dei CDS abbia guidato quello obbligazionario riferito allo stesso soggetto di riferimento. I risultati trovati non sono così netti, tuttavia è stato dimostrato come in generale al diminuire della stabilità finanziaria dei reference entities aumenta il ruolo svolto dai CDS nel processo di formazione del prezzo dei titoli emessi da quest’ultimi. Infine presento le nuove proposte di regolamentazione e di vigilanza previste per i mercati finanziari sia a livello europeo sia a livello mondiale volte a incrementare la trasparenza e incentivare la stabilità del sistema.

Il presente lavoro è così articolato: nel primo capitolo parlo dell’evoluzione dei mercati finanziari soffermandomi sulle nuove tipologie di titoli negoziabili, spiegando il funzionamento dei CDS e facendo un esempio di come sono prezzati; nel capitolo secondo faccio una panoramica sulla crisi sottolineando le cause e le interconnessioni presenti al momento dello scoppio nei mercati. Nel capitolo successivo parlo del ruolo dei CDS nella crisi del debito sovrano mettendo a confronto due tesi discordanti, mentre nell’ultimo capitolo elenco le criticità presenti nell’impalcatura della regolamentazione mostrando quali sarebbero le opportune modifiche e le riforme che sono state intraprese.

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CAPITOLO 1

1.1 Strumenti derivati

Oggi insieme ai titoli azionari e obbligazionari, anche i contratti derivati ricoprono un ruolo centrale nei mercati finanziari. Dagli anni ’70 in poi questi titoli sono diventati sempre più presenti nei mercati, arrivando ad essere usati per scopi che inizialmente non erano previsti come il far parte delle retribuzioni dei dirigenti per incentivarli a migliorare le performance aziendali, o l’accompagnare emissioni obbligazionarie ecc. Inizialmente questi strumenti erano relativamente semplici, ma poi con l’ aiuto del computer e delle innovazioni finanziarie sono diventati sempre più complessi. La loro peculiarità sta nel fatto che il valore non è predeterminabile a priori, ma dipende dal valore dell’ attività sottostante a scadenza; oggi qualsiasi cosa può essere l’attività sottostante di un derivato come azioni, indici finanziari, valute, tassi, commodities, variabili climatiche. Le tipologie più comuni di derivati sono future, forward, opzioni, swap, ma ne esistono di più complesse come i prodotti strutturati. Il proliferare di tutti questi tipi è dovuto al fatto che essi vengono usati dagli operatori sia per coprire posizioni finanziarie sia per speculare.

Negli ultimi anni si è assistito ad un aumento della frequenza delle crisi finanziarie ed in ciascuna di esse, ex post, è stato evidenziato il ruolo svolto dai titoli derivati. Per cui si è avvertita l’esigenza di capire il funzionamento per delineare i rischi specifici di questi strumenti1.

1.2 Gli SWAPs

Gli SWAPs sono una tipologia di contratti derivati che iniziò ad essere negoziata negli anni ’80, e grazie alla loro estrema flessibilità si dimostrarono fin da subito una scelta, quasi, obbligata nella gestione del rischio, da parte dei risk managers. Oggi ne esistono diversi tipi p.e. interest rate swaps detti anche plain vanilla, currency swaps, credit default swaps ecc. Ma cosa sono questi swap?

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Come riferimento per la stesura di questo capitolo ho utilizzato Hull(2009), Caputo Nassetti (2001), Colombini, CALABRO’ (2011)

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Innanzitutto si tratta di strumenti negoziati nei mercati over the counter (OTC), cioè nei mercati fuori borsa; luoghi di negoziazione alternativi ai mercati regolamentati, caratterizzati in positivo da una maggiore flessibilità nelle transazioni ed in negativo, in linea di principio, da una minoreprotezione in quanto è possibile che i contratti possano non essere onorati. Nei contratti swaps le parti definiscono le modalità di calcolo dei pagamenti futuri e le date a cui essi dovranno essere effettuati. Nel tipo più comune di swap, quello chiamato anche plain vanilla, l’ acquirente promette di pagare al venditore per un certo numero di anni un tasso di interesse fisso prederminato in base a un capitale di riferimento chiamato capitale nozionale, che però non viene mai scambiato. A sua volta il venditore dello swap si impegna a pagare un tasso di interesse variabile riferito allo stesso capitale nozionale per lo stesso periodo dell’ acquirente. E’ evidente che le parti stipulando uno swap hanno scopi differenti e aspettative diverse sull’ andamento dei tassi. Infatti il buyer può detenere attività finanziarie e per coprirsi dal rischio d’ interesse decide di acquistare tale strumento; viceversa il seller presumendo un abbassamento futuro dei tassi cerca di speculare lucrando la differenza tra tasso fisso e variabile. Anche in questo caso, sono stati creati molti tipi di swap, quello su cui mi soffermerò è il credit default swap.

1.3 I Credit Default Swap

Le istituzioni finanziarie investono molte risorse nella quantificazione del rischio di credito, cioè cercano di quantificare l’esposizione verso le controparti che potranno non rispettare gli impegni presi in operazioni sui derivati. Grazie ai derivati creditizi è possibile gestire attivamente il rischio di credito negoziandolo sul mercato. Per esempio, una banca, oggi, può collocare presso altri soggetti economici il rischio di credito conseguente ai prestiti concessi, mentre prima poteva solo aspettare la scadenza del contratto. I derivati creditizi possono essere divisi in plurinominali (multiname) e uninominali (single name).

Nella prima categoria il tipo di contratto più diffuso è il Collateralized Debt Obligation (CDO), nel quale il creator acquisisce un portafoglio obbligazionario e tramite uno special purpose vehicle ripartisce il reddito derivante dal portafoglio nelle diverse tranches del CDO iniziando dalla tranche con maggiore seniority. Possono esserci diverse tranches, ma dal punto di vista teorico le più importanti sono:

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- Equity tranche: priva di rating, che per prima sopporta le eventuali perdite e per ultima riceve il reddito derivante dal portafoglio obbligazionario.

- Senior tranche: con rating AAA, che per prima riceve il reddito derivante dal portafoglio obbligazionario e per ultima sopporta le eventuali perdite.

Il fine è quello di creare debito di buona qualità, cioè con rating AAA, infatti non è detto che nel portafoglio iniziale ci fossero titoli con rating AAA. I mutui subprime erano un tipo di CDO e fino alla crisi del 2007 rappresentavano la tipologia più frequente di derivato creditizio.

Nella seconda categoria il tipo di strumento finanziario più diffuso è il credit default swap (CDS). Esso fornisce una protezione nei confronti di un’ eventuale insolvenza da parte di un soggetto che può essere un’ impresa o uno stato. Nel derivato creditizio l’ attività sottostante è data dalla capacità del prenditore del prestito ,che rappresenta il soggetto di riferimento detto anche reference entity, di adempiere all’ obbligazione; la valutazione del merito creditizio si attua tramite una proxy, cioè tramite l’ utilizzo di un’ obbligazione a esso riferita. Questa rappresenta l’ attività di riferimento che può essere data : i) da uno particolare titolo emesso dal soggetto di riferimento; ii) da un qualsiasi titolo emesso dal soggetto di riferimento; iii) da una qualsiasi obbligazione di pagamento del soggetto di riferimento. Quindi, in generale, il rischio di default può riguardare l’ esposizione debitoria complessiva del soggetto di riferimento, ma in altri casi può fare riferimento ad uno specifico titolo di debito come ad esempio quei titoli detenuti da chi cerca copertura dal rischio di credito nelle operazioni con CDS.

Invece l’ insolvenza è definita attraverso la libera scelta dell’ evento creditizio, infatti si possono; per evento creditizio s’ intende quell’ evento che, se verificato, costringe il venditore della protezione ad effettuare il pagamento al compratore della protezione. Questo credit event rappresenta in generale l’ inadempimento del prenditore in relazione all’ attività di riferimento; tuttavia siccome questi contratti vengono stipulati all’ interno di mercati OTC le parti possono delineare secondo le proprie esigenze, le caratteristiche dell’ evento di credito, infatti si può avere:

1) Ripudio/ Moratoria: cioè il reference entity disconosce il debito emesso imponendo una moratoria.

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2) Ristrutturazione: la ristrutturazione del debito emesso dal soggetto di riferimento avviene introducendo clausole che nel loro insieme sono meno favorevoli per i creditori; in particolare possono prevedere una diminuzione del tasso di interesse pagato dall’ emettitore, una diminuzione dell’ ammontare del capitale che dovrà restituire l’ emettitore a scadenza, una posticipazione nei pagamenti, un abbassamento del livello della seniority, una variazione della valuta.

3) Failure to pay: il soggetto di riferimento non riesce ad adempiere l’ obbligazione secondo i termini contrattuali previsti.

4) Bankruptcy: la bancarotta si può avere in diverse condizioni: i) il soggetto non esiste più; ii) il soggetto dichiara la propria insolvenza; iii) il reference entity è oggetto di un procedimento diretto all’ ottenimento della dichiarazione di bancarotta; iv) il reference entity è soggetto alla nomina di un liquidatore; v) sono in corso processi volti ad espropriare una parte considerevole delle attività proprie del soggetto di riferimento.

In genere affinché avvenga il pagamento da parte del seller dopo il credit event devono verificarsi due ulteriori condizioni: i) deve esserci informazione pubblica che dia la conferma della manifestazione del credit event; ii) la materiality cioè che il titolo di riferimento in caso di credit event abbia un prezzo inferiore ad una determinata soglia preventivamente fissata dalle parti.

Il buyer, cioè il compratore della protezione, si obbliga a pagare a scadenze prestabilite degli importi in favore del seller, detto anche venditore della protezione, fino alla scadenza del CDS o, in alternativa, al manifestarsi dell’ evento creditizio. Nel caso in cui il soggetto di riferimento diventi insolvente secondo i parametri che le parti avevano delineato al momento della stipula del contratto, il seller dovrà rimborsare al buyer un importo pari al valore della vendita alla pari delle obbligazioni del soggetto di riferimento, dove il valore nominale delle obbligazioni è dato dal capitale nozionale stabilito nel CDS; per capitale nozionale s’ intende sia quel valore preso come parametro per calcolare i tassi che dovrà pagare il compratore della protezione, sia quel valore che dovrà pagare il seller al buyer se il soggetto di riferimento diventa inadempiente . Il CDS spread, che rappresenta il prezzo del titolo, è il rapporto fra la somma dei pagamenti che il compratore effettua in un anno e il capitale nozionale del CDS.

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9 Paga 100 punti base all’ anno

Pagamento nel caso dell’ evento d’ insolvenza

Figura 1.1: Credit default swap

Tramite i CDS le istituzioni riescono a diminuire le loro esposizioni creditizie rispetto ai soggetti che ritengono rischiosi, ciò ha causato un largo uso di questi derivati creditizi anche dopo lo scoppio della bolla speculativa del 2007.

Supponiamo un CDS a 5 anni con capitale nozionale di 100 milioni di euro e spread di 100 punti base annui. Con riferimento al CDS rappresentato nella figura 1.1. Il buyer ogni anno deve pagare 1 milione di euro fino a scadenza del contratto o fino al fallimento del soggetto di riferimento. In caso si verifichi l’ evento il compratore termina di effettuare i pagamenti, tuttavia siccome i pagamenti, di solito, non sono annuali ma sono semestrali o trimestrali, il compratore dovrà effettuare un rateo finale. In questi contratti si prevedono diverse possibilità di pagamenti, le più comuni sono tre:

i) Consegna fisica: il buyer vende al seller le obbligazioni della reference entity per un valore predeterminato al momento della stipula del contratto nel caso si verifichi l’ evento creditizio. Il titolo da acquistare può determinarsi nel momento della stipula o può essere qualsiasi titolo emesso dal soggetto di riferimento. ii) La liquidazione per contanti: il seller è obbligato ad effettuare il pagamento in

contanti al buyer pagandogli la differenza tra il valore delle obbligazioni al momento della stipula ed il valore di recupero, cioè il valore delle obbligazioni al momento in cui si verifica l’ evento creditizio.

iii) Binary payout: il venditore della protezione in caso di credit event effettua un pagamento nei confronti della controparte per un ammontare predeterminato dalle parti indipendentemente dal valore che l’ attività di riferimento avrà al verificarsi dell’ evento di credito.

Sono stati creati diversi indici che calcolano gli spread dei portafogli costituiti da CDS, ma i più importanti sono:

Compratore della protezione

Venditore della protezione

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1) CDX NA IG: misura gli spreads di 125 società del nord america con un merito di credito investment grade.

2) Gli iTraxx Europe :indice con analoghe caratteristiche ma tratta società europee. Questi indici vengono aggiornati due volte all’ anno e nel caso in cui una società non abbia più un rating adeguato, cioè investment grade, viene esclusa dall’ indice e ne viene inserita un’ altra al suo posto.

Bisogna spiegare cosa s’ intende per una obbligazione con investment grade. L’ oggetto sociale di un’ agenzia di rating è quello di fornire valutazioni inerenti la solvibilità e la solidità di un soggetto emettitore di titoli sui mercati finanziari. Esistono diverse di agenzie, ma le più accreditate sono la Standard & Poor’ s, Moody’s e Fitch Ratings; esse classificano le obbligazioni in funzione del merito creditizio. Migliore è il merito di credito, migliore sarà il giudizio di rating. Tutte le società sottoposte a questa valutazione vengono suddivise nelle rispettive classi di merito che vanno dalla Aaa, società caratterizzate da un bassissimo grado di rischio, alla C dove il rischio nell’ investimento è altissimo. Ogni agenzia di rating adotta una propria scala di valutazione, ma ognuna di esse deve essere equivalente. Un obbligazione per essere investment grade deve avere un alto giudizio di rating quindi deve rientrare tra le classi di merito Aaa e Baa. La distinzione fra investment grade e speculative grade viene fatta perché all’ interno dei mercati finanziari si avverte l’ esigenza di tutelare gli investitori: siccome gli strumenti finanziari devono essere adeguati rispetto al soggetto a cui vengono offerti, se l’ investitore ha un basso profilo di rischio non gli si possono offrire strumenti speculative grade.

Per quanto riguarda l’ evoluzione futura del mercato dei CDS non c’è un giudizio univoco. I sostenitori dicono che il mercato crescerà, facendo notare che, per esempio, le banche, il cui ruolo storico era raccogliere il risparmio fra il pubblico per poi reinvestirlo in prestiti, sostenendo in proprio il rischio di credito, sono ad oggi fra i maggior compratori di questi derivati, perché così facendo riescono a ridurre il rischio e ad abbattere i requisiti patrimoniali richiesti dalle autorità di vigilanza dei rispettivi paesi. Mentre i pessimisti sostengono che per questa particolare categoria di derivati, gli spread possano dipendere da informazioni privilegiate sulla probabilità di insolvenza dei soggetti di riferimento; quindi la loro presenza dipende dall’ assunzione che nel mercato siano presenti intermediari che abbiano informazioni particolari. Questo genera il fenomeno delle asimmetrie informative

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che comporta una serie di problematiche che potrebbero ostacolare lo sviluppo di questo mercato.

1.4 CDS e Asimmetrie Informative

Le asimmetrie informative sono oggetto di studio dagli anni settanta quando Akerlof pubblicò l’ articolo “The market for Lemons”. Questi fenomeni sono ricorrenti quando nei mercati è presente un’ offerta eterogenea di beni, per esempio “buoni” prodotti e “cattivi” prodotti e non si riesce a riconoscere con obiettività la loro qualità. Questa peculiarità la si può ritrovare in diversi mercati, per esempio il mercato assicurativo nel quale le compagnie assicurative non conoscono la “qualità” dei loro clienti, oppure nel mercato del credito dove le banche non sempre hanno accesso alle informazioni necessarie per costruire un adeguato profilo di rischio dei debitori.

I CDS possono svolgere all’ interno dei mercati un importante ruolo in quanto permettono una migliore condivisione del rischio tra le banche e una maggiore efficienza informativa. Infatti se una banca trovasse conveniente diminuire un’ esposizione creditizia rispetto a un determinato soggetto perché ritiene troppo alto il rischio di credito potrebbe, nel caso in cui non esistessero derivati creditizi, alienare tale posizione nei mercati secondari o cederla tramite cartolarizzazione. Nel primo caso l’ alienante, cioè la banca che vuole cedere il credito, riesce a determinare con una certa precisione la qualità creditizia della posizione perché essa conosce il proprio cliente e quindi può prezzare adeguatamente l’ attività. Di contro le altre banche non possono avere tali conoscenze perché non usufruiscono delle stesse informazioni in quanto non hanno alcuna relazione con quel cliente, per cui attribuiranno un valore medio a tale esposizione in base ai valori di mercato. Se le banche non riescono a distinguere i “buoni” prestiti dai “cattivi” prestiti l’ alienante cederà il credito solo se la qualità dell’ attività è inferiore o uguale alla qualità media presente sul mercato. Si crea quel fenomeno che in letteratura è chiamato selezione avversa che può portare al fallimento del mercato perché l’ alienante non riesce credibilmente a segnalare al mercato la qualità del credito, quindi la transazione non avviene.

Questo ostacolo potrebbe essere superato effettuando un’ operazione di cartolarizzazione, cioè un’ operazione finanziaria complessa simile a un CDO, che si differenzia da quest’

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ultimo soprattutto per gli effetti patrimoniali; infatti, mentre nei CDO i crediti restano iscritti nei bilanci della banca fino all’ eventuale attuazione della protezione, in caso di cartolarizzazione i crediti ceduti vengono immediatamente cancellati.

Questa prassi porta ad un altro fenomeno che si chiama azzardo morale. In altre parole il fatto che le banche possano cedere facilmente i crediti crea un incentivo a porre in essere minori strumenti e misure di tutela sia nel momento in cui concedono un credito sia nel momento in cui lo cedono. Naturalmente il ricorso a questo tipo di operazione non è così semplice, nel senso che la banca deve comunque assicurare un certo livello di garanzia, ma tuttavia esso sarà sempre inferiore al caso in cui il rischio sia totalmente a carico della banca perché allora si potrebbe arrivare , addirittura, nella situazione in cui alla controparte creditizia sia impedito compiere certe azioni ritenute troppo rischiose dalla banca.

L’ impiego sagace, all’ interno di un corpus legislativo adeguato, dei derivati creditizi potrebbe diminuire le situazioni che portano ai casi di selezione avversa e azzardo morale. Difatti l’ acquisto di una protezione per mezzo di un CDS comporta, in primo luogo, che il mercato non interpreti l’ acquisto della protezione come un segnale di cattiva qualità creditizia della reference entity perché non può conoscere tutti gli obiettivi prefissati dalla banca; in secondo luogo, il mercato dei derivati creditizi è caratterizzato da una maggiore liquidità che permette una pronta smobilizzazione.

Tutto dipende in quale ottica vengono impiegati: in caso di copertura possono aiutare i risk managers nel mantenere il rischio ad un livello desiderato; nel caso di impiego speculativo possono anticipare e/o acuire le crisi, data la loro liquidità, come è successo con le crisi dei mutui sub-prime (2008) e dei debiti sovrani del (2011).

1.5 Valutazione dei CDSs

Per prezzare un CDS bisogna considerare alcuni elementi: il premio all’ emissione cioè lo spread del CDS, il recovery rate, la curva dei tassi d’interesse e la curva dei tassi LIBOR (London Interbank Offered Rate). Bisogna riuscire ad assegnare le probabilità che il reference entity possa fallire nel periodo a cui fa riferimento il CDS e attualizzare i flussi che si realizzano nei diversi casi teorizzati.

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Facciamo un esempio. Per calcolare le probabilità d’ insolvenza esistono due metodi: i) utilizzare le serie storiche; ii) utilizzare i prezzi delle obbligazioni. Noi usiamo il primo metodo ed ipotizziamo un reference entity con un certo merito creditizio tramite il quale si ricava la probabilità d’ insolvenza non condizionata al primo anno pari al 0,015. Dove per probabilità d’ insolvenza non condizionata s’ intende quella probabilità calcolata per i diversi periodi determinata sulla base delle informazioni disponibili al tempo zero. Avere quella probabilità al primo anno significa avere una probabilità di sopravvivenza al termine del primo anno pari a 0,985 ( =1-0,015). Se continuiamo al termine del secondo anno avremo come probabilità d’ insolvenza non condizionata 0,0148 (= 0,015x 0,985) mentre la probabilità di sopravvivenza sarà pari a 0,9702 (0,985-0,0148) e così via. Mentre il tasso di recupero di un’ obbligazione è definito come il valore di mercato immediatamente dopo l’ insolvenza e il valore nominale del titolo.

Per semplicità faccio alcune assunzioni:

i) il tasso free risk sia pari al 5% annuo

ii) il buyer effettui i pagamenti una volta l’ anno iii) le insolvenze si verifichino a fine anno

iv) capitale nozionale pari a 1

v) tasso di recupero o recovery rate 50%

tabella 1.1: valore attuale dei pagamenti attesi prob. d'insolvenza iniziale prob d'insolvenza non cond. tempo (anni) prob. di sopravvivenza pag.to atteso fattore di attualizzazione valore attuale 0,015 1 0,985 0,985s 0,9524 0,9381s 0,0148 2 0,9702 0,9702s 0,9070 0,88s 0,0146 3 0,9557 0,9557s 0,8638 0,8256s 0,0143 4 0,9413 0,9413s 0,8227 0,7744s 0,0141 5 0,9272 0,9272s 0,7835 0,7265s TOTALE 4,1446s

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Nella tabella 1.2 è stato determinato il valore attuale dei pagamenti annuali attesi del CDS ipotizzando un capitale nozionale pari a 1 e usando come tasso free risk il LIBOR. Lo spread è dato da s che rappresenta l’ incognita che devo ancora calcolare.

Nella tabella 1.3 si calcola il valore del payoff atteso, infatti sapendo che il tasso di recupero è sempre pari a 0,5 posso stimare il payoff atteso alla fine del primo periodo come

[0,015*(1-0,5)*1]= 0,075. Facendo la sommatoria di tutti i flussi annuali attesi attualizzati trovo il totale pari a 0,0316.

A questo punto per determinare lo spread del CDS basta uguagliare i valori attuali ottenendo Spread = 0,0316/4,1446= 0,0076

Per cui il buyer dovrebbe pagare 76 punti base all’ anno.

Si tratta di un esempio molto semplice perché il fine era quello di rendere chiaro come prezzare un CDS, nella realtà le cose sono molto più complesse. Infatti, i pagamenti possono non essere annuali, le insolvenze possono non verificarsi solo alla fine dell’anno e possono verificarsi più di una volta all’ anno.

Bisogna sottolineare, una particolare differenza tra i CDS e gli altri strumenti negoziati nei mercati over the counter. Negli altri contratti derivati scambiati in questi luoghi di negoziazione il loro prezzo può dipendere da variabili quali tassi di cambio, prezzo delle commodities, tassi di interesse, indici di borsa, cioè tutte variabili in cui è abbastanza difficile avere maggiori informazioni rispetto al mercato. Il prezzo dei CDS, invece,

tabella 1.2: Valore attuale del payoff atteso di un CDS

tempo probabilità d'insolvenza tasso di recupero payoff atteso fattore di

attualizzazione valore attuale

1 0,015 0,5 0,0075 0,9524 0,0071 2 0,0148 0,5 0,0074 0,907 0,0067 3 0,0146 0,5 0,0073 0,8638 0,0063 4 0,0143 0,5 0,0072 0,8227 0,0059 5 0,0141 0,5 0,0071 0,7835 0,0055 TOTALE 0,0316

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dipende dalla probabilità d’ insolvenza che ha il soggetto di riferimento. Questa stima può essere più o meno attendibile a seconda delle informazioni particolari che si hanno su tale soggetto. Infatti, per esempio, una banca che instaura rapporti lavorativi di una certa entità con una determinata società può avere migliori informazioni sulla sua situazione finanziaria rispetto al resto del mercato.

1.6 Conclusioni

Nel primo capitolo di questa tesi ho evidenziato l’ evoluzione dei mercati finanziari, focalizzandomi sulle innovazioni avvenute negli strumenti finanziari utilizzati dai diversi soggetti operanti nei diversi mercati. Ho sottolineato il bisogno che sta alla base di tale evoluzione, cioè la necessità di gestire un rischio crescente dovuto al maggior grado d’ incertezza creatosi con l’ abbandono del sistema di Bretton Woods nel 1971. Da quel momento in poi c’è stato sempre, da un lato, un crescente impiego di strumenti derivati; dall’ altro lato, tali strumenti sono diventati via via più complessi e flessibili per soddisfare le varie esigenze che si presentavano nei diversi sistemi di negoziazione. Ai primi strumenti relativamente semplici, come futures, opzioni, swaps, si sono aggiunte tipologie di contratti complessi come i prodotti strutturati tipo i CDO.

Mi sono soffermato sul funzionamento dei Credit Default Swaps spiegando un metodo per prezzare tali strumenti e il ruolo che possono ricoprire per risolvere problemi di asimmetrie informative.

Nel capitolo successivo farò una panoramica sulle crisi dei mutui subprime e del debito sovrano sottolineando le cause che hanno portato a tali conseguenze ed in particolare mi concentrerò nel definire il ruolo centrale che hanno avuto i contratti derivati.

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CAPITOLO 2

2.1 Introduzione

Il 15 settembre 2008 verrà ricordato come il giorno che ha dato inizio alla più grande crisi finanziaria dopo quella del 1929. In tale data fallì Lehman Brothers, uno degli operatori finanziari più grandi al mondo; quel giorno venne meno quella consuetudine che, comunemente veniva sempre ripetuta nei mercati finanziari, “too big to fail”. In quel momento iniziarono a propagarsi ondate di panico che ebbero come effetti, tra gli altri, quello di far intervenire stati, banche centrali, enti internazionali, adottando manovre straordinarie dotate di un’ intensità progressivamente crescente. Quella crisi ed i relativi rimedi posti in essere dalle diverse istituzioni costituirono alcune delle precondizioni che portarono alla crisi dei debiti sovrani. Infatti l’ onere degli stimoli volti a sostenere l’ economia ricadde direttamente sui bilanci pubblici andando a incrementare i debiti che per qualche stato erano già notevolmente alti. Ciò comportò un forte elemento di instabilità a livello sistematico in quanto gli stati con i debiti maggiori rispetto alle dimensioni delle proprie economie iniziarono a ricevere downgrading da parte delle agenzie di rating. Questo portò alla successiva instabilità chiamata crisi dei debiti sovrani iniziata alla fine del 2009; la quale si configura non come una ulteriore crisi, ma come un’ estensione della precedente Chesnais(2011), Johsua (2011).

In questo lavoro, cerco di capire se esiste una relazione tra gli spreads dei cds sovrani e il costo del debito pubblico e per fare questo è opportuno, prima, fare una breve panoramica sulle cause che hanno portato alle recenti crisi ed ai collegamenti fra di esse.

2.2 Premessa alla crisi dei mutui subprime

La crisi iniziata nell’ estate del 2007 negli Stati Uniti e poi propagatasi nel resto del mondo aveva inizialmente connotati prettamente finanziari, perché era dovuta al “cattivo” impiego di strumenti finanziari derivati. Essi si svilupparono dalla fine degli anni settanta per gestire l’ incertezza crescente che si stava consolidando nei mercati dopo che si era abbandonato il sistema di Bretton Woods (1971) e si erano susseguiti due shocks petroliferi (1973, 1979). Tali strumenti servivano alle imprese per reagire nel caso si fossero verificate forti oscillazioni dei tassi di cambio. Tuttavia i titoli derivati, se privi di idonea

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regolamentazione, possono aumentare l’ instabilità finanziaria invece che diminuirla. Questo è ciò che accadde con la crisi dei mutui subprime. Le banche, sia americane sia estere2, consapevoli degli altissimi rischi vollero speculare con la bolla immobiliare, fornendo facilmente il credito e successivamente trasferendolo nei mercati. Ma così facendo moltiplicarono il rischio di credito e infettarono i mercati. Infatti, prestiti di pessima qualità associati alle conseguenti operazioni di cartolarizzazione e/o derivati creditizi incrementarono il rischio di credito e, insieme all’ andamento negativo del mercato immobiliare americano, produssero ripetute insolvenze e con seguenti perdite nelle operazioni di cartolarizzazione e nei titoli creditizi. Tali perdite e incertezze furono alla base delle successive perdite che generarono il panico sul mercato.

I fenomeni di contagio, cioè i meccanismi di trasmissione delle crisi finanziarie sono diversi ma possono essere ricondotti a due tipologie. Infatti, la letteratura economica indica due approcci per tali meccanismi: il fundamental mechanism3 ed il behavior of investors.

Il primo approccio dimostra come i commerci internazionali vengano influenzati negativamente dalla trasformazione della crisi finanziaria in crisi economica. Ciò comporta squilibri nelle bilance commerciali dei paesi i quali vanno ad impattare sulle diverse valute. Quindi tanto più un paese ha intensi rapporti commerciali con altri paesi, tanto più il paese è soggetto a contagi nel caso in cui il partner commerciale sia soggetto ad una grave crisi. Mentre il secondo approccio enfatizza come il contagio sia dovuto all’ emotività degli investitori per cui non è necessario che i paesi abbiano intensi rapporti commerciali per generare effetti di contagio4.

Dopo questa breve introduzione, proverò a spiegare le cause che hanno portato alla crisi dei mutui subprime non facendo un’analisi approfondita perché non è l’obiettivo di questo lavoro, ma cercando di indicare i meccanismi principali sottostanti la crisi.

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Infatti già nel 2008 cinque istituzioni finanziarie europee dovettero essere salvate con fondi pubblici: Bradford & Bingley(UK), Dexia((FR,B), Glitnir Bank(IS), Fortis(Benelux countries), Hypo Real Estate Holding(D)

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vedi (Forbes, 2001) 4

Calvo, Mendoza (1999) dimostrano come la crisi avvenuta in Russia nel 1998 abbia provocato una crisi in paesi emergenti indipendenti dal commercio con la Russia; tale fenomeno è spiegato grazie al comportamento di free riding tenuto dagli investitori che notando le vendite sui mercati imitano quell’ azione andando a incrementare le vendite sui mercati.

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2.2.1 La regolamentazione

Negli anni ’80 si afferma nell’occidente l’ottica del libero mercato, con l’elezione di Ronald Reagan come presidente americano e di Margaret Thatcher come primo ministro inglese. Questo produsse degli effetti anche nell’accezione che le autorità di vigilanza avevano del buon funzionamento dei mercati finanziari. Infatti, esse, iniziarono a “smantellare” tutti i vincoli che erano stati posti fin dalla crisi del ’29 con la finalità di favorire una migliore allocazione delle risorse finanziarie. Essenzialmente la struttura dei mercati fu reimpostata adottando due principi guida: i) liberalizzazione dei mercati, quindi deregolamentazione; ii) integrazione dei mercati finanziari a livello internazionale. Tutte le modifiche introdotte nel tempo, indirizzate tramite questi principi cardine hanno comportato, tra l’altro, un aumento delle concentrazioni degli intermediari scarsamente controllabili vista la complessità degli intermediari e le interconnessioni formatesi.

Inoltre gli accordi di Basilea 2 sulla vigilanza prudenziale delle banche hanno permesso a soggetti privati, come le agenzie di rating, di avere come ruolo esclusivo e riservato quello di valutare la solidità degli strumenti finanziari utilizzati dagli intermediari. Il problema sussiste perché le agenzie di rating, essendo soggetti privati, ottengono il loro compenso dagli emittenti dei titoli finanziari che devono valutare; tutto ciò ha determinato una distorsione dei giudizi di rating attribuiti5. Le autorità erano a conoscenza di questi malfunzionamenti ma non poterono intervenire significativamente poiché gli era impedito a causa delle stesse regole di Basilea due. Quest’accordo internazionale in ambito di vigilanza prudenziale, avente ad oggetto i requisiti patrimoniali delle banche è strutturato in 3 “pilastri”: i) requisiti patrimoniali; ii) controllo delle autorità di vigilanza; iii) disciplina di mercato e trasparenza. E’ stato creato per necessità, vista la scarsa prudenza nella gestione del rischio di credito evidenziata negli anni ’90 da parte di una rilevante quota di istituti di credito; le autorità hanno creato un quadro normativo all’interno del quale ci fosse una proporzionalità tra rischio assunto e capitale accantonato, avendo come fine quello di assicurare la stabilità del sistema bancario impedendo alle banche di assumere rischi eccessivi. Per assicurare l’imparzialità dei giudizi assegnati fu stabilito che tale attività fosse riservata a soggetti terzi, le agenzie di rating; la crisi ha evidenziato l’anello debole di tale impostazione, cioè l’eccessivo peso dato al rating perché visto come parametro normativo

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Vedi BARUCCI (2009): circa il 60% delle cartolarizzazioni dei mutui aveva rating AAA quando solo l’1% delle obbligazioni are valutato come solido.

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previsto per legge. Di fatto dopo le recenti crisi i regolatori hanno rivisto le regole, per questi soggetti, irrigidendole soprattutto per quanto riguarda il conflitto d’interessi.

Possiamo concludere dicendo che la crisi ha mostrato chiaramente i limiti di un decentramento dei controlli basato su una gestione del rischio in capo agli intermediari e l’ incapacità di assicurare la stabilità al sistema.

2.2.2 La bolla del mercato immobiliare

La bolla immobiliare fu dovuta a una serie cause stratificate nel tempo che hanno dato luogo a meccanismi complessi; adesso identificherò le cause principali delle crisi, per poi passare a spiegare gli elementi essenziali dei meccanismi che hanno distorto, inizialmente, il normale funzionamento del sistema creditizio americano per poi, successivamente, infettare l’intera economia reale mondiale.

Dagli inizi degli novanta, gli Stati Uniti iniziano un ciclo di crescita che ebbe un arresto solo nel 2001 quando entrano in recessione da Marzo fino a Dicembre dello stesso anno. Tale “sosta” fu dovuta alla crisi chiamata “dotcom”, alla quale Fed e governo risposero con una serie di misure espansive che inondarono i mercati di liquidità:

i) la Fed portò i tassi d’ interesse dal 6,24% del dicembre 2000, all’ 1,13% del dicembre 20036

ii) il governo attuò una serie di misure volte a diminuire la pressione fiscale.

Contemporaneamente il mercato immobiliare statunitense crebbe, in modo generalizzato, sin dal 1993 con tassi inusuali rispetto al passato e grazie ai provvedimenti presi per uscire dalla crisi nei primi anni duemila o come il provvedimento adottato nel 1997 chiamato Tax Relief Act, grazie al quale il governo americano forniva la possibilità ai possessori di case con valore inferiore ai 500.000 $ di rivendere la propria casa dopo solo due anni senza pagare l’ imposta sulla plusvalenza; tale crescita continuò fino al 2005. In aggiunta a questi motivi bisogna notare che dopo la crisi del 2001 e il conseguente crollo dei valori mobiliari, la casa divenne l’ asset su cui investire perché venne visto come il bene rifugio per eccellenza. Per finire, l’ amministrazione Bush mise in atto il piano casa, con lo scopo di far diventare milioni di americani proprietari di case. Ma per fare ciò furono semplificate le pratiche e abbassati i requisiti per ottenere i mutui.

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Per avere un’ idea, Kiff & Mills (2007) ci dicono che nell’ intervallo 2000-2005 i valori medi delle case crebbero del 58% annuo e che i tassi d’ interesse sui mutui ipotecari trentennali passarono dal 9% nel 2000 al 5% del 2003.

Posso concludere dicendo che la bolla immobiliare fu il risultato dei comportamenti tenuti da diversi soggetti economici. Il governo degli Stati Uniti introdusse leggi che ebbero effetti distortivi come il Tax Relief Act, con il quale anche i proprietari di modeste abitazioni potevano speculare. Sempre il governo e la Fed misero in atto azioni con cui inondarono i mercati di liquidità ed eccessivo ottimismo. I cittadini americani reagirono desiderando, nei migliori dei casi, diventare proprietari di una loro casa oppure, partecipare a questa speculazione consci del fatto che i prezzi delle case sarebbero continuati a salire. Per ultimo, ma non meno importante, il comportamento tenuto dalle banche che sarà oggetto del seguente paragrafo.

2.2.3 Il ruolo delle banche

Il ruolo delle banche, nella crisi, è stato centrale; sono state il mezzo del contagio, attraverso il quale la crisi che interessava il mercato immobiliare americano, si è propagata all’ intera economia mondiale. Esse hanno svolto un duplice ruolo, da una lato nella concessione dei prestiti, dall’ altro nel trasferimento dei crediti concessi.

Per quanto riguarda il primo, nei mercati era presente un grande livello di liquidità dovuto alle politiche espansive già menzionate nel paragrafo precedente; ciò implicava, per le banche, un basso costo di finanziamento che gli permetteva di operare con un alta leva finanziaria. Poi, visto che il ROE (Return On Equity) è influenzato positivamente dal leverage, gli intermediari, cercarono di mantenerlo al livello più alto possibile; per esempio alla fine del 2007 le investment banks americane operavano con un livello medio di leverage di 30.4 (Barocci e Messoni, 2009). Questo si traduceva nel fatto che, più aumentavano gli attivi di bilancio, più bisognava concedere prestiti. Ma per aumentare il numero di prestiti è stato necessario abbassare i requisiti7 per concederli, così facendo è stata aumentata la platea a cui sono stati accordati. I nuovi proprietari di case erano giovani ispanici o neri aventi un reddito inferiore alla media (Shiller, 2008); inoltre il 50% dei mutuatari dichiarava un reddito superiore a quello reale di circa il 50% ed i mutui subprime

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passarono dal 7% nel 2000 al 25% nel 2005 rispetto al totale dei mutui ipotecari (Baker, 2008).

In questo contesto s’ inserisce il secondo ruolo svolto dagli intermediari bancari, cioè il modo con cui hanno trasferito il rischio nei mercati. A forza di concedere prestiti senza adeguati requisiti e garanzie, i loro bilanci si saturarono di mutui subprime, cioè di bassa qualità, e per sterilizzarne i rischi iniziarono ad utilizzare sistematicamente le operazioni di cartolarizzazione8 e i derivati creditizi. Molte banche cedettero tra l’ 80% ed il 90% dei prestiti concessi (Keys-Mukherjee-Seru- Vig, 2008), così di fatto vennero meno quei processi di screening, ex ante, e monitoring, ex post alla concessione dei mutui. Infatti, per esempio, tramite la securitisation i car loan, credit card, leasing, export credit, project financing, mutui, sono usati come garanzia per l’emissione dei titoli chiamati ABS (Asset Backed Securities) da parte di società chiamate SPV (Special Purpose Vehicle).

Esse venivano create appositamente per separare a livello patrimoniale la proprietà dell’ attivo scambiato tra l’ intermediario e la SPV. La banca cedeva i crediti alla società, volutamente, creata ottenendo dei proventi che derivavano dalla emissione degli ABS nei confronti degli investitori. Mentre gli investitori negli ABS ricevano il loro profitto tramite i rimborsi periodici dei debitori della banca originator. Questo meccanismo creò un effetto distorsivo, cioè quello di disincentivare gli intermediari ad operare con prudenza, tanto, se ci fossero stati effetti negativi, essi sarebbero ricaduti sulle SPV e sugli investitori finali. Naturalmente questo sistema è stato in piedi finché una buona parte dei debitori è riuscita a rimborsare i propri debiti. Ma nel 2005 la Fed aumentò i saggi di interesse per tenere sotto controllo l’inflazione. Ciò comportò degli effetti sul mercato immobiliare; già alla fine dell’ anno si registrava una diminuzione di nuove case costruite per 200000 unità, mentre nel mercato delle vendite di nuovi immobili la flessione fu di 230000 unità9. Nel 2006 il rallentamento del mercato diventò una crisi che si propagò nei mercati finanziari perché i rendimenti dei titoli come gli ABS derivano dai pagamenti periodici dei mutuatari. A quel punto anche se le banche erano legalmente dei soggetti giuridici distinti dalle SPV istituite, intervennero sia per la presenza delle forme di supporto del credito (credit enhancement) esistenti tra originator e SPV, sia per non perdere prestigio all’interno dei mercati.

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BARUCCI (2009) mostra come circa il 60% delle cartolarizzazioni dei mutui aveva un rating AAA quando solo l’1% delle obbligazioni erano ritenute solide

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Conseguentemente le banche, agendo da garanti nei confronti dei prestiti che avevano ceduto, furono trascinate nella crisi.

Figura 2.1: processo classico di cartolarizzazione

Inoltre c’è da sottolineare una tendenza presente dagli anni ’70. Esistono delle commistioni tra i soggetti operanti nei mercati; nel senso che ad esercitare l’ attività di intermediazione finanziaria sono ammesse diverse tipologie di intermediari. Infatti, nel corso degli anni, c’è stato uno spiazzamento della raccolta del risparmio, sotto forma di depositi bancari, verso altre forme d’investimento più remunerative, dovuta alla crescente inflazione registrata in quel periodo. Questo ha dato origine al fenomeno della disintermediazione bancaria, per cui le banche oltre a svolgere l’attività bancaria riservata a loro per legge, hanno iniziato a svolgere ulteriori attività. Questa tendenza ha comportato delle criticità a livello di sistema che si sono concretizzate durante la crisi quando le istituzioni pubbliche sono dovute intervenire per salvare il sistema bancario dal fallimento. Perché a differenza di altri soggetti, come i fondi d’investimento, il cui fallimento di regola, non comporta conseguenze di rilevanza globale; nel caso delle banche, esse ricoprono un ruolo speciale, raccolgono il risparmio fra il pubblico impiegandolo, concedendo prestiti con la peculiarità dell’obbligo di rimborso dei fondi raccolti. Pertanto dal lato della raccolta, generano un meccanismo di natura assicurativa perché trasformano un rischio individuale in un rischio collettivo. Per

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esempio, ipotizzo un soggetto che abbia 1 milione di euro; può decidere di investirlo direttamente in un’impresa ma se essa fallisce il rischio è tutto a suo carico, mentre se lo versa inbanca ed essa lo presta alla stessa impresa, il rischio è in capo alla banca e quindi si collettivizza. Invece dall’altro lato, quello dell’impiego, la banca eroga credito tramite le operazioni di cassa e di firma; cioè nelle prime fornisce immediatamente risorse finanziarie ai terzi, mentre nelle seconde concede solamente delle garanzie. Il fatto che si sia permesso alle banche di poter svolgere l’attività di intermediazione finanziaria ha permesso, da un lato, di aumentare i loro profitti e dall’altro, di creare un ulteriore meccanismo di trasmissione del contagio. Perché gli effetti di una crisi del sistema bancario sono il congelamento del credito e una perdita di fiducia che portano, quindi, a un intervento delle autorità.

Lo sviluppo delle innovazioni finanziarie ha migliorato i legami fra i settori dell’ economia in surplus e quelli in deficit di risorse monetarie, andando ad ampliare l’ insieme degli strumenti utilizzabili dai diversi soggetti. Tuttavia se da un lato l’ innovazione e la globalizzazione hanno comportato dei vantaggi, dall’altro hanno avuto dei risvolti negativi. Prima di tutto, visto che i controlli sui comportamenti degli intermediari cambiano a seconda dello stato in cui operano, ciò ha permesso lo sviluppo di tecniche come l’ espansione degli off balance sheet items che hanno aumentato i rischi delle banche e degli altri intermediari. Un ulteriore svantaggio consiste nella minore capacità di controllo degli aggregati monetari dovuta alla nascita continua di nuove tipologie di strumenti finanziari adoperati a seconda della convenienza dovuta ai differenziali nei saggi d’ interesse. Il seguente svantaggio concerne l’ instabilità dovuta all’ aumento sia nel numero che nelle dimensioni dei nuovi intermediari finanziari. Infine, strumenti derivati poco trasparenti hanno diminuito la capacità di assorbire il rischio nei mercati, in quanto hanno generato un congelamento della liquidità nel mercato interbancario10; non perché ci fossa poca liquidità, ma perché erano presenti asimmetrie informative circa la qualità degli attivi delle controparti. Quindi il problema non era la scarsità della liquidità, ma il fatto che nessun intermediario era disposto a prestare denaro. Per cui “l’ innovazione finanziaria rappresenta un volano dei mercati finanziari pur essendo necessarie regole in grado di evitare che l’

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errato utilizzo di determinati strumenti mini la salute dei sistemi finanziari così come accaduto nella crisi dei mutui subprime” (Krugman, 2007).

In effetti l’ utilizzo degli strumenti derivati ha acuito la crisi, aumentando sia la volatilità sia le asimmetrie informative nei mercati, cadendo nel problema del moral hazard. Infatti, “il corretto utilizzo della securitisation presuppone di considerare i prestiti di ottima qualità e, allo stesso tempo, il corretto utilizzo dei credit derivatives postula di includere i prestiti di buona qualità. Diversamente la crescita dei prestiti di pessima qualità e i connessi strumenti finanziari (ABS e derivati creditizi) generano forti oscillazioni di valore nei rispettivi strumenti e nei valori di bilancio”(DRAGHI, 2009).

2.3 Crisi del debito pubblico

Anche in altri stati si è assistito ad un aumento sproporzionato e generalizzato dei prezzi immobiliari; tra il 1997 ed il 2005 in Spagna, Australia, Irlanda e Gran Bretagna i prezzi hanno avuto un rialzo del 50% annuo (Shiller, 2008). Ma fin dal 2006 il mercato immobiliare statunitense è deteriorato progressivamente e tale andamento si è riflesso sui mercati internazionali, causando l’ aumento dei tassi di morosità sui mutui subprime e il conseguente aumento dei premi per il rischio sugli strumenti finanziari ad essi connessi. Questo, ha comportato un crescente numero di svalutazioni dei titoli e siccome gli intermediari operavano con un’alta leva finanziaria sono stati costretti a richiedere molta liquidità nei mercati. Ma essi non sono riusciti a rifinanziarsi perché chi era in possesso di liquidità o ha aumentato i margini richiesti nei prestiti o ha interrotto i prestiti concessi agli altri intermediari per cui essi hanno dovuto svendere i loro assets. Con il protrarsi delle turbolenze nei mercati ed il fallimento di Lehman Brothers la crisi è diventata sistemica, allora le istituzioni pubbliche hanno iniziato ad intervenire ingentemente. Per esempio, è stato stimato che gli interventi posti in essere dall’ Unione Europea hanno avuto un costo pari al 25% del suo PIL (BCE,2010).

Cronologia degli eventi riferiti all’ UE 15-6-07 crescente vulnerabilità dei mercati

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9/14-8-07 rallentamento dei prestiti interbancari e la BCE per consentire il funzionamento ordinario del mercato monetario immette 335 mld di euro nel sistema bancario

28-3-08 BCE mette a disposizione operazioni di rifinanziamento con scadenze più lunghe 15-9-08 fallisce Lehman Brothers

29-9-08 Fed e BCE intensificano gli sforzi per attenuare le tensioni sui mercati 29-9-08 BCE conduce un’ operazione di rifinanziamento con scadenza speciale 8-10-08 BCE decide misure straordinarie di sostegno alla liquidità

15-10-08 BCE facilita l’ accesso al credito 6-11-08 BCE riduce i tassi d’ interesse di 50 pb 4-12-08 BCE riduce i tassi d’ interesse di 75 pb 15-1-09 BCE riduce i tassi d’ interesse di 50 pb

25-2-09 Pubblicazione del rapporto De Larosière sulla vigilanza finanziaria 5-0-09 BCE riduce i tassi d’ interesse di 50 pb

2-4-09 BCE riduce i tassi d’ interesse di 25 pb

2-4-09 il G20 decide di istituire il consiglio per la stabilità finanziaria 7-5-09 BCE riduce i tassi d’ interesse di 25 pb

7-5-09 BCE introduce operazioni di rifinanziamento con scadenza ad un anno

4-6-09 BCE vara il primo programma per l’ acquisto di obbligazioni garantite con il fine di incoraggiare le banche a mantenere e aumentare i prestiti alla clientela, migliorare la situazione della liquidità e allentare le condizioni di finanziamento per le banche e le imprese

2-12-09 UE decide l’ istituzione di nuove autorità di vigilanza: autorità europea degli strumenti finanziari e dei mercati; autorità europea bancaria; autorità europea delle assicurazioni e delle pensioni aziendali e professionali

27-1-10 BCE sospende gli swaps euro/$

7-3-10 BCE annuncia il proseguimento sulle operazioni di rifinanziamento ( op. con procedura d’ asta a tasso fisso e piena aggiudicazione dell’ importo richiesto)

25-3-10 UE offre aiuto alla Grecia

23-4-10 Grecia richiede sostegno finanziario 2-5-10 accordo sul prestito destinato alla Grecia

9-5-10 UE vara meccanismo europeo di stabilizzazione finanziaria e la European Financial Stability Facility (EFSF) con una dotazione di 500 mld messi a disposizione dall’ UE e 250 mld di provenienza del FMI

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27 10-5-10 riattivazione degli swaps euro- dollaro

10-5-10 BCE vara il programma per il mercato dei titoli finanziari: si tratta di una serie d’ interventi sui mercati dei titoli di debito dei settori pubblico e privato dell’ area euro al fine di assicurare spessore e liquidità in quei segmenti che presentano disfunzioni

7-6-10 istituzione del EFSF

30-6-10 BCE conclude il programma per l’ acquisto delle obbligazioni garantite 28-10-10 il patto di stabilità sarà più rigido

21-11-10 l’ Irlanda richiede sostegno finanziario

28-11-10 nuovo meccanismo per i paesi in difficoltà finanziarie: EFSF verrà sostituito dal Meccanismo Europeo di Stabilità (MES) a partire da metà del 2013

16-12-10 creazione del comitato europeo per il rischio sistemico 17-12-10 BCE e Bank of England concordano linee di swap

3-3-11 BCE annuncia che continuerà con le operazioni di rifinanziamento finché sarà necessario 6-4-11 Portogallo richiede l’ attuazione del meccanismo di aiuti

7-4-11 BCE aumenta i tassi d’ interesse di 25 pb

17-5-11 consiglio dell’ UE approva gli aiuti al Portogallo 7-7-11 BCE aumenta i tassi d’ interesse di 25 pb

15-9-11 BCE di concerto con Fed, Bank of England, Banca del Giappone, Banca nazionale svizzera annuncia di condurre tre operazioni di immissione di liquidità in dollari con scadenza in tre mesi. Le quali si affiancheranno alle operazioni settimanali annunciate il 10-5-10

6-10-11 BCE annuncia 2 operazioni di rifinanziamento a più lungo termine rispettivamente 12 e 13 mesi

6-10-11 BCE annuncia il secondo programma per l’ acquisto di obbligazioni garantite 13-10-11 potenziata e pienamente operativa EFSF, dispone di 440 mld di euro

1-11-11 Draghi viene nominato presidente della BCE 3-11-11 BCE abbassa i tassi d’ interesse di 25 pb 8-11-11 BCE abbassa i tassi d’ interesse di 25 pb

8-11-11 BCE annuncia misure di sostegno dei prestiti bancari e dell’ operatività del mercato monetario: vengono effettuate 2 operazioni di rifinanziamento con scadenza a 36 mesi; viene ridotto il coefficiente di riserva all’ 1%; vengono momentaneamente sospese le operazioni di regolamentazione puntuale (fine tuning); viene ampliata la disponibilità di garanzie

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28 9-12-11 i leaders dell’ area euro decidono di potenziare l’ unione economica: fiscal compact ( bilanci in pareggio o avanzo), maggior coordinamento delle politiche economiche stabilendo di anticipare l’ entrata in vigore del MES e riesaminando l’ adeguatezza del limite massimo di 500 mld di euro per EFSF/MES

22-12-11 BCE tramite operazioni di mercato aperto eroga 489 mld a 523 banche nella prima operazione di rifinanziamento con scadenza a 36 mesi

9-2-12 BCE approva criteri di idoneità per crediti aggiuntivi: cioè alle 7 BCN che ne hanno fatto richiesta, approva criteri di idoneità e misure di controllo del rischio specifici nazionali ai fini dell’ ammissione temporanea di crediti aggiuntivi

1-3-12 i leaders europei firmano il patto di bilancio 27-6-12 Cipro richiede sostegno finanziario

27-6-12 Spagna richiede sostegno finanziario

29-6-12 il consiglio europeo decide di creare un meccanismo europeo di vigilanza bancaria 5-7-12 BCE abbassa i tassi d’ interesse

6-9-12 BCE annuncia le Operazioni Definitive Monetarie (ODM): cioè un programma di acquisto illimitato di titoli di stato nei mercati secondari con scadenza compresa tra 1 e 3 anni

2-5-13 BCE abbassa i tassi d’ interesse

12-9-13 via libera all’ autorità unica sulla vigilanza, quindi da settembre del 2014 circa 150 delle maggiori banche dell’ UE passeranno sotto la vigilanza diretta della BCE

Fonte BCE

Gli interventi dei governi come il TARP11 sono stati determinanti, infatti, per le banche, era diventato impossibile finanziarsi, sia nei mercati dei capitali tramite operazioni di fusione o acquisizione, sia nei mercati del debito perché dopo il fallimento di Lehman Brothers è stato molto difficile collocare obbligazioni nei mercati.

In tale ambito, l’ intervento delle autorità ha avuto tre finalità:

i) migliorare la capacità delle banche di sopportare perdite aggiuntive così da ridurre i costi per farle finanziare nei mercati del debito e contemporaneamente incrementare le protezioni per i loro creditori

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Troubled Assets Relief Program: programma istituito nel 2008 di 700 miliardi di dollari impiegati per salvare il sistema finanziario americano includendo massicci prestiti tassi d’interesse dello 0,01% includendo anche importanti banche europee, principalmente tedesche e francesi: BNP Paribas, Deutsche Bank, Royal Bank of Scotland, Sociètè Gènèrale e Union of Swiss Bank.

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ii) far riprendere il mercato del debito tramite la fornitura da parte degli stati di garanzie in caso di fallimenti bancari. In tal modo si cercava di permettere alle banche di continuare ad avere accesso al mercato obbligazionario a prezzi accessibili in un momento in cui le altre vie di finanziamento erano precluse iii) riordinare i bilanci delle banche per mezzo dell’ acquisto o garanzia di titoli

tossici con l’ obiettivo di abbattere le esposizioni alle probabili perdite derivanti da tali titoli per le banche

Questi interventi a carattere straordinario come acquisto di assets di bassa qualità, garanzie su emissioni obbligazionarie, iniezioni di liquidità, hanno fatto si che i rischi siano traslati dal settore bancario al settore pubblico creando i presupposti per la successiva crisi, la crisi dei debiti sovrani.

2.4 I CDSs sovrani

Esiste un legame complesso tra il mercato dei CDS e quello obbligazionario, in quanto le quotazioni dei CDS riflettono numerosi fattori, quali le probabilità di default, il tasso di recupero in caso d’insolvenza ed il premio per il rischio. Tali fattori sono gli stessi che incidono sugli spreads obbligazionari, cioè sulla differenza tra il rendimento di un’obbligazione e il tasso privo di rischio. Si potrebbe dire, in linea teorica, che per ogni soggetto di riferimento, lo spread obbligazionario deve essere uguale alla quotazione dei CDSs perché un portafoglio composto da un’obbligazione e l’acquisto di un CDS sulla stessa obbligazione, replica sinteticamente un titolo privo di rischio. In definitiva, in equilibrio, l’attività di arbitraggio dovrebbe garantire l’uguaglianza tra i CDSs e gli spreads obbligazionari. In realtà le quotazioni sono molto spesso diverse. A questa divergenza gli economisti danno diverse interpretazioni dando la causa, per esempio, alle imperfezioni di mercato o alla speculazione. L’oggetto della mia tesi sarà di capire la relazione esistente tra i CDS sovrani ed il costo del debito pubblico durante l’ultima crisi. Ma per fare ciò è necessario, prima, dire qualcosa sull’andamento del mercato dei CDS con un riguardo al mercato di quelli sovrani, confrontandoli con il mercato obbligazionario.

Nel primo capitolo ho già parlato dei CDS spiegando come l’acquisto implica l’ assunzione di una posizione corta sul rischio di credito della reference entity. La stessa posizione sul rischio di credito può essere assunta anche attraverso la vendita allo scoperto di un titolo

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obbligazionario della reference entity. Questa operazione può essere però, più complessa o più rischiosa rispetto all’acquisto di un CDS per almeno due motivi:

1) la vendita allo scoperto trova un limite nella scarsa diffusione del mercato del prestito titoli12 su alcuni strumenti finanziari

2) il contratto di prestito titoli ha tipicamente una durate a breve termine e quindi deve essere rinegoziato periodicamente, generando un rischio legato alla volatilità del costo del prestito titoli.

Il flusso sul volume degli scambi può non essere indicativo delle reali dimensioni del mercato dei CDS perché è frequente chiudere una posizione aprendone un’ altra di segno opposto (offsetting transaction). Quindi è utile usare come riferimento i dati stock sulle posizioni presenti ad una certa data in termini di valore nominale. Queste posizioni possono essere:

i) posizioni lorde, ottenute cioè sommando, in valore assoluto, acquisti e vendite di CDS per ogni operatore per una certa data

ii) posizioni nette ossia per ogni operatore che risulta acquirente netto di protezione si calcola il saldo delle protezioni per ogni soggetto di riferimento. Di questo saldo si fa la somma a livello aggregato in modo da avere una stima dei pagamenti da parte dei seller in caso di default.

Come possiamo vedere dalla figura 2.2 alla fine del 2010 il valore nozionale lordo delle posizioni in CDS era pari a circa 26.000 miliardi di dollari USA, mentre il valore nozionale netto era pari a poco più di 2.000 miliardi di dollari (circa l’8% del nozionale lordo). Secondo la Banca dei Regolamenti Internazionali (BRI), il fatto che il valore nozionale lordo dei contratti CDS si sia più che dimezzato rispetto al picco raggiunto a fine 2007, anno in cui aveva toccato quasi 60.000 miliardi di USA, è imputabile in gran parte al forte sviluppo dei meccanismi di compensazione delle posizioni previsti in caso di CDSs multilaterali, più che ad un diminuito interesse verso il mercato dei CDS; la BRI mostra, infatti, che gli scambi sui CDS hanno continuato a crescere anche dopo il 2007. I CDS sovrani, cioè quei CDS che hanno come reference entity uno stato o una società pubblica, pesano per circa il 16% sul totale del valore nozionale lordo e per il 20% circa sul valore

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Il prestito titoli è un servizio mediante il quale il cliente autorizza la banca a concludere, in nome proprio e per conto del cliente, con la stessa o terzi, contratti di prestito di strumenti finanziari di proprietà del cliente stesso.

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nozionale netto delle posizioni in essere a dicembre 2010; circa l’80% del nozionale è dunque riferibile a CDS su imprese ed emittenti privati.

Figura 2.2: valore nozionale delle posizioni in CDS (dati in migliaia di miliardi di dollari USA)

Il peso maggiore dei CDS su emittenti corporate rispetto a quello dei CDS sovrani riflette in parte la diversa dimensione del mercato dei titoli pubblici rispetto a quella dei titoli corporate. I dati della Banca dei Regolamenti Internazionali, relativamente ai paesi avanzati e ai principali paesi emergenti, indicano che, a settembre 2010, il valore dei titoli pubblici in essere era pari a circa 38.000 miliardi di dollari americani, contro circa 10.000 miliardi di dollari di obbligazioni di emittenti non finanziari e 41.000 miliardi di dollari di obbligazioni di emittenti finanziari (incluse cartolarizzazioni e titoli strutturati, quali CDO, CBO, etc.). I titoli di emittenti corporate ammontavano dunque a circa 51.000 miliardi di dollari, contro 38.000 miliardi di dollari di titoli pubblici. Il valore nozionale dei CDS su emittenti corporate è invece di circa 4 volte superiore a quello dei CDS su emittenti sovrani. Questa differenza potrebbe riflettere il fatto che le esigenze di copertura tramite CDS sono più rilevanti relativamente alle esposizioni verso emittenti corporate, piuttosto che per le esposizioni verso emittenti sovrani.

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Figura 2.3: prime 10 reference entity corporate e sovereign per controvalore a dicembre 2010 (dati in % relativa a emittenti corporate e sovereign)

Il mercato dei CDS sovrani ha tuttavia registrato un forte tasso di crescita nel periodo più recente: nel 2009 le posizioni nette sono cresciute del 20% circa e le lorde del 30% (mentre il tasso di crescita dei CDS su emittenti corporate è stato del 4% sulle posizioni lorde e il 10% circa sulle nette); nel 2010, invece, le posizioni nette sono più che raddoppiate, mentre quelle lorde sono cresciute di oltre il 50%. Per cui lo sviluppo recente del segmento CDSs sovrani è da ricollegarsi al peggioramento dei conti pubblici nelle economie avanzate che ha causato esigenze di copertura per gli intermediari.

Dalla figura 2.3 si nota che il segmento dei CDS sovrani è più concentrato rispetto al mercato dei CDS su emittenti corporate. In particolare, a dicembre 2010, le prime dieci reference entity sovrane rappresentavano circa il 55% del controvalore nozionale (sia lordo che netto) del totale dei CDS su emittenti sovrani, e il 44% circa del numero di posizioni; la Repubblica Italiana risultava la prima reference entity utilizzata nei contratti CDS su emittenti sovrani, con una quota del 12% circa (sia sul nozionale lordo che netto), seguita dal Brasile e dalla Spagna.

Invece nel caso analogo relativo ai CDS corporate, i primi dieci soggetti di riferimento pesavano per il 5% sul valore nominale totale, sia netto che lordo, e per il 3% del numero totale delle posizioni.

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