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Unione Europea: mancanza di un corpus uniforme di regole

4.2 Prevenire la prossima crisi e rimedi in ambito regolamentare

4.2.1 Unione Europea: mancanza di un corpus uniforme di regole

L’Unione Europea è un’organizzazione internazionale a carattere sopranazionale formata da 28 stati i quali hanno ceduto parte della sovranità agli organismi comunitari. All’interno dell’Unione esiste una zona di libero mercato, chiamata mercato comune nel quale 18 dei 28 stati membri utilizzano l’euro come valuta comune. E’ scontato che se a un mercato unico corrispondono più legislazioni caratterizzate da importanti divergenze, questo provochi inefficienze rilevanti per almeno tre ragioni:

i) se a un mercato finanziario unico corrispondono più legislazioni nazionali non armonizzate si verificano distorsioni a livello concorrenziale che producono arbitraggi regolamentari;

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ii) per i gruppi transfrontalieri le divergenze delle norme creano difficoltà nella gestione dei rischi e nella allocazione dei capitali;

iii) quando sono presenti carenze istituzionali la gestione dei rischi per i gruppi transfrontalieri si incrementa;

Quando la crisi è scoppiata, il problema dell’assenza di coesione normativa si è manifestato in tutta la sua importanza; la facoltà di come attuare le direttive europee42 concessa agli stati membri genera importanti diversità nella legislazione a livello nazionale come le diverse normative in materia fallimentare, diversi obblighi informativi, diverse definizioni di capitale economico ecc. le quali hanno reso più difficile la gestione della crisi perché le misure di politica finanziaria intraprese in un paese possono ostacolare l’operato degli altri. Il gruppo de Larosière ha menzionato specificatamente le diversità ritenute critiche:

- le divergenze inerenti la portata della vigilanza UE, perché alcuni paesi adottano un accezione ampia della definizione di ente creditizio, mentre altri impiegano una definizione più restrittiva. Tutto ciò si traduce in una vigilanza più blanda e comporta fenomeni di arbitraggio regolamentare;

- la differente ampiezza degli obblighi informativi presenti nei paesi membri, in particolare alcuni istituti non quotati non sono tenuti a presentare nessun informazione contabile e ciò impatta negativamente sulla trasparenza del sistema;

- varia in modo significativo la definizione di capitale economico tra uno stato e l’altro, difatti alcune imprese includono l’avviamento nel patrimonio di base; - esistono diversi modi di contabilizzare gli accantonamenti delle pensioni; - per quanto riguarda l’intermediazione assicurativa la direttiva competente è

stata recepita in modo differente, alcuni stati non hanno apportato alcuna modifica, mentre altri hanno introdotto ampie norme nazionali;

- le modalità in cui sono calcolate le riserve tecniche per le compagnie di assicurazione non sono adeguatamente armonizzate, il che rende difficile confrontare le posizioni di solvibilità;

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art. 288 TFUE 3° comma: “La direttiva vincola lo Stato membro cui è rivolta per quanto riguarda il risultato da raggiungere, salvo restando la competenza degli organi nazionali in merito alla forma e ai mezzi”.

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- è differente anche la definizione di patrimonio di vigilanza per gli istituti finanziari;

vista l’importanza degli esempi mostrati è necessario adattare soluzioni per rendere più armonizzato e efficiente il funzionamento del mercato unico. Il problema della armonizzazione regolamentare all’interno dell’UE deve essere affrontato a due livelli:

i) a livello mondiale: i paesi membri dovrebbero parlare all’unisono anche attraverso l’UE quando partecipa ai forum internazionali come il comitato di Basilea, FSF ecc. e nelle istituzioni multilaterali come il FMI;

ii) a livello europeo: bisogna dotare il settore finanziario europeo di norme uniformi tramite l’uso dei regolamenti che a differenza delle direttive sono direttamente applicabili; inoltre occorre iniziare a cancellare tutte le differenze sostanziali fra i diversi ordinamenti contenute in deroghe, eccezioni ecc.

Le diverse autorità a qualsiasi livello hanno come fine quello di prevenire le crisi, tuttavia queste ci saranno sempre dunque, le autorità pubbliche dovranno intervenire anche ex post sostenendo l’economia dei rispettivi paesi, gestendo nel migliore dei modi la crisi.

Parlando della gestione di una crisi, bisognerebbe sempre incentivare l’intervento da parte di un privato avendo come fine la ristrutturazione dell’impresa target; solo quando tale opzione è preclusa devono intervenire i fondi pubblici. Nel caso di una banca in serie difficoltà si deve fare un distinguo:

i) banca con operatività nazionale, le autorità nazionali possono operare con efficienza perché le fonti normative sono coerenti;

ii) banca transfrontaliera, le gestione è molto più complessa a causa delle differenze della giurisprudenza; ad esempio in alcuni paesi il diritto delle società impedisce il trasferimento tra società appartenenti allo stesso gruppo in periodo di crisi. Le differenze possono essere più profonde perché riguardano i principi sui quali è formata una data disciplina giuridica. Per esempio paesi come l’Italia fondano il diritto societario sul principio della tutela del creditore, cioè si vuole che il rischio non trasli sui creditori, mentre altri paesi privilegiano la tutela del soggetto giuridico in difficoltà. L’assenza di strumenti di gestione uniformi è uno svantaggio per l’Europa rispetto agli Stati Uniti.

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Ci sono ancora due aspetti della regolamentazione da osservare e sono i regimi di garanzia dei depositi e la ripartizione degli oneri. I primi hanno costituito una delle debolezze del diritto bancario europeo; tuttavia sono stati già compiuti miglioramenti in materia prevedendo l’obbligo per ogni stato membro di utilizzare lo stesso importo di copertura per ogni depositante. Sembrerà una cosa banale ma prima, invece, era prevista una copertura minima che poteva essere integrata da una copertura a livello nazionale; ciò procurava non pochi problemi nel caso in cui fosse stato percepito come fragile il sistema bancario di un dato paese, infatti i depositi venivano trasferiti verso sistemi ritenuti più solidi. Il problema principale era dato dal fatto che individui di uno stesso stato potessero avere coperture diverse a seconda se erano clienti di una banca nazionale o di una succursale di una banca paneuropea. Un secondo aspetto rilevante da considerare è come sono finanziati i regimi di garanzia dei depositi. Il gruppo de Larosière privilegia l’applicazione dei regimi prefinanziati dal settore finanziario perché questi sono i sistemi che meglio accrescono la fiducia e prevengono gli effetti prociclici di una contribuzione al regime nei momenti di crisi a carico delle banche; inoltre per tali regimi non andrebbero predefinite le modalità di utilizzo nelle fasi recessive dei mercati in modo da consentire la massima flessibilità durante le operazioni di salvataggio. Solo per i grandi gruppi transfrontalieri il meccanismo risulterebbe insufficiente, per cui il finanziamento dovrebbe essere integrato da fondi pubblici per mantenere alta la fiducia. Il gruppo rigetta l’applicazione di un fondo UE comune perché creerebbe problemi politici e pratici di non facile soluzione.

L’ultimo aspetto è la ripartizione degli oneri derivanti dall’affrontare la crisi; come già ripetuto in precedenza la mancanza di un meccanismo europeo nel risolvere le crisi rende più difficile raggiungere un accordo ex post rispetto al momento in cui è effettuata un’operazione di salvataggio. Di conseguenza è necessario individuare criteri di ripartizione rigorosi fissati in accordi prima di effettuare le prossime operazioni del genere; il gruppo propone una serie di principi ulteriori rispetto a quelli vigenti durante lo scoppio delle crisi, principio di equità e principio di responsabilità, e sono:

- i depositi presso l’intermediario bancario

- le attività dell’intermediario bancario (o al valore contabile, valore di mercato, valore ponderato per il rischio)

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- la quota dell’istituto rispetto ai flussi del sistema di pagamento

- la ripartizione dei compiti di vigilanza: chi è responsabile delle decisioni in quest’ambito deve sostenere una quota maggiore dei costi

Naturalmente questi sono solo alcuni dei criteri possibili, quindi possono esserne aggiunti altri.

La crisi ha messo in rischio la stabilità finanziaria e il benessere dell’economia reale, mostrando la totale inefficacia della regolamentazione posta in essere; adesso invece bisogna fare un salto in avanti nella disciplina, passando alla vigilanza prevista all’interno dell’UE.