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3. Gli ordinamenti stranieri Il sistema americano

3.1. Il sistema francese

Più affine al sistema italiano è sicuramente quello francese che prescinde, anche se non del tutto, da valutazioni di ordine sociale tenendo in considerazione valutazioni di ordine dogmatico sul ruolo della responsabilità civile.

In Francia il Code Napoleon non contiene una norma analoga all’art. 2047 del codice civile italiano; le norme in materia di responsabilità per fatto

168 M. COMPORTI, op. cit., 2012, p. 85.

169 ZENO ZENCOVICH, op. cit., p. 852: << … in sostanza si tenderebbe ad addossare alla

collettività il rischio di danni provocati da chi è incapace di intendere e volere, in rispondenza a principi di solidarietà sociale nei quali non è difficile scorgere una evoluzione del fondamento morale della colpa>>.

illecito sono contenute agli artt. 1382 e ss. code civil170, le quali enunciano una

responsabilità fondata sul criterio della colpa.

A seguito di una riforma del 1968, in materia di responsabilità per fatto degli incapaci, si è introdotto nel Code Napoleon l’art. 489-2171, il quale

prevede una responsabilità diretta dell’incapace maggiorenne, affetto da <<trouble mental>>, per i danni da lui arrecati a terzi.

Da tale riforma si è animato un dibattito incentrato soprattutto sul ruolo della colpa all’interno delle norme in materia di responsabilità civile.

Prima della suddetta riforma, la giurisprudenza francese, constatata l’assenza di una norma esplicita che prevedesse il trattamento da applicare nei confronti dei soggetti incapaci, con riferimento all’art. 1382 cod. Nap. e aderendo alla concezione in base alla quale l’imputabilità è un elemento intrinseco della colpevolezza172, riteneva il soggetto incapace irresponsabile

perché privo della capacità di discernimento.

L’irresponsabilità era tuttavia attenuata dalla possibilità per la vittima del danno di chiedere la condanna del custode al risarcimento con riferimento

170 L’art. 1382 cod. civil stabilisce: << Qualunque fatto dell’uomo, che arreca danno agli altri,

obbliga colui per colpa del quale è avvenuto a risarcire il danno cagionato>>

171 L’art. 489-2 code civil stabilisce: <<celui qui a causé un dommage à autrui alors qu’il ètait

sous l’empire d’un trouble mental, n’en est pas moins obligé à réparation>>.

172 Secondo la concezione tradizionale in Francia, la colpa si compone oltre che di un elemento

oggettivo – che consiste nella violazione di un dovere o di un’obbligazione – anche di un elemento soggettivo, indicato da alcuni come <<colpevolezza>> e da altri come

non all’art. 1384173 cod. Nap., che prevede una presunzione di colpa, ma sulla

base degli artt. 1382 e 1383174 cod. Nap.

È compito dell’incapace dimostrare l’esistenza di un “dovere di sorveglianza” e provare il comportamento negligente di questo.

Inoltre, non sono mancati tentativi da parte della giurisprudenza di attenuare il principio dell’irresponsabilità dell’incapace, evidenziando come, nella situazione in cui la capacità di discernimento sia parziale o attenuata o l’azione non sia stata conseguenza diretta e automatica dell’insorgere della malattia, il soggetto incapace non sia da ritenere irresponsabile175.

La piena responsabilità civile dell’infermo è inoltre da ravvisarsi nel caso in cui il soggetto sia sotto l’effetto di sostanze stupefacenti o alcool o laddove questo si sia ingiustificatamente sottratto alle cure che gli avrebbero impedito di commettere l’atto dannoso.

Il ripensamento della concezione della colpa intesa in senso “soggettivo” e le spinte “oggettivistiche” conducono il legislatore ad una riforma della disciplina e all’introduzione dell’art. 489-2 del code civile.

La stessa dottrina francese avanza alcune ipotesi riformatrici della responsabilità per colpa dell’incapace, auspicando l’introduzione di

173 L’art. 1384 cod. Nap. stabilisce: <<Ciascuno è tenuto, non solo per il danno che cagiona con

il proprio fatto, ma ancora per quello che viene arrecato con il fatto delle persone delle quali deve rispondere, o con le cose che abbia in custodia (…)>>.

174 L’art. 1383 cod. Nap. stabilisce: <<Ciascuno è tenuto per il danno che ha cagionato non

solamente per fatto proprio, ma anche per sua negligenza e per sua imprudenza>>.

175 La prova dell’ absence de discernement si ha raggiunta soltanto nei casi in cui il malessere

si sia manifestato in forma talmente grave da annullare completamente le risorse mentali dell’agente.

un’indennità nei confronti dell’incapace o l’introduzione di una ipotesi di responsabilità oggettiva176 dell’incapace del tutto indipendente dalla colpa.

La previsione di una responsabilità diretta dell’incapace maggiorenne, infermo di mente, apre, tuttavia, una querelle dottrinale tra i fautori della teoria oggettiva della colpa e chi invece evidenzia come questo articolo introduca una semplice eccezione al principio della responsabilità per colpa “soggettiva”.

Il primo orientamento dottrinale sottolinea come la legge del 1968 sia da considerare il “trionfo della colpa oggettiva”177; infatti, alla stregua della

responsabilità diretta dell’incapace, l’elemento soggettivo cessa di essere l’elemento indispensabile per il sorgere della responsabilità.

Ciò che rileva ai fini della responsabilità è la conformità o meno del comportamento del soggetto incapace ad un modello generale e astratto, legato esclusivamente a parametri oggettivi.

A tal proposito, i sostenitori di tale teoria sono propensi ad un’interpretazione estensiva178 della norma; il giudice provvederà ad

un’applicazione generale anche nei casi in cui il soggetto incapace sia

176 A. VENCHIARUTTI, La responsabilità civile degli infermi di mente in Francia, in Un

altro diritto per il malato di mente: esperienze e soggetti della trasformazione, 1988, p. 877: << il malato di mente deve rispondere del danno alla stessa stregua di un essere ragionevole, in quanto l’obbligazione risarcitoria non trova fondamento nel comportamento colposo

dell’agente. La questione va esaminata piuttosto dal punto di vista della vittima. La legge salvaguarda i beni giuridici senza condizionare la protezione alle caratteristiche psicologiche del possibile danneggiante …>>.

177 A. VENCHIARUTTI, op. cit., p. 878.

178 A. VENCHIARUTTI, op. cit., p. 879: << secondo la maggior parte degli interpreti, il

giudice non avrà più alcuna ragione per continuare a ricercare neppure nella condotta colposa <<de l’ homme sensé>> l’esistenza di una componente psicologica>>.

minorenne179, mentre con riferimento ai malati fisici la dottrina e la

giurisprudenza hanno escluso tale applicazione180.

Altri autori, invece, ritengono che l’ipotesi introdotta dalla legge del 1968 sia solamente un’ipotesi eccezionale e sui generis rispetto alle norme di responsabilità civile, le quali restano ancorate al principio della colpa

“soggettiva”.

La legge del 1968, anziché integrare le norme in materia di responsabilità civile, crea una sorta di statuto speciale dell’incapace maggiorenne infermo di mente, “un principio nuovo che assume il trouble

mental come fondamento dell’obbligo di risarcire il danno”181.

Questa teoria trova la sua giustificazione in primis nella collocazione della nuova disciplina; infatti l’art. 489-2 è inserito nel Titolo XII del Libro I del codice civile francese, << De la majorité et des majeurs qui sont protegés par la loi>>, lontano cioè dalle norme che regolano il sistema generale di responsabilità.

La conseguenza diretta di tale concezione è l’interpretazione restrittiva che viene data della norma; le figure di illecito diverse da quelle espressamente

179 P. PETRELLI, La responsabilità dell’infermo di mente nell’ordinamento francese, in Le

responsabilità speciali: modelli italiani e stranieri, a cura di G. A. STANZIONE, 1994, p. 160, dove si ripercorrono le tappe fondamentali che hanno portato all’adozione in Francia del principio della responsabilità diretta anche nei confronti del minore, a tal proposito: << … l’esigenza dell’imputabilità soppressa dal legislatore per gli infermi di mente è stata parimenti soppressa dalla giurisprudenza per i minori, venendosi in tal modo ad accogliere una nozione oggettiva di colpa>>.

180 La Cour de Cassation con una decisione del 1981 si mostra contraria ad estendere il

principio della responsabilità diretta anche al malato fisico che si trova in uno stato di incoscienza, in particolare nel caso di specie, Cass. civ., 4 febbraio 1981, ha escluso tale possibilità in base al rilievo che la semplice perdita di conoscenza determinata da una malattia cardiaca non può essere paragonabile ad una malattia mentale.

regolate dall’art. 489-2 sono soggette all’applicazione delle regole generali in ambito aquiliano.

La dottrina maggioritaria avallata dall’orientamento della Cour de

Cassation ritiene l’interpretazione estensiva quella prevalente.

Il problema è che nell’ordinamento francese, come anche in quello nordamericano, il principio ispiratore della riforma sembra essere un principio di sicurezza sociale, il quale senza dubbio tutela l’interesse della vittima del danno andando, tuttavia, a sacrificare in modo eccessivo la posizione del danneggiante.

4. La proposta italiana

In Italia, alla luce delle suddette riforme negli ordinamenti stranieri, è stata avanzata l’ipotesi di una riformulazione degli attuali artt. 2046 e 2047 c.c., diretta alla maggiore rigorosità in campo aquiliano, come richiesto sia dalla scienza psichiatrica sia dalle riforme in tale campo.

Una proposta contenuta nella “bozza Cendon” è parsa meritevole di attenzione e considerazione da parte della dottrina e dal legislatore che attraverso alcuni disegni di legge ha tentato di porre fine al principio generale dell’irresponsabilità dell’incapace d’intendere o di volere.

L’art. 41 della bozza auspica la sostituzione dell’art. 2046 c.c. in tali termini: << Danno cagionato dall’incapace – Risponde del danno anche la

persona che non aveva la capacità d’intendere o di volere al momento in cui lo ha cagionato. Salvo il caso in cui l’incapacità derivi da colpa dell’autore, il giudice può moderare l’ammontare del risarcimento al quale questi è tenuto, in considerazione dell’età, della gravità dello stato d’incapacità e delle condizioni economiche delle parti>>.

Il principio generale di irresponsabilità, dunque verrebbe ribaltato in un principio di diretta responsabilità dell’incapace182.

La responsabilità dell’incapace perderebbe il carattere della

sussidiarietà acquistando la caratteristica della solidarietà nel caso in cui vi sia un soggetto addetto alla sorveglianza dell’incapace stesso183.

La stessa funzione dell’indennità che nell’attuale art. 2047, 2° comma, c.c. è considerata un elemento sussidiario ad un mancato risarcimento da parte di colui che era addetto alla sorveglianza, verrebbe convertito in un correttivo che il giudice può adottare nello stabilire l’ammontare del risarcimento del danno.

La proposta, contenuta nella bozza Cendon, era sicuramente in linea con le nuove esigenze medico–psichiatriche e con lo spirito con il quale è stata approvata la legge sull’amministrazione di sostegno, la quale premia la

182 P. PETRELLI, op. cit., p. 182: << … da un sistema imperniato su un principio generale di

irresponsabilità, corretto da una previsione di un’equa indennità che il giudice può ammettere in favore del danneggiato, si prospettava un sistema incardinato su un principio generale di responsabilità dell’incapace (non però più sussidiaria, ma solidale con quella del sorvegliante) corretto dalla facoltà riconosciuta al giudice di moderare in via equitativa il quantum

debeatur>>.

183 L’art. 42 della bozza, infatti, sostituisce l’art. 2047 c.c., stabilendo che: << In caso di danno

cagionato da persona incapace di intendere o di volere, il risarcimento può essere chiesto in via solidale a colui che era tenuto alla sorveglianza dell’incapace, salvo che il sorvegliante provi di non aver potuto impedire il fatto>>.

capacità di autodeterminazione del beneficiario nel compiere attività giuridica, considerando la responsabilizzazione uno degli elementi che consolidano tale capacità.

Tuttavia numerose sono le critiche avanzate nei confronti di tale proposta, in primis quella che sottolinea la diversità di trattamento che si verrebbe a creare tra infermi mentali e minori incapaci naturali.

È infatti eccessivo ritenere che l’abolizione del manicomio e la riconosciuta capacità legale d’agire del beneficiario dell’amministrazione di sostegno sia “sacrificata” con la perdita della non imputabilità.

Tutte le critiche avanzate contro la proposta di riforma racchiudono al loro interno una visione “soggettivistica” della colpa, la quale, come invece sostengono gli autori della bozza, deve lasciare spazio solamente ad elementi “oggettivi”.

A questo punto occorre chiedersi quali effetti sarebbero prodotti nel nostro sistema, da una riforma di tale portata.

5. “Irresponsabilità” o “responsabilità”?

La scelta tra l’irresponsabilità e la responsabilità dell’incapace è strettamente connessa a due principi generali:

 il principio di solidarietà sociale  il principio di sicurezza sociale

Il problema non è tanto quello di tutelare il danneggiato dal danno, quanto quello di dimostrare se il sacrificio subito sia attribuibile al

danneggiante che versa in una situazione di incapacità naturale184.

La soluzione italiana è ispirata al principio della solidarietà sociale, il quale è un “criterio d’integrazione della disciplina aquiliana anche quando

occorra esprimere una valutazione del comportamento o dell’interesse protetto”185 del soggetto “debole”.

La solidarietà sociale è spesso richiamata dal legislatore come vincolo per tutta una serie di diritti che contrastano con l’interesse generale e da alcuni autori questa solidarietà è rappresentata come una sorta di favor del diritto nei confronti dell’incapace186.

La clausola costituzionale della solidarietà sociale deve essere la chiave di lettura di varie norme, tra le quali quelle in materia di responsabilità civile degli incapaci, poiché tale clausola “è in grado di orientare, non solo la

valutazione delle ragioni della vittima, ma anche quella degli interessi che fanno capo alla fragilità soggettiva dell’agente”187.

L’operatività del criterio solidaristico nei riguardi della posizione dell’agente trova il suo fondamento nell’esigenza di un riconoscimento dei bisogni e degli interessi dei soggetti incapaci e nella creazione di “un diritto

parzialmente diverso per i diversi (…) che ambisca a rendere ognuno di essi

184 La questione è proposta da C. M. BIANCA, La responsabilità, V, 2012, p. 659: <<La scelta

dell’ordinamento è nel senso di privilegiare l’interesse dell’incapace, e la scelta va mantenuta perché il principio di salvaguardia dell’interesse dell’incapace risponde ad un’esigenza sempre avvertita dalla coscienza sociale>>.

185 M. BUSSANI, op. cit., p. 41.

186 A. DE CUPIS, op. cit., il quae parla del problema etico del diritto civile. 187 M. BUSSANI, op. cit., p. 40.

meno disuguale: ciascuno portatore, comunque, di una quotidianità il meno lontana possibile rispetto ai margini di potenzialità esistenziale che quella specifica fragilità consente”188.

La soluzione dell’art. 2047, 2° comma, c.c. è uno dei principali esempi di solidarietà sociale; infatti, per evitare che la vittima del danno resti senza alcuna forma di riparazione a causa del comportamento dannoso dell’incapace, il legislatore stabilisce la possibilità che il giudice corrisponda un’equa

indennità, ed è proprio il richiamo all’equità che rappresenta il giusto bilanciamento tra la posizione del danneggiante incapace e quella del danneggiato.

Il problema principale semmai è la scarsa applicazione da parte della giurisprudenza di tale norma e di conseguenza la ricaduta pressoché esclusiva del pregiudizio subito nella sfera giuridica del danneggiato.

L’idea di introdurre nell’ordinamento una qualche forma di

responsabilità diretta dell’incapace, è sicuramente da un punto di vista medico– psichiatrico il trionfo delle teorie anti–psichiatriche, tuttavia da un punto di vista dogmatico contiene un conflitto di fondo che resta irrisolto.

La sicurezza sociale è il principio ispiratore di tutte le forme di responsabilità diretta dell’incapace naturale e il suo fondamento è dato dalla regola del tipo “paga o resta inerte”.

Una regola di tale portata tuttavia deve essere posta a raffronto con i principi costituzionali in materia di solidarietà, d’uguaglianza sostanziale e con tutta una serie di diritti della personalità che promuovano l’integrazione dei soggetti c.d. “deboli” all’interno della società.

Qualora si equiparasse il trattamento giuridico di soggetti incapaci e capaci naturali si realizzerebbe una disuguaglianza di fatto, in quanto

l’uguaglianza del trattamento non tiene conto delle diversità che sussistono tra i soggetti.

Come è stato sostenuto il giudice, di fronte ad un’ipotesi di

responsabilità diretta dell’incapace, si troverebbe di fronte a due vittime, la prima di un fatto illecito, la seconda del proprio stato mentale; pertanto tale forma di responsabilità realizzerebbe una doppia ingiustizia189.

La soluzione italiana di irresponsabilità dell’incapace corretta dalla previsione di un’indennità è sicuramente idonea a garantire il necessario bilanciamento degli interessi che le fattispecie di responsabilità civile devono osservare.

Rimane tuttavia il problema della scarsa applicazione della norma correttiva, il che lascia aperta la possibilità di una riforma di tale disciplina, sempre però nel rispetto dei principi costituzionali a tutela della persona.

Conclusioni

Con la presente analisi si è tentato di mettere a confronto l’istituto dell’amministrazione di sostegno e la responsabilità civile dei

soggetti incapaci d’intendere e di volere, al fine di dimostrare il possibile uso dell’ analogia.

L’amministrazione di sostegno è divenuta fin dall’approvazione nel 2004, la principale misura a protezione dei c.d. “soggetti deboli”, relegando ad un ruolo marginale l’interdizione e l’inabilitazione.

Il ruolo centrale del beneficiario e le sue maggiori responsabilità nel compimento degli atti giuridici quotidiani non hanno tuttavia prodotto una modifica delle norme in materia di responsabilità degli incapaci naturali.

L’assenza di una previsione legislativa e di pronunce

giurisdizionali in merito, non hanno tuttavia impedito alla dottrina di fornire un’idonea soluzione in caso di fatto dannoso provocato dal beneficiario.

La situazione di incapacità d’intendere e di volere del beneficiario e i doveri di sorveglianza che il giudice nel decreto assegna

all’amministratore sono i presupposti per l’applicazione analogica degli artt. 2046 e 2047 c.c.

Se la soluzione è soddisfacente da un punto di vista giuridico, non lo è da un punto di vista medico-scientifico e sociale, poiché la

tendenziale irresponsabilità del beneficiario incapace d’intendere e di volere contrasta con la ratio dell’amministrazione di sostegno.

Le soluzioni adottate in altri ordinamenti stranieri orientate ad una responsabilità diretta dell’incapace naturale devono essere

Le prospettive future dovranno quindi auspicabilmente combinare elementi di tutela della persona incapace d’intendere e di volere con una sua maggiore responsabilizzazione al fine di giungere a soluzioni migliori.

Un primo passo in avanti verso tali riforme sarebbe una

frequente applicazione dell’art. 2047, 2° comma, c.c., il quale realizza già tale compromesso.

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