1.6. STRUMENTI A DISPOSIZIONE DELLA STRUTTURA TECNICO CONTABILE.
1.6.3. Il sistema di reporting.
Il reporting è l’ultimo tassello del processo di contabilità direzionale con cui si producono informazioni qualificate a scopo decisionale e di controllo.
La contabilità direzionale trova nel sistema di reporting la fase successiva di comunicazione di informazioni per la valutazione dei risultati e la definizione delle linee di sviluppo futuro.
Esso inizia con la rilevazione selettiva, prosegue con la riclassificazione e sistemazione dei dati, operazione funzionale alla successiva fase di elaborazione, giunge prima alla rappresentazione formale e grafica, poi all’analisi ed interpretazione dei risultati, cui segue la formalizzazione degli stessi nei report aziendali. Su di essi si formeranno le decisioni e prenderanno avvio gli opportuni meccanismi di controllo direzionale.
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Nella dottrina, il reporting interno è assimilato come strumento al cruscotto per l’automobile, che serve al conducente per conoscere in tempo reale i dati fondamentali sulle prestazioni della macchina. La funzione principale del cruscotto è di rilevare, mediante appropriati sensori, elementi utili per realizzare una guida sicura e rispettosa della normativa in materia di codice della strada. In analogia co quanto appena detto, il reporting interno fornisce dunque indicazioni sugli avvenimenti della gestione e sui mutamenti delle condizioni ambientali, che l’azienda sta affrontando. Il sistema di reporting interno rappresenta lo strumento per comunicare alla direzione, secondo i diversi gradi di responsabilità, le informazioni economico-finanziarie e fisico-tecniche rappresentative degli andamenti gestionali. Com’è noto, le informazioni selezionate sono provenienti prevalentemente dalla contabilità direzionale, e consentono di mantenere costantemente aggiornata la percezione dell’azienda in movimento.
E’ il mezzo per evidenziare possibili anomalie, così da aggiungere valore alle misurazioni del controllo di gestione: tutto ciò amplia le potenzialità di utilizzo delle risorse informative raccolte. E’ un sistema di documenti che non solo comunica informazioni sui risultati sui risultati raggiunti, ma si compone anche di prospetti che cercano di dare un’idea sugli andamenti futuri della gestione. Tali prospetti sono redatti in termini probabilistici e forniscono indicazioni sulle tendenze future degli andamenti, informazioni che diversamente l’alta direzione non potrebbe ottenere. Ne consegue che dalla lettura dei rapporti si ricavano stimoli adeguati per decidere, anche se si è coscienti della grane approssimazione dei dati e della conseguente possibilità di cadere in errori più o meno grossi. Il sistema di reporting si presenta, quindi, come uno strumento di aggregazione in forma sinottica, dal quale l’alta direzione pretende di analizzare, non tutte le cause di tutti gli scostamenti verificatisi rispetto ai preventivi, ma di poter tratteggiare un quadro informativo sull’andamento della gestione e dell’arena competitiva in tempi ridotti.
Nel presente lavoro ci occuperemo dei report direzionali, senza considerare gli altri due tipi di rapporti aziendali, ossia quelli istituzionali (che vengono redatti principalmente per finalità esterne, come per esempio i rapporti ambientali o
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quelli sociali) e quelli operativi (che interessano gli organi esecutivi a livello più basso).
I rapporti informativi per il controllo direzionale, detti anche, sinteticamente, rapporti di controllo o rapporti di gestione, costituiscono la naturale sintesi del sistema di contabilità direzionale e contengono i dati qualitativo-monetari fondamentali per il processo di controllo. Essi forniscono risposte alle domande riguardanti i risultati delle attività svolte (scorecard questions) e le tendenze in atto (attention-direction questions); in parte forniscono risposte anche alle domande circa le modalità di svolgimento delle attività e risoluzione dei problemi (problem-solving questions)21.
L’efficacia del sistema di reporting nei processi di controllo dipende essenzialmente dagli elementi che ne determino la struttura:
contenuto; forma; tempestività; sintesi.
La determinazione del fabbisogno informativo (o contenuto) risulta il primo problema da affrontare nella costruzione di un sistema di reporting interno e si caratterizza per l’elevata incertezza dovuta alla natura dell’azienda. Infatti non tutti i dati disponibili sono utili; le scelte dipendono dalle mutevoli caratteristiche dei processi decisionali che sono influenzati a loro volta dalle variabili ambientali ed operative interne. Ne consegue che l’individuazione degli attori fruitori del servizio e dei compiti che essi svolgono, rappresenta la condizione fondamentale per la definizione del fabbisogno informativo più opportuno.
La determinazione del fabbisogno informativo per l’alta direzione rappresenta un’azione necessaria e non priva di problemi, in quanto è difficile escludere a priori dati, anche di origine esterna, che nel futuro potrebbero essere potenzialmente utili per la gestione. Per affrontare le crescenti sfide nell’arena competitiva diventa cruciale la scelta del contenuto che non può essere affidata
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ad un elenco standard, seppure qualificato e ritenuto generalmente utile. Di norma le informazioni raccolte sono allora riconducibili a tre ampie categorie: quantitativo-monetarie, quantitativo-non monetarie e qualitative.
L’alta direzione si trova dunque obbligata a prestare attenzione ai segnali forti misurati in termini economico-finanziari, ma anche a tutti quei segnali deboli provenienti dalla combinazione produttiva e dall’ambiente che altrimenti resterebbero esclusi dalle rilevazioni contabili.
Un aspetto legato all’identificazione del contenuto è rappresentato dall’attendibilità delle informazioni trasmesse tramite i rapporti. L’attendibilità riveste un particolare significato; essa è un attributo che non si limita ad imporre l’accuratezza o la precisione dell’informazione contabile, semmai, si deve parlare, più propriamente, di precisione nel grado di approssimazione. Avere un reporting interno attendibile vuol dire essere in grado di comunicare valori rappresentativi della realtà monitorata che, sebbene approssimati, favoriscono un dialogo interno, una scelta e un’azione rapida nell’area esaminata. In ultima analisi l’impiego delle tecnologie dell’informazione, accrescendo la quota del patrimonio dati che viene controllata e verificata immediatamente in sede di raccolta, può ridurre in trade off fra affidabilità e tempestività; infatti la diffusione delle tecnologie dell’informazione consente in tempi brevissimi l’utilizzo di dati immessi nel sistema informativo solo se completi nei loro attributi informativi e formalmente corretti.
La forma del reporting è un carattere di importanza pari a quello del fabbisogno informativo.
La creatività dei manager può consentire la rappresentazione di elementi di non facile comunicazione evitandone così l’esclusione dai report finali. La forma è funzionale al contenuto ed insieme concorrono a rendere più efficace il sistema di report per l’alta direzione. Essa non deve essere preferita al contenuto a tal
punto da escludere le informazioni non facilmente comunicabili,
indipendentemente dalla criticità del fenomeno, solo perché di difficile rappresentazione. Le modalità di redazione di una scheda informativa vengono influenzate dalle caratteristiche (conoscenze specifiche, cultura, capacità) del
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soggetto decisore che e usufruisce perché solo così si consente la rapida comprensione ed assimilazione del materiale selezionato.
Il modo con cui vengono redatti i rapporti ha una valenza significativa; per quanto possibile, i responsabili del sistema di reporting devono favorire il recepimento dei dati con minimo sforzo ed in tempi rapidi pena il rischio di vederli accantonati e successivamente inutilizzati.
Pertanto l’attenzione alla forma sottintende uno sforzo continuo nella ricerca di una rappresentazione il più possibile comprensibile per chi deve utilizzare tali informazioni. Il grado di chiarezza è un concetto strettamente legato al soggetto fruitore e solo nel rispetto di tale correlazione si possono ridurre le occasioni di incomprensioni ed ambiguità dei messaggi comunicati. I report possono allora essere redatti secondo diverse modalità: tabelle, rappresentazioni grafiche e testo descrittivo. La scelta dell’uno o dell’altra modalità dipende dalla natura dei risultati, anche se di solito per i valori misurabili e tangibili prevalgono le tabelle ed i grafici, mentre per le informazioni qualitative è spesso necessario il testo descrittivo.
Il requisito della tempestività nella trasmissione dei report è un aspetto cruciale e di attualità, in quanto “i dati, le notizie, le informazioni sono utili nel momento in cui servono, altrimenti assumono carattere storico e si trasformano, agli effetti che si considerano, in oggetti da museo”22. I nuovi strumenti informatici accrescono le potenzialità di rapide elaborazioni rappresentative di fatti aziendali e consentono una maggiore tempestività nella trasmissione delle relative analisi. In particolare è utile, all’interno di questa caratteristica, evidenziare tre componenti fra loro in stretta correlazione quali:
1. la frequenza, cioè la periodicità con cui il rapporto e le sue parti componenti vengono predisposti; essa dipende dal ritmo con il quale i manager devono affrontare le diverse tipologie di decisione e dai tempi necessari al manager per intraprendere idonee azioni correttive.
2. la dimensione di analisi, cioè l’intervallo temporale coperto dal report;
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3. l’immediatezza, rappresentata dal periodo di tempo che intercorre tra il verificarsi dei fenomeni rappresentati nel rapporto e la disponibilità del rapporto stesso per i destinatari-utilizzatori.
La sintesi rappresenta sicuramente un ulteriore requisito che riassume in sé molte delle riflessioni fin qui compiute. L’informazione sintetica, infatti, permette di poter costituire un corpo organico di facile consultazione ed assimilazione.
Inoltre dietro al concetto di sintesi si richiamano i concetti di rilevanza, selettività ed articolazione che meglio fanno comprendere le modalità con cui l’informazione deve essere trasmessa all’alta direzione ed al management dei livelli sottostanti.
Il principio di rilevanza influenza la natura delle informazioni, i tempi e i modi di comunicazione. Esso risulta fondamentale per la direzione delle modalità con cui le informazioni disponibili possono essere comunicate: stabilendo ciò che è rilevante e ciò che è superfluo. Il termine rilevanza non è affatto sinonimo di sintesi in quanto l’alta direzione necessita sovente di informazioni anche analitiche su specifici eventi.
Accanto al requisito della rilevanza è utile considerare la selettività, cioè l’attività di definizione di una probabile scala gerarchica delle priorità fra le informazioni rilevanti per il processo decisionale. Tale requisito si ispira all’analisi di Pareto, la quale presuppone in qualsiasi insieme di elementi (o problemi) che solo una parte (circa il 20%) abbia un particolare significato e caratterizzi l’insieme incidendo largamente sui risultati finali. Il principio di selettività può, però, comportare il rischio di eliminare dal rapporto direzionale i segnali deboli provenienti dall’ambiente, che in quanto deboli, potrebbero essere eliminati dalle priorità informative23. Tale riflessione induce atteggiamenti prudenziali, in quanto non è così semplice selezionare quel “20%” ogni volta che la dinamica delle variabili oggetto di analisi tende ad aumentare di complessità.
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Una scelta oculata accantona il concetto che il 20% dei problemi permetta di risolvere l’80% delle difficoltà riscontrate24.
L’articolazione del reporting in documenti elementari, quali sottosistemi facenti parte di un sistema unico, facilita la comprensione e permette una migliore corrispondenza fra la realtà monitorata e gli indicatori destinati a rappresentarla. Tutti i requisiti appena descritti, nella realtà aziendale (soprattutto nella piccole e medie aziende), risultano fortemente influenzati dal criterio dell’economicità poiché non è accettabile l’ottimizzazione di un carattere a danno dell’efficacia dell’intero sistema: è più che mai desiderabile, in effetti, il conseguimento di un rapporto soddisfacente tra l’importanza del fenomeno da monitorare ed il costo del controllo.
Nel sistema di reporting il perseguimento dell’economicità richiede un utilizzo equilibrato di risorse: quest’affermazione di facile condivisione diventa di difficile realizzazione nel momento operativo.
E’ altrettanto evidente come l’attuale evoluzione del sistema di reporting crei non pochi problemi, in quanto si è passati, negli anni, da semplice sintesi di dati contabili a uno strumento complesso di comunicazione per le decisioni dell’alta direzione.
Un reporting conveniente esige, pertanto, la verifica continua di un soddisfacente rapporto tra l’importanza del fenomeno da monitorare, le informazioni da produrre ed il costo dell’analisi.
Con riguardo alla struttura organizzativa del controllo, inoltre, i documenti elementari componenti il rapporto informativo dovrebbero far riferimento ai centri di responsabilità aziendale, cioè dovrebbero essere predisposti con tempestività e contenuti informativi differenziati in funzione dei destinatari- responsabili, a livello gerarchico o a livello funzionale, del risultato oggetto di controllo.
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A. Marelli, “Il sistema di reporting interno. Logiche di strutturazione delle informazioni aziendali per le decisioni dell’alta direzione.”, Giuffrè, Milano, 2000, pag. 51.
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Parallelamente, dovrebbero essere definiti i livelli di responsabilità e la periodicità di fornitura dei rapporti stessi.
D’altro canto i report dovrebbero avere le seguenti caratteristiche:
1. essere incentrati sulle variabili-chiave controllabili: indicatori di performance legati a specifiche responsabilità organizzative;
2. riportare i dati di tipo comparativo: dati consuntivo rispetto ai corrispondenti dati di budget, ma anche rispetto ad altri dati consuntivi riferiti a periodi di tempo equivalenti (mese, trimestre, anno, ecc.);
3. riportare i dati per eccezioni, cioè solo i dati anomali o che si discostano significativamente rispetto ai valori normali. Pertanto, dovrebbero essere preliminarmente definiti gli intervalli di varianza ritenuti accettabili. Il riferimento agli obiettivi ed alle variabili-chiave di controllo è di fondamentale importanza nella progettazione di qualsiasi sistema di reporting.
I report direzionali sono riconducibili a 12 tipologie elementari, accorpabili in 5 gruppi fondamentali, ossia nei rapporti25:
a. di gestione (informativo generale, di andamento economico- finanziario, di controllo, del valore);
b. preliminari (di bilancio e di budget); c. di auditing (interno ed esterno);
d. strategici (di pianificazione e di controllo);
e. straordinari (per modifiche istituzionali e per progetti speciali).
La nostra analisi si soffermerà sui contenuti tipici dei soli report di gestione, avendo a riferimento le necessità avvertite dalle piccole e medie imprese caratterizzate da una cultura aziendale spesso ancora in divenire e da un’abilità manageriale del redattore e dei destinatari non particolarmente elevate.
Il report informativo generale si compone di quattro tipologie di rapporti: report commerciale, report produttivo, report amministrativo e generale ed ,infine, report dei processi e delle attività.
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Tale report, che è opportuno sia realizzato con scadenza almeno mensile nonostante nella pratica siano diffusi report trimestrali, ha lo scopo di offrire un quadro d’insieme sull’andamento aziendale. Qualora siano presenti più Asa, il rapporto informativo generale deve essere redatto singolarmente per ciascuna di esse, compendiando, poi, i dati in un unico report informativo generale complessivo per l’intera azienda.
Il report di andamento economico e finanziario si prefigge di fornire, su base mensile o trimestrale, informazioni sull’andamento economico e sulla situazione patrimoniale e finanziaria della società. Si suddivide in due rapporti: quello economico e quello finanziario. Entrambi vengono redatti a livello di Asa e, poi, fatti confluire in un unico rapporto complessivo a livello di corporate.
Il rapporto di controllo di gestione ha lo scopo di individuare ed analizzare mensilmente (o quantomeno trimestralmente), gli scostamenti significativi fra i risultati consuntivi e quelli preventivi di gestione. I risultati monitorati sono di tre tipi, ossia quelli:
1. tradizionali di performance economica, misurati dai costi e dai ricavi; 2. di tipo qualitativo (qualità, livello di servizio, ecc.);
3. di tipo quantitativo non monetario (tempi, grado di difettosità, produttività, ecc.).
Tipica del controllo di gestione è la logica per eccezioni, con cui si procede all’investigazione degli scostamenti più rilevanti, per cui prioritaria risulta la definizione della significatività dello scostamento.
Infine, l’ultimo elemento che compone il report di gestione è il report del valore. Con esso si cerca di investigare sul valore generato dall’azienda nei processi combinatori interni e in quelli di relazione esterna, per effetto delle transazioni con terze economie, volte all’acquisizione dei fattori produttivi ed alla cessione sul mercato dei beni e servizi richiesti dai clienti.
Si può qui assumere di impiegare, quale misura del valore aziendale in un determinato istante, la particolare configurazione di capitale denominata capitale economico; mentre la sua variazione nel tempo può essere posta a evidenza del
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risultato in termini di valore prodottosi per effetto della gestione in un determinato arco temporale.
1.7. CONTABILITA’ GENERALE E CONTABILITA’ ANALITICA: