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Capitolo 1: Lo Stato dell'arte dei principali mercati europei

3.2 Verso una regolamentazione a livello europeo del crowdfunding

3.2.1 La situazione nel Regno unito

Abbiamo visto nel secondo capitolo a che punto siamo arrivati in Italia sulla regolamentazione dell’equity crowdfunding, e adesso cercheremo di capire qual’è la situazione nel resto d’Europa e se vi saranno a breve concrete possibili opportunità di una armonizzazione regolamentare tra i 28 Stati Membri. Attualmente non risulta, un fenomeno, che ricade all’interno di varie discipline armonizzate (sollecitazione all’investimento, Direttive MiFID, Transparency, sul Prospetto ecc..); l’Italia ha dimostrato sicuramente di essere un passo in avanti rispetto al resto d’Europa, ma questa situazione a livello comunitario, comporta "l’introduzione di un sensibile elemento di incertezza per il quadro normativo applicabile e per l’intervento delle rispettive Autorità di controllo indipendenti nazionali deputate a vigilare sul fenomeno, che potrebbe risultare eterogeneo"198.

Uno dei primi interventi in ambito comunitario, seppur lontano da obiettivi di armonizzazione, lo possiamo far risalire alla "Avvertenza per gli Investitori" da parte dell’ESMA, che metteva già nel Settembre del 2012, in guardia dalle "Insidie dell’investimento on-line"199. Un piccolo passo, ma ovviamente non sufficiente; si pensi che nei vari paesi i portali on-line operano secondo modalità differenti tra loro.

La Commissione Europea pertanto il 3 Ottobre 2013, ha lanciato una consultazione pubblica durata fino al 31 dicembre 2013, ciò sicuramente al fine di "invitare i cittadini, le imprese e gli altri stakeholders a condividere il loro punto di vista in merito ai potenziali benefici e ai rischi del crowdfunding"200.

198Si veda ALVISI P., Equity crowdfunding: uno sguardo comparatistico, in “Rivista di Diritto Bancario. Dottrina e giurisprudenza commentata”, pag.11 , Marzo 2014,

199Dove le raccomandazioni principali verso gli investitori al dettaglio sono quelli di diffidare da promesse di rendimento elevate, mettersi in guardia dai possibili rischi che possono celarsi dietro l’investimento, verificare se la società che sollecita all’investimento sia munita delle autorizzazioni necessarie. Fare particolare attenzione a quei software che possono generare automaticamente un ordine o una transazione.

Si veda :https://www.esma.europa.eu/sites/default/files/library/2015/11/investor_warning_-_it_0.pdf. 200 Si Veda MIRRA V. in "EQUITY CROWDFUNDING: LA GUIDA PRATICA. Come orientarsi in tema

di raccolta fondi, start up e nuovi finanziamenti"; pag 12, FILO DIRITTO. 2014.

In Italia al 2014 risultavano ben 21 piattaforme (con 2 in fase di lancio), delle quali 12 del modello reward besed, 7 donation based, 2 nel social lending e solamente 2 nello schema equity based. (una di quest’ultima tipologia, fondata e con sede proprio a Livorno , la "StarsUp SRL", la prima a esser stata autorizzata e a entrare nell’apposito registro Consob, e il cui Presidente e co-fondatore Matteo Piras ha curato l’introduzione del breve saggio visto sopra in questa nota)

In particolare da questa consultazione emergono alcuni fattori critici che possono colpire sia l’investitore che l’impresa e sui quali sarebbe consigliabile intervenire a livello regolamentare in Europa, quali201:

 prima dell’investimento i futuri azionisti dovrebbero essere messi al corrente dell’assenza di un mercato secondario che possa tutelare l’investitore nel processo di exit dall’investimento.

 rischi di frode e di antiriciclaggio.

 problematicità nell’esercizio dei diritti amministrativi delle varie partecipazioni, e il rischio che si incorra in rischi di diluizione dell’investimento qualora l’azienda decida emettere all’improvviso nuove azioni

 problematicità per le imprese in termini di brevetti o diritti di proprietà intellettuale che vengono messi subito a disposizione e a conoscenza della folla (crowd) e del mercato (un problema simile a quello visto per la SPAC).

Si auspicano quindi degli interventi regolatori a livello comunitario al fine di armonizzare il processo di raccolta del capitale, riducendo i costi dell’operazione (informativi e di promozione), e magari anche eliminando dei vincoli o limiti, riguardanti la natura soggettiva dei potenziali investitori o le soglie massime e minime di investimento. L’Italia rimane l’eccezione avendo già regolamentato l’Equity crowdfunding, ma nella maggior parte dei restanti paesi europei, dove tuttalpiù si è assistito ad accordi tra gestori di portali e relative Autorità competenti del settore, che si sono limitate nell’emanazione di semplici "avvertenze" nel tentativo di metter in guardia dai possibili rischi non essendo tali sollecitazioni all’investimento sotto la sfera di controllo delle stesse Autorità.

In Gran Bretagna al 2014, specialmente l’equity e il loan based crowdfunding, non erano vietati, ma vi era ancora una assenza di regolamentazione anche se iniziavano a delinearsi i primi dibattiti al riguardo (a differenza dei modelli donation e reward model che venivano ritenuti non complementari con le fattispecie di investimento finanziario, lasciandole così fuori da un possibile ambito di regolamentazione). Venivano tuttalpiù 201European Commission- Consultation Document "Crowdfunding in the EU – Explored the added value

of potential EU action, pag 6, Brussels, 03 October 2013.

Si veda http://ec.europa.eu/internal_market/consultations/2013/crowdfunding/docs/consultation- document_en.pdf.

analizzati nell’ambito della sollecitazione al pubblico e quindi bisogna agire quali intermediari autorizzati dalla FCA (Financial Conduct Authority) oppure operare attraverso il regime di esenzione. L’FCA segnala in ogni caso l’alto profilo di rischio sottolineando come "eventuali controversie con i gestori delle platforms siano sottratte alla competenza del Financial Ombudsman Service e non siano contemplate tra le forme di investimento supportate dal Financial Services Compensation Scheme, da cui potrebbero conseguire difficoltà e oneri per l’investitore nella tutela delle proprie ragioni".202

Quindi è possibile distinguere 2 tipologie di piattaforme:

1) Quelle autorizzate ad operare nella sollecitazione all’investimento e dove si concede l’investimento solamente a investitori professionali e a investitori retail non qualificati purché dimostrino di non investire più del 10% del loro patrimonio.

2) Quelle che si occupano solamente di presentare l’investimento, facendo particolare attenzione che le informazioni pubblicate sul portale non vadano a configurarsi come consulenza finanziaria o promozione di investimento (col rischio di dover richiedere autorizzazioni alla FCA).

In ogni caso si evince rispetto al caso italiano che le piattaforme online si rivolgono a un pubblico indistinto di imprese o start up e gli investitori possono investirvi qualsiasi somma o entità. I risultati nel 2014 sono stati notevoli, con una raccolta complessiva nel Regno Unito di circa €111 milioni rispetto agli €1,3 raccolti in Italia. Il segnale che forse in Italia si siano messi talmente tanti paletti nel tentativo di garantire una maggior tutela nei confronti dell’investitore col risultato finale di aver limitato le opportunità di tale fenomeno?

202Si veda J. Gray, The legislative Basis of Systemic Review and Compensation for the Mis-Selling of Retail Financial Services and Products, in 2004 Statute Law Review 25(3), p.196 ss.; cfr. anche Financial Services Compensation Scheme, Annual Report and Accounts, 2011/12, disponibile sul sito

Figura 8: Confronto processo di quotazione tra UK e Italia

Fonte: crowdfundngbuzz ALLEGRENI F. .(2015)

Anche se di recente in Italia, grazie al Decreto Investment Compact, è stata data la possibilità anche alle c.d. PMI innovative di poter riceve finanziamenti tramite l’equity crowdfunding, ciò risulta riduttivo se paragonato al modus operandi del Regno Unito203. Altra differenza di non poco conto rispetto al contesto anglosassone, sono i costi legali, amministrativi e notarili (pensiamo alla modifica dello statuto), convocazioni per 203Basti pensare che ad inizio 2015 si contavano (da quanto dichiarato da Mattia Corbetta, Membro della segreteria tecnica del MISE) in Italia circa 5000 PMI innovative. Un numero irrisorio rispetto alle circa 4 milioni di PMI totali. Abbiamo già accennato nel 2° capitolo ai problemi parzialmente risolti dal nuovo Regolamento Consob e della facoltà per le piattaforme dell’opt in. C’è da riflettere, in quanto, in UK fin da subito il modo di investire non è stato snaturato, passando tramite una modalità offline da un intermediario bancario o SIM, per svolgere alcuna profilatura del cliente ai sensi MiFID al superamento di determinate soglie di investimento, ma al contrario, semplicemente la FCA impone che venga sottoposto al futuro investire, direttamente sul sito della piattaforma (che deve essere già tempestato da tutta una serie di avvertenze) alla compilazione di unico un questionario online. E inoltre la FCA consente all’investitore di "impegnare i fondi senza passare da un intermediario finanziario, come previsto da Consob, ma depositandoli in un escrow account gestito da piattaforme online certificate a livello europeo come GoCardless o MangoPay. Lo stesso avviene anche in Francia, in Spagna, in Olanda, in Svezia…"

Si veda ALLEGRENI. F. in "Come migliorare il regolamento dell’equity crowdfunding in Italia", 12/02/2015,http://www.crowdfundingbuzz.it/come-migliorare-il-regolamento-dellequity-

aumenti di capitale, apertura di un conto presso intermediari finanziari indicati dalla piattaforma, tutti costi che in Italia vanno sostenuti ancor prima che si abbia la certezza ufficiale che la campagna di raccolta dei fondi abbia raggiunto il target prefissato204. Tutti costi che il mercato UK invece tenta di spostare (o quanto meno ridurre) alla fine del processo di raccolta.

3.2.2. I primi tentativi di convergenza e armonizzazione del crowdfunding