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Società in crescita

La maggior parte dei territori coloniali americani registrò un forte svi- luppo economico nel corso del xviii secolo. Tale ascesa fu soprattutto il risultato della notevole crescita demografica del continente a partire dalla seconda metà del xvii secolo, aumento che fu dovuto in parte a maggiori flussi migratori e in parte a un incremento del tasso di crescita naturale della popolazione. Oltre alla migrazione volontaria, proveniente dall’Eu- ropa, occorre considerare il vertiginoso aumento delle importazioni di schiavi dall’Africa, che nella seconda metà del secolo raggiunse il culmine.

L’incremento demografico fu più evidente nelle colonie britanniche continentali che in altre parti del continente americano. Qui, oltre a una notevole immigrazione – tanto europea come africana –, giocò un ruo- lo importante la crescita naturale, spettacolare per gli standard europei dell’epoca: tra il 1670 e il 1780 la popolazione totale crebbe con un tasso annuale del 3%. Il tasso di fertilità era alto e quello della mortalità infantile molto più basso che in Europa; inoltre gran parte della popolazione bene- ficiò per lungo periodo di ragionevoli condizioni di pace e di sicurezza1.

Il tasso medio di crescita sul continente era però il doppio di quello dei Caraibi: qui, infatti, il tasso di riproduzione degli schiavi, che costituivano la maggioranza della popolazione delle isole, era molto più basso e la mor- talità ben più alta.

Anche la popolazione dell’impero spagnolo cominciò a crescere nel corso del Settecento. Se l’immigrazione europea fu nettamente inferiore a quella delle colonie britanniche – in ragione del fatto che la corona conti- nuava a proibire l’immigrazione a chi non fosse spagnolo –, il numero di schiavi importati crebbe notevolmente. Anche se questo incremento non è tale da giustificare il sensibile aumento della popolazione, l’ascesa del nu-

mero di schiavi giunti nei territori spagnoli è significativa rispetto al secolo precedente: mentre l’importazione di schiavi africani nei territori dell’A- merica spagnola fu di poco meno di 57.000 unità tra il 1642 e il 1700, quella del secolo successivo fu all’incirca di 146.000 unità. Servivano in- fatti quantità sempre maggiori di schiavi da usare nei territori ai margini dell’impero, come la Nuova Granada e il Venezuela. In quest’ultima regio- ne la schiavitù nera fornì la maggior parte della manodopera nel periodo del boom del cacao, che durò dalla fine del Seicento sino alla metà del secolo successivo. Un altro avamposto dell’impero, Cuba, cominciò a im- portare massicciamente gli schiavi in risposta al sensazionale ampliamento delle piantagioni di canna da zucchero. Nonostante il maggior numero di schiavi importati, l’incremento della popolazione delle colonie spagnole, così come di quelle inglesi, è dovuto sostanzialmente all’aumento del tasso di crescita demografico. Si calcola che questo raggiunga, già nel corso della seconda metà del xviii secolo, il valore che avrà nella prima metà del xix, ossia tra l’1,2 e l’1,5% annuo.

Si tratta di un tasso di crescita inferiore a quello delle colonie britanni- che continentali, ma superiore a quello di molte aree europee. In effetti, a differenza di quanto avveniva in Europa, l’espansione demografica ameri- cana dipese essenzialmente dalla facilità dei settori popolari di soddisfare le proprie necessità alimentari, grazie soprattutto all’ampia disponibilità di terre. Mentre il tasso di riproduzione della componente africana non raggiunse mai i livelli dell’America del Nord, per la popolazione indigena ciò dipese da una combinazione di elementi. Anche se dagli ultimi de- cenni del Seicento la popolazione indigena aveva cominciato a risalire, il recupero continuò a essere incerto. Nonostante un’aumentata capacità di resistenza alle malattie europee, gli indigeni rimanevano vulnerabili alle ondate epidemiche: i tassi di mortalità – specialmente di quella infantile – rimasero notevolmente più alti di quelli della popolazione bianca e metic- cia. Inoltre, occorre considerare altri fattori di tipo sociale, che vanno dalle condizioni di lavoro alle norme di comportamento sessuale comunitarie, caratterizzate da un forte controllo: infatti nelle comunità indigene il tas- so di illegittimità era basso mentre era elevatissimo tra meticci e mulatti. I gruppi che registrarono un più elevato tasso di crescita furono i creoli e le castas. I numeri della crescita demografica creola furono certamente

incrementati dall’inclusione di quanti, sebbene di ascendenza spagnola non pura, riuscirono a spacciarsi per bianchi. L’aspetto più notevole della società ispano-americana del xviii secolo fu comunque la rapida crescita

della popolazione mista, di meticci e mulatti: nel 1780, ad esempio, la po- polazione della Nuova Granada era formata per il 46% da meticci, il 20% da indigeni, l’8% da neri e il 26% da bianchi2.

Una conseguenza importante della crescita demografica fu un incre- mento della popolazione urbana nelle società coloniali americane. Tut- tavia, le popolazioni urbane dell’America britannica – e ancor più quelle dell’America francese – restarono assai piccole se confrontate con quelle di alcune tra le principali città del mondo ibero-americano: mentre Bo- ston, Philadelphia e New York avevano rispettivamente, a metà del xviii secolo, 16.000, 13.000 e 11.000 abitanti, Città del Messico, Lima e Bahia ne avevano rispettivamente 112.000, 52.000 e 36.0003. Nel mondo ibero-

americano l’incremento della popolazione urbana non si registra solo nelle città capitali ma anche nelle città provinciali e secondarie, che si era- no andate moltiplicando nel corso del Settecento. In Brasile si assiste ad esempio a una proliferazione di piccoli centri non solo sulla costa, come in passato, ma anche nelle regioni interne, soprattutto lungo le zone di frontiera.

L’aumento del tasso di crescita della popolazione americana è stretta- mente correlato all’incremento delle attività produttive. Alla base della prosperità economica delle colonie spagnole c’era la ripresa della produ- zione mineraria dopo le difficoltà del xvii secolo, in particolar modo a Po- tosí. Questo aumento fu una risposta alla richiesta insaziabile di argento americano da parte dell’Europa insieme a una maggiore disponibilità di mercurio spagnolo da utilizzare nei processi di raffinazione, all’apertura di nuovi pozzi e alla volontà degli imprenditori di impiegare capitali in imprese rischiose ma estremamente redditizie. Crescita e sviluppo carat- terizzavano anche le regioni orientali dell’America spagnola, lontane dalle economie estrattive del Perù e della Nuova Spagna, ma sempre più inter- connesse con l’economia atlantica. Il cacao venezuelano e i pellami prove- nienti dal Río de la Plata venivano esportati in Europa in quantità sempre maggiori, il che, a sua volta, favorì una nuova prosperità e un aumento di popolazione in città come Caracas e Buenos Aires. Nella seconda metà del xviii secolo, le esportazioni americane di beni agricoli (allevamento e coloranti) si espandono tanto da ridurre la partecipazione dei metalli preziosi agli scambi interoceanici. Accanto a questi, esisteva un segmento significativo di commercio tra le aree americane, il quale non era totalmen- te separato dal commercio atlan ti co4.

notevolmente nel corso del xviii secolo. Mentre le economie basate sulla piantagione, grazie anche all’aumento delle importazioni di schiavi africa- ni, registrarono un forte aumento nel valore e nel volume delle esportazio- ni, altri territori, come quelli francesi e inglesi dell’America settentrionale, svilupparono un’economia più diversificata, anch’essa strettamente legata ai circuiti commerciali atlantici: oltre alla produzione di beni agricoli di prima necessità, non solo per l’autoconsumo ma anche per l’esportazione nelle Indie occidentali e in Europa, commerciavano pelli e pellicce, legna- me, prodotti navali, della cantieristica e della pesca. In Brasile, anche se l’auge minerario terminò verso la metà del xviii secolo, segnando la fine della corsa all’oro, le varie spedizioni verso l’interno avevano incorporato regioni prima disabitate nell’economia brasiliana. La domanda di cibo e di animali per il trasporto ebbe ripercussioni importanti nelle regioni vicine alle miniere, in quanto favorì lo sviluppo agricolo e l’allevamento.