Istituto di Istruzione Superiore “Lorenzo Rota” di Calolziocorte anno scolastico 2011 - 2012
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ
1. E vero che, quando conosce Abelardo, Eloisa è molto giovane e si trova davanti a quello che è il suo primo amore; tuttavia, con il passare del tempo, il rapporto tra Abelardo ed Eloisa si rafforza e diviene più maturo. L’amore tra Abelardo ed Eloisa viene messo a dura prova dai tragici eventi che lo contrassegnano. Se l’amore di Eloisa per Abelardo fosse stato serio un’infatuazione giovanile sarebbe stato annientato da tali eventi.
2. Bisogna tener presente che quando Eloisa definisce Abelardo “signore, anzi padre” già da tempo i due a-manti erano reclusi in monastero. Come già affermato prima, Abelardo aveva saputo affrontare il distacco fisico da Eloisa ed elevarsi ad un superiore amore per Eloisa in Dio. Eloisa, invece, fatica ad accettare questo distacco. Ella, dunque, riconosce sotto questo profilo una sorta di superiorità spirituale di Abelardo, superiorità che ella non possiede e a cui forse neppure ambisce, ma che comunque la spinge ad una forma di rispetto (espressa con i ter-mini “signore” e “padre”) nei confronti del suo amato. Di conseguenza, ella si definisce “ancella, anzi figlia”. Tut-tavia, ciò riguarda solo questo particolare aspetto dell’ultimo periodo del rapporto amoroso tra Abelardo ed Eloi-sa. Ed infatti, la stessa Eloisa, nella lettera II, dichiara che per lei “fu sempre più dolce quello [ossia il nome] di a-mica» perfino quello di amante” A ciò va aggiunto che i termini “signore” e “figlia” utilizzati da Eloisa semplice-mente potrebbero definire il rapporto di dipendenza affettiva di Eloisa stessa da Abelardo: ognuno dei due amanti è “signore” del cuore dell’altro.
D’altra parte, è insostenibile una presunta superiorità psicologica di Abelardo su Eloisa. È vero che Abelardo era uomo colto e di grande fama (caratteristiche, queste, che potevano conferirgli un ascendente sulle donne), ma è anche vero che Eloisa «è una donna giovane ed erudita”, cosa che, nel Medioevo, deve risultare indubbia-mente oggetto di ammirazione e stupore. Dunque, anche Eloisa eccelleva per doti sulle altre donne (così come Abelardo sugli altri uomini), e, pertanto, non si vede il motivo per cui ella avrebbe dovuto sentirsi in condizione di inferiorità psicologica di fronte ad Abelardo. Oltre a ciò, è vero che nella Historia Abelardo afferma che nulla gli sarebbe stato più facile che conquistare il cuore di Eloisa, in virtù delle proprie doti; ma bisogna anche ricordare che il peccato che predomina nella vita di Abelardo è la superbia. Ora, quando Abelardo scrive l’Historia, già da tempo ha conquistato la sua amata e, perciò, nel descrivere il suo primo approccio ad Eloisa già sa che esso sarà destinato ad andare a buon fine. Abelardo, quindi, in tale descrizione, potrebbe aver esaltato almeno in parte quelle proprie doti che tanto successo ebbero sui cuore di Eloisa. In conclusione, non è possibile affermare che il racconto di Abelardo, in riferimento a questo argomento, sia una fonte attendibile. Da ultimo, è vero che la stessa Eloisa afferma che molte donne invidiavano la sua relazione con Abelardo, uomo (a suo dire) irresistibile per ogni donna; ma è anche vero che Eloisa ama ardentemente Abelardo, ed egli non può apparire ai suoi occhi se non come il migliore degli uomini. Dunque, neppure Eloisa può essere considerata una fonte attendibile in merito a questo argomento.
3. L’opposizione di Eloisa al suo matrimonio con Abelardo non è legata a motivi egoistici, ma si fonda sulla ri-cerca da parte di Eloisa del bene per Abelardo. Infatti, a proposito della ritrosia di Eloisa al matrimonio, così scrive Abelardo nella Historia “Si domandava se mai avrebbe potuto sentirsi contenta di una soluzione che avrebbe compromesso la mia reputazione […] Insieme col mio disonore, mi ricordava gli inconvenienti del matrimonio, che l’Apostolo ci esorta ad evitare”. Insomma, ciò che spinge Eloisa a rifiutare il matrimonio è la preoccupazione che l’onore e la vita di studioso di Abelardo ne risultino compromessi; Eloisa, infatti, condivideva l’idea molto diffusa all’epoca secondo cui 1’uomo di studi dovesse condurre una vita di castità e celibato. Comunque, per fugare ogni dubbio, bisogna ricordare che, dopo aver esposto le proprie ragioni, Eloisa accettò il matrimonio con Abelardo, a riprova di come ella lo amasse e fosse pronta a sacrificare per lui anche ciò che riteneva un bene.
4. Due cose vanno precisate. Innanzitutto, è vero che Eloisa non ha possibilità in monastero di contrarre nuovi amori, ma è anche vero che ella ne ha avuta la possibilità durante tutto il periodo della loro relazione fuori dal monastero (il che vuol dire all’incirca dal 1116 agli inizi del 1118). Se dunque Eloisa, in questo periodo di tempo, non ha lasciato Abelardo per inseguire nuovi amori, ciò significa che per lei il legame con Abelardo non meritava di essere messo in discussione, in caso contrario, Eloisa avrebbe potuto benissimo rifiutare la reclusione in mona-stero e abbandonare Abelardo. In secondo luogo, è vero che Eloisa si abbandona più volte nelle sue lettere al ri-cordo del passato; ma è anche vero che per lei la presenza costante di Abelardo è indispensabile. Tanto è vero che, al lungo silenzio epistolare di Abelardo, Eloisa risponde rimproverandolo di averla dimenticata ed abbando-nata (lettera II): “Dimmi, se puoi, perché dopo il nostro ritiro in convento [ ] hai cominciato a trascurarmi tanto e a dimenticarti tanto di me, al punto che ne mi vieni a trovare né mi scrivi”. Eloisa non è persa in un vacuo ricordo di Abelardo: semplicemente fatica a rinunciare al passato rapporto, costante e fisico, che manteneva con l’amato.
Discussione nella forma del “Simposio” Prerequisito
Lettura dei testi: Abelardo, “La storia delle mi disgrazie” e qualche lettera di Eloisa a scelta.
Tempo e disposizione della classe
Per la riuscita dell’attività sono richieste 2h di tempo. E’ opportuno disporre la classe in cerchio, in modo che tutti possano guardarsi e confrontarsi francamente. Si parte a sorpresa da destra e si fa il giro di tutti. L’insegnante o un incaricato segna su di un foglio le linee essenziali dei diversi interventi.
Le domande guida
Le domande guida del dibattito potrebbero essere le seguenti:
1. In che cosa consiste la grandezza di Eloisa? Perché mi piace, ci piace Eloisa? Quali sono le qualità che la ca-ratterizzano? Quali sono i caratteri del suo amore?
2. In che cosa consiste la grandezza di Abelardo? Perché Abelardo mi piace, ci piace? Quali sono le qualità che lo caratterizzano? Quali sono i caratteri del suo amore per Eloisa?
Anche l’insegnante partecipa e interviene per ultimo
«Di Eloisa mi piace la sua passione e la sua umanità. Del suo amore mi piace la debolezza resa manifesta, la terrestrità, il fatto che desideri una presenza reale e concreta di Abelardo. Mi piace il fatto che lo dica, che lo chieda e lo manifesti apertamente, che rimpianga i momenti passati, la sua nostalgia, che ami Abelardo al di sopra di tutto. Mi piace la sua dedizione totale, umana, alla faccia di Dio e se si dovesse anche contro Dio.
L’umanità di Eloisa fa la differenza con Abelardo. Perché è vero che l’amore in Cristo è il più grande di tutti. Ma per noi uomini, qui in questo mondo, hic et nunc, è la dimensione umana che conta. Eloisa ha dato la vita per Abelardo e quale amore più grande di quello di dare la vita per qualcuno. Eloisa non teme il giudizio di Dio perché sa che il giudizio avverrà per quanto uno più ha amato.
Eloisa ama Abelardo nonostante Abelardo, lo ama nei suoi difetti, nelle sua mancanze, nelle sue sozzure, nella sua debolezza, nella sua fuga. A lei mancano gli abbracci, le carezze, la presenza di Abelardo. Al di là della possibi-lità di una dimensione sessuale lo desidera, lo vuole legato a sé, vuole un amore totale. Eloisa ha scelto Abelardo, è il suo diletto, di lui ha toccato l’anima, si sente a casa con lui, quando c’è lui è in pace, per questo lo ricerca. Ha bisogno della sua voce, dei suoi ragionamenti, delle sue strigliate, della sua guida.
Si è sentita scelta da Abelardo e lo richiama continuamente a questa sua decisione. Si sono toccati l’anima, e toccare l’anima di qualcuno non è esperienza facile e possibile a tutti. La relazione che c’è tra Eloisa e Abelardo è molto intensa: Eloisa pretende da Abelardo ciò che Gesù ha preteso da Pietro, non un voler bene generico, ma il
diligere, un amore totale che è anche un separare dal resto. Sa che Abelardo c’è su questo, anche se scosso da
quanto gli è successo.
15 Cum ergo prandissent, dicit Simoni Petro Iesus: “ Simon Ioannis, diligis me plus his? “. Dicit ei: “ Etiam, Do-mine, tu scis quia amo te “. Dicit ei: “ Pasce agnos meos “.
16 Dicit ei iterum secundo: “ Simon Ioannis, diligis me? “. Ait illi: “ Etiam, Domine, tu scis quia amo te “. Dicit ei: “ Pasce oves meas “.
17 Dicit ei tertio: “ Simon Ioannis, amas me? “. Contristatus est Petrus quia dixit ei tertio: “ Amas me? “, et dicit ei: “ Domine, tu omnia scis, tu cognoscis quia amo te “. Dicit ei: “ Pasce oves meas.
Gv 21, 15-17
Abelardo è monaco e prete, per lui la Chiesa e Cristo sono stati la prima scelta nella sua vita. Poi è venuta Eloi-sa. Eloisa, invece, come prima scelta ha avuto Abelardo. Qui la differenza.
Abelardo umanamente sente tutta la potenza dell’amore di Eloisa, la sua umanità lo scioglie, lo conquista. A-belardo ha paura di perdersi in questo amore. La spinta passionale e peccaminosa è stata più forte in lui che in E-loisa. Si sente in colpa. Sente che quanto gli è accaduto è stato peccato, e non vuole finire all’inferno per questo.
Sa che non ha avuto pensieri puri e casti per Eloisa. Ma Eloisa non la vuole perdere. Nella preghiera che consiglia ad Eloisa di dire la vuole nell’eternità con sé. Teme di non averla al fianco nella risurrezione. La vuole in cielo con sé.
Di Abelardo mi piace la speranza indefettibile, la combattività, la capacità di pentimento, la forza di affrontare continuamente le situazioni che gli capitano. Sente la mano di Dio su di lui: grande nel peccato, grande nell’amore.
Dei due mi sento più vicino ad Abelardo, come uomo e come credente. Ma mi piace molto la grande umanità di Eloisa. La debolezza che entrambi manifestano è ciò che mi piace di più in tutta la vicenda. Questo cadere e muoversi sempre in avanti, nonostante tutto.
Tutte le volte che rileggo la loro vicenda rispolvero i fondamenti del mio essere cristiano. La grandezza di Gesù non è solo la sua divinità, ma anche la sua umanità. Un Dio che suda sangue nel Getsemani perché ha paura della morte, un Dio che si fa bambino, che prende gli scappellotti dal padre, che disobbedisce, che mangia pesce, che piange per Lazzaro, che trasforma l’acqua in vino per far piacere alla madre, che vuole da Pietro una dedizione to-tale, che viene tradito dagli amici, che li perdona».
Verifica e valutazione: esempi
Tipologia B di Terza Prova
L’intento è focalizzare le tematiche fondamentali del testo autobiografico di Abelardo che scrive una storia ad un tempo appassionante (quella della sua vita) e un ricco e circostanziato documento della società medievale del XII secolo.
1. La Storia delle mie disgrazie presenta due momenti ispiratori: un «movente difensivo» e un «movente re-ligioso». Descrivi e motiva con riferimenti al testo i due moventi.
2. Scrive Eloisa: «Sono colpevole, colpevole sotto ogni aspetto, ma sono anche innocente, completamente innocente, tu lo sai bene». Utilizzando la cosiddetta «morale dell’intenzione» di Abelardo, spiega l’affermazione di Eloisa.
3. Facendo opportuni riferimenti al testo, descrivi che cosa intende Abelardo per filosofia.
4. Perché Fulberto, dopo aver suggellato con baci la pace con Abelardo, lo fa poi mutilare? Qual è il motivo o i motivi del suo tradimento?
5. Scrive Abelardo: «Ero pronto a sposare colei che avevo sedotto a patto che ciò avvenisse in segreto». Per-ché il segreto?
Risposte
Le risposte sono state costruite a partire dalla lettura del testo e del commento di un famoso studioso di storia medievale, testo a cui rinviamo: Etienne Gilson, Héloise et Abélard, Vrin1.
La Storia delle mie disgrazie presenta due momenti ispiratori: un «movente difensivo» e un «movente reli-gioso». Descrivi e motiva con riferimenti al testo i due moventi.
L’opera di Abelardo presenta due moventi: uno religioso e uno difensivo.
Il movente religioso deriva dalla volontà dell’autore di ripercorrere la sua vita, in forma di autobiografia (la connotazione epistolare è forse un pretesto), per rintracciarvi un disegno divino: è la storia di un uomo e della sua caduta morale per superbia e lussuria, che viene però redento dall’azione salvifica di Dio. Prima di narrare l’incontro con Eloisa, l’autore fa il punto della situazione e anticipa gli eventi che verranno: «La mia cattiva sorte, lusingandomi, seppe cogliere l’occasione buona per farmi più facilmente precipitare dal vertice della mia altezza, anzi fu la divina misericordia che colse l’occasione per richiamare a sé quell’uomo superbissimo e dimentico della grazia divina che io ero».
Alla fine della lettera, Abelardo conclude con una serie di citazioni di auctoritates che, sebbene indirizzate all’amico da consolare, appaiono come spiegazioni che egli fa della sua vicenda umana, letta in chiave religiosa: «sopportiamo le nostre sventure con tanta più serenità, quanto più immeritate le sappiamo, sicuri che se non po-tranno essere ascritte a nostro merito, esse gioveranno certo a purificarci di qualche colpa».
Il secondo movente dell’opera è difensivo: Abelardo è stato oggetto, nel corso della sua vita, di dure contesta-zioni e calunnie, dettate anche dalla sua originaria superbia.
Perciò l’autore, pur pentendosi apertamente dei peccati commessi, fa notare anche le ingiustizie subite, non volendo lasciare di sé un’idea distorta ai posteri (Abelardo teneva alla sua fama: “Una buona reputazione vale più di molte ricchezze”, Proverbi 22,1).
« Di qui ebbero inizio le mie disgrazie, che durano ancora oggi: più la mia fama cresceva, più aumentava l’invidia di tutti nei miei confronti ». Soprattutto Abelardo soffrì per l’accusa e condanna per eresia, che lo costrin-se a dare alle fiamme il suo trattato su “l’Unità e Trinità di Dio”, accusato di sabellianesimo: “E i nostri nemici sono i nostri giudici” (Deuteronomio 32,31).
1
Scrive Eloisa: « Sono colpevole, colpevole sotto ogni aspetto, ma sono anche innocente, completamente in-nocente, tu lo sai bene». Utilizzando la cosiddetta « morale dell’intenzione » di Abelardo, spiega l’affermazione di Eloisa.
La Storia delle mie disgrazie contiene un esempio emblematico della « morale dell’intenzione » di Abelardo. Scrive, infatti, il filosofo: « Non si può chiamare peccato la volontà o il desiderio di fare ciò che non è lecito ma piuttosto il consenso alla volontà e al desiderio».
Secondo questa teoria, agli occhi di Dio (e quindi in funzione della salvezza) non contano le azioni dell’uomo in se stesse, ma l’intenzione con cui le si compie.
Analizzando la situazione di Eloisa, traspare immediatamente una forte ambiguità, carica di molteplici con-traddizioni. Ella, infatti, si sente colpevole sotto ogni aspetto: ha sedotto ed attratto a sé Abelardo, gli ha permes-so di sposarla, l’ha trascinato nella caduta morale e si è resa complice della sua umiliazione fisica.
Tuttavia Eloisa, in seguito agli approfonditi studi compiuti con il filosofo, ha fatto propria nella sua mente la cosiddetta « morale dell’intenzione », della quale il suo amante era portavoce.
Secondo questa morale gli uomini sono, per loro natura, inclini alla lussuria, all’avarizia, alla superbia, al pec-cato. Le loro azioni sono dunque da reputarsi degne non soltanto quando ne consegue un risultato virtuoso, ap-prezzabile, concorde alla morale cristiana, ma anche quando sono state compiute semplicemente con un’intenzione giusta, moralmente corretta. E’ chiaro quindi come Eloisa ha agito sempre con le migliori intenzioni, a fin di bene, per il bene del suo amato Abelardo. Ogni sua azione è sempre stata guidata dall’amore, pertanto i risultati, anche se negativi, non sono condannabili.
Eloisa si trova dunque in una profonda contraddizione: da un lato è colpevole di aver causato la rovina del suo amato, dall’altro è innocente per aver sempre agito a fin di bene.
Facendo opportuni riferimenti al testo, descrivi che cosa intende Abelardo per filosofia.
La filosofia è, per Abelardo, innanzitutto amore di sapienza. Per lui la filosofia è disciplina razionale svolta però secondo ingegno (ingenium), al posto dell’abitudine e della meccanicità (usus).
La filosofia, inoltre, si traduce per lui in ambito dialettico come una vera e propria guerra da svolgere, una sor-ta di conflitto verbale con l’interlocutore da confusor-tare.
Scrive Abelardo: «Il fondatore della scuola italica fu Pitagora, cui pare si debba perfino il nome della filosofia: prima infatti, si chiamavano sapienti coloro che parevano distinguersi dagli altri per la morigeratezza, degna di lo-de, della loro vita, ma Pitagora, una volta che gli fu chiesto che cosa si ritenesse, rispose di essere un filosofo, cioè uno che perseguiva ed amava la sapienza, poiché gli sembrava un atto di eccessiva superbia professarsi sapiente. (…) I filosofi erano considerati tali per la morigeratezza, degna di lode, della loro vita ». E ancora: « Non era mia abitudine imparare le cose per mezzo dell’esercizio mnemonico, ma per mezzo dell’intelligenza». Scrive inoltre: «Poiché tra tutte le discipline filosofiche preferivo le armi della dialettica, per i suoi acuti ragionamenti, posso dire di aver cambiato le armi della guerra con queste armi e di aver preferito ai trionfi militari le vittorie nelle dispute filosofiche».
La grande rivoluzione filosofica di Abelardo consiste nell’invenzione della quaestio, cioè il confronto critico delle auctoritates, incentrato sul verificare la posizione degli autori antichi, fonti di verità, riguardo ai medesimi temi.
Perché Fulberto, dopo aver suggellato con baci la pace con Abelardo, lo fa poi mutilare? Qual è il motivo o i motivi del suo tradimento?
Inizialmente Fulberto decise di accettare la proposta di Abelardo, disposto a sposare in segreto sua nipote. Tuttavia, per poter trarre giovamento da queste nozze e rimediare all’onta ricevuta dal filosofo, lo zio d’Eloisa in-cominciò a diffondere la notizia del matrimonio.
Fulberto era infatti un uomo orgoglioso, attaccato saldamente all’onore della propria casata: «per soddisfare la vergogna subita» non poteva accontentarsi dello sposalizio segreto, doveva necessariamente rendere pubblico l’accaduto. Egli, allora, iniziò ad interrogare e a coprire di ingiurie Eloisa, tentando di costringerla a confessare; ma la giovane, ferma e risoluta nel suo amore verso Abelardo, «andava protestando e giurando che non era vero nul-la».
Venutolo a sapere, Abelardo rapì la sua amata e la trasferì in un’abbazia ad Argenteuil. Fulberto interpretò questo atto come un ulteriore tradimento da parte del filosofo: alla seduzione della nipote prediletta si aggiunge-va la beffarda presa in giro di un volgare giovinastro, che aveaggiunge-va sfruttato Eloisa per poi sbarazzarsene alla prima occasione.
La vendetta di Fulberto scattò perentoria: fu costruito un complotto contro Abelardo, che venne mutilato. Le motivazioni del tradimento di Fulberto e del successivo tranello sono dunque l’ira estrema maturata nei confronti di Abelardo e l’immenso affetto paterno verso la nipote, oltre ad una buona dose d’egoismo e d’orgoglio portati alle estreme conseguenze.
Scrive Abelardo: « Ero pronto a sposare colei che avevo sedotto a patto che ciò avvenisse in segreto ». Per-ché il segreto?
Abelardo vuole sposarsi in segreto per non compromettere la sua reputazione o, piuttosto, per non compro-mettere l’immagine dell’uomo filosofo e teologo totalmente dedito a queste discipline e per questo impossibilita-to a sposarsi.
Prima del matrimonio con Eloisa, Abelardo è, infatti, chierico e canonico.
Essere chierico significa aver operato una scelta di fede, aver deciso di indirizzare la propria vita secondo la morale cristiana. Tuttavia questa tonsura è provvisoria: rinunciare al ruolo di chierico e sposarsi come rimedio alla