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La soluzione giurisprudenziale

Sezione II: La disciplina della ricchezza illecita negli ordinamenti d

1. L’imposizione fiscale sui proventi illeciti nell’ordinamento

1.2. La soluzione giurisprudenziale

Il tema dell’imposizione sui frutti del reato è stato oggetto di tre importanti sentenze che ne hanno delineato i presupposti.

27 Cfr. P. CHICO DE LA CAMARA, Las ganancias no justificadas de patrimonio en

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La pronuncia più risalente è quella riguardante il caso Nècora, in cui gli imputati erano accusati di traffico di droga e ricettazione. Pur essendo assolti da tali accuse, erano stati condannati per riciclaggio di denaro. In questa occasione il tribunale amministrativo aveva assunto una posizione favorevole alla tassazione dei proventi da reato, sulla base del fatto che “el principio de igualidad ante el impuesto prohibe un

tratamiento fiscal màs favorable a quien viole el derecho que a quien lo respete”28. Questa linea interpretativa è stata poi confermata dal

Tribunale Supremo, in ultima istanza, con sentenza 7 luglio 199629. Anche i giudici che si sono occupati in primo grado del caso

Roldàn, hanno affermato che:

- Il principio di uguaglianza impedisce un trattamento più favorevole a chi commette dei reati;

- Che non vi è nell’ordinamento in generale, alcuna norma che vieti l’imposizione tributaria sui proventi da atti illeciti;

- L’imposizione riguarda il reddito prodotto, non l’operazione generatrice del medesimo;

- Il provento, derivante da attività lecita o meno, rappresenta un incremento patrimoniale che concorre alle esigenze di vita del suo produttore. Non imporre il tributo sul reddito illecitamente prodotto comporta una discriminazione in favore di chi lo produce ed una lesione del principio di giustizia, uguaglianza e capacità contributiva, previsto dall’articolo 31, comma 1 della Costituzione Spagnola.

28 Trad. “Il principio di uguaglianza davanti al fisco osta ad un trattamento fiscale più

favorevole nei confronti di chi viola il diritto, rispetto a chi lo rispetta”.

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- Il fatto che l’imputato/contribuente sia stato privato dopo del provento illecito non esclude che lo stesso sia fatto imponibile, il quale si origina col mero ottenimento del reddito.

Un Autore30 critica questa posizione della giurisprudenza affermando che il fatto di gestire dei fondi ottenuti illegalmente, non può identificarsi con l’esistenza di un diritto soggettivo riconosciuto e tutelato dall’ordinamento su questi proventi.

Tale sentenza è stata oggetto di ricorso al Tribunale Supremo, il quale ha asserito, con sentenza 21 dicembre 1999, che la somma sottratta al fisco derivava da tre fonti diverse: fondi ottenuti legalmente, redditi da delitto (truffa, corruzione, e malversazione), e redditi di capitale derivanti dal reinvestimento dei proventi illeciti. Il delitto fiscale si baserebbe, secondo il Tribunale, su un sostrato diverso rispetto al reato commesso dal ricorrente, e per questo non vi sarebbe lesione del principio del bis in idem. Non esisterebbe, inoltre, concorso di reato tra la truffa, la corruzione, la malversazione e i delitti tributari. La Corte infatti afferma: “desse el punto de vista de la acciòn los hechos que han

sido calificados como delitos de coecho, melversacion y estafa se integran [...] a lo largo de un prolongado periodo temporal que no conciden con la actividad realizada en el momento de efectuar las sucesivas declarationes fiscales por parte del agente. Declarationes defraudatorias que no solamente ocultan la mayor parte de los ingresos lìcitos o ilìcitos del acusado sino que contienen manipulaciones que le llevan incluso a obtener devoluciones”31. Inoltre, secondo il Tribunale

Supremo, i beni giuridici tutelati dalle fattispecie di malversazione, truffa e corruzione non sarebbero i medesimi di quelli protetti dai delitti

30 R. FALCON Y TELLA, La posibilidad de gravar lo hechos constitutivos de delito,

in QF, 11/1999, pag. 5.

31 Trad. “Dal punto di vista dell’azione, gli atti di truffa, corruzione e malversazione

sono stati integrati in un arco temporale che non coincide con quello delle attività realizzate nel momento della dichiarazione fiscale. Quest’ultima, falsa, ha non solo occultato gran parte dei redditi leciti o illeciti, ma contiene degli artifizi che hanno portato ad ottenere dei rimborsi”.

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contro la Pubblica Amministrazione. Secondo Herrera Molina, la sentenza non distinguerebbe la provenienza dei redditi oggetto della sentenza. Questi, come già accennato sopra, infatti, derivano da tre fonti, vale a dire la malversazione e la truffa, la corruzione e le entrate lecite. Il provento derivante da truffa e malversazione non potrebbe essere oggetto di un delitto contro la Pubblica Amministrazione. Non si produrrebbe un concorso di norme né si lederebbe il principio del ne bis

in idem. In tal caso il provento non genererebbe reddito alcuno, perché

si tratta di reati che comportano un obbligo di restituzione. Nel caso, invece, della corruzione si potrebbe invece sostenere che il provento venga posseduto dall’autore del reato. Il negozio derivante da tale

pactum sarebbe nullo32, però, d’altra parte, chi ha effettuato il

pagamento non può pretendere la restituzione dell’indebito33. In questo modo chi percepisce la somma avrebbe un diritto soggettivo che verrebbe ad essere “minacciato” dalla confisca. Bisogna tener conto che non sempre tali reati comportano la confisca del provento ed essi non attribuiscono, però, allo Stato un diritto anteriore rispetto all’emanazione della sentenza. Il tribunale – sempre secondo Herrera

32 In ossequio all’articolo 1275 del Codice Civile spagnolo che sancisce: “Los

contratos sin causa, o con causa ilícita, no producen efecto alguno. Es ilícita la causa cuando se opone a las leyes o a la moral”. Vale a dire: i contratti privi di causa o con causa illecita non producono alcun effetto. La causa del contratto è illecita se è contrari alla legge o alla morale (trad. mia).

33 In conformità a quanto stabilito dal 1305, 1 comma del Codice Civile spagnolo che

recita: Cuando la nulidad provenga de ser ilícita la causa u objeto del contrato, si el hecho constituye un delito o falta común a ambos contratantes, carecerán de toda acción entre sí, y se procederá contra ellos, dándose, además, a las cosas o precio que hubiesen sido materia del contrato, la aplicación prevenida en el Código Penal respecto a los efectos o instrumentos del delito o falta. Esta disposición es aplicable al caso en que sólo hubiere delito o falta de parte de uno de los contratantes; pero el no culpado podrá reclamar lo que hubiese dado, y no estará obligado a cumplir lo que hubiera prometido (Quando la nullità deriva dall’illiceità della causa o dell’oggetto del contratto, se l’atto consiste in un reato o in un errore comune di entrambi i contraenti, non adempiono reciprocamente, e si procede contro di loro, dando anche le cose o il prezzo che erano stati l'oggetto del contratto, quando il codice penale ne ha impedito l'applicazione per quanto riguarda gli effetti o gli strumenti del crimine o delitto. La presente disposizione si applica solo al caso in cui nessun crimine o delitto da parte di una delle parti; ma colui che non è colpevole non può ripetere quello che ha dato, e non sarà vincolato da ciò che aveva promesso).

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Molina – seguirebbe l’impostazione di Aparicio Perez34 il quale sostiene che la differenza tra gli illeciti di malversazione e truffa rispetto a quelli di corruzione, risiederebbe nel fatto che il provento dei primi non accrescerebbe il patrimonio del soggetto agente, mentre i secondi comportano un beneficio immediato che può essere sottoposto ad imposizione. A fianco di queste due categorie di redito illecite, Herrera35 prende in considerazione un’altra categoria di reddito che è quella di fonte lecita. Per l’Autore il fatto che il reo abbia dichiarato i suoi patrimoni leciti, non giustifica il fissare il gettito sottratto alla P.A. nella somma di redditi leciti e illeciti percepiti. Diverso invece sarebbe laddove l’origine illecita del provento non possa provarsi, questo verrà sottoposto a tassazione come provento non dichiarato36.

Un’altra sentenza, più recente, riguarda il caso Urralburu, del marzo 2001, la quale corregge in parte le conclusioni cui era giunto il Tribunale Supremo nel caso Roldàn. Nel caso Urralburu il Tribunale afferma che la presunta illiceità della fonte di ricchezza non esime la configurabilità di un delitto fiscale, e che non vi è incompatibilità tra la condanna ad una serie di reati che producono benefici economici, e la condanna per delitti fiscali scoperti tramite incrementi patrimoniali che derivano da una pluralità di fonti, inclusi i proventi di atti illeciti. Diverso è invece il caso in cui gli incrementi patrimoniali (che comportano una condanna per delitti fiscali) derivino in maniera diretta ed immediata da un illecito penale che è oggetto di condanna, poichè in questo caso la condanna per il delitto (che costituisce la fonte diretta del provento), assorbe il disvalore della condotta e consuma il reato fiscale che deriva dalla mancata dichiarazione di questo provento derivante

34 A. APARICIO PEREZ, El delito fiscal a travès de la jurisprudentia, Aranzaldi,

Pamplona, 1997.

35 P.M. HERRERA MOLINA, op. cit. pag. 35.

36 Questa affermazione sembrerebbe ricondurre l’Autore nell’alveo della dottrina

favorevole alla tassazione dei proventi illeciti, ed in particolare in quella che ravvisa nell’articolo 37 LIRPF una categoria reddituale autonoma grazie alla quale si può sottoporre ad imposizione diretta il provento illecito in quanto reddito non dichiarato, non rilevando la sua natura. In merito si veda il paragrafo 4.

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unicamente da fonte illecita. Per queste ragioni – prosegue la Corte – per il concorso di norme37, la sanzione penale irrogata per il delitto

(generatore di provento), assorbirebbe il delitto fiscale quando si verificano tre requisiti:

1. I proventi che fanno conseguire il delitto fiscale, devono derivare in maniera diretta ed immediata dal delitto. Se ciò non accade, non può realizzarsi il concorso di norme.

2. Che il delitto (che genera provento), sia oggetto di condanna. Se ciò non accade perché sopravviene la prescrizione, o il reato si estingue per altra causa, interviene la sanzione per l’illecito fiscale, poiché il disvalore derivato dal reato-fonte non è stato sanzionato.

3. La condanna per il reato-fonte include la confisca del provento ottenuto dallo stesso, oppure un’obbligazione di natura risarcitoria o restitutoria.

Nel caso di specie, secondo il Tribunale Supremo, concorrerebbero questi tre requisiti e dunque l’imputato non risponderebbe del reato fiscale.

Secondo l’opinione di Herrera Molina38, tale interpretazione

presenterebbe due criticità rispettivamente dal punto di vista tributario e penale. Per quanto riguarda la prima questione (criticità a livello di diritto tributario), se il provento deriva da un reato contro la proprietà, vi sarebbe un obbligo di restituzione e quindi esso non sarebbe un reddito che soggiace a IRPF. Quindi non si risponderebbe del reato fiscale e, di conseguenza, non vi sarebbe il concorso di norme. Inoltre la P.A., se dovesse agire conformemente a tale statuizione, dovrebbe liquidare ed esigere la somma sottratta al fisco conformemente ai fatti

37 Disciplinato dall’articolo 8 del Codice penale spagnolo del 1995. 38 Cfr. P. M. HERRERA MOLINA, op. cit., pag. 43.

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provati dal giudice. Dal punto di vista penale, l’articolo 8 del Codigo Penal afferma che: “Los hechos susceptibles de ser calificados con

arreglo a dos o más preceptos de este Código, y no comprendidos en los artículos 73 a 77, se castigarán observando las siguientes reglas: 1.ª El precepto especial se aplicará con preferencia al general.

2.ª El precepto subsidiario se aplicará sólo en defecto del principal, ya se declare expresamente dicha subsidiariedad, ya sea ésta tácitamente deducible.

3.ª El precepto penal más amplio o complejo absorberá a los que castiguen las infracciones consumidas en aquél.

4.ª En defecto de los criterios anteriores, el precepto penal más grave excluirá los que castiguen el hecho con pena menor.”39

Affinché possa applicarsi tale precetto – secondo l’Autore – il delitto fiscale dovrebbe essere compreso nell’ipotetico fatto di tuffa contro una persona diversa dalla PA: lo stesso fatto non può essere qualificato conformemente a due principi diversi.