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5. Immigrazione e sofferenza psichica

6.2. Somiglianze e differenze

Una volta visti uno a uno i diversi servizi oggetto dell’analisi di questo elaborato, possiamo ora provare a sintetizzare quali sono i tratti salienti dei diversi progetti precedentemente approfonditi, sottolineando differenze e somiglianze fra essi.

In primo luogo è da sottolineare la diversa natura dei progetti analizzati: l’unico facente capo a un servizio pubblico è il Servizio di consultazione culturale, essendo stato istituito all’interno di ASP Città di Bologna, mentre tutti gli altri sono servizi privati. È da fare però un’ulteriore distinzione per quanto riguarda la tipologia di privato: Sokos, Approdi, e DiverSa/Mente sono infatti associazioni composte da volontari; Casper, invece, è finanziato da un Consorzio di Cooperative Sociali, ed è quindi composto da professionisti assunti per ricoprire le diverse figure previste dal progetto; Ferite Invisibili, infine, è un servizio finanziato e appartenente alla Caritas di Roma, anche in questo caso i lavoratori sono stati selezionati e vengono pagati per realizzare il proprio lavoro all’interno del servizio.

Un altro aspetto significativo che differenzia e accomuna in parte i diversi servizi è la tipologia di utenza a cui fanno riferimento: in primo luogo si sottolinea che tutte e sei le realtà si rivolgono unicamente alla popolazione straniera, inoltre, tutti prendono in carico persone che vivono nell’accoglienza, ma bisogna compiere ulteriori distinzioni fra coloro che si occupano esclusivamente di questo target di persone e chi invece lo amplia o lo differenzia ulteriormente. Il Servizio di consultazione culturale, Start-ER 2 e Approdi seguono pazienti esclusivamente provenienti dall’accoglienza, nei primi due casi, più nello specifico, dalla seconda accoglienza, nell’ultimo caso si compie invece un’ulteriore delimitazione del target sulla base della sintomatologia di chi viene curato: si prendono in carico persone che hanno subito traumi estremi. Le altre realtà invece non si dedicano esclusivamente a utenti delle comunità di accoglienza del territorio di riferimento, vediamole una per una: se per Sokos l’entità di pazienti provenienti da

contesti di accoglienza strutturata è abbastanza esigua, in quanto il loro target è definito principalmente dallo status giuridico (l’assenza di un titolo di soggiorno regolare) e indipendentemente dalla condizione abitativa, il Progetto Casper invece al contrario si ritrova a occuparsi quasi esclusivamente di persone che vivono in accoglienza, nonostante il servizio nasca da presupposti molto diversi (pur rimanendo legato a contesti istituzionali di invio). Infatti, come abbiamo visto, seppur le segnalazioni potrebbero arrivare da qualsiasi ente che abbia a che fare con persone immigrate, la quasi totalità arrivano da ASP o sono in collaborazione con il Servizio di consultazione culturale. Un altro modello ancora è quello previsto da DiverSa/Mente, che fa riferimento a tre modalità diverse di presa in carico: la segnalazione da parte delle comunità, l’accesso privato, e la collaborazione con il Servizio Sociale Territoriale del Comune di San Lazzaro (BO). Vi è dunque un’unione fra la tipologia di segnalazione più comune finora vista, ovvero l’invio proposto dagli operatori delle strutture di accoglienza, unito ad altre due modalità meno sfruttate negli altri contesti. Infine, come abbiamo visto per il Progetto Approdi, anche Ferite Invisibili definisce la propria utenza sulla base della sintomatologia delle persone che fanno richiesta di accesso al servizio: solo coloro che sono vittime di violenze intenzionali (e sono stranieri) possono infatti essere presi in carico. Anche nel loro caso, pur non essendo un elemento sistematico, è molto probabile che le persone provengano da un contesto di accoglienza, in quanto un’altra delle prerogative del servizio è che il paziente non sia solo e privo di rete di supporto, ma che possa essere supportato e sostenuto durante il percorso.

Quest’ultimo aspetto ci rimanda alle diverse modalità di presa in carico di coloro che si rivolgono ai servizi. In primo luogo si sottolinea il fatto che tutti e sei i servizi prevedano una presa in carico mista, ovvero che offrano la disponibilità sia di psicologi sia di psichiatri, che entrano in azione sulla base del paziente con cui si ha a che fare volta per volta. Una seconda distinzione che si può tracciare è relativa a quanto i servizi rimangano circoscritti al proprio intervento o quanto prevedano azioni collaterali, come nel caso più evidente di Approdi: fa infatti parte del loro approccio, tanto da aver creato una rete di volontari afferente all’associazione, che il paziente non venga seguito solamente nelle sedute di psicoterapia, ma che vengano organizzate e proposte attività esterne (pensate per avere un effetto terapeutico, pur non essendolo di loro natura) da rivolgere a tutti i pazienti presi in carico. La creazione di un ambiente sicuro, elemento imprescindibile secondo il sistema teorico di riferimento di questa associazione, prevede il coinvolgimento di tutti gli altri contesti di vita del paziente. In tutti gli altri casi si cerca una collaborazione con i soggetti invianti, che si manifesta principalmente nel confronto lungo tutta la presa in carico fra équipe psicoterapeutica e operatori/assistenti sociali/eventuali altre figure di riferimento. Un secondo aspetto da valutare è la natura del percorso di presa in carico: l’unico servizio che si definisce

“supporto psicologico breve” è il Progetto Casper, che prevede infatti un numero di incontri non superiori ai dieci (anche se abbiamo visto che la regola viene applicata con flessibilità); mentre tutti gli altri servizi, con peculiarità diverse di progetto in progetto, offrono una vera e propria presa in carico terapeutica. DiverSa/Mente è il progetto che si colloca più ai margini all’interno di questa suddivisione, in quanto comunque non prevede un numero eccessivo di sedute, organizzate in pacchetti da acquistare sulla base di fondi ed esigenze del paziente. Anche Sokos, per suo statuto, è sottoposto a vincoli temporali, definiti dall’ottenimento (o meno) dei documenti, ma come l’intervistato dell’associazione ha sottolineato, anche nel caso dell’avvenuto possesso dei documenti, il termine del percorso è ben lontano dall’essere immediato e drastico. Approdi e Ferite Invisibili sono i due servizi che sembrerebbero, per quanto dichiarato nel corso delle interviste, offrire una presa in carico più protratta nel tempo (fino ad arrivare anche a superare il paio d’anni). Un ultimo elemento da sottolineare è la disponibilità complessiva di prese in carico per servizio: si nota una netta differenza, assolutamente ragionevole, fra quei servizi composti da volontari e quelli invece gestiti da cooperative sociali o dal pubblico. Nel primo caso infatti il numero di pazienti è piuttosto esiguo (nell’ordine delle sei/sette persone alla volta, uno per psicoterapeuta, nell’esempio fattoci dalla psicologa di DiverSa/Mente), mentre i servizi pubblici che si occupano solo di quello, pur non avendo un’indicazione precisa di quanto siano effettivamente le persone seguite, è presumibile che i numeri siano leggermente più consistenti.