CAPITOLO II. COMUNICARE LA SOSTENIBILITÀ
4. Coinvolgimento attivo del consumatore
4.1 La sostenibilità nella percezione e nel vissuto del consumatore
consumatore. Una delle manifestazioni empiriche più recenti di questa convinzione ruota
attorno all’ascesa di un consumatore, chiamato anche prosumer o post-consumatore, che avendo acquisito consapevolezza della condizione nella quale versa, diventa faber, decidendo di co-operare attivamente nella fase imprenditoriale della produzione, assumendo i connotati tipici di un committente (65). Questo “consumAttore” può, a buon diritto, dare origine a forme di co-imprenditorialità.
Oggi, infatti, il nuovo consumatore – denominato talvolta attore» o «consum-autore»66 – contribuisce a ripensare, ricreare e ridisegnare le regole del mercato. L’impresa moda responsabile coinvolge, informa ed educa il cliente, comunicandogli con autenticità e trasparenza l’origine del prodotto, la modalità produttiva e la manodopera utilizzata, così da consentirgli di percepirlo nel suo immaginario per la effettiva qualità e per l’eticità profusa nella catena di valore. Di rimando, la riflessione attivata dal basso sulla validità e sulla legittimità degli obbiettivi perseguiti consente all’impresa di cogliere la preziosa possibilità di ragionare in termini di uno sviluppo che garantisca tutti (i singoli, la collettività, l’ambiente) e dia risposte alla complessità socio economica nazionale e internazionale.
4.1 La sostenibilità nella percezione e nel vissuto del consumatore
Il dibattito sulla sostenibilità ed il crescente interesse sviluppatosi intorno al tema da parte dei media, delle istituzioni e delle imprese, è stato alimentato anche dalla società civile e dalle istanze proposte dai cittadini nelle loro vesti di consumatori. In particolare, a partire dagli anni Novanta, in concomitanza con quella che viene considerata la terza fase dell’ambientalismo (67), i movimenti dei consumatori, i movimenti ambientalisti e quelli anti-globalizzazione decretano la definitiva necessità dii accensione dei riflettori sulla nozione di responsabilità delle imprese, nell’ambito del perseguimento di un modello di sviluppo sostenibile. Il periodo in discorso coincide con esattezza con il momento storico caratterizzato dalle campagne di protesta rivolte contro comportamenti e pratiche imprenditoriali considerate poco etiche, ma anche contro specifiche imprese coinvolte in circostanze di scandalo e bersaglio di boicottaggi. Espressione emblematica di questa fase di
65. M. Romana Zurino, Il ConsumAttore, CLEUP, 245. 2006.
66. F. MORACE, Consum-Autori. Le generazioni come imprese creative, Milano, 2008.
67. Lester, J.P., Looking Backward to See Ahead, Forum for Applied Research & Public Policy, vol. 13, no. 4, p.30. 1998
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estrema attenzione nei confronti del macro-tema della sostenibilità aziendale, logico ed ineluttabile corollario della condizione di malcontento generale può a buon diritto essere considerato è considerato il best seller di Naomi Klein, “No Logo”. Nell’opera in menzione si evidenziavano le problematiche vissute nelle aree del mondo ove si concentrano le attività produttive anche di quelle imprese proprietarie di brand famosi e di successo.Le iniziative in discorso hanno trovato sul finire del secolo decimonono un mezzo di comunicazione formidabile, Internet, per diffondere le loro idee, le loro ragioni e i loro obiettivi su scala internazionale e a costi irrisori con un’eco mediatica dal potenziale senza precedenti. In questo stesso periodo, infatti, anche grazie alla rete internet, la globalizzazione non è solo quella prodotta dal sistema economico internazionale e dalle multinazionali, ma anche e soprattutto il postulato indefettibile dei movimenti di protesta contro la stessa, a partire dagli ambientalisti sino ad arrivare alle associazioni per la difesa dei diritti umani sempre più connesse a livello internazionale (68).
Per di più, a voler rappresentare integralmente il quadro dell’epoca con onestà intellettuale, ma senza alcuna pretesa di esaustivitá, ai fenomeni di protesta e disapprovazione da parte della società nei confronti dell’operato di alcune imprese si è accompagnato un desiderio crescente di trasparenza da parte dei clienti e della società in generale, riguardo ai comportamenti d’impresa. In questa direzione, proprio in seno alle comunità del consumo critico, sono state divulgate pubblicazioni dal calibro della “Guida al consumo critico”, pubblicata in Italia dal Centro, nuovo modello di sviluppo, coordinato da Francesco Gesualdi. Così, inevitabilmente, i fenomeni e le tendenze appena descritte si intersecano con il movimento consumerista che, specialmente nelle sue peculiarità declinate in tutte le sfumature dell’etica e della politica, contribuisce a contraddire la teoria della
massimizzazione dell’utilità nell’agire economico degli individui. I consumatori interessati ai
temi della sostenibilità, infatti, includono aspetti sociali, ambientali ed etici nelle loro cruciali decisioni di acquisto e consumo, senza separare i valori intrinseci allo status di “cittadini” dall’actio perpetuata nelle vesti di “consumatori” (69). D’altronde, la teoria socio-economica
68. Doyle, T. & McEachern, D., Environment and Politics, third edition, Routledge New York. 2008
69. Holzer, B., Political Consumerism Between Individual Choice and Collective Action: Social Movements, Role
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ha affermato che i consumatori non sono guidati da una “mono-utilità”, ma da una dualità di motivazioni che includono e non escludono le considerazioni di benessere generale (70).
Ponendo ossequio alla teoria della dualità delle motivazioni moventi le decisioni di acquisto, numerosi sondaggi d’opinione condotti in Europa e Stati Uniti, a partire dagli anni Novanta, suggeriscono, l’esistenza di una non ben definita massa di consumatori ambientalisti che dichiarano di tenere in giusta considerazione nelle loro decisioni di consumo gli elementi relativi alla protezione dell’ambiente.
Più nel dettaglio, i consumatori possono esprimere il loro coinvolgimento in due modalita principali, premiando gli esempi positivi con l’acquisto di prodotti con caratteristiche di sostenibilità (sociale o ambientale) oppure boicottando tutti quei prodotti portatori di caratteristiche considerate non etiche (71).
Il consumatore, oggi, ha consapevolezza di contribuire con i propri consumi alla sensibilizzazione alle problematiche sociali e ambientali. Pertanto, cerca di influenzare e responsabilizzare l’intera collettivitài, raggiungendo attraverso il proprio potere di mercato dei cambiamenti nelle imprese e nel mercato stesso.
Per contro e in risposta a quanto appena riportato, si è sviluppata una tendenza chiamata dall’autore Sheth “the greening of consumption”, concernente la logica del maggiore consumo di prodotti eco-friendly destinato a neutralizzare l’impatto negativo dell’aumento dei consumi (72).
Un’ulteriore questione aperta per quanto riguarda il ruolo della domanda nell’evoluzione delle politiche di sostenibilità delle aziende, è riferibile ad una generale carenza di conoscenza del mercato potenziale per i prodotti eco, poiché sino ad ora la maggior parte delle ricerche si sono concentrate sul delineare il profilo socio-demografico del green consumer (73). Rex e Baumann rilevano come le imprese solitamente si siano concentrate
70. Hartileb, S. & Jones,B., Humanising Business Through Ethical Labelling: Progress and Paradoxes in the UK, Journal of Business Ethics, no. 88, pp. 583–600. 2009.
71. Carrigan, M. & Attalla, A. 2001, "The myth of the ethical consumer -- do ethics matter in purchase behaviour?", Journal of Consumer Marketing, vol. 18, no.7, pp. 560-577.
72. Sheth, J.N., Sethia, N.K. & Srinivas, S. 2010, “Mindful consumption: a customercentric approach to sustainability”, Journal of the Academy of Marketing Science, DOI 10.1007/s11747-010-0216-3
73. Diamantopoulos, A., Schlegelmilch, B.B., Sinkovics, R.R. & Bohlen, G.M. 2003, "Can socio-demographics still play a role in profiling green consumers? A review of the evidence and an empirical investigation", Journal of Business Research, vol. 56, no. 6, pp. 465.
D'Souza, C., Taghian, M., Lamb, P. & Peretiatko, R. 2007, "Green decisions: demographics and consumer understanding of environmental labels", International Journal of Consumer Studies, vol. 31, no. 4, pp. 371-376.
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sull’informare i consumatori circa le qualità tecniche dei prodotti e non abbiano inteso coinvolgerli e influenzarne i comportamenti d’acquisto tramite l’uso di strategie di marketing includenti una più ampia varietà di strumenti. A tal proposito, Implica un’accurata riflessione la constatazione che le imprese in discorso si siano interrogate su come il marketing possa essere uno strumento utile per aumentare la quota di mercato dei prodotti accompagnati dall’eco-label (74).
Comprendere la prospettiva e le esigenze informative dei consumatori è di fondamentale importanza anche per valutare e migliorare l’efficacia ambientale delle eco-label. D’altronde, dal punto di vista delle politiche ambientali l’utilità delle etichette ecologiche è subordinata alla loro capacità di essere prese in considerazione dai consumatori nelle decisioni d’acquisto(75). Il successo di un’eco-label in particolare e delle eco-label in generale, infatti, è strettamente subordinato al coinvolgimento dei consumatori, sia per quanto riguarda i benefici per l’ambiente e sia per quanto riguarda lo sviluppo e la diffusione degli standard proposti dai produttori. Il consumo, dopotutto, provoca una parte significativa dei problemi ambientali ed è evidente che, per influenzare e reindirizzare alla sostenibilità i processi produttivi dei beni prodotti, è necessario un cambiamento nel comportamento del consumatore. In tale direzione improntata al “verde”, le eco-label costituiscono una delle risposte possibili (76).