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sperimentazione di un diritto penale europeo ed i problemi di tenuta del principio di legalità.

La Direttiva del 2008, concernente la tutela penale dell’ambiente, ha rappresentato una tappa molto importante nel percorso di criminalizzazione di alcune condotte lesive dei beni comuni, ma essa costituisce, altresì, la prima, embrionale, messa in

106 Questo dato emerge chiaramente dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia. Per i riferimenti

giurisprudenziali si rimanda a G. DE SANTIS, Diritto penale dell’ambiente. Un’ipotesi sistematica, cit., pag. 408

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Caratteristiche che sono state delineate dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia e che sono: il decorso del termine per l’attuazione senza che lo Stato vi abbia provveduto, la precettività immediata delle disposizioni e la loro sufficiente precisione.

108 C. Cost., sent. 28/2010, in Giur. Cost., 2010, con nota di A. CELOTTO, Venisti tandem! La Corte,

94 atto di quella competenza penale comunitaria che è stata riconosciuta dalla Corte di Giustizia con le note sentenze del 2005 e del 2007109. Come è già stato osservato, in queste pronunce storiche, la Corte ha riconosciuto in capo agli organi legislativi dell’Unione il potere di emanare direttive armonizzatrici a contenuto penale, quando esse siano necessarie a raggiungere gli obiettivi primari contenuti nel Trattato UE e fermo restando il divieto di determinare specie e misura delle pene. Questa presa di posizione giurisprudenziale rappresenta l’affermazione ante litteram di quella che sarà una delle innovazioni più eclatanti apportate dal Trattato di Lisbona110, entrato ufficialmente in vigore solo nel 2009: infatti, nonostante la riluttanza degli Stati a cedere parte della propria sovranità proprio nel settore della repressione penale111, il nuovo assetto dell’Unione Europea prevede espressamente la possibilità, tramite la procedura legislativa ordinaria, di emanare direttive (e non decisioni quadro, tipologia di atto che scompare definitivamente dal novero delle fonti del diritto dell’Unione Europea) in materia penale con riferimento ad ambiti di criminalità ben circoscritti e di interesse transnazionale112.

109 Si tratta delle già citate cause C – 176/03 e C – 440/05

110 A tale proposito si rimanda alle osservazioni di C. SOTIS, Il Trattato di Lisbona e le competenze

penali dell’Unione Europea, in Cass. Pen., 2010, pag. 326 e ss.

111 Sulle ragioni di tale riluttanza si rimanda alle spiegazioni fornite da A. BERNARDI, La

competenza penale dell’Unione Europea: problemi e prospettive, in Dir. Pen. Contemporaneo, 2012, pag. 49 e ss.

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È quanto previsto dall’art. 83 del TFUE: “1. Il Parlamento europeo e il Consiglio, deliberando mediante direttive secondo la procedura legislativa ordinaria, possono stabilire norme minime relative alla definizione dei reati e delle sanzioni in sfere di criminalità particolarmente grave che presentano una dimensione transnazionale derivante dal carattere o dalle implicazioni di tali reati o da una particolare necessità di combatterli su basi comuni.

Dette sfere di criminalità sono le seguenti: terrorismo, tratta degli esseri umani e sfruttamento sessuale delle donne e dei minori, traffico illecito di stupefacenti, traffico illecito di armi, riciclaggio di denaro, corruzione, contraffazione di mezzi di pagamento, criminalità informatica e criminalità organizzata. In funzione dell'evoluzione della criminalità, il Consiglio può adottare una decisione che individua altre sfere di criminalità che rispondono ai criteri di cui al presente paragrafo. Esso delibera all'unanimità previa approvazione del Parlamento europeo.

2. Allorché il ravvicinamento delle disposizioni legislative e regolamentari degli Stati membri in materia penale si rivela indispensabile per garantire l'attuazione efficace di una politica dell'Unione in

95 La materia della tutela dell’ambiente ha rappresentato, dunque, il terreno di sperimentazione di un diritto penale europeo dal carattere “tecnico – funzionalista”113, volto ad uniformare gli apparati repressivi dei singoli Stati membri, nel rispetto del principio di sussidiarietà ed in modo razionale rispetto agli scopi dell’Unione. La ratio armonizzatrice dell’intervento comunitario viene tuttavia frustrata dal limite, enunciato dalla Corte di Giustizia, della non ingerenza nella determinazione delle sanzioni, dal momento che le più vistose differenze di struttura e di efficacia dei diversi sistemi nazionali riguarda proprio l’aspetto della risposta coercitiva dell’ordinamento: in alcuni Stati, come ad esempio la Spagna, si prevedono sanzioni corpose e dissuasive, ma in altri contesti, come ad esempio nell’ordinamento italiano, la tutela penale dell’ambiente è affidata a pene irrisorie a cui si abbinano termini prescrizionali assai ridotti114. Come ha precisato autorevole

un settore che è stato oggetto di misure di armonizzazione, norme minime relative alla definizione dei reati e delle sanzioni nel settore in questione possono essere stabilite tramite direttive. Tali direttive sono adottate secondo la stessa procedura legislativa ordinaria o speciale utilizzata per l'adozione delle misure di armonizzazione in questione, fatto salvo l'articolo 76.

3. Qualora un membro del Consiglio ritenga che un progetto di direttiva di cui al paragrafo 1 o 2 incida su aspetti fondamentali del proprio ordinamento giuridico penale, può chiedere che il Consiglio europeo sia investito della questione. In tal caso la procedura legislativa ordinaria è sospesa. Previa discussione e in caso di consenso, il Consiglio europeo, entro quattro mesi da tale sospensione, rinvia il progetto al Consiglio, ponendo fine alla sospensione della procedura legislativa ordinaria.

Entro il medesimo termine, in caso di disaccordo, e se almeno nove Stati membri desiderano instaurare una cooperazione rafforzata sulla base del progetto di direttiva in questione, essi ne informano il Parlamento europeo, il Consiglio e la Commissione. In tal caso l'autorizzazione a procedere alla cooperazione rafforzata di cui all'articolo 20, paragrafo 2 del trattato sull'Unione europea e all'articolo 329, paragrafo 1 del presente trattato si considera concessa e si applicano le disposizioni sulla cooperazione rafforzata.”

113 In questo senso L. SIRACUSA, La competenza comunitaria in ambito penale al primo banco di

prova: la direttiva europea sulla tutela penale dell’ambiente, cit., pag. 886: l’autrice ritiene che le singole norme dovrebbero essere sottoposte ad una verifica circa la loro razionalità e congruenza rispetto agli scopi, non essendo ammissibile un intervento penale comunitario di natura meramente simbolica o culturale. A tale proposito si segnala anche la Comunicazione COM (2011) 573 della Commissione Europea, intitolata “Verso una politica criminale europea: garantire l’efficace attuazione delle politiche dell’Unione europea attraverso il diritto penale”, il cui testo è disponibile integralmente su www.penalecontemporaneo.it, con un commento di E. NICOSIA, Le linee guida della Commissione Europea sull’uso del diritto penale per l’attuazione delle politiche dell’UE.

114 A proposito dell’ineffettività del nostro sistema penale di tutela dell’ambiente si rimanda a quanto

96 dottrina115, l’assetto istituzionale europeo fornisce una via d’uscita per colmare le lacune e far valere la mancata armonizzazione delle legislazioni statali: i giudici nazionali, infatti, sorvegliando sulla corretta applicazione del diritto comunitario, potrebbero sollevare la questione di fronte alla Corte di Giustizia, con lo strumento del rinvio pregiudiziale, censurando l’eventuale discrasia tra gli obblighi di incriminazione contenuti nella normativa comunitaria e le sanzioni contenute nella normativa nazionale, qualora esse prevedano pene sproporzionate o comunque inadeguate rispetto agli standard europei. Pur operando in relazione al singolo giudizio e, dunque, alla singola norma impugnata, ed essendo dunque privo di portata generale, il rinvio pregiudiziale ai giudici di Lussemburgo sembra l’unica strada percorribile per rendere effettivo, nonostante l’inerzia degli Stati, il ravvicinamento delle legislazioni statali anche in ambito penale.

Il riconoscimento di una competenza comunitaria in ambito penale determina, tuttavia, alcune perplessità rispetto alla tenuta del principio della riserva assoluta di legge116, principio che, come abbiamo visto, viene già messo consistentemente alla prova nel nostro ordinamento interno, in cui la tutela penale dell’ambiente è spesso edificata sulla base di fattispecie eterointegrate117. La direttiva del 2008 sui reati ambientali ha avviato un percorso di sfaldamento del monopolio del potere punitivo da parte dello Stato, che sembra incrinarsi in maniera sempre più consistente, riducendo, di conseguenza, il rispetto della riserva di legge ad un mero adempimento formale e quasi burocratico, dal momento che le decisioni e gli indirizzi di politica

115 Mi riferisco nuovamente a L. SIRACUSA, La competenza comunitaria in ambito penale al primo

banco di prova: la direttiva europea sulla tutela penale dell’ambiente, cit., pag. 887 e ss., ed alla bibliografia ivi riportata.

116 La tematica è analizzata approfonditamente da A. BERNARDI, La competenza penale dell’Unione

Europea: problemi e prospettive, in Dir. Pen. Contemporaneo, 2012, pag. 57 e ss.

97 criminale sono elaborati direttamente in sede comunitaria118, con riferimento a materie e settori che esulano da quelli tradizionalmente di interesse comunitario119. La centralità delle istituzioni europee nell’elaborazione delle fattispecie incriminatrici finisce per indebolire la ratio garantistica che fonda il principio di legalità, dato il noto deficit di democraticità che affligge i processi decisionali europei e che, nonostante i recenti passi avanti, appare ancora ben lungi da una soluzione definitiva. Inoltre, si registrano effetti distorsivi anche sul principio di tassatività, che del principio di legalità rappresenta un corollario, dal momento che le norme comunitarie, dovendo adattarsi ad una molteplicità di ordinamenti e di contesti diversi, contengono fisiologicamente concetti ampi e clausole generali, troppo poco circoscritti per fare da fondamento di misure restrittive della libertà personale, bene inviolabile ex art. 13 Cost.120.

118 Si riportano le osservazioni di G. DE SANTIS, Diritto penale dell’ambiente. Un’ipotesi

sistematica, cit., pag. 400 e ss.

119 Le direttive di armonizzazione del diritto penale, secondo il Trattato di Lisbona, non riguardano

solo i settori che da lungo tempo sono oggetto della disciplina comunitaria, come quello economico, ambientale e della libera concorrenza, ma il novero di ambiti di intervento si è significativamente ampliato e comprende, ad esempio, reati della criminalità organizzata e reati contro la persona.

120 È quanto sottolineato da F. SGUBBI, Premesse a AA. VV. Principi costituzionali in materia

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Capitolo III

Il contrasto penale dell’inquinamento: le fattispecie di