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CAPITOLO SECONDO

5. Sport e disabilità

Il praticare sport, o qualsiasi altra attività fisica, ha sempre rappresentato un limite per molte persone affette da disabilità, la loro condizione fisica per secoli li ha limitati nel praticare qualunque attività perché considerati inferiori e non in grado di rispecchiare i canoni esterni imposti dalla società. La comparsa di ricerche svolte in campo medico e l’influenza che hanno avuto molti medici nel raccomandare di praticarla per avere una vita sana, ha permesso così il loro ingresso in attività sportive.

Con l’obiettivo di garantire alle persone disabili l’accesso a qualsiasi attività sportiva, fu stipulata la “Carta Europea dello sport per tutti: le persone

disabili”20

, dove l’Europa si impegnava a dare ad ogni individuo la possibilità di

praticare uno sport, nonché a proteggere e sviluppare le basi morali ed etiche dello sport, e segnò così il riconoscimento della pratica sportiva come diritto inalienabile di ogni cittadino.

Gli obiettivi del trattato erano quelli di garantire alle persone disabili il pieno accesso alle attività sportive, garantirgli le risorse necessarie come ad esempio insegnanti qualificati per far fronte a tutte le esigenze, così da poter permettere a tutte le persone con handicap la possibilità di essere accettati e di far parte così

20Il Consiglio d’Europa il 4 dicembre 1986 adottò la carta europea dello sport rivolto alle persone con

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del normale svolgersi della vita, senza aver il timore di essere considerate emarginate ed escluse dalla società.

La pratica sportiva per persone con disabilità deve la sua nascita al neurochirurgo inglese Ludwig Guttmann21, il quale nel 1944 aprì il primo centro di riabilitazione motoria, dove i primi pazienti a cimentarsi nelle varie discipline sportive furono giovani di ambo i sessi appartenenti alle forze armate britanniche, portatori di lesioni midollari per cause belliche. Decise di promuovere fin dall'inizio lo sport come metodo principale di terapia, fino ad organizzare nel 1952 i giochi di Stoke Mandeville per disabili.

In Italia il riconoscimento per le persone portatici di handicap nello svolgere attività sportiva avviene tramite una serie di fasi. Una prima tappa si fa risalire all’operato del medico chirurgo Antonio Maglio22 attraverso la sua propaganda dei benefici dello sport per le persone portatrici di handicap. Grazie all’amicizia con Ludwing Guttmann, iniziò ad organizzare gare per atleti in carrozzella, presso il Centro Paraplegici dell’I.N.A.I.L. di Ostia il quale era l’unico finanziatore e sostenitore dello sport dei paraplegici, fino poi a riuscire a promuovere i primi giochi paraolimpici di Roma nel 1960.

Una seconda tappa si fa risalire al 1987 con il riconoscimento da parte del Coni della federazione italiana sport disabili (F.I.S.H.A.), ed un’ulteriore fase nel 1989 con la fondazione del C.I.P. (Comitato Paraolimpico Internazionale) con l’obiettivo di promuovere lo sport delle persone disabili e coordinare l’organizzazione dei giochi paraolimpici estivi ed invernali (Pioletti, Porro, 2013) (Paloma, Sgambelluri, 2012).

Lo sport e qualsiasi attività motoria ricoprono un ruolo fondamentale di inclusione, indipendentemente dalle condizioni personali di ciascuno e rappresentano uno strumento di trasformazione e di cambiamento anche per tutte le persone con problemi di disabilità, difatti l’Unione Europea ha promosso attraverso varie iniziative, il valore educativo dello sport fino a diventare, nel

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Neurologo, celebre per aver promosso le attività fisiche dei disabili. Decise di promuovere lo sport come metodo di terapia, nel 1952 organizzò i giochi di Stoke Mandeville per disabili.

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Pioniere delle terapie di riabilitazione dei disabili. Celebre per aver promosso i giochi paraolimpici tenutisi a Roma nel 1960.

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corso del ventunesimo secolo, uno dei fenomeni europei più significativi, un cittadino su tre lo pratica regolarmente.

Praticare attività sportiva rappresenta per molti adolescenti affetti da problemi fisici gravi un riscatto verso la vita, le attività proposte sia tramite programmi scolastici ma anche tramite iniziative degli enti di promozione consentono la loro partecipazione, come ad esempio la pallacanestro in sedia a rotelle, ciclismo, tennis, cioè tutte le varie attività vengono modificate per poter essere praticate da chiunque per non farli sentire esclusi dai contesti sociali e farli sentire attivi, creando in loro un sentimento di fiducia nelle loro capacità. Lo sport porta avanti, attraverso varie iniziative e campagne di promozione, la sua missione di divulgare uno stile di vita sano orientato anche al rispetto verso la persona, quindi anche a livello agonistico non deve essere preclusa a nessuno la partecipazione (Farinelli, et al, 2016:87).

Un ideale a cui ciascuno aspira è il sentirsi bene, e un aiuto fondamentale deriva soprattutto dal contesto sociale in ciò si vive, difatti l’ambito familiare è fondamentale per quei ragazzi con problemi di disabilità. La necessità di un impegno collettivo finalizzato a costruire opportunità di benessere per le persone con disabilità dando loro modo di poter scegliere, autonomamente, il percorso da cui trarne benefici, e adoperarsi in una pratica sportiva li aiuta nell’inserimento, anche se molte volte tale procedimento non è così scontato.

Uno degli obiettivi e degli ideali alla base dello sport è quello di favorire la partecipazione delle persone con disabilità fisiche, purtroppo nella società attuale ci sono ancora molte barriere che ostacolano tale pratica, come ad esempio la scarsità di infrastrutture sportive accessibili nel territorio dove si abita, la mancanza di personale qualificato, le difficoltà di trasporto a raggiungere le varie strutture. Iniziare una pratica sportiva per le persone affette da disabilità permette di allargare i contatti sociali e amicali, il sentirsi parte di un team aumenta l’autostima e incoraggia negli adolescenti l’aspirazione ad intraprendere anche una pratica agonistica. Vivere l’esperienza sportiva in contatto con altre persone disabili è un valore aggiunto, perché permette di confrontarsi, ricevere consigli, ma soprattutto dà quel senso di normalità (Visentin, 2016).

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La pratica di qualsiasi attività fisica ha un valore educativo ed inclusivo per ogni persona indipendentemente dalla propria condizione fisica o mentale, difatti chi è affetto da patologie cerebralmente invalidanti o genetiche, come ad esempio dalla sindrome di down, non può che trovare giovamento nel considerarsi inclusi in attività dove erano considerati escluse e trarne benefici per la proprio salute, ed è possibile notale come è in aumento negli ultimi anni la richiesta, da parte di persone affette da patologie invalidanti o genetiche, di poter praticare esercizio fisico sia in maniera ludica ma anche agonistica, con lo scopo di acquisire una buona forma fisica, e trarne benefici a livello fisico e psichico.

Il contesto scolastico ricopre un ruolo fondamentale nella crescita di ogni bambino ed ha come obiettivo quello di garantire a tutte le persone il loro inserimento attraverso l’integrazione, però ciò non è stato così lineare per le persone affette da disabilità. Fino agli anni '60 ricevevano un trattamento discriminatorio, erano trattate come se avessero qualcosa di sbagliato, ed a causa della loro diversità dovevano essere allontanate da tutti e inserite in classi differenziate in ambienti adatti a loro e non essere trattati allo stesso modo di tutte gli alunni. Gli anni ’70 sono stati caratterizzati da molti cambiamenti in ambito sociale, culturale, politico e tutto ciò ha dato inizio all'integrazione anche a livello istituzionale, ed attraverso la legge n.118 / 71 le persone disabili hanno avuto la possibilità di potersi iscrivere nelle scuole frequentate da tutte le altre persone.

La svolta più significativa si avrà però con la legge 104/92, tale legge darà riconoscimento alle persone con disabilità di iscriversi all’istruzione superiore. Gli studenti con disabilità cesseranno di essere considerati anormali, ma saranno considerati solo soggetti che pur affrontando difficoltà nell’imparare e stabilire relazioni sociali, saranno trattati secondo il principio di uguaglianza garantito dalla Costituzione italiana, la quale afferma uguale dignità sociale senza distinzione di sesso e secondo le proprie condizioni personali (Di Palma, et al, 2018).

Un contributo maggiore che il contesto scolastico può dare alle suddette persone, è il loro inserimento in contesti relazionali attraverso il supporto di docenti

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preparati e di un programma adatto per l’integrazione. La scuola svolge un ruolo importante ed essenziale per tutte le persone. Le varie attività sportive e motorie sono strumenti educativi in grado di sviluppare una gamma di benefici inclusivi adatti anche al contesto scolastico. Il condividere momenti di gioco insieme ad altri bambini non farà altro che facilitare ancora di più il loro inserimento in contesti di socializzazione.

La pratica di un esercizio fisico può essere effettuata in ogni fase della vita, sebbene con caratteristiche diverse per tipologia e intensità, può essere praticata in ambito agonismo durante la giovinezza e l’età adulta, e con intensità più moderata in età più avanzata, ma diventa uno strumento efficace di inclusione non solo in ambito scolastico ma anche in contesti extra scolastici come ad esempio entrare a far parte di un’associazione, di un ente sportivo. Tutto ciò permetterà ancora di più il loro inserimento ed entrare in contatto con altre persone e cercare di arricchire il proprio bagaglio personale.

L’ambito familiare ricopre un ruolo fondamentare per ogni persona, diventa un sostegno forte soprattutto nel momento in cui si intraprende un’attività fisica, sia per un sostegno economico ma anche di supporto morale per le persone affette da disabilità, anche se molto spesso si verifica uno scarso coinvolgimento o mancanza di interesse nel far praticare attività fisica ai propri figli affetti da patologie. L'attività fisica adattata per la persona disabile darà la possibilità di esaltare le sue abilità, e puntare sull’inclusività significa permettere a tutti coloro che si avvicinano allo sport e alla pratica motoria di raggiungere un livello base di abilità tecniche, provare piacere nell'impegno e negli sforzi generati e non essere esclusi come non adatti. L'avvio della pratica motoria o sportiva da parte di soggetti con problemi di disabilità, in ambienti pubblici e privati, mira a promuovere l'integrazione sociale, l'autostima, e migliorare la qualità della vita (Di Palma, et al, 2018).

Lo sport, così come espresso nel “Libro bianco dello sport (2007)”, comprende tutte le forme di attività fisica che, attraverso la partecipazione casuale o organizzata, mirano a esprimere o migliorare il benessere fisico e mentale, a formare relazioni sociali o ad ottenere risultati in competizione a tutti i livelli, il

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suo ruolo è riconosciuto nella difesa della salute pubblica, e nella diffusione della socialità, nelle politiche sociali e nel sostegno alla non discriminazione. Lo sport e l'attività fisica costituiscono un'esperienza di formazione globale per la persona sia a livello fisico, educativo e sociale, e grazie alla pratica sportiva, l'individuo è messo in relazione con se stesso, e poi con gli altri, e gioca un ruolo fondamentale nella vita dei disabili per una serie di motivazioni, come il recupero dell'efficienza fisica, diventa un mezzo di integrazione sociale e facilitatore della consapevolezza delle proprie potenzialità, ed il principale beneficio dell'attività sportiva è senza alcun dubbio quello di favorire la salute fisica del soggetto che lo pratica. Inoltre lo sport per le persone con disabilità, viene inteso anche come processo terapeutico e riabilitativo e come strumento di integrazione.

Le motivazioni che coinvolgono tutte persone che con disabilità a dedicarsi allo sport è la ricerca di un migliore controllo del proprio corpo e creare la propria identità attraverso le competizioni sportive, con conseguente aumento dell'autostima. Molte federazioni hanno promosso attività specifiche, ad esempio il para canoe, una disciplina sportiva accessibile a persone con varie disabilità fisiche, dalla paraplegia ossia la condizione in cui la parte inferiore del corpo di una persona è affetta da paralisi, all’amputazione alla spina bifida, un difetto neonatale dovuto alla chiusura incompleta di una o più vertebre. Questa disciplina fa riferimento alla F.I.C.K., (Federazione Italiana Canoa e Kayak), e hanno fatto il loro debutto anche ai Giochi Paraolimpici estivi 2016 a Rio de Janeiro (Magnanini, 2016).

Un’ulteriore sport da prendere come esempio di integrazione riguarda il basket con sedia a rotelle, questo sport nasce negli Stati Uniti per poi diffondersi in altri stati come Canada, Inghilterra. Tale sport è una disciplina paraolimpica la quale è entrata a far parte della F.I.P.I.C. (Federazione italiana palla canestro in carrozzina) a partire dal 2010, ed è riconosciuta dal C.I.P. (Comitato Italiano Paraolimpico). Questa pratica sportiva induce un miglioramento delle funzioni cardiovascolari e respiratorie, contrastando l'obesità e l'insorgenza di malattie come il diabete, il colesterolo, la pressione sanguigna, migliorando così la qualità della vita. La pratica di questo sport ha doppie finalità, oltre alla ricerca di

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contatti sociali, cercare di avere una vita attiva, apporta molti benefici a livello fisico in quanto portatori di handicap sono esposti ad un aumentato rischio di malattie cardiovascolari a causa della mancanza di attività funzionale degli arti inferiori (Di Palma, et al, 2017).

In effetti, è evidenziato che la pratica di un'attività sportiva favorisce lo stato di salute della persona disabile, sia direttamente che indirettamente, invitandolo a uno stile di vita sano e attivo, e un obiettivo che le varie associazioni ed enti cercano di realizzare è combattere qualsiasi discriminazione sociale, esse agiscono come mezzo attraverso il quale è possibile lottare contro tutti i tipi di discriminazione basata sul genere o qualsiasi altra circostanza personale.

Con il mutare dei contesti sociali e culturali, in quasi tutti i tipi di società sportive professionistiche ma anche amatoriali, è possibile osservare atleti e soggetti caratterizzati da molteplici diversità in base a razza, classe sociale, cultura, religione. In questi ambiti queste diversità sono valutate per il raggiungimento di un obiettivo sportivo che supera qualsiasi barriera inclusiva e consente anche di perseguire un obiettivo economico e socio obiettivo educativo. Il legame tra sport e disabilità, nel tempo, si è costantemente consolidato, ed infatti attraverso l'attività sportiva, sia che si svolga a livello amatoriale, ricreativo o anche a livello agonistico, è possibile generare una serie di benefici personali e sociali. Oltre a un beneficio fisico, il supporto che lo sport offre ai disabili, in relazione alla possibilità di stimolare positivamente i processi inclusivi, è di fondamentale importanza (Di Palma, Ascione, 2018).

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