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Lo sport nella società contemporanea come strumento di integrazione sociale e di promozione del benessere. Focus sull'attività di C.U.S. Pisa e U.I.S.P. Pisa

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Academic year: 2021

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INTRODUZIONE

Nel presente elaborato si cercherà di comprendere qual è il ruolo che svolge lo sport all’interno di una società, quali sono i suoi sviluppi ed effetti, esaminandolo attraverso un excursus storico sia in ambito nazionale che europeo. L’interesse delle scienze sociali per lo sport, pur avendo dei precursori nell’Ottocento, è emersa solo di recente, poiché fino ad ora il fenomeno sportivo è stato considerato in maniera molto marginale dalle stesse scienze.

La pratica sportiva può essere configurata come uno dei più importanti fenomeni culturali del Novecento ed attraverso i suoi caratteri specifici, diventa un elemento complementare per ogni società, poiché attraverso i suoi riti e le sue regole può contribuire insieme alle norme di una società, a delineare i principi fondamentali del vivere comune, dello stare bene e rendere i soggetti in grado di potersi creare così una propria identità sociale.

Inteso come frutto del movimento sociale, lo sport può rafforzare valori significativi come lo spirito di gruppo, di solidarietà, e tutto ciò contribuisce a promuovere i valori di cittadinanza. Nonostante sia portatore di valori come tolleranza verso gli altri, rispetto reciproco, deve comunque affrontare varie sfide che purtroppo la società pone come ad esempio la minaccia legata alla pressione commerciale, allo sfruttamento dei giovani giocatori, al razzismo, alla violenza e soprattutto al fenomeno del doping.

Lo sport è un ambito dell’attività umana che interessa tutti i cittadini, indipendentemente dall’età o classe sociale.

La riflessione teorica di questo lavoro si concentra, su come il concetto di sport si è modificato nel tempo e sul ruolo sociale assunto nel corso dei secoli, da semplice pratica da svolgere nel tempo libero, lo sport ha assunto un livello di professionalizzazione maggiore.

Un aspetto di rilievo legato alla pratica sportiva è il fatto che essa funge da motore per la socializzazione nel momento in cui è un’attività che mette in

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relazione gli individui. La pratica sportiva agevola la socializzazione dei giovani, la condivisione dei valori, l’integrazione dei gruppi minoritari instaurando un meccanismo di solidarietà ed integrazione.

Inoltre l’attività sportiva è legata a funzioni simboliche, e il coinvolgimento sportivo si riconnette spesso a processi di identificazione che coinvolgono un’intera popolazione.

Pertanto, la domanda posta a fondamento dell’elaborato, è la seguente: “A Pisa gli enti che si occupano di sport, riescono a dare un’accurata risposta alla nuova visione dell’attività sportiva che è emersa negli ultimi decenni? Ossia la costante ricerca e cura individuale del corpo, la quale ha ridefinito la quotidianità delle persone, influenzando sull’insieme delle attività tipiche del tempo libero e del consumo?

Ed in particolare tutte le fasce dei soggetti sociali, sono parimenti integrate attraverso le attività poste in essere, oppure vi è un margine di miglioramento ed ampliamento delle attività sportive volte ad evitare l’emarginazione sociale?”. Il seguente elaborato si svilupperà in quattro capitoli, dove il primo farà riferimento ad una breve ricostruzione della storia dello sport partendo dai giochi dell’antica Grecia fino ad arrivare alla legittimazione e al riconoscimento, sia in parlamento ma anche da parte delle istituzioni europee, dell’attività sportiva come attività pedagogicamente rilevante e riconosciuta come disciplina scolastica al pari delle altre.

Attraverso l’utilizzo di alcuni contributi storici, è possibile procedere all’analisi del fenomeno considerando lo sport come elemento culturale presente nelle antiche società, fenomeno che ha subito però una certa trasformazione all’interno delle diverse civiltà fino ad arrivare allo sport moderno.

Il secondo capitolo porterà l’attenzione sulla cultura dello sport nella società di oggi, osservando come viene associato lo sport al tempo libero e, quindi evidenziando come la società si faccia carico di diffondere la cultura dello sport nei confronti di differenti soggetti. Il punto di vista di vari autori, specializzati nella sociologia dello sport, come Elias, Dunning e Guttman sarà utile per

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approfondire il fenomeno oggetto del presente elaborato, attraverso le teorie ed i principi dagli stessi sviluppati.

Il capitolo concentrerà inoltre la sua attenzione sull’attività sportiva indirizzata ai bambini, ed in particolare come la scuola e la famiglia cercano di introdurli al mondo dello sport per combattere stili di vita sbagliati, per contrastare il fenomeno dell’obesità, sia al fine di inserirli in relazioni sociali dove lo sport può insegnare delle regole e corretti stili di confronto sociale.

Successivamente sarà preso in considerazione il mondo degli adulti, osservando come questi sono coinvolti sia a livello professionale ed amatoriale, e di conseguenza vedere tutto ciò che le varie associazioni ed enti sportive pongono in essere al fine di permettere a tutti di praticare sport. Ed infine prendendo in esame il mondo degli anziani, per verificare come è cambiato nel corso di pochi anni il rapporto tra essi e lo sport, quali iniziative vengono poste in essere al fine di un inserimento sociale che li porti a non essere esclusi dalla società.

Nel terzo capitolo verranno descritti sommariamente i luoghi dove i suddetti soggetti possono praticare sport e cosa quindi la città di Pisa offre.

Per dare attendibilità alla tesi, nell’ultimo capitolo verrà descritta una ricerca di tipo metodologica sul campo, dove saranno prese in esame due realtà sportive che operano nella zona di Pisa, il C.U.S. e l’U.I.S.P.

Si è cercato di verificare con mano le attività proposte, e verificare attraverso delle interviste ai soggetti, le varie risposte della popolazione alle tante attività sportive proposte dai suddetti enti.

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CAPITOLO PRIMO

1. Sfera sociale e culturale dello sport

Un approccio di tipo sociologico ci consente di analizzare il fenomeno e comprendere la portata dell’attività sportiva come pratica della nostra società, avendo come sfondo lo studio di un’attività sociale svolta da persone. Si tratta di un’attività a cui spesso la letteratura e il dibattito politico hanno associato valori positivi, dal momento che può essere considerata come uno strumento in grado di fronteggiare i consueti mali sociali1, poiché cerca di diffondere valori come lealtà, onestà, sacrificio attraverso le proprie capacità personali. Tuttavia sarà però necessario fare uno sforzo di incontro da parte di tutte le istituzioni politiche e sociali per poter contrastare qualsiasi situazione di disagio (Cattanei,1972:48-49). Proprio per questo ho provveduto a soffermarmi, come si potrà ben vedere nei successivi capitoli, sugli aspetti soggettivi e “di gruppo”, soprattutto analizzando la funzione aggregativa e socializzante del fenomeno sportivo. Per inquadrare storicamente il fenomeno, ho preso in considerazioni alcuni contributi storici, i quali hanno analizzato il fenomeno sportivo come fenomeno culturale, in modo tale da poterlo delineare a partire dalle antiche società, fino a compiere un lungo e articolato percorso, che si è evoluto fino all’avvento dello sport moderno.

Quando è nato lo sport e che cosa si intende per sport sono domande inevitabili, che portano a vari significati e risposte differenti, in particolar modo a seconda del contesto storico e culturale in cui la domanda stessa è posta. Lo sport può essere collegato ad una dimensione sociale, ad un bisogno fisico, come la cura

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Si intendono tutti quei fenomeni in cui assistiamo ad azioni sociali che possono danneggiare la convivenza civile, come ad esempio episodi di diseguaglianza tra classi sociali, consumo di sostanze illegali, alcool. La famiglia, gli enti sportivi, unitamente ad altre istituzioni pubbliche possono aiutare ad affrontare e risolvere situazioni di disagio giovanile.

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del proprio corpo, alcuni filosofi arrivano ad affermare che la nostra voglia di giocare è parte della natura dell’uomo, pertanto potremmo far risalire la nascita dello sport agli albori del genere umano (Bausinger, 2006:38-39).

Nella società di oggi, i tempi e i modi per praticare sport sono dettati da una serie di fattori, come ad esempio economici, lavorativi, che hanno condizionato anche il modo in cui viene considerato il tempo libero. Anche se si ha poco tempo da dedicare a se stessi, lo sport è comunque parte importante della vita sociale di ciascuno, è un aspetto dei contrasti sociali e culturali in cui viviamo. Esso sembra costituire un ambito distinto e autonomo della nostra esperienza sociale, basta osservare come la cronaca sportiva occupa una quota fissa delle pagine dei quotidiani, programmi televisivi, perfino emittenti dedicate unicamente alla trasmissione di eventi sportivi.

Lo sport è un elemento culturale che ha forma e significato e che cambia nel tempo, da società a società, ed essendo una lente sul mutamento sociale è un veicolo di comunicazione. Quando si parla di aspetto culturale, si devono intendere i modi di vivere che le persone creano quando fanno parte di un gruppo o di una comunità, sono modi di pensare, di sentire e di agire, e per certi aspetti appare come segno distintivo di un gruppo sociale (Ibid).

Il fenomeno sportivo coinvolge ampi strati sociali, ed ha anche un ruolo non trascurabile come quello della costruzione dell’identità sociale e di genere, di fatto queste attività corrispondono ad un bisogno di realizzazione e di affermazione della personalità, in questo modo da poter passare, attraverso lo svolgimento di qualsiasi attività, al saper “essere” qualcuno.

Lo storico Johan Huizinga, nella sua opera Homo Ludens (1939), ritiene che lo sport possa diventare un rituale dove il soggetto celebra la sua soggettività, definendo lo sport come gioco, affermando che esiste un collegamento e una connessione con il concetto di cultura, e quindi identifica nel gioco il centro da cui nascono tutte le attività della civiltà umana. Essendo una categoria primaria, non si lega a nessun particolare grado di civiltà o concezione di vita, ed è presente da sempre in qualsiasi società, anche se non si gioca ovunque nello stesso modo, le varie civiltà esprimono modi di giocare differenti legati alle loro

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caratteristiche, infatti le principali attività umane come il linguaggio, il mito, il culto sono intrecciate con il concetto di gioco.

Il gioco viene ad essere un atto libero ma con regole serie ed impegnative, è anche un ruolo collettivo nel momento in cui innesca comunicazione ed interazione fra individui. Vige un ordine assoluto, al fine di non sciogliere il gioco, ed è il rispetto delle regole, la lealtà nel giocare, infatti la rottura dell’incanto si verifica proprio quando i giocatori non rispettano le regole e non si sottopongono alla logica del gioco.

Le tipologie del gioco si possono dividere in due famiglie, la prima la possiamo identificare come la lotta per qualcosa che avviene attraverso una competizione, l’altra la possiamo identificare come la gara fra chi rappresenta al meglio qualcosa, quindi attraverso una rappresentazione (Huizinga, 1973).

Le varie ricerche che hanno avuto come obiettivo quello di studiare il fenomeno sportivo, hanno rilevato che chi pratica sport vive un esperienza sociale, si intraprende un percorso di presa di coscienza dell’individuo di cosa sia lo sport, di quali siano i suoi benefici ed i suoi valori, elementi questi che si ripercuotono anche nella creazione di un gruppo alla cui base vi è il comune denominatore dello sport. Ovviamente, chi decide di praticare sport è indubbiamente influenzato e vincolato dalla disponibilità di opportunità, dal supporto sociale e dal contesto in cui vive.

Difatti, coloro che vivono in ambienti particolarmente degradati, avranno sicuramente più difficoltà ad intraprendere questa suddetta esperienza sociale, e questo potrebbe portare alla conseguenza di non poter trarne vantaggio dall’esperienza sportiva e dei suoi effetti sociali e culturali.

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7 2. Lo sport, le sue origini e la sua evoluzione

Non è facile definire in quale momento sia nato lo sport, alcuni studiosi ritengono che sia apparso in maniera spontanea nel corso dell’età d’oro della Grecia classica, infatti si ritiene che i greci lo praticassero ogni giorno, ed hanno quasi sempre affrontato l’argomento cercando e raccogliendo prove che lo sport sia sempre esistito, ed in particolare sottolineando il fatto che venivano messe in pratica attività che non potevano essere separate dalla vita sociale, perché servivano soprattutto allo scopo di selezione ed evoluzione della specie.

Per poter delineare un percorso storico dell’evoluzione dello sport, alcuni filosofi hanno concentrato la loro attenzione sugli elementi della natura umana, come il piacere di muovere il corpo e la lotta per avere riconosciuto un determinato status sociale, focalizzandosi sulle tracce che esso ha lasciato nel corso dei secoli come ad esempio la scoperta di mazze, strumenti in pietra, punte di lance, arco e frecce (Mandell, 1989:3).

Dopo questa breve introduzione, possiamo partire per una breve disamina della storia dello sport attraverso i secoli, e cercare di comprendere così la sua evoluzione.

2.1 Sport nell’antica Grecia

Pertanto, il primo dei periodi storici che provvederò ad analizzare, è quello relativo all’antica Grecia, periodo che ha dato l’input a quelli che ancora oggi sono considerati i più importanti di tutti i giochi, ossia le Olimpiadi.

I Greci basavano la loro educazione e la loro cultura sullo sviluppo della forza fisica, ritenuta fondamentale per lo sviluppo mentale. La perfezione era la meta principale dell’uomo, e questo si rispecchiava nella forte cultura greca. La cura del fisico era vista come forma di bellezza, di ritmo, di movimento, e inoltre tale educazione non era impartita solo ai maschi ma anche alle femmine.

I giochi organizzati dai primi greci erano basati sulla mitologia e sulle credenze religiose, e solitamente si svolgevano in concomitanza con feste che

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combinavano preghiere, sacrifici e servizi religiosi con musica, balli e feste rituali, ed i partecipanti a questi giochi provenivano da famiglie greche benestanti e rispettate.

Gli eventi sportivi erano basati sugli interessi dei giovani maschi capaci, i quali consistevano in sport tipici da combattente come le corse di carri, il combattimento corpo a corpo, pugilato, lancio del giavellotto e del disco, corsa a piedi, tiro con l'arco e salto in lungo.

Il credo religioso dell’epoca, influenzava altresì la scelta delle località e delle date delle feste greche, in occasione delle quali venivano praticati i suddetti giochi, uno dei principali siti religiosi era proprio la città di Olympia, dove furono celebrati i primi giochi.

Sparta era la potenza militare più forte di tutta la Grecia, i maschi greci più belli e forti furono noti per il loro desiderio di esibire il proprio corpo, e questa forte ossessione per la cura della forma fisica li portò ad esigere che anche le donne si allenassero in atletica, infatti, seppure ad esse era proibito partecipare come atleti o spettatori ai giochi olimpici maschili, anche loro ottennero di organizzare i propri giochi a Olympia, ed essi erano dedicati alla dea Hera, la moglie sorella di Zeus, dea del matrimonio e del parto (Mandell, 1989:42).

Quando le donne partecipavano allo sport, era spesso per dimostrare la loro forza, affascinare sessualmente gli uomini e il cui fine era quello di generare forti bambini guerrieri. I giochi maschili di Olympia hanno assunto un significato politico sempre maggiore, crescendo in visibilità e popolarità, sia nel mondo greco che in quello limitrofo.

La vittoria era direttamente collegata alla gloria, alla potenza ed alla prosperità delle singole città stato, e diventava pertanto, un obiettivo primario per le suddette polis greche. Al fine di poter ottenere la vittoria nei giochi a favore della propria città, gli schiavi fisicamente abili ed i giovani provenienti da ambienti di basso rango venivano costretti a diventare atleti, oppure facoltosi mecenati e i funzionari governativi li assumevano per allenarsi in modo da farli gareggiare alle Olimpiadi ed altri giochi.

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Durante il secondo secolo, vennero organizzate delle gilde atletiche che permettevano di contrattare diritti degli atleti, ottenere il controllo sulle condizioni della loro partecipazione sportiva e godere della sicurezza materiale quando si ritiravano dalla competizione, in una crescente organizzazione e sviluppo che iniziava già a scindersi dall’aspetto prettamente bellico (Coakley, Pike, 2014:60).

2.2 Sport nell’era romana

Esaminata l’esperienza greca e il loro approccio allo sport, occorre brevemente focalizzare l’ attenzione su coloro che hanno soppiantato i greci nel periodo seguente, ossia i Romani. I potenti membri delle “Gens” romane usarono i concorsi e giochi fisici per addestrare soldati al combattimento, ma anche per fornire spettacoli di intrattenimento di massa, i quali servivano anche a mettere in risalto la potenza economica della “gens” stessa.

Gli antichi romani, pur prendendo in prestito gli eventi dai concorsi e dai giochi greci, concentrano le attività dei giochi sull'allenamento atletico e sulla preparazione dei soldati, difatti i Romani prestavano molta più attenzione alle loro conquiste belliche, che alla mera gloria di una “polis”, proprio per questo erano critici sull'enfasi greca relativa all’individualismo e sulle abilità fisiche specializzate, le quali erano inutili in battaglia, dovendo concentrare i loro sforzi su esercizi di gruppo, così come fossero una mera preparazione alle campagne belliche.

Le corse dei carri erano gli eventi più popolari durante lo spettacolo romano, ed i ricchi cittadini romani reclutavano gli schiavi come aurighi.

Gli spettatori di solito scommettevano sulle corse, e quando si annoiavano o iniziavano ad essere indisciplinati, gli imperatori distribuivano cibo gratuitamente e biglietti per i premi al fine di prevenire eventuali rivolte o sommosse. Questa strategia ha pacificato le folle e ha permesso agli imperatori di usare gli eventi per celebrare se stessi e il loro potere.

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Al fine di catturare l'interesse degli spettatori sono stati aggiunti anche combattimenti con orsi, con tori ed altri animali, difatti uomini e donne furono costretti a entrare nell'arena per ingaggiare combattimenti mortali con leoni, tigri e pantere. I giochi, inoltre, venivano utilizzati anche come pena capitale per particolari criminali, i quali venivano vestiti di pelli di pecora e mandati ad affrontare ogni sorta di animali selvatici affamati.

Una minoranza di cittadini romani criticarono questi spettacoli, bollandoli come attività insignificanti e prive di valore, tuttavia, queste critiche non si basavano su preoccupazioni per i diritti umani delle persone condannate a combattere nell’arena, quanto sulle loro obiezioni a eventi in cui le persone benestanti si trovavano a dover assistere unitamente alla plebe ed ai contadini.

Solo a partire dall’età cristiana vi furono le prime contestazioni agli spettacoli di combattimento nelle arene, questa volta per motivi morali e religiosi, stante il fatto che il nuovo credo riteneva sacra la vita umana. (Ibid:64)

2.3 Sport nell’era medievale

Successivamente all’esperienza romana, alla caduta dell’Impero ed alle invasioni barbariche, in piena età medievale lo sport aveva assunto un carattere completamente diverso, difatti, gli eventi che venivano organizzati non si basavano sulla cultura del corpo o l’esigenza militare pura e semplice, anzi le attività sportive nell'Europa medievale consistevano in giochi popolari eseguiti da contadini locali, nonché tornei organizzati per cavalieri e nobili, concorsi di tiro con l'arco e attività in cui gli animali venivano brutalizzati e mutilati, spesso tali attività erano connesse con le usanze contadine locali.

I tornei e le gare di tiro con l'arco erano legati all'addestramento militare e al desiderio di divertimento tra l'aristocrazia feudale e coloro che li servivano, pertanto si assiste ad una scissione tra le esigenze di “sport” dell’aristocrazia e quelle del popolo.

In particolare, i primi si dedicavano ancora allo sport come strumento di preparazione militare d’élite e svago, mentre per il popolo era semplicemente una

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sorta di distrazione dalle loro problematiche quotidiane, o al massimo uno strumento per coniugare le esigenze di vita contadine a momenti di svago.

Il fatto di disporre di poche informazioni sugli sport delle classi contadine, non deve portarci alla conclusione che esse non si interessassero alla forma fisica, difatti i contadini locali durante il periodo altomedievale ripresero le attività romane come modelli, e svilupparono le proprie forme di giochi con la palla, utilizzandoli in cerimonie religiose locali ed eventi culturali. E’ possibile documentare come una sempre maggiore influenza, nell’ambito dello sport era data dalla Chiesa Cattolica, la quale durante la maggior parte del periodo medievale, riconosceva i giochi con la palla contadina, anche se occasionalmente violenti, e molto spesso i preti locali incoraggiavano i giochi aprendo le chiese nei giorni di festa e di domenica pomeriggio.

Poiché i giochi sono diventati una caratteristica regolare della vita del villaggio, la gente li ha utilizzati durante le feste della comunità locale, le quali includevano anche musica e balli. I giochi con la palla locale giocati in queste occasioni contenevano le radici di molti giochi contemporanei come il calcio, l'hockey e il rugby (Coakley, Pike, 2014:67).

2.4 Sport nel rinascimento

Successivamente alla fine del periodo medievale l’altro periodo storico da prendere in considerazione è il periodo rinascimentale, con le consequenziali modifiche ed evoluzioni del concetto stesso di sport.

Le guerre in tutta Europa durante il quattordicesimo e il quindicesimo secolo incoraggiarono alcuni monarchi, funzionari governativi e autorità ecclesiastiche ad aumentare la loro forza militare ed a vietare i passatempi popolari dei contadini. Difatti, l’esigenza primaria dei governanti era quella di fare in modo che i propri contadini e servitori imparassero a difendere le terre dei propri padroni, ed anche a combattere per la vita degli stessi, limitando fortemente la cultura del tempo libero e del gioco anche popolare. Ma, nonostante le dichiarazioni di vescovi e re, i contadini non rinunciarono quasi mai ai loro

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giochi, anzi gli stessi giochi furono utilizzati come punti di raccolta ed aggregazione per l'opposizione al governo e all'autorità della chiesa.

Durante tutto il periodo del rinascimento, le donne hanno avuto relativamente poche opportunità di essere coinvolte in tornei ed attività sportive, sebbene a volte le contadine giocassero ad alcuni giochi fisici, ma le loro vite erano limitate dalle esigenze di lavoro dentro e fuori casa, spesso svolgevano duri lavori fisici, ma non erano incoraggiate a partecipare a giochi pubblici e praticare sport, mentre tutto ciò era riservato all’uomo il quale era socialmente esperto, sensibile ai valori estetici, abile nelle armi, forte del corpo e colto nelle scritture.

Le donne della classe superiore a volte partecipavano al bowling e al croquet, ma il coinvolgimento era limitato, in quanto le donne del periodo erano considerate deboli e passive, e ciò permetteva così agli uomini di mantenere il loro potere controllando strettamente le loro vite (Aiello, 2004).

2.5 Sport e rivoluzione industriale

Prima di dedicarsi, nei paragrafi successivi, alla storia dello sport nel XX° secolo, risulta doveroso esaminare l’importante evoluzione che lo sport ha subito durante il periodo della rivoluzione industriale. Forse può sembrare una semplificazione eccessiva affermare che gli sport competitivi organizzati di oggi sono semplicemente un prodotto della rivoluzione industriale.

“Essi, sono emersi durante il processo di industrializzazione, ma in realtà erano

costruzioni sociali formate da persone, le stesse persone che giocavano ai loro giochi e partecipavano alle attività sportive mentre affrontavano le realtà della vita quotidiana in famiglie, comunità e società in una rapida evoluzione”

(Coakley,Pike, 2014,:70).

Naturalmente, le realtà della vita di tutti i giorni includeva forze economiche, politiche e sociali, che consentivano o limitavano le persone, a seconda della loro posizione nella società. Ciò che ha segnato maggiormente la rivoluzione industriale, è stato soprattutto lo sviluppo delle fabbriche, la produzione di massa dei beni di consumo, la crescita delle città e una maggiore dipendenza dalla

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tecnologia. Essa comprendeva cambiamenti nell'organizzazione e nel controllo del lavoro e della vita della comunità, ed era generalmente accompagnato da un aumento del numero di persone della classe media nelle società in cui si verificava.

L’inizio della rivoluzione industriale può essere collocata in Inghilterra intorno al 1780, dopodiché si diffuse rapidamente nelle aree urbane della Scozia e nelle regioni minerarie del Galles, ed alla fine si diffuse in tutta Europa fin dal 1800. In particolare, l'Irlanda non ha vissuto una rivoluzione industriale paragonabile a quella Inglese, e questo portò a problemi di disoccupazione e carestia. Durante i primi anni della rivoluzione industriale, a poche persone era concesso di poter partecipare a giochi ed attività sportive.

I contadini e gli operai avevano poco tempo libero, ma anche i bambini costretti a lavorare avevano poco tempo per i giochi ed i loro ritmi lavorativi erano lunghi e stancanti. Nelle città erano davvero pochi gli spazi aperti in cui poter praticare sport, e ciò ha permesso alla produzione di avere la priorità sul gioco. Industriali e politici non erano certo interessati a fornire parchi e spazi pubblici di gioco ai propri dipendenti od ai cittadini. I lavoratori erano scoraggiati dal radunarsi in grandi gruppi al di fuori del posto di lavoro, questo in quanto le autorità percepivano che tali incontri potevano essere pericolosi, perché facevano perdere del tempo che poteva essere utilizzato per il lavoro.

Nonostante ciò, nella maggior parte dei paesi e delle città, i giochi e le attività sportive durante questo periodo sono sopravvissuti nonostante i divieti espressi dai governanti, i quali sottraevano ogni momento di tempo libero ai propri lavoratori e cittadini, in favore di sempre maggiori ore di lavoro. La sopravvivenza dei giochi e dello sport era più vantaggiosa per le persone nelle piccole città e nelle comunità agricole, dove avevano ancora l'opportunità di partecipare a giochi e attività sportive durante le loro feste stagionali, le vacanze e le cerimonie pubbliche.

Nelle città, invece, la situazione era brutalmente differente, in quanto gli eventi locali nei quartieri cittadini, dove venivano attirate folle di persone, erano spesso definiti come illegali. L’unica salvezza per gli eventi sportivi che hanno

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prosperato sino ad oggi, stava nel fatto che gli stessi erano organizzati come eventi commerciali, i quali venivano approvati ed incoraggiati dalla maggior parte delle società industriali, anche quando attiravano grandi folle (Aiello, 2004).

Un forte cambiamento, rispetto alla prima fase storica della rivoluzione industriale, è quello che si è verificato a partire dal 1800 in tutta Europa, ma in particolare nel Regno Unito. Difatti, in quel periodo sorsero una serie di club sportivi elitari e rivolti alle classi sociali più altolocate, i quali controllavano e sponsorizzavano tutte le attività sportive, e la partecipazione ad esse, nel paese. Tuttavia, seppure il praticare queste attività non fosse a disposizione di tutti, le competizioni di cui sopra, attirarono spettatori da tutte le classi sociali. Il perno dello sviluppo delle varie forme sportive era il sistema scolastico pubblico, di cui un famoso esempio è rappresentato da Thomas Arnold2, preside della scuola di rugby tra il 1828 e il 1842.

Un esempio dell’evoluzione dei giochi tradizionali, i quali sono stati trasformati da giochi popolari, in sport razionalizzati e gentiluomini con regole codificate, lo possiamo ritrovare proprio nel calcio. Il culto dell'atletismo è stato visto per sostenere una forza lavoro sana, sviluppare uomini adatti per la difesa nazionale e far socializzare la gioventù maschile nell'ordine sociale moderno.

Intorno al 1860, i giochi erano fondamentali per i ragazzi, oltre per il curriculum scolastico, ma soprattutto si riteneva che i ragazzi attivi in sport intensi avrebbero avuto una mente sana in un corpo sano. La sempre maggiore organizzazione delle attività sportive, già in mano ai club, non facevano altro che aumentare e rendere maggiormente visibile il distacco e le distinzioni tra le classi sociali esistenti.

In Inghilterra, per la prima volta, fu introdotta la parola “dilettante”, la quale fu utilizzata in modo dispregiativo, come strumento per escludere le persone appartenenti alla classe operaia dallo sport, il quale era organizzato intorno agli

2 Thomas Arnold (1795-1842) è stato un educatore, teologo, storico britannico. Riteneva che la

competizione sportiva rivestisse un ruolo importante nel processo formativo ed educativo dei ragazzi, ed era convinto che la forza d'animo, la fiducia in se stessi e lo spirito di fair play favoriti su un campo sportivo, potessero fungere da elemento di educazione e di preparazione adeguata, fin dalla scuola, alle future lotte della vita.

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interessi delle persone di classe superiore. Le attività sportive messe in pratica della classe lavoratrice, solitamente non ricevevano la sponsorizzazione di club o organizzazioni, e ancor più raramente ricevevano pubblicità. Questo duplice sviluppo di dilettantismo e professionalizzazione si è verificato in modi diversi in Europa e nel Nord America.

Nei decenni successivi al 1850, si è posto un nuovo accento sulla serietà degli sport, dovuto soprattutto alla crescente organizzazione delle attività sportive. Gli sport mutarono di significato sociale, passando da semplici diversivi enigmatici, fino a divenire degli strumenti tramite i quali le persone raggiungevano obiettivi ritenuti importanti, come la produttività economica, la lealtà nazionale e lo sviluppo di tratti caratteriali ammirevoli, specialmente nella società maschile. Questo nuovo modo di guardare agli sport è stato alimentato dai cambiamenti in ogni segmento della società industriale: l'economia, la politica, la vita familiare, la religione.

È nel contesto della società industriale, come già affermato precedentemente, che nasce lo sport moderno, infatti rimangono fondamentali l'individuazione di alcune caratteristiche essenziali e caratterizzanti dello sport moderno (Ibid). Nei primi anni del XX° secolo, si sono moltiplicate le opportunità per poter praticare dello sport, ma i partecipanti non si accorsero che le opportunità fornite erano state accuratamente modellate e strutturate da fattori che andavano ben al di là dei loro stessi interessi. Difatti, nuove rivoluzionarie idee sul comportamento umano, sullo sviluppo individuale e sulla vita sociale, misero in risalto gli sport organizzati come attività di carattere.

Fino agli albori del secolo scorso, la maggior parte delle persone riteneva che le azioni e lo sviluppo degli esseri umani fossero estranei ai fattori sociali, supponendo che il destino o le forze soprannaturali influenzassero lo sviluppo individuale e che la propria vita sociale fosse già scritta e determinata da una combinazione di volontà, necessità e coincidenza dettata da Dio.

La suddetta convinzione ha iniziato a vacillare quando le persone scoprirono che l’ambiente sociale dove vivevano poteva, e stava, influenzando le loro azioni e che era possibile cambiare i modelli di crescita e di sviluppo individuali,

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alterando l'organizzazione della società, questo nuovo modo di pensare è stato un catalizzatore fondamentale per la crescita degli sport moderni. Per la prima volta nella storia, la gente vedeva gli sport come strumenti per cambiare il comportamento, modellare il carattere, creare lealtà nazionale e costruire unità. Inoltre, le persone interessate alla crescita economica vedevano negli sport organizzati dei mezzi per generare profitti e per questo non si facevano scrupoli ad inserire lavoratori non qualificati a compiti che enfatizzavano il lavoro di squadra, l'obbedienza alle regole, la pianificazione, l'organizzazione e la produzione. Chi cercava di ottenere profitto dall’attività sportiva pensava che, attraverso lo sport, si potessero creare dei buoni lavoratori, che tollerassero condizioni di lavoro stressanti, mantenessero la forma fisica, obbedissero ai supervisori e raggiungessero gli obiettivi di produzione attraverso il lavoro di squadra sulle catene di montaggio delle fabbriche.

Nonostante ciò, la partecipazione allo sport non divenne così popolare tra le classi lavoratrici, come avevano ritenuto i datori di lavoro, tuttavia, gli stessi compresero che molti lavoratori erano desiderosi di guardare gli altri giocare e praticare sport, ed erano anche disposti a pagare per il privilegio, e la commercializzazione degli sport per spettatori è una delle storie di successo della Gran Bretagna vittoriana.

Come già detto in precedenza, il ruolo fondamentale nella cultura dello sport, passava attraverso le scuole pubbliche, le quali separavano regolarmente i ragazzi dall'influenza della loro famiglia e dalle femmine, assicurando così lo sviluppo di un'identità maschile sciovinista.

I giochi sportivi erano utilizzati, soprattutto, per insegnare come comportarsi da gentiluomini, ed erano usati per contrastare l'influenza negativa delle vite domestiche, dominate dalle donne, sullo sviluppo di giovani maschi di estrazione di classe media e alta. L'obiettivo era quello di formare i ragazzi, farli diventare giovani uomini competitivi e orientati al perseguimento di un risultato, al fine di formare leader effettivi nel mondo degli affari, della politica e dell'esercito. Nonostante sia aumentata la partecipazione sportiva delle donne tra il 1880 e il 1920, molti programmi sportivi hanno ignorato la loro partecipazione, difatti

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organizzatori e sponsor non hanno mai visto lo sport come uno strumento adatto per lo sviluppo di ragazze o donne, e quando ai bambini veniva insegnato come praticare sport nei campi da gioco nei primi anni del 1900, alle ragazze veniva detto di sedersi e di non partecipare. Tutto ciò per la convinzione che se avessero praticato insieme l’attività fisica, questo avrebbe poi comportato delle conseguenze, sarebbero diventati amici perdendo così l’interesse a sposarsi. I medici, durante questo periodo, dichiararono che la pratica sportiva avrebbe pregiudicato la capacità delle giovani donne di concepire e avere figli in ottima salute. Difatti, le uniche attività disposte per le ragazze consistevano nell’organizzare classi di scienze domestiche, al fine di renderle buone mogli, casalinghe e madri.

Quando gli organizzatori di attività sportive offrivano l’opportunità alle ragazze di partecipare a giochi e sport, progettavano tali attività il cui fine era quello di coltivare i tratti "femminili", come l'equilibrio e il controllo del corpo, difatti questo è il motivo per cui così tante ragazze hanno partecipato a ginnastica e altri sport di grazia e bellezza. In certi casi, l'unico motivo per cui giochi e sport venivano introdotti nella vita delle ragazze, era quello di dare loro la conoscenza di cui avrebbero potuto avere bisogno per istruire nello sport i loro futuri figli. Nonostante le opportunità limitate e la mancanza di incoraggiamento, tutto questo non ha impedito alle donne di partecipare alle attività sportive, ma hanno certamente limitato il loro coinvolgimento.

Alcune donne della classe media e alta frequentavano attività sportive ricreative, come bocce, birilli , badminton, anche se raramente hanno avuto opportunità di impegnarsi in eventi formali competitivi. Le idee sulla femminilità sono molto cambiate nel periodo a cavallo tra l’800 ed il ‘900, ma l'ideologia di genere tradizionale maschile e molte false informazioni sugli effetti fisici e mentali di attività gravose sulle donne, hanno impedito alle nuove generazioni di donne del primo novecento di godere delle stesse opportunità di partecipazione e incoraggiamento ricevute dai maschi (Coakley, Pike, 2014:75).

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18 3. Lo sport dal XX° secolo ad oggi

“Si intende per sport, qualsiasi forma di attività fisica che, mediante una partecipazione organizzata o meno, abbia come obiettivo il miglioramento delle condizioni fisiche e psichiche, lo sviluppo delle relazioni sociali o il conseguimento di risultati nel corso di competizioni a tutti i livelli”

(Council of Europe, European Sports Charter, 1993)

La nascita dello sport “moderno” può essere rintracciata nel 1896, con l’avvento ad opera del barone francese Pierre de Coubertin.

“Lo sport è parte del patrimonio di ogni uomo e di ogni donna e la sua assenza

non potrà mai essere compensata”(Coubertin)3.

Difatti, i giochi del 1896 furono caratterizzati da una profonda evoluzione della manifestazioni sportive che ne facevano parte, in quanto le gare passarono da eventi poco organizzati e casuali fino a raggiungere una organizzazione sempre più perfetta, prevedendo campionati, regolamenti e giurie. Già nel 1909 è possibile assistere al primo Giro ciclistico d’Italia che, a imitazione del Tour de France, richiedeva una organizzazione complessa. Attraverso l’assegnazione di premi in denaro per i vincitori della gare, si assiste non solo alla nascita dell’attività sportiva “professionistica”, ma viene data anche la possibilità a chiunque di dedicarsi ad attività sportive, vedendo in queste la possibilità di guadagni maggiori rispetto al praticare mere attività sportive “dilettantistiche”. Nel quadro delle profonde evoluzioni della società europea, fra le due guerre mondiali, lo sport assolse un ruolo politico e sociale di rilievo, soprattutto all’interno dei regimi totalitari, questi ne sfruttarono le potenzialità non soltanto come mezzo di propaganda sul piano internazionale, ma anche come strumento di controllo sociale.

E’ doveroso descrivere una breve disamina della storia dello sport all’interno del periodo fascista, per cercare di comprendere così la sua evoluzione.

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Pierre De Coubertien (1863-1937), pedagogo e storico francese, fondatore dei giochi olimpici moderni. È sempre stato uno dei sostenitori di una corretta disciplina sportiva.

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3.1 L’uso dello sport in epoca fascista

Il regime mussoliniano costituì il primo esempio di utilizzazione dell’organizzazione sportiva come strumento di propaganda, infatti mirò a legare a sé gli strati popolari attraverso una loro progressiva familiarizzazione a valori e simboli di una comune coscienza nazionale.

In realtà l’attività ginnica era vista dal Fascismo come l’applicazione del metodo sportivo alla preparazione premilitare, ed i vari sport venivano classificati sulla base della loro utilità, infatti il pugilato, il nuoto, la lotta, la scherma e le gare di tiro con tutte le armi erano giudicati sport fondamentali e “sport di guerra”.

Nell’intento di sottrarre la gioventù italiana all’influenza educativa delle associazioni cattoliche, il Fascismo, con legge del 3 aprile 1926, istituiva l’Opera Nazionale Balilla che inquadrava, per lo svolgimento dell’attività fisica, i ragazzi dagli 8 ai 18 anni in 2 distinte formazioni (balilla e avanguardisti), offrendo in compenso agli stessi, come emulazione degli adulti, la gratificante opportunità di vestire uniformi paramilitari.

La rivista “Battaglie fasciste” anticipava che l’organizzazione dei balilla doveva basarsi su 3 punti: educazione morale, fisica e disciplina. Si riteneva necessario educarli ideologicamente in una scuola di coraggio, virilità e combattimento per contrastare l’atteggiamento pigro della borghesia del liberalismo e cosi nel 1928 fu fondata l’Accademia fascista di Educazione Fisica e Giovanile, dove insegnanti capaci dovevano far comprendere a famiglie e giovani l’importanza individuale e sociale dell’educazione del corpo attraverso l’esercizio ginnico-sportivo. Lo Sport in generale sembrò un ambito attinente all’educazione marziale, e le vittorie sportive divennero perfettamente funzionali agli obiettivi del regime, il quale ritenne conveniente monopolizzare e strumentalizzare le loro potenzialità propagandistiche (Zanibelli, 2017:82).

Mussolini mostrò grande interesse per l’educazione fisica, al punto da inserirla tra i programmi scolastici con lo scopo di migliorare l’umore della nazione, i vari istituti scolastici si trasformarono così in macchina di propaganda dove

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trasmettere il senso di patria e di Nazione. Una delle preoccupazioni maggiori fu portare tutte le attività sportive sotto l’immediato controllo del Partito Fascista, l’unico partito politico che avesse il diritto di esistere. Se alle origini, e ancora nei primi anni del Novecento, lo sport era un fatto elitario, proprio negli anni del regime fascista esso si avviò ad assumere caratteristiche di massa (Ibid).

Per quanto fino ad ora ricostruito, possiamo ritenere come l’avvento del totalitarismo fascista è da doversi considerare come un punto di svolta decisivo per le sorti dello sport in Italia. Questo, sia in un raffronto qualitativo, come risulta dalle prestazioni degli atleti italiani solo dopo pochi anni dall’avvento del fascismo, con la vittoria del secondo posto dietro i padroni di casa nelle Olimpiadi di Los Angeles del 1932, sia in un’ottica quantitativa, con l’aumento del numero di praticanti inquadrati nelle federazioni del CONI, nell’Opera Nazionale Balilla (ONB), nell’Opera Nazionale Dopolavoro (OND), nei Gruppi Universitari Fascisti (GUF) (Giuntini, 2013).

Come affermato da Sergio Giuntini (2013), il regime fascista apportò allo sport in Italia molti cambiamenti , i quali possono essere sintetizzati tramite una serie di riforme attuate tra il 1925 e il 1928, sotto l'egida del massimo ideologo dello sport del tempo, Lando Ferretti4, tra le varie modifiche è possibile ricordare: “1°

maggio 1925: istituzione OND; 3 aprile 1926: creazione ONB; 1926: emanazione della Carta di Viareggio, con cui si riordinava organicamente tutto il sistema calcistico nazionale; 1927: il CONI veniva definitivamente asservito all’autorità politica, passando alle dirette dipendenze del Partito Nazionale Fascista (PNF); 1928: attivazione dell’Accademia di Educazione Fisica maschile della Farnesina a Roma; 30 dicembre 1928: promulgazione della Carta dello Sport, con la quale si delimitavano i campi d’azione sportiva rispettivamente del CONI, dell’ONB, dell’OND, dei GUF, della Milizia Volontaria Sicurezza Nazionale (MVSN)”

Attraverso queste riforme, poteva ritenersi sostanzialmente ultimata l’opera di “fascistizzazione” dello sport italiano (Ibid).

4 Lando Ferretti (1895-1977), è stato un politico, giornalista , dirigente sportivo. Aderì al movimento

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Dopo la seconda guerra mondiale e sino alle Olimpiadi di Roma vi fu un periodo di ricostruzione dell’organizzazione sportiva, ancora ispirata a principi di pratica quasi dilettantistica. Ben presto, però ebbero il sopravvento interessi commerciali enormi, che hanno progressivamente trasformato lo sport in professionismo esasperato, dove il conseguimento del risultato passa sempre più spesso anche attraverso pratiche illecite quali il doping. Ormai possiamo dire che esistono due diverse concezioni dello sport che hanno pochi punti di contatto.

C’è chi pratica sport a livello scolastico, giovanile o amatoriale mantenendo quelle motivazioni che nel corso dei secoli hanno portato in tutto il mondo il diffondersi dello sport: il mantenimento della salute, l’educazione, l’amicizia, e poi lo sport professionistico dove dominano altri valori e principi: il conseguimento del risultato, il profitto, l’audience televisiva che una manifestazione può garantire. Risulta importante fare un breve passaggio degli eventi che hanno maggiormente caratterizzato, condizionato e modernizzato il C.O.N.I, successivamente alla caduta del fascismo e sino ai giorni nostri.

Il C.O.N.I., è un'istituzione nata il 9 e 10 giugno 1914, dove i delegati delle Federazioni Sportive Nazionali riuniti a Roma, presso la Camera dei Deputati, approvarono lo Statuto e fondarono il Comitato Olimpico Nazionale Italiano, con lo scopo di curare l'organizzazione e il potenziamento dello sport italiano, attraverso le federazioni nazionali sportive e in particolare la preparazione degli atleti al fine di consentirne la partecipazione ai giochi olimpici. Nel 1942 viene approvata la Legge Istitutiva del C.O.N.I. (n. 426), che sancisce definitivamente i compiti e l’ordinamento dell’Ente come Federazione delle Federazioni, attribuendole anche capacità di autofinanziamento, esso quindi diventa un Ente Pubblico.

Tra i vari provvedimenti più significativi ricordiamo che, nel 1950, una circolare del Ministero della Pubblica Istruzione ai Provveditori agli studi e ai Capi di istituto gettò le basi per il ripristino dell’educazione fisica nelle scuole pubbliche. Il 27 febbraio 1954, il Presidente Giulio Onesti e il Ministro della Difesa Paolo Emilio Taviani, firmarono la prima convenzione CONI – Forze Armate, la quale divenne pietra fondante per tutte le attività ed i successi agonistici italiani,

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avvenuti nel corso degli anni, grazie proprio all’appoggio delle Forze Armate ai nostri atleti.

Nel 1969 una circolare del Ministero della Pubblica Istruzione autorizzò la concessione in uso di palestre e impianti sportivi scolastici ad enti, associazioni e società sportive. È nel 1974 che il C.O.N.I. riconosce gli Enti di Promozione Sportiva, estendendo ulteriormente l’attività non agonistica su tutto il territorio italiano, con varie branche per diverse tipologie di attività sportive. Nel 1987, il C.O.N.I. riconosce alla F.I.S.H.A., Federazione Italiana Sport Handicappati, lo status di Federazione Sportiva Nazionale. Nel 2003 una direttiva della Presidenza del Consiglio dei Ministri istituì la Giornata Nazionale dello Sport, che si tiene ogni anno nella prima domenica di giugno. Nel 2004 il CONI diventa una Confederazione delle Federazioni Sportive e delle Discipline Associate.

Attualmente l’obiettivo del CONI consiste nel disciplinare, regolamentare e gestire le attività sportive sul territorio nazionale, attraverso alcuni interventi come ad esempio sostenere la diffusione della pratica sportiva, cercare di ridurre qualsiasi discriminazione e violenza all’interno dello sport, e cercare di reprimere l’uso di sostanze che possono alterare le prestazioni fisiche degli atleti. Il CONI realizza tutto ciò garantendo un sostegno alle società sportive ed agli atleti, nonché promuovendo la massima diffusione delle pratiche sportive, in ogni fascia d’età comprese quelle più alte. Attualmente il CONI è presente in 107 Province e 21 Regioni, riconosce 45 Federazioni Sportive Nazionali, 19 Discipline Associate, 15 Enti di Promozione Sportiva Nazionale e 19 Associazioni Benemerite. (C.O.N.I. bilancio di sostenibilità 2013).

L’ultimo aspetto da esaminare in questo paragrafo, risulta essere l’influenza, sia legislativa che di indirizzo, dell’Europa, prima come Comunità Europea, ed oggi come Unione Europea, nell’ambito dello sport.

Lo sport, ossia qualsiasi forma di attività fisica che, mediante una partecipazione organizzata, abbia come obiettivo il miglioramento delle condizioni fisiche e psichiche, e lo sviluppo delle relazioni sociali, è un fenomeno sociale ed economico che rispecchia gli obiettivi dell’Unione Europea, esso è anche fonte di

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valori importanti come lo spirito di gruppo, la solidarietà, la tolleranza, la correttezza e contribuisce così allo sviluppo e alla realizzazione personale.

Lo sport però si trova ad affrontare le nuove minacce e sfide emerse nella società europea, come la pressione commerciale, lo sfruttamento dei giovani giocatori, il doping, il razzismo, la violenza, la corruzione ed il riciclaggio del denaro. Il Parlamento Europeo ha seguito con vivo interesse le diverse sfide che lo sport europeo si è trovato ad affrontare, e si è occupato regolarmente di questioni sportive nel corso degli anni (Commissione Europea, 2007).

La conferenza dei Ministri europei responsabili dello Sport, il 13-15 maggio 1992, a Rodi, emanò la carta europea dello sport, la quale si compone di 13 articoli con l’obiettivo di promuovere lo sport come importante fattore di sviluppo umano, adottando i principi del Codice Etico Sportivo. I principi fondamentali della Carta Europea dello Sport, si focalizzano soprattutto sulla possibilità di garantire a tutti i giovani la possibilità di beneficiare di programmi di educazione fisica per sviluppare le loro attitudini sportive di base, sulla cooperazione con gli organismi sportivi competenti, sul proteggere e sviluppare le basi morali ed etiche dello sport, nonché la dignità umana e la sicurezza di coloro che partecipano ad attività sportive; tutto ciò tutelando lo sport, gli sportivi e le sportive da qualsiasi forma di sfruttamento ai fini politici, commerciali e economici, e da pratiche scorrette ed avvilenti, compreso l’abuso di droga (Carta europea dello sport, 1992).

4. L’evoluzione nella cura del corpo

Lo sport potrebbe essere considerato come una delle antichissime categorie dell’attività umana. Nelle varie epoche storiche, lo sport viene considerato come un dipanarsi di giochi diversi ma avendo un fattore in comune, l’esercizio fisico. Il settore delle pubblicazioni sportive è uno dei panorami più proliferi del panorama editoriale, ciò ha fatto si che si creasse una situazione nella quale lo

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sport è un tema che rappresenta un terreno di convergenza per storici, sociologici, economisti.

L’aumento di interesse e di attenzione rivolta allo sport, inteso come fenomeno socioculturale, si può desumere proprio dall’aumento delle pubblicazioni riguardanti l’attività fisica e la cura del corpo in generale. Proprio due decenni fa lo sport ha raggiunto una dimensione di carattere “industriale”, affermandosi con un sempre maggior vigore e potenziando la propria crescita e la propria diffusione in un pubblico sempre più vario, difatti nel corso degli anni ’90 l’attività sportiva ha assunto caratteristiche sempre più popolari, in quanto si è diffusa tra tutta la popolazione e non è più appannaggio di determinati ceti sociali, anche se ovviamente non è da sottovalutare la dimensione rituale dello sport, in quanto vengono considerate come “popolari” tutte le attività legate a pratiche oramai condivise e consolidate tra la popolazione.

Proprio per quanto sopra enunciato, lo sport contemporaneo si estrinseca in due differenti “anime”: la prima risulta essere quella agonistica, in cui gareggiano a competizioni sportive solo quei soggetti che si dedicano allo sport come ad un vero e proprio lavoro, la seconda la possiamo ricondurre alla dimensione “dilettantistica” dove, grazie ad un accesso estremamente liberale e democratico, a tutte le persone viene garantito l’accesso al mondo sportivo, anche semplicemente per svago e tempo libero.

Un aspetto non trascurabile sono le varie scelte che le persone effettuano specialmente nella dimensione “dilettantesca”, perché tutto ciò è collocabile con la realtà socioculturale, la quale riflette e funge da indicatore dei mutamenti sociali che sono in corso all’interno della società contemporanea. Molto importante in merito alla tematica dello sport risulta essere quello che riguarda gli stili di vita e di consumo, che in modo più o meno diretto sono riconducibili all’ambito sportivo, attraverso un legame che può essere individuato nel complesso rapporto fra sport e mass-media, ossia la grande diffusione della cultura sportiva grazie agli strumenti giornalistici ed ai social network.

Questi punti sopra citati possono essere utilizzati come chiave di lettura, tra le molteplici utilizzabili e disponibili, per un’adeguata interpretazione dello sport

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contemporaneo e del suo ruolo nella società. Ovviamente, i vari processi di globalizzazione sviluppatesi negli ultimi decenni, hanno contribuito in modo sostanzioso alla visone moderna dello sport e della costruzione del proprio corpo e, così, alla sua influenza nel mondo moderno (Russo, 2001:69-80).

Nella società industriale la cultura sportiva ha operato come veicolo di valori e simboli della società del tempo, dove si considerava il corpo alla stregua di una macchina, con valori e limiti ben definibili e misurabili, ma che poteva sempre essere spinto ad un miglioramento.

Nella società moderna, ossia una società individualizzata, il diventare se stessi ha assunto un significato differente in quanto la cura per il proprio corpo, attraverso la pratica sportiva costituisce un diritto per ogni soggetto, anche se a partire dagli anni’60, si sono affermate in Occidente nuove forme di pratiche sportive che seguono un cambiamento non solo della cultura sportiva ma anche del prendersi cura del proprio corpo.

La cultura sportiva così come vista nella società industriale novecentesca, ossia attraverso la sfida verso se stessi e l’esternazione della propria forza verso un avversario umano, viene irrimediabilmente modificata nel corso della metà del novecento, in quanto lo sport viene effettuato per perseguire finalità diverse, come il benessere, lo scarico di stress e la socialità. Una ulteriore modifica della cultura dello sport e del proprio corpo, avviene attorno agli anni ’80, dove le diverse finalità della pratica sportiva rimandano a una logica culturale comune caratterizzate da una nuova visione del corpo.

Un chiaro esempio si può riscontrare nei cosiddetti sport “estremi”, dove sotto questo nome vengono comprese una gamma di attività fisico-sportive il cui elemento comune è la ricerca dell’esperienza del limite, ed il superamento dello stesso costituisce un elemento propulsivo che permette di raggiungere uno stato di grazia, e questo processo fa toccare con mano una visione potenziata del sé. Un termine utilizzato dagli sportivi estremi è “adrenalina”, la scarica adrenalinica fa evidenziare i momenti in cui l’individuo si sente più vivo, dove rappresenta la migliore visione di sé (Camoletto, 2008:37-46).

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Le palestre nate nell’era moderna sono un vero e proprio mercato di servizi, tra cui la cura del corpo è uno dei prodotti più richiesti, pertanto gli istruttori, i consulenti ed i terapisti fanno dello “stare bene” un imperativo sociale che si può estrinsecare attraverso la perfetta apparenza fisica.

Nelle suddette palestre il corpo, la preparazione di esso ed il suo sviluppo, fanno parte di un disegno volto non tanto ad un uso sportivo od agonistico dello stesso, bensì a un uso logico-espressivo, l’obiettivo finale che si vuole vendere è quello di sentirsi bene con sé stessi. La cura del corpo non avviene solamente attraverso l’utilizzo delle palestre ma, specialmente con i ritmi frenetici della nostra società ed il bisogno di conformarsi ai dogmi che vengono costituiti, portano alla diffusione di fenomeni come “l’home fitness”, dove si costruisce una palestra in salotto, in un garage oppure in un altro locale della propria casa dove singolarmente o assieme alla propria famiglia, ci si può dedicare allo sviluppo del corpo.

La cultura veicolata dal mondo del fitness è quello del diritto/dovere di modellare il proprio corpo, tuttavia una delle visioni estreme di questa visione, potrebbe essere il bodybuilding, disciplina dove il muscolo ed il corpo stesso, non servono per una prestazione agonistica od anche dilettantistica, bensì ha una mera funzione decorativa, dove il corpo diventa unicamente qualcosa da mostrare e da far ammirare.

Cercare di modificare il proprio aspetto esteriore è soprattutto una questione di rapporto con sé stessi, difatti le nuove pratiche sportive postmoderniste hanno avviato un processo di privatizzazione del corpo, dove non è più considerato come una caratteristica che segue l’appartenenza di un soggetto a una data categoria sociale, ma il corpo diventa un qualcosa su cui investire. Pertanto, il corpo viene ad assumere la valenza di luogo di esercizio del fondamentale diritto/dovere all’autodeterminazione e gratificazione.

Il tempo dedicato all’attività sportiva viene considerato come un tempo per sé e per la propria cura, difatti misurarsi fisicamente diventa una necessità in una società incerta come la nostra, e la cura del proprio corpo effettuando attività

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sportiva, sentendone le reazioni positive dello stesso è un modo di percepire, sulla propria pelle, il proprio valore.

Cercare di cambiare il proprio corpo diventa un progetto, un qualcosa che va costruito e coltivato dando forma e sostanza ai desideri individuali. Nell’attività fisica-sportiva si costruisce la piena consapevolezza non solo del proprio corpo ma anche del proprio sé (Camoletto, 2008).

Gli ultimi trent’anni hanno testimoniato una graduale e generale evoluzione dei comportamenti individuali rispetto all’uso e consumo del “leisure time”, tale trasformazione è stata affiancata da un aumento della quantità complessiva del tempo dedicata ad esso, tale crescita dello sviluppo dell’industria del tempo libero è diretta conseguenza di un aumento generale del reddito reale per il consumo di beni per il tempo libero, della crescita di mobilità di buona parte della popolazione, da un aumento generalizzato nella quantità di tempo libero disponibile, nonché dal riconoscimento da parte dei governi che lo sport ed il tempo libero procurano benefici per tutta la società. Oggi lo sport è un vero e proprio settore economico, che si è trasformato in business del tempo libero. Il rapporto tra economia e mondo sportivo si focalizza mediante tre canali importanti: il primo riguarda la nascita di una professionalizzazione sportiva ed il pagamento di stipendi e di rimborsi agli atleti che possono così mantenersi attraverso l’attività sportiva; il secondo riguarda lo sviluppo delle sponsorizzazioni come strumento pubblicitario per finanziare manifestazioni sportive; il terzo ed ultimo canale riguarda l’affermazione dello sport-spettacolo attraverso anche il canale televisivo, nonché i social. Un esempio di prima collaborazione tra sport, spettacolo ed economia lo possiamo rinvenire nel ciclismo, il quale fu la prima attività sportiva che cominciò ad articolarsi su base spettacolare, ed ebbe un ruolo di primo piano nel coinvolgimento diretto dell’industria nello sport (Speroni, 2000).

Nella seconda metà del secolo, e fino ad oggi, il legame maggiore tra i tre canali sopra esaminati lo possiamo trovare nel mondo del calcio, un esempio lo possiamo trovare nella liaison tra la società sportiva Juventus, il centro sportivo FIAT, esistente già dal 1923, e la famiglia di imprenditori Agnelli.

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Come affermato da Carlo Speroni “Lo sport è certamente uno dei fenomeni

emergenti della nostra società, i contratti miliardari delle stelle dello sport e le sfilate folkloristiche delle tifoserie, sono soltanto alcune delle manifestazioni più evidenti di un fenomeno economico e sociale.” (Speroni,2000:14).

La grande evoluzione nel mondo dello sport fu evidenziata, già nel 1916, dal numero crescente di persone che praticavano attività sportive, ed in particolare i cosiddetti “sportivi attivi”, che il Coni stimò in Italia, in circa 15 milioni di persone, con predilezione per il calcio e attività in palestre.

Ogni disciplina sportiva contribuisce al volume d’affari complessivo ed alla capacità di generare notevoli flussi finanziari (Ibid).

Il corpo ha ricevuta molta attenzione per gli usi sociali che ricopre, come il consolidamento e la trasformazione dell’identità, e tutto ciò sta diventando un fenomeno di scelta, vi è una piena integrazione tra lo sviluppo del corpo e gli stili di vita, e fare progetti sul proprio corpo diviene un modo per aumentare la propria identità personale. Correlata al mondo dello sport ed alla cultura del proprio corpo, vi è stata una grande esplosione di servizi per la cura di quest’ultimo, partendo dalla cosmesi, dalla chirurgia estetica non correttiva ed ai regimi dietetici sviluppati ad hoc. La cultura del fitness, del mantenersi in forma è un aspetto importante per la sociologia del corpo.

Marcell Mauss5 considerava il corpo come una parte essenziale del sé, costituita dall’habitus. Il nostro modo pratico di accostarci al mondo, non è solo uno stato dell’anima, di un insieme di dogmi e dottrine, ma è uno stato del corpo. L’atteggiamento rispetto ad esso si poggia su configurazioni storico-sociali, le quali definiscono le disposizioni sulle pratiche del corpo, le quali riflettono la genesi culturale dei gusti entro lo spazio sociale nel quale hanno origine.

Bourdieu, nel suo celebre saggio “Sport e classe sociale” esamina una distinzione delle pratiche sportive tra classi sociali diverse, egli propone di considerare il modo in cui le persone acquistano un gusto per lo sport e per una pratica sportiva in particolare. Bourdieu si chiede quali siano le condizioni di possibilità di

5 Marcell Mauss (1872-1950) è stato un antropologo e sociologo francese, massimo esponente della

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appropriazione dei diversi prodotti sportivi, e la sua conclusione si concentra sul fatto che bisogna considerare non solo alcuni fattori determinanti come il tempo libero ed il capitale economico6, ma anche il significato e le funzioni attribuite alle varie pratiche dalle diversi classi, che sono legate ai gusti e preferenze dato dall’habitus di classe. L’habitus di ciascuna classe funziona da spiegazione dei loro diversi modi e tassi di partecipazione alle molte attività sportive disponibili. Bourdieu, col concetto di habitus, mette in evidenza l'aspetto di disposizione inconscia interiorizzata di un gruppo sociale, che si forma attraverso processi di socializzazione e la partecipazione a modi di vita particolare. L’habitus è il fattore unificante di tutte le scelte e le pratiche sociali di un determinato individuo, la cui totalità costituisce lo stile di vita dell'individuo, ed è anche la struttura che ci porta a comportarci in un certo modo. La nozione di habitus può svolgere un’utile funzione per comprendere la cultura e le pratiche del mantenersi in forma mostrando come esse siano mediate da diverse disposizioni degli attori nei confronti dei propri corpi (Mouzelis, 2010:67-77).

Lo sport praticato in forma maggiore risulta essere il fitness in palestra, in esso possiamo rintracciare il tentativo di prendersi cura del proprio corpo, il quale appare come culto della salute, e rispecchia la cultura della popolazione media, ovvero il tentativo di ricercare alcuni benefici fisici, come ad esempio la protezione contro la vecchiaia. E’ facile notare come i mass media, il marketing e la moda, sono strumenti che hanno sviluppato un’enfasi in merito alla cultura del corpo, e preoccupati del suo valore simbolico i centri fitness sarebbero nati per rispondere al senso di insicurezza, alienazione, imbarazzo che la popolazione avverte verso se stessi, verso il proprio corpo.

La nozione di habitus può svolgere un’utile funzione per comprendere la cultura e le pratiche nel tenersi in forma. Il corpo si configura come strumento e misura dell’attore, infatti attraverso di esso si manifesta un linguaggio e, agendo su di esso, noi cerchiamo di trovare il nostro posto nelle classificazione sociale. I centri fitness sono un’ istituzione commerciale la cui legittimità viene data e consacrata

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Per l’autore si intende capitale economico quell’insieme di beni che sono soggetti a potersi tradurre in valore monetario.

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dalle scelte del consumo, così come influenzate dai mass media e dagli stereotipi moderni.

La palestra promuove un ideale del corpo ben preciso, un tema ricorrente per definire i propri obiettivi iniziali è quello del sovrappeso, difatti sia gli uomini che le donne, sostengono di aver cominciato a fare attività fisica perché tendevano ad ingrassare. Le conoscenze e le pratiche di palestra costruiscono una particolare percezione di ciò che è normale e naturale per il corpo, anche se si tratta di un’istituzione commerciale, pertanto a fine di lucro, il significato di palestra è “stile di vita”.

Il corpo in forma ha indubbiamente proprietà simboliche, allude ad un soggetto forte, energico, vitale, padrone di sé stesso, e la palestra pertanto, si pone come fine ultimo quello di sviluppare nel corpo e nello spirito, dei soggetti che hanno imparato a dare il massimo nella vita ed hanno imparato a migliorarsi. La frequentazione della palestra assume per i partecipanti anche un valore morale, si ritrova costante l’idea che chi si impegna in un viaggio verso la riscoperta del corpo non potrà che guadagnare un sé migliore (Sassatelli,2002).

Non c’è parte del mondo dove gli uomini possano ignorare l’esistenza dello sport, se ne parla in ogni angolo del pianeta, la sua invasione concentrata sull’esistenza umana che trasforma la nostra percezione di noi stessi, è molto evidente. Lo sport viene ad assumere anche un nuovo potere spirituale, nel corso dei secoli la Chiesa cattolica aveva il compito di modellismo degli uomini, attraverso la sua dottrina plasmava gli esseri umani, ora invece la pratica sportiva sta prendendo il posto di fabbricazione dell’uomo, va considerato come un nuovo tipo di antropomodellismo, un nuovo potere spirituale planetario, attraverso anche una matrice plasmata dai media, dalla pubblicità. L’idolo sportivo ha un ruolo principale in questa nuova visione, difatti attraverso uno stile di vita, industrializza i desideri di tutta la popolazione, arriva a rivoluzionare radicalmente sia l’anima che il corpo (Redeker,2003).

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CAPITOLO SECONDO

1. Quale ruolo ha lo sport nella società odierna

Lo sport è sempre stato uno strumento fondamentale per la crescita della persona, e nel corso dell’ultimo secolo ha avuto un’importanza sociale tale da catturare l’attenzione di molti studiosi della realtà sociale, oltre a filosofi, economisti e legislatori. La sociologia dello sport è una disciplina che muove i primi passi solo nella seconda metà del Novecento, il motivo di tale tardo sviluppo risiede nel fatto che prima di allora, le attività sportive non avevano la rilevanza collettiva che hanno oggi, dato che le stesse erano praticate solo dalla classe d’élite, mentre col passare dei secoli sono diventate uno dei principali strumenti praticati della società di massa.

L’attività sportiva comprendeva soprattutto i giovani maschi, ed il resto della popolazione, come ad esempio le donne, le persone anziane ed i disabili, erano scarsamente coinvolti se non del tutto esclusi dalla suddetta attività.

Oggi invece, grazie a numerosi interventi legislativi, tra i quali possiamo ricordare la Carta Europea dello Sport (Consiglio d’Europa, Rodi 1992), tale attività ha conosciuto maggiore diffusione anche tra coloro che a lungo sono stati esclusi.7

Nel corso degli anni Ottanta e Novanta, assistiamo all’accentuazione di fenomeni, già in passato molto rilevanti, tra i quali possiamo ricordare la discriminazione sessuale e sociale tra uomini e donne, ed è stato proprio il parallelismo tra questi eventi e l’evoluzione, sia culturale che sociale dello sport a dare una forte spinta al fine di iniziare a cercare delle soluzioni ai problemi del suddetto periodo storico, grazie anche alla realtà presente nel mondo sportivo, il quale già da decenni risultava, per determinati aspetti, più avanzato della società e dell’ambito storico in cui si collocava.

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